Patrocinio a spese dello Stato: il difensore deve dimostrare di avere inutilmente esperito le procedure esecutive

Non solo l’esperimento del procedimento monitorio costituisce un passaggio obbligato per poter chiedere la liquidazione dei compensi, ma il difensore deve dimostrare di avere inutilmente esperito la procedura esecutiva, volta alla riscossione dell’onorario. Detto principio di diritto non muta nell’ipotesi in cui il difensore d’ufficio abbia effettuato la propria prestazione professionale in favore di un cittadino residente all’estero a maggior ragione quando sia residente in un Paese dell’Unione Europea dove, oltre alla circolazione di mezzi e servizi, è prevista la circolazione delle decisioni giudiziarie .

La fattispecie. La decisione in commento ordinanza n. 11720/19, depositata il 3 maggio trae origine dal ricorso proposto da un Avvocato avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Sorveglianza di Bari ha rigettato la propria richiesta di compenso per l’attività svolta in qualità di difensore d’ufficio di un cittadino tedesco. In particolare, secondo quanto statuito dal Presidente Delegato del Tribunale di Sorveglianza, l’Avvocato non avrebbe dimostrato di avere inutilmente esperito le procedure per il recupero dei crediti previste dall’art. 116 d.P.R. n. 115/2002, essendosi limitata ad allegare alla richiesta di compenso il decreto ingiuntivo e l’atto di precetto notificati all’assistito, mentre avrebbe dovuto fare ricorso al procedimento previsto dall’art. 26 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 per il riconoscimento delle sentenze straniere, oppure richiedere, ai sensi del Regolamento n. 1896/2006, il decreto ingiuntivo europeo. I princìpi in tema di patrocinio a spese dello Stato valgono anche con riferimento ad assistiti residenti all’estero. L’Avvocato soccombente ha impugnato la decisione del Tribunale di Sorveglianza deducendo l’inapplicabilità dell’art. 116 d.P.R. n. 115/2002 in quanto – a suo dire – la procedura avrebbe dovuto svolgersi all’estero ed eccependo inoltre la presunta violazione del principio della territorialità. Rigettando il ricorso, la Corte di Cassazione ha richiamato il proprio orientamento secondo il quale non solo l’esperimento del procedimento monitorio costituisce un passaggio obbligato per poter chiedere la liquidazione dei compensi, ma il difensore deve dimostrare di avere inutilmente esperito la procedura esecutiva, volta alla riscossione dell’onorario. E detto principio di diritto non muta nell’ipotesi in cui il difensore d’ufficio abbia effettuato la propria prestazione professionale in favore di un cittadino residente all’estero a maggior ragione quando sia residente in un Paese dell’Unione Europea dove, oltre alla circolazione di mezzi e servizi, è prevista la circolazione delle decisioni giudiziarie . Infatti, oltre alla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, che prevede il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, nel caso di specie sarebbe stato agevolmente applicabile il procedimento, previsto dal Regolamento n. 805/2004 relativo all’esecuzione, nello spazio euro unitario, dei crediti non contestati. La ratio di tale normativa, con evidenza ricavabile dai considerando premessi al testo, è volta all’agile apprestamento di uno strumento di facile e pronta eseguibilità in tutto il territorio dell’Unione Europea, con abbandono del tradizionale sistema dell’ exequatur . Ne consegue l’idoneità del titolo a fungere da base legale di un processo esecutivo in un altro Stato membro, in caso di non contestazione del credito pecuniario e del rispetto di norme procedurali minime all’interno del procedimento, al cui esito il titolo è stato pronunciato. Sulla base di queste premesse, i Giudici hanno stabilito che il Tribunale di Sorveglianza ha correttamente rigettato la richiesta dell’Avvocato il quale avrebbe dovuto iniziare il procedimento esecutivo in Germania attraverso il riconoscimento del titolo esecutivo europeo, al fine di dimostrare di avere inutilmente esperito le procedure previste per ii recupero del credito, ai sensi dell’art. 116 d.P.R. n. 115/2002. E in ogni caso l’Avvocato avrebbe dovuto, quantomeno, attivarsi per accertare se il proprio assistito fosse titolare di beni mobili o immobili o percepisse redditi da lavoro, al fine di valutare la convenienza per l’Erario di attivare la procedura esecutiva e, conseguentemente, rimborsare le spese sostenute per ii recupero del credito.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 7 novembre 2018 – 3 maggio 2019, n. 11720 Presidente Petitti – Relatore Giannaccari Fatti di causa Con ricorso D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, l’Avv. R.R. proponeva opposizione avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Bari del 19.6.12.7.2014, che aveva rigettato la richiesta di compenso per l’attività svolta, in qualità di difensore d’ufficio del cittadino straniero M.T. . Nella contumacia del Ministero della Giustizia, il Presidente Delegato del Tribunale di Sorveglianza rigettava l’opposizione poiché il difensore non aveva dimostrato di avere inutilmente esperito le procedure per il recupero dei crediti, previste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 116. Afferma il giudice di prime cure che la R. si era limitata ad allegare, alla richiesta di compenso, il decreto ingiuntivo e l’atto di precetto notificato al M. , cittadino residente in , mentre avrebbe dovuto far ricorso al procedimento previsto dall’art. 26 della Convenzione di Bruxelles del 27.9.1968, per il riconoscimento delle sentenze straniere oppure richiedere, ai sensi del regolamento N. 1896/2006, il decreto ingiuntivo Europeo. Per la cassazione dell’ordinanza, ha proposto ricorso R.R. , sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso il Ministero della Giustizia. All’udienza camerale dell’8.2.2018, il collegio ha disposto l’acquisizione della cartolina di ritorno relativa alla notifica nei confronti di M.T. , assegnando, in caso di omessa notifica, il temine di giorni novanta dalla comunicazione dell’ordinanza per la sua rinnovazione. È stata accertata la regolarità della notifica a M.T. , che è rimasto intimato. Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione ed erronea applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 116 e della L. n. 60 del 2001, art. 17, per avere il giudice dell’opposizione ritenuto applicabile il D.P.R. n. 116 del 2002, art. 116, nonostante si trattasse di procedura esecutiva da svolgersi all’estero, con conseguenti oneri non esigibili dal difensore d’ufficio. Osserva il ricorrente che, poiché la L. n. 60 del 2001, art. 17 prevede che le spese per il recupero dei crediti professionali dei difensori d’ufficio siano esenti da bolli, imposte e spese, la norma non potrebbe applicarsi al di fuori del territorio nazionale. L’interpretazione congiunta delle due norme confermerebbe, quindi, che il previo esperimento della procedura per il recupero del credito debba svolgersi in ambito nazionale. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione del principio della territorialità in quanto si effettuerebbe un pignoramento all’estero sulla base di un decreto ingiuntivo italiano . I motivi, da trattare congiuntamente, non sono fondati. Afferma testualmente il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 116 che l’onorario e le spese spettanti al difensore di ufficio sono liquidati dal magistrato, nella misura e con le modalità previste dall’art. 82 ed è ammessa opposizione ai sensi dell’art. 84, quando il difensore dimostra di aver esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti professionali . È stato altresì precisato che non solo l’esperimento del procedimento monitorio costituisce un passaggio obbligato per poter chiedere la liquidazione dei compensi, ai sensi del combinato disposto del cit. D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 116, ma il difensore deve dimostrare di avere inutilmente esperito la procedura esecutiva, volta alla riscossione dell’onorario Cassazione civile, sez. VI, 19/12/2017, n. 30484 Cass. Civ., sez. 02, del 17/11/2011, n. 24104 La giurisprudenza di questa Corte ha, inoltre, affermato che costi, comprensivi di spese, diritti ed onorari per il recupero del credito, non sono a carico del professionista, ma debbono rientrare nell’ambito di quelli che l’erario è tenuto a rimborsare a seguito del decreto di pagamento emesso dall’autorità giudiziaria Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 24104 del 2011 cit. Cass. pen., Sez. 4, 14 gennaio 2008, n. 1630 Cass., pen., Sez. 4, 6 luglio 2009, n. 27473 . I principi di diritto non mutano nell’ipotesi in cui il difensore d’ufficio abbia effettuato la propria prestazione professionale in favore di cittadino residente all’estero e, a fortiori, in un paese dell’Unione Europea, dove, oltre alla circolazione di mezzi e servizi, è prevista la circolazione delle decisioni giudiziarie. Oltre alla convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, che prevede il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, nel caso in esame, era agevolmente applicabile il procedimento, previsto dal Regolamento 805/2004 relativo all’esecuzione, nello spazio Euro unitario, dei crediti non contestati. Tale ultimo strumento non appare affatto gravoso, nè dispendioso, al fine di dimostrare l’inutile esperimento delle procedure per il recupero dei crediti professionali. Ai sensi dei considerando da 4 a 7 del Regolamento n. 805/2004, la nozione di credito non contestato comprende tutte le situazioni in cui un creditore, tenuto conto dell’assenza accertata di contestazione da parte del debitore in ordine alla natura o all’entità del debito, ha ottenuto una decisione giudiziaria contro quel debitore. L’assenza di contestazioni da parte del debitore come descritta all’art. 3, paragrafo 1, lett. b , può assumere la forma di mancata comparizione in un’udienza davanti al giudice o mancata osservanza dell’invito di un giudice a notificare l’intenzione di difendere la propria causa per iscritto . Secondo il regolamento, un credito si considera non contestato se il debitore non l’ha mai contestato nel corso del procedimento giudiziario, in conformità delle relative procedure giudiziarie previste dalla legislazione dello Stato membro di origine . L’art. 4 del medesimo regolamento prevede l’espressione decisione giudiziaria che, a prescindere dalla denominazione usata, si riferisca a qualsiasi decisione emessa da un giudice di uno Stato membro, quale ad esempio decreto, ordinanza, sentenza o mandato di esecuzione, nonché la determinazione delle spese giudiziali da parte del cancelliere L’ambito d’applicazione ratione materiae del regolamento n. 805/2004 risulta, segnatamente, dalle disposizioni in combinato disposto dell’art. 2, paragrafo 1, dell’art. 3, paragrafo 1, nonché dell’art. 4, punto 2, del medesimo regolamento secondo cui quest’ultimo si applica in materia civile e commerciale, alle decisioni giudiziarie, alle transazioni giudiziarie e agli atti pubblici relativi a crediti non contestati, laddove questi ultimi sono definiti come un credito relativo al pagamento di uno specifico importo di denaro esigibile o la cui data di esigibilità è indicata nelle suddette decisioni giudiziarie, transazioni o atti pubblici. La ratio dell’intera normativa, con evidenza ricavabile dai considerando premessi al testo, è volta all’agile apprestamento di uno strumento di facile e pronta eseguibilità in tutto il territorio dell’Unione, con abbandono del tradizionale sistema dell’exequatur. Ne consegue l’idoneità del titolo a fungere da base legale di un processo esecutivo in altro Stato membro, in caso di non contestazione del credito pecuniario e del rispetto di norme procedurali minime cc.dd. minima standard all’interno del procedimento, al cui esito il titolo è stato pronunziato. Nessun controllo sul merito o sul rito del titolo esecutivo è mai consentito al giudice dello Stato richiesto dell’esecuzione e questa non può essere negata, tranne l’eccezionale evenienza del conflitto con altra pronunzia tra le stesse parti. Questa Corte ha ammesso che, in materia di circolazione intereuropea di titoli esecutivi, la notificazione di un titolo esecutivo italiano eseguita, in uno degli altri Stati membri dell’Unione Europea esclusa la Danimarca , a mezzo posta, è rituale in applicazione degli artt. 14 o 15 del regolamento comunitario del 13 novembre 2007, n. 1393/2007/CE salva la facoltà di opposizione dello Stato membro prevista dal predetto art. 15 , sicché, dovendosi ritenere integrato il requisito ex art. 18 del regolamento comunitario del 21 aprile 2004, n. 805/2004/CE, è valido il rilascio del certificato di titolo esecutivo Europeo intervenuto in relazione ad un decreto ingiuntivo italiano, notificato a mezzo posta ad un debitore di altro Stato membro dell’Unione Europea, ove esso sia divenuto irrevocabile per inammissibilità dell’opposizione ex art. 648 c.p.c. Cassazione civile sez. III, 22/05/2015, n. 10543 . Tanto premesso, come correttamente rilevato dal giudice dell’opposizione, il creditore avrebbe dovuto iniziare il procedimento esecutivo in , attraverso il riconoscimento del titolo esecutivo Europeo, al fine di dimostrare di aver inutilmente esperito le procedure previste per il recupero del credito, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 116. In ogni caso, l’avvocato avrebbe dovuto, quanto meno,attivarsi per accertare se il M. fosse titolare di beni mobili o immobili o percepisse redditi da lavoro, al fine di valutare la convenienza per l’erario di attivare la procedura esecutiva e, conseguentemente, rimborsare le spese sostenute per il recupero del credito. Alla luce della richiamata giurisprudenza di questa Corte, che ammette il diritto al rimborso del difensore che abbia inutilmente esperito la procedura esecutiva volta alla riscossione dell’onorario, appare privo di rilevanza il richiamo alla L. n. 60 del 2001, art. 17, che disciplina il regime delle spese di procedura da parte del difensore d’ufficio per il recupero del credito, prevedendo l’esenzione da bolli ed imposte, poiché non incidente sul diritto di rimborso alle spese ulteriori dal medesimo sostenute. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese del presente giudizio vanno integralmente compensate, in considerazione della novità e della peculiarità della questione trattata. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. Rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.