Quale termine per impugnare la sanzione disciplinare inflitta all’avvocato?

In base alle disposizioni transitorie contenute nella l. n. 247/2012, qualora la decisione del COA sia stata notificata al ricorrente quando era già vigente il regolamento CNF n. 2/2014, si applica il termine d’impugnazione in esso contenuto pari a 30 giorni , e non quello oggetto nella previgente disciplina r.d.l. n. 158/1933 , ovvero 20 giorni.

Così si esprimono le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte nella sentenza n. 22714/19, depositata l’11 settembre. La vicenda. Il Consiglio Nazionale Forense dichiarava inammissibile il gravame proposto da un avvocato avverso la decisione con cui il COA di Latina gli infliggeva la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività forense per 9 mesi, in quanto ritenuto tardivo. Contro tale decisione, l’avvocato propone ricorso per cassazione, lamentando il fatto che il Consiglio avesse ritenuto applicabile il termine di impugnazione di cui al previgente art. 50, comma 2, r.d.l. n. 158/1933, anziché quello contenuto nel nuovo regolamento sul procedimento disciplinare regolamento n. 2 del 21 febbraio 2014, all’art. 26 , già entrato in vigore al momento della pronuncia. Termine per impugnare quale normativa applicare? Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione accolgono il ricorso proposto dall’avvocato, osservando come il comma 5 dell’art. 65 l. n. 247/2012 rubricato Disposizioni transitorie , stabilisce che Le norme contenute nel codice deontologico si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato , improntando il passaggio dal vecchio al nuovo codice deontologico al principio del favor rei . A tal proposito, le Sezioni Unite osservano come una delle innovazioni principali del nuovo codice deontologico sia la tipicizzazione degli illeciti, accompagnata dalla predeterminazione delle sanzioni ad essi applicabili, mentre per gli istituti regolati da fonte diversa resta operante il criterio generale della irretroattività delle disposizioni in materia di sanzioni amministrative. La Corte ha altresì chiarito che l’art. 65 citato si riferisce espressamente alle norme del nuovo codice deontologico, ovvero al regolamento n. 1 del 2014, e non a quelle contenute nel regolamento n. 2 del 2014, relative al procedimento disciplinare. Ora, trattandosi nel caso di specie di un atto di impugnazione, la norma applicabile non è quella che si rifà al principio del favor rei come sostenuto dal ricorrente , bensì quella vigente al momento della proposizione del ricorso, in applicazione del principio tempus regit actum , richiamato dal regolamento n. 2 del 2014 sul procedimento disciplinare. Alla luce di quanto affermato, essendo stata notificata la decisione del COA quando il regolamento n. 2 del 2014 era già vigente, il termine di impugnazione applicabile è quello di 30 giorni in esso contenuto, e non quello di 20 giorni stabilito dalla previgente disciplina art. 50, comma 2, r.d.l. n. 158/1933 . Per questi motivi, avendo il CNF disatteso il principio menzionato, segue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 21 maggio – 11 settembre 2019, n. 22714 Presidente Tirelli – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 22/11/2018 il Consiglio Nazionale Forense ha dichiarato inammissibile, per tardività, il gravame interposto dall’avv. C.F. in relazione alla decisione del C.O.A. di Latina del 7/8/2015, irrogativa della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale forense per la durata di mesi 9. Avverso la suindicata decisione del C.N.F. il C. propone ora ricorso per cassazione affidato ad unico motivo, formulando altresì istanza cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con unico motivo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 33 regolamento 21 Febbraio 2014, n. 2 . Si duole che l’impugnata pronunzia è stata emessa quando il nuovo regolamento n. 2 del 21/2/2014 disciplinante il procedimento disciplinare era stato già emanato ed in vigore, sicché la corte di merito ha erroneamente ritenuto applicabile il termine d’impugnazione di cui al previgente R.D.L. n. 158 del 1933, art. 50, comma 2, anziché a quello previsto dall’art. 26 del nuovo procedimento disciplinare. Lamenta non essersi considerato che le norme del nuovo Codice deontologico forense si applicano anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato, avendo la L. n. 247 del 2012, art. 65, comma 5, recepito il criterio del favor rei in luogo del criterio del tempus regit actum. Il motivo è fondato e va p.q.r. accolto nei termini di seguito indicati. Come questa Corte ha già avuto modo di rilevare, la L. n. 247 del 2012, art. 65, comma 5 rubricato Disposizioni transitorie dispone che l’ entrata in vigore del codice deontologico determina la cessazione di efficacia delle norme previgenti anche se non specificamente abrogate. Le norme contenute nel codice deontologico si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato v. Cass., Sez. Un., 18/4/2018, n. 9558 Cass., Sez. Un., 16/2/2015, n. 3023 . Si è al riguardo da queste Sezioni Unite osservato che, nel fissare il momento di transizione dall’operatività del vecchio a quella del nuovo Codice Deontologico approvato il 31 gennaio 2014, pubblicato il 16 ottobre 2014 ed entrato in vigore il 15 dicembre 2014 , la nuova legge professionale espressamente regola a tale stregua prevenendo le incertezze interpretative manifestatesi in occasione di precedenti successioni di norme deontologiche la successione nel tempo delle norme dell’allora vigente e di quelle del nuovo Codice Deontologico e delle ipotesi d’illecito e delle sanzioni da esse rispettivamente contemplate improntandola al criterio del favor rei v. Cass., Sez. Un., 16/2/2015, n. 3023 . Si è al riguardo altresì posto in rilievo che tra le principali innovazioni rispetto a quello previgente il nuovo Codice Deontologico Forense presenta la ancorché non assoluta, certamente tendenziale tipicizzazione degli illeciti e la predeterminazione delle sanzioni correlativamente applicabili. Si è per altro verso sottolineato che la norma di cui al suindicato art. 65 è volta a regolare la successione tra le norme del vecchio e del nuovo Codice deontologico, e quindi delle fattispecie incriminatrici e delle correlative sanzioni di natura amministrativa applicabili, laddove per gli istituti regolati da fonte diversa dal Codice deontologico, e in particolare dalla legge, resta operante il criterio generale dell’irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative , attesa la scelta discrezionale del legislatore volta a potenziare l’efficacia dissuasiva della sanzione, eliminando per il trasgressore ogni aspettativa di evitare la sanzione grazie a possibili mutamenti legislativi Corte Cost. 20 luglio 2016, n. 193 così Cass., Sez. Un., 18/4/2018, n. 9558 . Si è in argomento ulteriormente precisato che nel dettare la disciplina transitoria stabilendo che si applicano le norme più favorevoli per l’incolpato anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore, la L. n. 247 del 2012, art. 65, comma 5, fa espresso e specifico riferimento alle norme del nuovo Codice Deontologico Forense Regolamento C.N.F. n. 1 del 2014 , e non anche a quelle del Regolamento C.N.F. n. 2 del 2014 recante Procedimento disciplinare , con la conseguenza che quest’ultimo si applica - come detto - solamente alle norme del Codice Deontologico Forense, laddove trattandosi come nella specie di atto d’impugnazione la norma applicabile, con riferimento ai relativi termini, è non già come erroneamente sostenuto dall’odierno ricorrente la disciplina individuabile alla stregua del principio del favor rei bensì quella vigente al momento della relativa proposizione, in applicazione del principio tempus regit actum, invero richiamato nelle stesse premesse del Regolamento C.N.F. n. 2 del 2014 sul Procedimento disciplinare mediante il riferimento alla L. n. 247 del 2012, art. 65, comma 1 v. Cass., 24/7/2018, n. 19653 . A tale stregua, il termine per proporre ricorso avanti al C.N.F. previsto alla L. n. 247 del 2012, art. 61, comma 1, trova applicazione soltanto per i provvedimenti notificati successivamente al 1/1/2015, data di entrata in vigore del Regolamento C.N.F. 21 febbraio 2014 n. 2, in quanto la regola transitoria dettata alla L. n. 247 del 2012, art. 65, comma 1, inibisce l’immediata applicazione delle disposizioni processuali sino al verificarsi dell’evento assunto dalla norma come rilevante, e cioè sino all’entrata in vigore dei previsti regolamenti v. Cass., Sez. Un., 13/12/2018, n. 32360 . Orbene, nella specie la decisione del C.O.A. di Latina del 19/6/2012 risulta notificata all’odierno ricorrente il 28/10/2015, allorquando il Regolamento C.N.F. n. 2 del 2014 sul Procedimento disciplinare era già vigente. A tale stregua, il termine perentorio d’impugnazione della decisione del C.O.A. di Latina in argomento era quello di 30 giorni stabilito dalla vigente disciplina e non già quello previgente di 20 giorni R.D.L. n. 158 del 1933, ex art. 50, comma 2 , sicché erroneamente il gravame è stato invero nell’impugnata sentenza dal C.N. F. che allorquando pronunzia in materia disciplinare è un giudice speciale istituito con D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 382 e tuttora legittimamente operante giusta la previsione della VI disp. transitoria della Costituzione v. Cass., Sez. Un., 23/3/2005, n. 6213, e da ultimo, Cass., Sez. Un., 3/11/2017, n. 26148 ritenuto tardivamente proposto. Nell’affermare che a norma del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 50 recte, n. 158 , il ricorso al CNF deve essere proposto nel termine perentorio di venti giorni dalla notifica della decisione disciplinare , il C.N.F. ha dunque disatteso il suindicato principio. Dell’impugnata sentenza, dichiarata inammissibile l’istanza cautelare di sospensione dell’impugnata sentenza stante la mancata indicazione nel ricorso delle ragioni deponenti per la sussistenza del fumus boni iuris e non valendo al riguardo il generico rinvio alle argomentazioni svolte nel ricorso attesa la formulazione in violazione del requisito prescritto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, che lo connota, s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio al C.N.F., che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al C.N.F., in diversa composizione.