Il primo incontro di mediazione deve essere effettivo (ma sulle spalle di organismi e avvocati)

La sentenza del Tribunale di Firenze dell’8 maggio 2019 in materia di mediazione delegata è significativa perché si riferisce ad un caso a cavallo” tra il precedente orientamento dei giudici fiorentini sull’effettività della mediazione e la sentenza della terza sezione della Cassazione n. 8473 del 27 marzo 2019 che quell’orientamento ha espressamente disconosciuto .

Ebbene, per il Tribunale di Firenze il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte sull’avveramento della condizione di procedibilità a seguito del primo incontro di mediazione informativo, non merita di essere seguito così che la domanda proposta in quel giudizio è stata dichiarata improcedibile per mancato svolgimento del tentativo effettivo di mediazione non essendosi svolta una mediazione effettiva. Il caso mediazione delegata. Ed infatti, il caso affrontato dal Tribunale di Firenze aveva ad oggetto un giudizio avente ad oggetto un’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. nel corso del quale il giudice aveva disposto una mediazione delegata. Con quell’ordinanza il Tribunale aveva anche ricordato alle parti che a sin dal primo incontro avanti al mediatore dovrà procedersi ad effettiva attività di mediazione nel merito della lite , b che dello svolgimento di tale attività dovrà darsi atto a verbale con la precisazione c che ai sensi dell'art. 8, comma 1, le parti possono esprimersi sulla possibilità - vale a dire sulla eventuale sussistenza di impedimenti all'effettivo esperimento della medesima - e non sulla volontà di procedere in tale ultimo caso si tratterebbe invece di tentativo facoltativo rimesso al mero arbitrio delle parti medesime con evidente, conseguente e sostanziale interpretatio abrogans della norma e assoluta dispersione della sua finalità esplicitamente deflattiva con l’avvertenza finale d che il mancato esperimento del procedimento di mediazione è sanzionato con la improcedibilità della domanda giudiziale art. 5, comma 2, d.lgs. n. 28/2010 e che la condizione di procedibilità si considera avverata se il primo incontro avanti al mediatore si conclude senza accordo art. 5, comma 2- bis . Si tratta va dell’enunciazione di quello che è stato definito come principio di effettività dell’incontro di mediazione. Il verbale di mediazione. Quella mediazione, però, si concluse con un verbale di mancato accordo perché in sede di primo incontro, dopo che il mediatore aveva chiarito ai presenti funzioni e modalità della mediazione, richiamando anche il contenuto dell'ordinanza su indicata, e preso atto delle conseguenze processuali in caso di mancato avvio del procedimento di mediazione una delle parti aveva dichiarato che non era possibile iniziare la mediazione, mentre le altre avevano espresso la loro volontà di proseguire. La decisione. Per il Tribunale la domanda è improcedibile e ciò nonostante lo stesso sia ben consapevole – come si legge nella motivazione della sentenza – che secondo un primo orientamento, che nella giurisprudenza di merito [edita, aggiungerei io] risulta recessivo si v. Trib. Verona, 24.03.2014 , al fine della procedibilità della domanda ex art. 5, comma 2- bis, d.lgs. n. 28/2010, il primo incontro di mediazione può avere carattere meramente informativo. Sin d'ora si segnala che tale orientamento ha trovato autorevole avallo da parte della Corte di Cassazione nella recentissima sentenza n. 8473 del 27 marzo 2019 . Ed infatti, per il giudice fiorentino occorre seguire una diversa impostazione [e, cioè quella secondo cui] la mediazione deve essere [] non solo informativa ma necessariamente effettiva ai fini della procedibilità della domanda preferendo, dunque, la tesi secondo cui il primo incontro di mediazione dovrebbe [] avere natura essenzialmente bifasica , la prima informativa, sulle modalità e funzioni della mediazione, e la seconda di mediazione effettiva . L’accordo all’esito del primo incontro è processuale”. Peraltro, il Tribunale di Firenze, tra gli altri passaggi argomentativi, obietta alla Suprema Corte che lo stesso d.lgs. n. 28/2010 prevede che, nell'ambito del primo incontro, possa addivenirsi ad un accordo conciliativo [] così lasciando intendere che un accordo vi possa anche essere . Tuttavia, l’interpretazione data dal Tribunale di Firenze di quella norma non è l’unica ve n’è anche una diversa e più coerente con l’impianto normativo del d.lgs. n. 28/2010 l’accordo che non si raggiunge all’esito del primo incontro e che determina la chiusura della mediazione è un accordo processuale” avente ad oggetto la decisione di proseguire, o no, nella mediazione dopo aver ascoltato il mediatore nel primo incontro gratuito” . Certo, potrà anche aversi casi in cui si raggiunga un accordo sostanziale” già al primo incontro ma se quell’accordo sostanziale arriva non può negarsi certamente il compenso all’organismo e questo viene confermato anche dal Tribunale di Firenze è evidente, infatti, che il primo incontro era proseguito oltre l’informativa. La tesi non tiene conto bene dei costi. Da ultimo, merita un approfondimento il tema dei costi della mediazione che il Tribunale affronta, però, in parte. L’interpretazione della Suprema Corte e prima dei giudici di merito che l’avevano anticipata è corretta perché rispetta la lettera della legge che la voluntas legis che aveva portato ad un determinato assetto di compromesso della disciplina della mediazione. Certamente non vi può essere alcun dubbio che l’interpretazione che il Tribunale di Firenze intende seguire è sicuramente più pro mediazione ma il punto è se debba essere la giurisprudenza a mutare le coordinate della mediazione per renderla più efficiente oppure ciò debba essere riservato come credo più corretto al legislatore. Peraltro, la tesi del giudice fiorentino non tiene conto della questione dei costi di mediazione ma solo di quelli di assistenza legale su cui torno tra poco . Il primo incontro è gratuito per le parti, ma quindi anche per il mediatore in quanto questo è stato individuato come il punto di equilibrio le parti sono obbligate a partecipare ad un primo incontro praticamente gratuito davanti al mediatore per scoprire se il rispettivo interlocutore intende avviare veramente” una mediazione e soltanto in quel momento scatterà l’onere di corrispondere il compenso diversamente vi era l’obiezione per la quale obbligare a versare le indennità a prescindere dal sapere se l’altra parte avrebbe sostanzialmente” aderito avrebbe determinato il sicuro non decollo dell’istituto . Ecco perché il primo incontro è soltanto informativo e gratuito sarà l’abilità del mediatore a far proseguire le parti oltre il primo incontro. Chiedere – come mi sembra chieda la giurisprudenza fiorentina – un primo incontro gratuito anche nel merito mi sembra sacrificare troppo l’organismo e il mediatore costretto a svolgere un’attività che non prevede compenso in caso di mancato accordo nonostante la discussione nel merito della controversia . Approfondire” il primo incontro entrando nel merito e non limitarsi all’incontro informativo sembra essere obbligatorio per le parti e di riflesso, come si legge talvolta anche per l’organismo che, però, non corrispondono l’indennità se non trovano l’accordo sostanziale. Mi chiedo, però, se sia corretto scaricare” nel senso di trasferire il costo lo vogliamo chiamare sociale? sugli organismi che lo ricordo svolgono un’attività economica in concorrenza tra pubblico e privato e che già sono onerati del costo sociale del gratuito patrocinio e – alla fine anche - sui mediatori? Un conto è rimettere la scelta all’organismo e al mediatore che potrebbero pure ragionare così tento comunque di approfondire il merito perché questa è l’unica via che mi permette di poter giungere ad un accordo e all’indennità . Con riferimento a questi costi, però, il Tribunale non si pronuncia viceversa, l’aspetto che potrebbe incidere di più sulla gratuità” a beneficio delle parti secondo il giudice fiorentino è l’assistenza dell’avvocato nelle fasi dell’attivazione e della negoziazione. E su questo aspetto troviamo un passaggio per il Tribunale anche al fine di rispettare la direttiva comunitaria si potrà operare sui compensi dell’avvocato in sede di liquidazione giudiziaria in quanto è lasciato [] sul punto spazio ad un ampio potere del giudice nella liquidazione del dovuto non essendo previsto un minimo tariffario garantito diversamente per i compensi relativi all'attività defensionale giudiziale e stragiudiziale in genere - cfr artt. 4, comma 1, e 19 . La prospettiva – se ne ho ben inteso il senso – però non mi persuade troppo anzi la mediazione deve essere effettiva e va bene ma non si comprende perché il costo dell’effettività debba essere spostato sugli organismi sui quali già abbiamo detto e anche sull’avvocato con riferimento ai compensi quando la corretta remunerazione – sia dei mediatori che degli avvocati – è una delle strade per migliorare la mediazione e quando non può essere l’esito negativo a ritenere che non vi sia stata attività altamente professionale. Per fortuna, sempre la terza sezione della Cassazione nella recente pronuncia n. 12712 del 14 maggio 2019 ricorda che in caso di condanna alla refusione delle spese di giudizio, oltre alle spese processuali, dovranno essere rimborsate le spese di mediazione che comprendono – al di là delle indennità – le spese che la parte deve sostenere per fruire dell’assistenza di un proprio difensore nella mediazione obbligatoria. Ed allora, dal momento che i costi sociali dell’incentivo alla mediazione che è cosa buona e giusta devono ricadere – come, in fondo, dice la stessa normativa – sullo Stato sul quale gravano anche le spese pubblicitarie” sarebbe bene richiamare lo Stato a chiarire a che l’ammissione al gratuito patrocinio copre anche gli onorari di mediazione sia positiva che negativa, come già aveva già ammesso proprio il Tribunale di Firenze non essendo la giurisprudenza univoca sul punto b che deve essere messo in opera il credito d’imposta per le spese di mediazione come previsto dalla legge mancando, a quanto pare, ancora i decreti attuativi e la provvista economica necessaria c ripristinare il corretto rapporto tra efficienza della giurisdizione e mediazione dal momento che soltanto l’efficienza della giustizia è in grado di dare un significativo contributo alla mediazione come già la dottrina americana degli anni 70 del secolo scorso – penso ad O. Fiss - aveva messo ben in evidenza .

Tribunale di Firenze, sez. III Civile, sentenza 8 maggio 2019 Giudice Ghelardini Svolgimento del processo - Motivi della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato, la B.C.C. DI S.C. ha convenuto Sig. G. ed i di lui figli, Sigg.ri R. e F., chiedendo l'accertamento della sussistenza dei presupposti di cui all'articolo 2901 c.c. con riferimento alla vendita in data 4.03.2014 di un compendio immobiliare da parte di G. ai due figli in parti uguali e, stante la sopravvenuta rivendita a terzi da parte degli acquirenti F. e R. dello stesso compendio, la condanna di questi ultimi al risarcimento dei danni patiti ex articolo 2043 c.c., quantificati in Euro 155.000,00. I sigg.ri R. e F. si sono costituti in giudizio ed hanno contestato la sussistenza dei presupposti dell'azione revocatoria, logicamente presupposta all'azione risarcitoria, chiedendo il rigetto delle domande attoree. Il Sig. G. pur ritualmente citato, è restato contumace. All'udienza del 20.07.2018 l'Ufficio, previa interlocuzione con le parti, ed avendo le stesse dichiarato di nulla opporre al riguardo, ha disposto l'esperimento del procedimento di mediazione ai sensi dell'articolo 5 co. II, D.Lgs. n. 28 del 2010. Con l'ordinanza di invio le parti sono state espressamente avvisate, tra l'altro, che sin dal primo incontro avanti al mediatore dovrà procedersi ad effettiva attività di mediazione nel merito della lite che dello svolgimento di tale attività dovrà darsi atto a verbale e chiarendo che ai sensi dell'articolo 8, comma 1, le parti possono esprimersi sulla possibilità - vale a dire sulla eventuale sussistenza di impedimenti all'effettivo esperimento della medesima - e non sulla volontà di procedere in tale ultimo caso si tratterebbe invece di tentativo facoltativo rimesso al mero arbitrio delle parti medesime con evidente, conseguente e sostanziale interpretatio abrogans della norma e assoluta dispersione della sua finalità esplicitamente deflattiva , avvertendosi che il mancato esperimento del procedimento di mediazione è sanzionato con la improcedibilità della domanda giudiziale articolo 5, comma 2, D.Lgs. n. 28 del 2010 e che la condizione di procedibilità si considera avverata se il primo incontro avanti al mediatore si conclude senza accordo articolo 5, co. 2 bis . In data 08.01.2019, si è costituita tramite atto di intervento volontario ex articolo 111 c.p.c., P. S.P.A., in qualità di mandataria di B. s.r.l. unip., cessionaria pro soluto a titolo particolare del credito inerente il finanziamento concesso al Sig. G. dalla Banca attrice, facendo proprie integralmente le difese di quest'ultima. La mediazione, dopo vari rinvii chiesti dalle parti, si è svolta in data 29.01.2019. Come si legge dal relativo verbale versato in atti, ritualmente sottoscritto senza riserve da tutti gli intervenuti, in sede di primo incontro, dopo che il mediatore aveva chiarito ai presenti funzioni e modalità della mediazione, richiamando anche il contenuto dell'ordinanza su indicata, e preso atto delle conseguenze processuali in caso di mancato avvio del procedimento di mediazione, l'avv. T. per P. dichiarava che non era possibile iniziarlo, mentre i convenuti rilasciavano dichiarazione positiva. Il procedimento è stato quindi dichiarato concluso dal mediatore. Seguiva lo scambio delle memorie ex articolo 183 comma VI c.p.c. Con la seconda memoria ex articolo 183 VI co. c.p.c., depositata in data 18.02.2019, i convenuti F. E R. oltre a ribadire l'infondatezza delle pretese avversarie, hanno eccepito l'improcedibilità della domanda per il mancato esperimento effettivo della procedura di mediazione per causa imputabile alla stessa società cessionaria, attrice sostanziale. Con la terza memoria ex articolo 183, VI co. c.p.c., P. con riferimento all'eccezione preliminare di improcedibilità, ha dedotto che al primo incontro di mediazione, dall'analisi preliminare delle rispettive posizioni emergeva una distanza tale da rendere assolutamente superfluo l'esperimento del procedimento che avrebbe solamente comportato un inutile aggravio di spese . All'udienza del 28.03.2019, i difensori hanno insistito nelle proprie istanze ed opposizioni istruttorie, mentre l'attrice ha chiesto l'estromissione dal giudizio. L'Ufficio, preso atto dell'eccezione preliminare di improcedibilità della domanda ha invitato le parti a precisare le conclusioni. Le parti hanno precisato le conclusioni come segue L'Avv. Albanese per P. conclude come in atti, riportandosi circa la questione di rito sollevata alla memoria ex articolo 183, comma 6, n. 3 c.p.c L'Avv. B. per BANCA conclude, nel merito, come da memoria ex articolo 183, comma 6, n. 1 c.p.c., e cioè reiterando le conclusioni di cui all'atto introduttivo, ed elevando la propria richiesta risarcitoria ad Euro170.220,18, oltre interessi ed in via istruttoria e sulla questione preliminare come da memorie ex articolo 183, comma 6, n. 2 e n. 3 c.p.c. Insiste altresì per l'estromissione della Banca. L'Avv. Pezzatini per F. E R. conclude, nel merito, come da memoria ex articolo 183, comma 6, n. 1 c.p.c., ed in via istruttoria e sulla questione preliminare come da memorie ex articolo 183, comma 6, n. 2 e n. 3 c.p.c. E' stata quindi disposta la discussione orale della causa ai sensi dell'articolo 281-sexies c.p.c., incombente cui si è provveduto in data odierna. 1 La mediazione delegata dal Giudice come condizione di procedibilità. La normativa vigente e la lettura offerta dalla giurisprudenza di merito. La questione pregiudiziale da valutare concerne la sanzione dell'improcedibilità del giudizio nell'ambito del quale sia stato disposto l'esperimento di procedimento di mediazione da parte del Giudice, quando la parte onerata ex lege di introdurre e coltivare il relativo procedimento, e cioè la parte attrice, pur avendo presentato rituale domanda comparendo al primo incontro, non abbia dato corso all'effettiva mediazione, dichiarando l'impossibilità di procedere in tal senso. Il fondamento normativo della fattispecie si rinviene nel comma 2 dell'articolo 5 rubricato Condizioni di procedibilità e rapporti con il processo del D.Lgs. n. 28 del 2010 ss.mm., in base al quale Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l'esperimento del procedimento di mediazione in tal caso, l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello. Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista prima della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione . Con riferimento all'avveramento della condizione di procedibilità, il comma 2-bis dell'articolo 5 prevede che Quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo . È, dunque, sufficiente ai fini della procedibilità della domanda che sia intrapreso e concluso il primo incontro dinanzi al mediatore, anche se questo primo incontro si conclude senza l'accordo, che costituisce, invece, l'esito positivo della mediazione. Sul contenuto di questo primo incontro, che è fondamentale nel sistema della mediazione obbligatoria ai fini dell'avveramento della condizione di procedibilità, il D.Lgs. n. 28 del 2010 non è particolarmente eloquente. Al riguardo viene in rilievo l'articolo 8 del decreto citato rubricato Procedimento , il quale al comma 1, statuisce che Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l'assistenza dell'avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento . Pacificamente, in base all'articolo 8 citato, il primo incontro ha in primo luogo un contenuto informativo. Ciò al fine evidente di chiarire alle parti le finalità cui l'istituto della mediazione è diretto, le sue modalità di svolgimento ed i vantaggi, ad es., di natura tributaria, che sono ad esso connessi. Sul punto la norma è chiara e vi è sostanziale uniformità di vedute in dottrina e giurisprudenza. Il punto controverso è invece quello relativo alla necessità, al fine di ritenere avverata la condizione di procedibilità ai sensi del citato articolo 5 comma 2-bis, che la mediazione abbia anche un carattere effettivo oltre che informativo e cioè che, superato il momento informativo, le parti debbano procedere ad un'effettiva mediazione nel merito delle questioni controverse. È infatti caratteristica essenziale della mediazione in generale quella di essere finalizzata ad instaurare o ripristinare un dialogo tra le parti che. secondo l'id quod plerumque accidit, la prospettata intenzione di promuovere un giudizio nella mediazione ante causam , ovvero, la pendenza dello stesso nella mediazione su ordine del Giudice , normalmente interrompe. Secondo un primo orientamento, che nella giurisprudenza di merito risulta recessivo si v. Trib. Verona, 24.03.2014 , al fine della procedibilità della domanda ex articolo 5 comma 2-bis D.Lgs. n. 28 del 2010, il primo incontro di mediazione può avere carattere meramente informativo. Sin d'ora si segnala che tale orientamento ha trovato autorevole avallo da parte della Corte di Cassazione nella recentissima sentenza n. 8473 del 27 marzo 2019. Secondo una diversa impostazione, la mediazione deve essere, invece, non solo informativa ma necessariamente effettiva ai fini della procedibilità della domanda Trib. Firenze, ord. 19 marzo 2014-est. B. Trib. Palermo, ord. 16.7.2014 Trib. Rimini, ord. 16.7.2014, Trib. Bologna, 16.10.2014 Trib. Cassino, 8.10.2014 Trib. Monza, 20.10.2014 Trib. Siracusa, 17.1.2015 Trib. Pavia, 9.3.2015 Trib. Milano, 7.5.2015 Trib. Milano, 27.4.2016 Trib. Roma, sent. 8554 del 28.04.2016 Trib. Busto Arsizio, 3.2.2016 Trib. Roma, sent. 23.02.2017 est. Monconi C.d.A. Milano, sent. 10.05.2017 Trib. Santa Maria Capua Vetere, ord. 6.04.2018- est. Bianco . Tale secondo orientamento, pur persistendo talune voci contrarie, si è ampiamente diffuso negli uffici di merito, così come si evince dalla Relazione del 17.1.2017 conclusiva dei lavori della Commissione ministeriale presieduta dal Prof. G.A. sugli strumenti di degiurisdizionalizzazione cfr. pagg. 28-29 della Relazione e che si è occupata specificatamente, tra gli altri, dell'istituto della mediazione. Nella giurisprudenza di merito maturata sul punto è, peraltro, dato scorgere una duplicità di posizioni interpretative, di cui occorre dar conto. Una prima variante interpretativa tra le molte Trib. Roma, sent. 26.05.2016 Tribunale di Civitavecchia, ord 15.01.2016 Trib. Vasto, ord. 23.04.2016 Trib. Pavia, 20.01.2017 Trib. Monza, ord. 18.04.2018 , che si è diffusa con specifico riferimento alla mediazione ordinata dal Giudice, l'effettività della mediazione, richiesta ai fini della procedibilità della domanda giudiziale, implicherebbe necessariamente, in base ad una lettura teleologica e sistematica dell'istituto, il superamento del primo incontro ed il completamento della procedura. Gli argomenti principali addotti a favore di questa ricostruzione sono i la necessità di valorizzare la ritenuta mediabilità in concreto della lite compiuta dal Giudice prevista dall'articolo 5 comma 2 del D.Lgs. n. 28 del 2010 ii l'inutilità di un mero inadempimento informativo in favore delle parti, posto che le parti devono essere ex articolo 4 comma 3 D.Lgs. n. 28 del 2010 dal proprio legale e perché, comunque, all'informativa provvederebbe il Giudice in ambito processuale. Tale opzione interpretativa, come si legge chiaramente in alcune di tali pronunce ad es. Trib. Pavia, 20.01.2017 , porta inevitabilmente a ritenere che l'articolo 5 comma 2-bis secondo cui la condizione di procedibilità si considera avverata se il primo incontro si conclude senza accordo trovi applicazione esclusivamente in caso di mediazione obbligatoria ante causam e non anche con riferimento alla mediazione demandata dal Giudice. Ulteriore implicazione è che, di fatto, le parti sarebbero sempre tenute al pagamento dei compensi all'organismo di mediazione. Infatti, ai sensi dell'articolo 17 comma 5-ter D.Lgs. n. 28 del 2010 ssmmii il compenso non è dovuto solo se la procedura si esaurisce con un mancato accordo all'esito del primo incontro testualmente Nel caso di mancato accordo all'esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l'organismo di mediazione . Ne segue che ove la procedura vada oltre il primo incontro, evenienza ritenuta necessaria da tale opzione interpretativa, il compenso in questione sarà sempre dovuto. Altro orientamento, sempre a sostegno dell'effettività della mediazione, condiviso da questo Giudice, come già esplicitato chiaramente nell'ordinanza di invio in mediazione, ritiene invece che, già nel corso del primo incontro di mediazione, superata e conclusa la fase dedicata all'informativa delle parti, si debba procedere ad effettiva mediazione trattasi di linea interpretativa generalmente condivisa negli ultimi anni dai Giudici della III e V sez. civile di questo Ufficio, oltre che, ad es., da Trib. Pavia, ord. 26.09.2016 Trib. Siracusa, ord. 15.05.2018 Corte d'Appello Milano, Sent. 10.05.2017. Sul punto si veda anche, da ultimo, questo Tribunale sentenza 27.4.2019, est. Mazzarelli . Il primo incontro di mediazione dovrebbe, quindi, avere natura essenzialmente bifasica , la prima informativa, sulle modalità e funzioni della mediazione, e la seconda di mediazione effettiva. Il quadro normativo di riferimento, infatti, non sembra lasciar spazio per una distinzione in punto di avveramento della condizione di procedibilità che poggi sulla diversità dei due tipi di mediazione obbligatoria, ex lege articolo 5, comma 1-bis cit. o ex officio articolo 5 comma 2 cit. . La disciplina della mediazione obbligatoria è regolata in modo unitario dall'articolo 8, per quanto attiene al procedimento, e dall'articolo 5, comma 2-bis del D.Lgs. n. 28 del 2010 per quanto attiene i presupposti di avveramento della condizione di procedibilità. In particolare, da tale ultima disposizione si evince chiaramente che, ai fini della procedibilità, è sufficiente che le parti partecipino al primo incontro davanti al mediatore, anche se esso si concluda senza accordo e non vi è nella legge alcun elemento per differenziare le due ipotesi di mediazione in punto di avveramento della condizione di procedibilità. È ovvio che un procedimento di mediazione compiutamente esperito in una pluralità di incontri avrà una maggiore probabilità di esito conciliativo della controversia rispetto a una mediazione uno actu. De jure condito, tuttavia, si ritengono, ad avviso di questo Giudice, non legittime quelle opzioni interpretative funzionali a distinguere i presupposti dell'avveramento della condizione di procedibilità in considerazione della diversa tipologia di mediazione obbligatoria. La conclusione è che l'articolo 5, co. 2-bis, citato si applica anche alla mediazione per ordine del giudice. 2 Il dictum della Corte di Cassazione sent. n. 8473 del 27.03.2019. In questo contesto interpretativo, come accennato, è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione. La questione in diritto all'esame della Corte concerneva, in un caso di mediazione ante causam la problematica, ai fini della procedibilità, della necessaria presenza o meno delle parti e della legittimazione rappresentativa dei difensori nell'ambito del primo incontro avanti al mediatore. In tale contesto la Suprema Corte ha affrontato anche il seguente ulteriore e diverso aspetto, costituente vero e proprio obiter dictum, affermando il seguente principio di diritto La condizione di procedibilità può ritenersi realizzata al termine del primo incontro davanti al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità di procedere oltre . Nella parte motiva, la S.C. ha evidenziato che l'onere della parte che intenda agire in giudizio o che, avendo agito, si sia vista opporre il mancato preventivo esperimento della mediazione e sia stata rimessa davanti al mediatore dal giudice di dar corso alla mediazione obbligatoria possa ritenersi adempiuto con l'avvio della procedura di mediazione e con la comparizione al primo incontro davanti al mediatore, all'esito del quale, ricevute dal mediatore le necessarie informazioni in merito alla funzione e alle modalità di svolgimento della mediazione, può liberamente manifestare il suo parere negativo sulla possibilità di utilmente iniziare rectius proseguire la procedura di mediazione . E, in altro passaggio, si ribadisce il concetto con la seguente statuizione non può invece ritenersi che al fine di ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità sia necessario pretendere dalla parte anche un impegno positivo ad impegnarsi in una discussione alternativa rispetto al giudizio . La sentenza n. 8473/2019 ritiene, dunque, che l'articolo 8 D.Lgs. n. 28 del 2010, laddove fa riferimento alla possibilità di iniziare il procedimento su cui le parti sono chiamate dal mediatore ad esprimersi Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento , sia da interpretarsi come volontà di intraprendere il confronto in mediazione. La motivazione dell'arresto di legittimità è incentrata essenzialmente su due argomenti. Un primo argomento è di ordine sistematico-costituzionale l'esperimento della mediazione obbligatoria ante causam costituirebbe una forma di condizionamento all'accesso alla giustizia, e pertanto la relativa disciplina andrebbe interpretata in modo non estensivo, ovvero in modo da non rendere eccessivamente complesso o dilazionato l'accesso alla tutela giurisdizionale così la sentenza citata, in motivazione . Un secondo argomento è - dichiaratamente - di tipo letterale la struttura del procedimento di mediazione, così come risultante dall'articolo 8 D.Lgs. n. 28 del 2010 sarebbe suddivisa in un primo incontro preliminare davanti al mediatore e in uno o più incontri successivi di effettivo svolgimento della mediazione . E, prosegue la Corte di Cassazione solo se le parti gli danno il via per procedere alla successiva fase di discussione, il mediatore andrà avanti altrimenti si arresterà alla fase preliminare all'esito della quale sono dovute solo le spese e non anche il compenso del mediatore . Col che la condizione di procedibilità deve ritenersi assolta in base all'articolo 5 comma 2 bis proprio con l'espletamento del primo incontro, che si ritiene avere natura preliminare informativa. 3 Le ragioni del dissenso rispetto a tale pronuncia. Necessità che il primo incontro di mediazione abbia contenuto anche effettivo ai fini della procedibilità della domanda. Ritiene il giudicante che il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte, a quanto consta primo ed unico precedente di legittimità sul punto, non sia condivisibile per molteplici ragioni, in buona parte già evidenziate dalla pregressa giurisprudenza di merito e che il giudice di legittimità, nell'obiter dictum sopra indicato, non sembra avere adeguatamente valutato. Ciò induce a dare ulteriore seguito all'indirizzo interpretativo di merito sopra evidenziato. In proposito vengono in rilievo le seguenti considerazioni in diritto. In primis, circa l'argomento fondato sulla struttura del procedimento, si osserva che non si rinviene, nella disciplina legale in particolo articolo 8 D.Lgs. n. 28 del 2010 una rigida distinzione tra incontro preliminare e 'uno o più incontri di effettivo svolgimento della mediazione . Infatti, dall'articolo 8 cit. si rinviene piuttosto un dato diverso, essendo ivi previsto che nello stesso primo incontro, il mediatore invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento . Espressa la possibilità di iniziare la procedura , il mediatore procede con lo svolgimento del procedimento di mediazione nello stesso primo incontro . Il contenuto della norma, di per sé sembra condurre a conclusioni esattamente opposte a quelle fatte proprie dalla pronuncia di legittimità. Del resto, lo stesso D.Lgs. n. 28 del 2010 prevede che, nell'ambito del primo incontro, possa addivenirsi ad un accordo conciliativo. Ciò si ricava, a contrario, dall'articolo 5 comma 2-bis e dall'articolo 17 comma 5-ter del decreto che fanno riferimento all'ipotesi che il primo incontro si concluda senza accordo , così lasciando intendere che un accordo vi possa anche essere ma, sembra evidente, che perché vi possa essere un accordo, le parti devono essere messe nella condizione di interloquire nel merito delle reciproche posizioni e far emergere i propri interessi già in quella sede. Occorre, in altre parole, che già al primo incontro la mediazione tra le parti sia effettiva. Ancora, rimanendo sull'analisi letterale delle disposizioni di legge oggetto della pronuncia, la sentenza della Corte di legittimità interpreta il termine possibilità , sulla quale il mediatore chiede alle parti di esprimersi ex articolo 8D.Lgs. n. 28 del 2010, come parere negativo sulla possibilità di utilmente iniziare rectius proseguire il procedimento , in tal modo di fatto confondendo la possibilità di avviare la mediazione con la volontà di mediare, che è concetto ben diverso. Un criterio letterale di interpretazione suggerisce, al contrario, di tenere ben distinti i concetti di possibilità , termine utilizzato dall'articolo 8 D.Lgs. n. 28 del 2010, da quello di volontà, essendo solo il primo volto, normalmente, a indicare situazioni oggettivamente abilitanti il compimento di azioni o l'esercizio di facoltà o diritti. Nella fattispecie, sembra maggiormente conforme alla lettera della legge l'interpretazione secondo cui la possibilità , che le parti sono chiamate a rappresentare al mediatore e sulla quale egli le chiama ad esprimersi, debba considerarsi come inerente alle condizioni ostative all'utile e legittimo esperimento della mediazione vera e propria. Tale impossibilità, ad esempio, e senza pretesa di completezza, ricorrerà nei casi in cui vi sia un difetto di legittimazione o di rappresentanza sostanziale del soggetto che partecipa alla mediazione ovvero, qualora il procedimento sia stato attivato in relazione a controversie aventi a oggetto materia sottratta alla disponibilità delle parti. Dunque, il vaglio preliminare di possibilità sembra doversi intendere come possibilità oggettiva di procedere alla mediazione, a nulla rilevando le valutazioni delle parti, meramente soggettive, inerenti la mera volontà di procedere. In tal senso depongono anche argomenti logici e sistematici. Ritenere che possibilità equivalga a volontà finisce con equiparare la mediazione obbligatoria per volontà del legislatore, ovvero del giudice che l'abbia disposta in corso di causa a quella facoltativa, sempre ammessa in materia di diritti disponibili ed il cui mancato esperimento è privo di sanzione processuale. Così opinando, tuttavia, la mediazione facoltativa e quella obbligatoria non sarebbero più sostanzialmente distinguibili, con l'effetto di un'interpretazione abrogante dello stesso istituto della mediazione obbligatoria in questo senso, tra le molte, v. Trib. Firenze, ordinanza 19 marzo 2014- est. B. Trib. Firenze, ord. 15 ottobre 2015 - est. S. Tribunale Siracusa, sez. II 30 marzo 2016 Tribunale Firenze Sez. spec. Impresa 16 febbraio 2016 Tribunale Firenze, 21 aprile 2015 . Non condivisibile è poi l'ulteriore argomento addotto dalla S.C. circa la necessità di interpretare restrittivamente o meglio, in modo non estensivo le ipotesi di giurisdizione condizionata quali quelle ove è obbligatoria la mediazione. Tale impostazione sembra voler intendere che l'obbligatorietà di una mediazione effettiva sarebbe sostanzialmente ostativa e pregiudicante rispetto al diritto di azione, così potendosi ipotizzare un potenziale conflitto di tale disciplina con l'articolo 24 della Costituzione. Sul punto è sufficiente richiamarsi, per confutare la tesi della S.C., ai principi che provengono dal Giudice delle Leggi e dalla giurisprudenza comunitaria. La Corte Costituzionale, nella materia analoga del tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie in materia di lavoro -previsto fino al 2010 - e del possibile contrasto di tale istituto con gli artt. 3 e 24 Cost. ha statuito, con sentenza n. 276/2000, che la giurisprudenza consolidata di questa Corte ritiene che l'articolo 24 della Costituzione, laddove tutela il diritto di azione, non comporta l'assoluta immediatezza del suo esperimento, ben potendo la legge imporre oneri finalizzati a salvaguardare interessi generali , con le dilazioni conseguenti. E' appunto questo il caso in esame, in quanto il tentativo obbligatorio di conciliazione tende a soddisfare l'interesse generale sotto un duplice profilo da un lato, evitando che l'aumento delle controversie attribuite al giudice ordinario in materia di lavoro provochi un sovraccarico dell'apparato giudiziario, con conseguenti difficoltà per il suo funzionamento dall'altro, favorendo la composizione preventiva della lite, che assicura alle situazioni sostanziali un soddisfacimento più immediato rispetto a quella conseguita attraverso il processo. La normativa denunciata è, d'altronde, modulata secondo linee che rendono intrinsecamente ragionevole il limite all'immediatezza della tutela giurisdizionale. Quanto all'improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del tentativo di conciliazione articolo 412-bis , tale sanzione, lungi dal risolversi in una questione processuale inutile, rappresenta la misura con la quale l'ordinamento assicura effettività all'osservanza dell'onere. Dal suo canto l'estinzione del giudizio per mancata tempestiva riassunzione articolo 412-bis, quinto comma costituisce normale applicazione del principio generale che considera con sfavore l'inattività delle parti. Sotto nessuno degli indicati profili può, pertanto, ravvisarsi violazione dell'articolo 24 della Costituzione. . Trattasi di considerazioni senz'altro estensibili anche all'istituto della mediazione obbligatoria e al suo impatto sulla tutela giurisdizionale dei diritti. Sostanzialmente sulla stessa linea interpretativa è il dibattito in ambito sovranazionale, ove è ricorrente l'affermazione, fondata sulle Carte dei diritti fondamentali in particolo CEDU e CDFUE secondo cui i sistemi di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione, ove previsti obbligatoriamente dalla legge, devono essere giustificati da ragioni di interesse pubblico e non devono essere eccessivamente gravosi. La Dir. 2008/52/CE, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale il cui testo è stato recentemente confermato dalla Commissione europea nel 2016 , che prevede il ricorso a procedimenti di mediazione nell'ambito delle controversie di natura transfrontaliera, è conforme a tali indicazioni l'articolo 5 co. 2 della Direttiva fa salva la possibilità per la legislazione nazionale di prevedere forme obbligatorie di mediazione, sia prima che dopo l'inizio del procedimento giudiziario, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario . In argomento si richiama la sentenza 14.06.2017 della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Livio e altri, causa C-75/16 , la quale, in una fattispecie di mediazione obbligatoria in materia consumeristica, interpretando la Dir. 2013/11/UE nota come direttiva ADR consumatori , ha ritenuto che la previsione di ipotesi di mediazione obbligatoria ante causam sia compatibile con il Diritto dell'Unione, purché si tratti di interventi con obiettivi di interesse generale e tali interventi non siano sproporzionati ed inaccettabili , tali da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti. Si tratta di principi già affermati in precedenza dalla CGUE, ad esempio con sentenza 18.03.2010, A. e altri cause da C-317/08 a C-320/08 . resa in una fattispecie caratterizzata da tentativo obbligatorio di conciliazione ante causam in materia consumeristica in questo caso, con riferimento alla Direttiva servizio universale Dir. 2002/22/CE . In tale arresto punti 61-64 si legge che il principio della tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell'Unione che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e che è stato sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU, oltre ad essere stato ribadito anche dall'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea v. sentenza Mono Car Styling, cit., punto 47 e giurisprudenza ivi citata . A tal riguardo è pacifico nelle fattispecie principali che, subordinando la ricevibilità dei ricorsi giurisdizionali proposti in materia di servizi di comunicazioni elettroniche all'esperimento di un tentativo obbligatorio di conciliazione, la normativa nazionale di cui trattasi ha introdotto una tappa supplementare per l'accesso al giudice. Tale condizione potrebbe incidere sul principio della tutela giurisdizionale effettiva. Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, i diritti fondamentali non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti v., in tal senso, sentenza 15 giugno 2006, causa C 28/05, Dokter e a., Racc. pag. I-5431, punto 75, e giurisprudenza ivi citata, nonché Corte eur. D.U., sentenza Fogarty c. Regno Unito del 21 novembre 2001, Recueil des arrets et décisions 2001-XI, 33 . Orbene, come rilevato in udienza dal governo italiano, si deve anzitutto constatare che le disposizioni nazionali di cui trattasi hanno ad oggetto una definizione più spedita e meno onerosa delle controversie in materia di comunicazioni elettroniche, nonché un decongestionamento dei tribunali, e perseguono quindi legittimi obiettivi di interesse generale . Venendo in concreto alla disciplina dell'istituto della mediazione di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010 e ssmmii, non può dubitarsi che essa sia in linea con i suddetti principi generali, ancorché interpretata nel senso che qui si va sostenendo. Infatti, emergono gli interessi generali che si intendono perseguire mediante il ricorso alla mediazione obbligatoria. Essa è istituto giuridico che ha funzione complessa, che in parte ha una ricaduta in termini di deflazione del contenzioso giurisdizionale e in parte mira a favorire un diverso e alternativo metodo di risoluzione dei conflitti inter-privati. La produzione normativa degli ultimi anni mostra una sempre maggiore attenzione da parte del legislatore rispetto a forme alternative rispetto a quella classica decisum del giudice di definizione delle controversie, in modo tale cioè da valorizzare e promuovere, per quanto possibile, forme di definizione concordata tra le parti, con gli inevitabili effetti benefici per il sistema ad esse conseguenti. Ciò è avvenuto, prima, nell'ambito della giurisdizione penale ove, mutuando istituti che già avevano dato buona prova di sé negli ordinamenti anglosassoni, si sono creati modelli procedimentali alternativi al rito ordinario, notoriamente lungo e costoso, che poggiano, quale dato saliente, sul consenso delle parti si pensi agli istituti del rito abbreviato e, soprattutto, all'applicazione della pena su richiesta, artt. 438 e 444 c.p.p. . Senza alcuna pretesa di esaustività, ma solo al fine di descrivere una tendenza legislativa ormai consolidata, sono stati introdotti nell'ordinamento processuale civile istituti finalizzati a perseguire al massimo la conciliazione della lite si pensi alla consulenza tecnica preventiva a fini conciliativi articolo 696-bis c.p.c., alla mediazione stessa, alla negoziazione assistita ed agli altri interventi per favorire la de-giurisdizionalizzazione della lite, alla proposta conciliativa giudiziale ex articolo 185-bis c.p.c. ecc. . Si è voluto cioè, in primo luogo, decongestionare l'accesso alla giustizia civile ovvero favorirne l'esodo, al fine di recuperare funzionalità agli uffici della giurisdizione civile, notoriamente affossati in molte realtà da endemica grave sproporzione tra entità dei carichi di lavoro e personale disponibile. Così si è inteso rimediare anche alla connessa grave problematica della lentezza del processo civile e alla onerosità per lo Stato delle conseguenze della violazione delle disposizioni sovranazionali e nazionali inerenti l'irragionevole durata delle procedure cfr L. n. 89 del 2001 . In secondo luogo, in un'ottica per così dire di sistema, e tenuto conto di interessanti contributi dottrinali, è stata acquisita specifica consapevolezza del valore primario della conciliazione della lite, quale strumento idoneo a consentire la pacificazione dei contendenti. Ciò, oltre ai positivi effetti sul piano extra-giuridico, produce ricadute positive sul sistema processuale, vuoi perché in presenza di un accordo le parti rinunciano ad avvalersi degli ordinari rimedi processuali es. impugnazioni , con corrispondente effetto benefico per le giurisdizioni superiori vuoi perché, essendo dato di comune esperienza che gli impegni assunti in sede di accordo sono di regola osservati spontaneamente dalle parti, assai raro è in tal caso il ricorso alle procedure esecutive ed alle relative fasi di opposizione. La scelta ermeneutica operata con la sentenza n. 8473/2019, fondata sull'idoneità, ai fini della procedibilità della domanda, di un primo incontro meramente informativo e preliminare, si pone in distonia con le suddette finalità della mediazione ed in genere con i sistemi di risoluzione alternativa delle controversie, c.d. ADR alternative despute resolution . Ridurre l'esperimento del procedimento di mediazione, ai fini della procedibilità, a una mera comparizione delle parti innanzi al mediatore per di più con la possibilità di farsi rappresentare dai propri difensori muniti di procura speciale come precisato dalla S.C. , per ricevere un'informazione preliminare sulle finalità e le modalità di svolgimento della mediazione e per dichiarare che semplicemente non c'è volontà di mediare comporta, infatti, un elevato rischio che tutto il procedimento divenga un vuoto rituale . Il tutto con ricadute negative anche sulla tempestiva erogazione del servizio giustizia, che di fatto potrebbe essere ostacolato dagli stessi incombenti legati alla mediazione. Né d'altra parte l'orientamento che qui si condivide pone problemi sotto il profilo della menomazione del diritto fondamentale di accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti, così come inteso dal Giudice delle leggi e dalla giurisprudenza comunitaria. La partecipazione al solo primo incontro, anche se comprensivo di una fase di effettiva mediazione, rende trascurabili i maggiori oneri richiesti alle parti, rispetto all'opzione fatta propria dalla Suprema Corte incontro dal contenuto meramente informativo . L'inevitabile maggior durata del primo incontro, è infatti pienamente giustificata dalla concreta possibilità di conciliazione della controversia. Piuttosto, sembra opportuno interrogarsi su un aspetto inerente ai costi del procedimento di mediazione, i quali, ove ritenuti eccessivi, potrebbero costituire un ostacolo di natura economica all'esercizio giudiziale dei diritti. Occorre, in particolare, valutare le implicazioni che il ricostruito carattere di effettività del primo incontro produce sui costi della mediazione. Sul punto, la risposta non può che essere ampiamente tranquillizzante. Ai sensi dell'articolo 17 comma 5-ter D.Lgs. n. 28 del 2010 ss.mm.ii. Nel caso di mancato accordo all'esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l'organismo di mediazione . Ne segue, stante l'inequivocabile tenore letterale di tale norma, che, ove le parti non proseguano la procedura oltre il primo incontro, nessun compenso sarà dovuto all'organismo di mediazione le uniche spese da sostenere saranno quelle di avvio della procedura e il rimborso delle spese vive che incidono per poche decine di Euro , salvo che le parti raggiungano già al primo incontro l'accordo conciliativo. Non è vero pertanto che effettività della mediazione vada necessariamente insieme al pagamento dei suddetti oneri economici, come incidentalmente afferma la Suprema Corte. In realtà l'unico costo aggiuntivo effettivo per le parti è quello dell'assistenza legale, che è obbligatoria, giusto il disposto dell'articolo 8 D.Lgs. n. 28 del 2010 ssmmii. I maggiori compensi legali, peraltro non appaiono oggettivamente eccessivi. I parametri fissati dal D.M. n. 55 del 2014, così come modificati dal D.M. n. 37 del 2018, prevedono che il diritto al compenso dell'avvocato in mediazione riguardi tre fasi distinte attivazione, negoziazione e conciliazione. Ovviamente in caso di primo incontro con mediazione effettiva senza stipula di accordo, saranno dovuti i compensi per la fase di attivazione e di negoziazione . Al riguardo, i parametri non distinguono tra negoziazione nel corso di una mediazione composta da più sessioni e quella avvenuta nel corso di un solo primo incontro. Il relativo compenso, così come quantificato dalla tabella, potrà dunque essere liquidato dal Giudice tenuto conto delle peculiarità del caso di specie. Sul punto è solo il caso di evidenziare che i compensi medi previsti per la fase di mediazione ai sensi dell'articolo 20 comma 1-bis del D.M. cit. sono applicabili solo di regola . E lasciato pertanto sul punto spazio ad un ampio potere del giudice nella liquidazione del dovuto non essendo previsto un minimo tariffario garantito diversamente per i compensi relativi all'attività defensionale giudiziale e stragiudiziale in genere - cfr artt. 4, co. 1, e 19 . L'aumento dei costi di mediazione derivanti dall'opzione interpretativa adottata sarà pertanto di modesta entità in termini percentuali rispetto al costo complessivo dell'assistenza legale nel procedimento giurisdizionale. Così ad esempio, in caso di mediazione per causa di competenza o pendente avanti al Tribunale di valore compreso tra Euro 26.000 e 52.000, a fronte di compensi medi complessivamente dovuti per Euro 7.254,00, oltre accessori, quelli relativi alla fase di negoziazione nella mediazione parametro medio Euro 1.020,00 , potranno essere liquidati anche in misura assai più contenuta. Il tutto senza considerare che gli importi sostenuti per il procedimento di mediazione potranno comunque essere recuperati a carico della parte soccombente ai sensi dell'articolo 91 c.p.c 4 Il caso di specie. In applicazione di tali principi di diritto è possibile valutare la rilevanza del comportamento della parte attrice e della terza intervenuta in sede di mediazione. Disposta la mediazione demandata con ordinanza del 20.07.2018, il primo incontro di mediazione si è tenuto il 29.01.2019, presenti tutte le parti. Dal verbale di mediazione emerge che l'avv. T. era comparso per P. e per la Banca attrice come da questa confermato dalla memoria ex articolo 183 co. VI n. 3 c.p.c. . In quella sede, dopo la fase informativa, l'avv. T., legale delle banche, ha dichiarato che non è possibile iniziare il procedimento di mediazione . Le parti convenute, F., R. e , hanno invece manifestato disponibilità. Il verbale di mediazione è stato quindi chiuso dando atto dell'esito negativo del procedimento di mediazione. Con la terza memoria ex articolo 183 co. VI c.p.c., P. ha giustificato la sua indisponibilità alla mediazione, evidenziando che dall'analisi preliminare delle rispettive posizioni emergeva una distanza tale da rendere assolutamente superfluo l'esperimento del procedimento che avrebbe solamente comportato un inutile aggravio di spese . Tanto premesso in fatto si osserva che è pacifico che avanti al mediatore le parti non si siano minimante confrontate, in ottica conciliativa, sulle questioni oggetto di causa. In forza dei principi di diritto sopra esposti, la parte attrice e la terza intervenuta, pertanto, sono venute meno all'onere di procedere a mediazione effettiva. Infondata è poi la giustificazione addotta, e cioè che l'avvio della mediazione effettiva avrebbe solamente comportato un inutile aggravio di spese . Tale attività poteva, infatti, essere svolta al primo incontro, circostanza che, per le considerazioni già espresse, avrebbe escluso la debenza dei compensi di mediazione. Della sostanziale irrilevanza dei maggiori costi legali si è già detto. L'irrituale svolgimento del procedimento di mediazione rende quindi improcedibile la domanda ai sensi dell'articolo 5, comma 2 e comma 2-bis D.Lgs. n. 28 del 2010. Resta assorbita ogni questione di merito. 5 Spese di lite. La non univoca giurisprudenza di merito sull'assolvimento della condizione di procedibilità nella mediazione, e la presenza di un unico precedente di legittimità in senso contrario giustificano l'integrale compensazione ex articolo 92, comma 2 c.p.c. delle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale di Firenze, IIIa Sez. Civ., in composizione monocratica, visto l'articolo 281-sexies c.p.c., definitivamente pronunciando 1 Dichiara improcedibile la domanda proposta da B.C.C. DI SOCIETÀ COOPERATIVA ora BANCA COOPERATIVO , oggetto di intervento ex articolo 111 c.p.c. da parte di P. S.p.a. 2 Compensa interamente tra le parti le spese di lite.