Il regime impugnatorio del giudizio avente ad oggetto la determinazione del compenso professionale

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo per onorari dovuti dal cliente al proprio difensore per prestazioni giudiziali civili, al fine di individuare il regime impugnatorio che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, quale frutto di una scelta consapevole, che può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con le quali si è svolto in concreto il procedimento.

Lo ha ribadito la Cassazione con ordinanza n. 10757/19 depositata il 17 aprile. Il caso. La Corte d’Appello di Milano revocava il decreto ingiuntivo ottenuto dall’avvocato nei confronti della cliente per compensi professionali in relazione ad un giudizio in tema di risarcimento danni per colpa professionale. Avverso tale decisione, l’avvocato ricorre per cassazione deducendo l’inappellabilità della decisione di primo grado e l’intervenuto passaggio in giudicato della stessa, rilevando come, in applicazione della regola della prevalenza della sostanza sulla forma, alla sentenza emessa dal primo giudice andava attribuita natura di ordinanza ricorribile solo in Cassazione, avendo il giudizio ad oggetto la sola determinazione del compenso con conseguente applicazione della disciplina camerale di cui agli artt. 29 e 30 l. n. 794/1942. Principio generale dell’apparenza. Ritenendo il motivo di ricorso infondato, la Cassazione ribadisce che, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo per onorari ed altre spettanze dovuti dal cliente al proprio difensore per prestazioni giudiziali civili, al fine di individuare il regime impugnatorio che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, ove la stessa sia frutto di una consapevole scelta, che può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento . Nella fattispecie, la forma della sentenza è stata frutto della scelta consapevole del Tribunale, risultando la trattazione del giudizio di primo grado nelle forme di un ordinario procedimento civile contenzioso con totale acquiscenza delle parti, senza alcun tentativo di conciliazione preceduto dall’audizione delle stesse, approdando successivamente all’udienza di precisazione delle conclusioni cui ha fatto seguito quella di assunzione in decisione della causa. Secondo la Corte, tali modalità di gestione del processo devono ritenersi sintomatiche di una implicita ma inequivoca opzione per il rito ordinario , in considerazione della quale il provvedimento decisorio deve ritenersi, ai fini dell’impugnabilità, una sentenza ordinaria, e dunque appellabile secondo le regole generali. Pertanto, la Suprema Corte rigetta il ricorso e dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’avvocato dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 12 febbraio – 17 aprile 2019, n. 10757 Presidente/Relatore Orilia Considerato - che con sentenza 21.1.2015 la Corte d’Appello di Milano, in totale riforma della decisione di primo grado n. 12555/2011 del locale Tribunale , ha revocato il decreto ingiuntivo 22145/2010 per Euro 24.774,25 ottenuto dall’avvocato R.G. nei confronti della cliente B.S. per compensi professionali in relazione ad un giudizio di secondo grado in tema di risarcimento danni per colpa professionale che l’avvocato R. ricorre per cassazione contro la predetta sentenza sulla base di due motivi illustrati da memoria, mentre la cliente non ha svolto difese in questa sede che col primo motivo, si deduce l’inappellabilità della decisione di primo grado L. n. 794 del 1942, ex artt. 29 e 30 e l’intervenuto passaggio in giudicato della stessa, rilevandosi che, in applicazione della regola della prevalenza della sostanza sulla forma, alla sentenza emessa dal primo giudice andava attribuita natura di ordinanza ricorribile solo in cassazione, avendo il giudizio ad oggetto la sola determinazione del compenso con conseguente applicazione della disciplina camerale di cui alla L. n. 794 del 1942, artt. 29 e 30 che il motivo è infondato perché non si confronta col principio generale dell’apparenza, costantemente affermato da questa Corte, anche a sezioni unite, secondo cui in tema di opposizione a decreto ingiuntivo per onorari ed altre spettanze dovuti dal cliente al proprio difensore per prestazioni giudiziali civili, al fine di individuare il regime impugnatorio del provvedimento - sentenza oppure ordinanza L. 13 giugno 1942, n. 794, ex art. 30 - che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, ove la stessa sia frutto di una consapevole scelta, che può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento cfr. Sez. U, Sentenza n. 390 del 11/01/2011 Rv. 615406 Sez. 3, Sentenza n. 26163 del 12/12/2014 Rv. 633419 che nel caso di specie - ratione temporis sottratto, si badi bene, all’applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011 - la forma della sentenza fu il frutto di una consapevole scelta adottata dal Tribunale, posto che risulta una trattazione del giudizio di primo grado nelle forme di un ordinario procedimento civile contenzioso con totale acquiescenza delle parti e segnatamente proprio del professionista opposto odierno ricorrente, certamente il più interessato ad un eventuale incanalamento nel rito speciale , senza il compimento del tentativo di conciliazione preceduto dall’audizione personale delle parti, previsto dalla L. n. 794 del 1942, art. 29, approdando, dopo circa tre anni, ad una udienza di precisazione delle conclusioni, cui fece seguito quella di assunzione in decisione della causa v. sentenza di primo grado, sentenza impugnata e ricorso per cassazione da cui non emerge alcun elemento tale da far ritenere una trattazione in forma camerale che tali modalità di gestione del processo, coerentemente alle quali la decisione fu assunta in forma di sentenza, devono dunque ritenersi sintomatiche di una implicita, ma inequivoca, opzione per il rito ordinario, in considerazione della quale, esatta o meno che sia stata tale scelta, il provvedimento decisorio va considerato, ai fini dell’impugnabilità, un’ordinaria sentenza, come tale appellabile secondo le regole generali ritenuto fuori luogo il richiamo alla sentenza n. 4485 delle sezioni unite v. memoria difensiva del ricorrente , posto che tale pronunzia riguarda il rito applicabile alla controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, disciplina qui non applicabile ratione temporis, come si è puntualizzato che col secondo motivo si denunzia la violazione degli artt. 2 e 5 del D.M. 8 aprile 2004, n. 127 e R.D. n. 1578 del 1933, art. 61 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 36 del 1934 rimproverandosi - dopo una premessa illustrativa sulla qualità del lavoro svolto nel giudizio presupposto - alla Corte d’Appello di aver fondato la propria decisione sul fatto che l’avvenuta presentazione di una nota spese in quel giudizio precludesse la liquidazione di maggiori compensi, senza considerare che la determinazione degli onorari nei confronti del cliente soggiace a criteri legali diversi da quelli applicabili nei confronti del soccombente che tale motivo è inammissibile perché la sentenza impugnata si fonda anche su un’altra ratio decidendi, contenuta a pag. 5, ove si afferma che già in precedenza il medesimo avv. R. aveva trasmesso alla propria assistita due preavvisi di fattura . nei quali per l’impegno professionale profuso con riferimento alla causa in questione aveva indicato in Euro 11.425,66 compresi IVA, CPA e contributo forfettario ex art. 14 T.F . che secondo il costante orientamento di questa Corte, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza tra le tante, v. Sez. 1 -, Sentenza n. 18641 del 27/07/2017 Rv. 645076 Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 9752 del 18/04/2017 Rv. 643802 Sez. 6 - L, Ordinanza n. 22753 del 03/11/2011 Rv. 619427 che la suddetta ratio decidendi, del tutto autonoma e in grado di sorreggere dal sola la decisione, non è stata assolutamente censurata ma anzi risulta addirittura omessa nella parte di ricorso dedicata alla riproduzione del percorso motivazionale seguito dalla Corte d merito v. pag. 10 ove figurano puntini sospensivi mentre è stata presa dal giudice di appello, del tutto coerentemente, come base di calcolo del valore della prestazione perché, evidentemente, proveniente proprio dall’interessato che pertanto il richiamo alla nota spese peraltro di importo ben maggiore rispetto alla fattura pro forma valorizzata in sentenza è stato fatto dalla Corte territoriale anche per ancorare il massimo della pretesa liquidabile e in tal senso si spiega il passaggio a fronte di tali elementi di valutazione, è da ritenere che il professionista non potesse dunque pretendere, così come ha fatto con la proposta azione monitoria, la corresponsione di compensi per importi superiori, quanto meno a quelli di cui alla nota spese depositate davanti alla Corte d’Appello di Torino che pertanto il ricorso va respinto, ma senza addebito di spese, in considerazione della posizione processuale assunta in questa sede dall’altra parte che ricorrono invece le condizioni per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 - quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.