Patrocinio a spese dello Stato: i criteri di liquidazione applicabili in caso di difesa nell’ambito penale

Nella liquidazione del compenso in favore di un legale nell’ambito di una attività svolta secondo la previsione del patrocinio a spese dello stato, non trova applicazione, ai fini della individuazione del criterio di liquidazione, l’art. 130 d.P.R. n. 115/2002 – che prevede una riduzione del 50% solo in determinate e limitate circostanze – ma la disposizione dell’art. 106- bis d.P.R. n. 115/2002, per il quale la riduzione in favore del difensore è di un terzo rispetto ai parametri ordinari.

Con la pronuncia del 9 aprile 2019, n. 9911, il S.C. interviene fornendo alcune indicazioni sui criteri e sul procedimento esperibile da parte del difensore per ottenere e per contestare la liquidazione del proprio compenso per attività svolta in favore di soggetti che hanno usufruito del patrocinio a spese dello Stato. Il caso. L'ordinanza in commento prende avvio dall’opposizione al decreto di liquidazione degli onorari in favore di un avvocato difensore di un imputato ammesso a beneficiare del patrocinio a spese dello stato. In particolare, nei vari gradi di giudizio, il legale interessato contestava l’importo liquidato sotto vari profili. Il ricorso in Cassazione viene accolto, con rinvio alla corte di appello per una nuova valutazione, relativamente ai criteri applicabili che, nel decreto opposto, avevamo portato ad una ingiustificata riduzione rispetto ai parametri ordinariamente utilizzabili. Spese di giustizie e competenza funzionale del magistrato. Il primo aspetto affrontato dal S.C. riguarda l’individuazione del Giudice chiamato a decidere sull’opposizione al decreto di liquidazione in favore del difensore. Al riguardo, la Cassazione precisa che la competenza a provvedere spetta ad un giudice singolo del tribunale o della corte d'appello, ai quali appartiene il magistrato che ha emanato il provvedimento di liquidazione dell'indennità oggetto di impugnazione, da identificare con il presidente del medesimo ufficio giudiziario o con il giudice da lui delegato. Ne consegue che, non essendo configurabili, all'interno di uno stesso ufficio giudiziario, questioni di competenza tra il presidente ed i giudici da questo delegati, ma solo di distribuzione degli affari in base alle tabelle di organizzazione, non costituisce ragione di invalidità dell'ordinanza, adottata in sede di opposizione al decreto di liquidazione del compenso dell'ausiliario, il fatto che essa sia stata pronunciata – come nel caso di specie - da un giudice diverso dal presidente del tribunale. Quale rito per l’opposizione? Fermo quanto segnalato nel paragrafo che precede, l'opposizione al rigetto della richiesta di liquidazione del compenso al difensore dell'imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato deve essere trattata col rito camerale partecipato previsto dall'art. 127 c.p.p., per applicazione estensiva della disciplina prevista per l'opposizione al decreto di pagamento dall'art. 84 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 che, nel rinviare all'art. 170 del citato decreto, richiama la procedura camerale prevista dall'art. 29, l. 13 giugno 1942, n. 794, per gli onorari di avvocato. Quali criteri applicazioni in caso di patrocinio a spese dello Stato. Ulteriore aspetto chiarito riguarda i criteri applicabili per la liquidazione. Ai sensi dell’art. 82 del dpr n. 115 del 2002, infatti, i criteri ivi indicati devono ritenersi esaustivi, con la conseguenza che il giudice, nell'applicare la tariffa professionale, non può invece fare riferimento anche ai criteri integrativi ed adeguatori della tariffa medesima, non essendo operante l'art. 1, comma 2, della tariffa penale di cui al d.m. n. 127/2004. Tale disposizione è legittima e certamente non in contrasto con gli artt. 3, 24 e 36 Cost., posto che la fissazione di limiti nella determinazione degli onorari è frutto della ragionevole scelta del legislatore di contemperare gli opposti interessi in gioco. Ed infatti, la necessità di assicurare all'imputato non abbiente la difesa tecnica, garantita per l'appunto con la nomina dell'avvocato, e di retribuire l'attività di quest'ultimo sulla base delle tariffe professionali, che tengono comunque conto del lavoro svolto, sono state considerate meritevoli di tutela nel rispetto di alcuni parametri che tenessero conto dell'incidenza del relativo costo sull'intera collettività. Patrocinio a spese dello Stato e rimborso forfettario. Ulteriore aspetto di rilievo – non trattato dall'ordinanza in esame ma strettamente connesso con quanto sinora affrontato - concerne l’importo del rimborso forfettario. In particolare, si osserva che la misura del 15% prevista dall'art. 2, comma 2, d.m. n. 55/2014 per il rimborso delle spese generali, cui ha diritto l'avvocato in sede di liquidazione giudiziale del compenso, è da ritenersi massima, nel senso che l'entità di tale rimborso può variare dall'1% al 15%. Nel caso in cui occorra determinare l'entità del rimborso forfetario spettante all'avvocato della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato essa può determinarsi nel valore medio in applicazione del disposto dell'art. 82 d.P.R. n. 115/2002. Tra l’altro, è opportuno evidenziare che il rimborso forfettario delle spese generali, va calcolato sui compensi ridotti della metà e non sull'importo determinato prima della dimidiazione dovuta ai sensi dell'art. 130 d.P.R. n. 115/2002.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 8 febbraio – 9 aprile 2019, n. 9911 Presidente Gorjan – Relatore Bellini Fatti di causa Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato in data 19.9.2014, l’avv. R.G. del Foro di Benevento proponeva opposizione avverso il decreto di liquidazione dei compensi spettanti al difensore di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato, con il quale il G.I.P. del Tribunale di Benevento aveva liquidato al suddetto legale la somma di Euro 950,00, oltre IVA, CPA e spese generali, a carico di E.M. . Secondo il ricorrente tale somma risultava non corrispondente a nessuno dei parametri indicati nelle tabelle di cui al D.M. n. 55 del 2014, per cui il medesimo ravvisava un probabile errore di calcolo o di parametrazione, anche sul presupposto che nessuna motivazione su presumibili riduzioni fosse presente nel decreto. Concludeva chiedendo l’accertamento del mancato rispetto dei parametri indicati dal D.M. citato e l’annullamento del decreto, con il riconoscimento al ricorrente del compenso dovuto, pari a Euro 3.870,00. All’udienza di comparizione il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, il MINISTERO della GIUSTIZIA ed E.M. non si costituivano e ne veniva dichiarata la contumacia. Con ordinanza D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 15, ed D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, il G.I. accoglieva parzialmente il ricorso liquidando la somma di Euro 967,00, oltre rimborso forfetario, IVA e CPA, e nulla per le spese del ricorso pari a Euro 161,90. Avverso tale ordinanza propone ricorso straordinario per cassazione l’avv. R.G. sulla base di quattro motivi gli intimati Ministero dell’Economia e delle Finanze e E.M. non hanno svolto difese il solo Ministero della Giustizia si è costituito tardivamente al solo fine dell’eventuale partecipazione alla udienza di discussione della causa. Ragioni della decisione 1.1. - Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la Violazione o falsa applicazione dell’art. 25, comma 1 Cost., dell’art. 158 c.p.c. e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15 , giacché l’opposizione a decreto di pagamento di spese di giustizia si propone con ricorso al capo dell’Ufficio Giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento. Nella fattispecie, il ricorso era stato correttamente presentato al Presidente del Tribunale di Benevento, unico legittimato a decidere sul ricorso. Invece, il ricorso era stato trattato e deciso dal Giudice istruttore, con una sostituzione che comporta la nullità assoluta del giudizio di opposizione 1.2. - Con il secondo motivo, il ricorrente deduce il Vizio di ultrapetizione e/o extrapetizione e violazione del divieto di reformatio in peius poiché l’ordinanza impugnata ha applicato per la determinazione dei compensi il D.M. n. 55 del 2014, art. 12, comma 1, che prevede una riduzione del 50% dei compensi, previsti nei parametri delle tabelle allegate al decreto, per i casi in cui l’opera prestata dal difensore non sia di particolare complessità. Nell’applicare il suddetto art. 12, il Giudice dell’opposizione stabilisce una riduzione che non era stata applicata dal precedente Magistrato che aveva applicato solo la diminuzione di 1/3 D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 106 bis. Pertanto, la riduzione del 50% oltre quella dell’ulteriore 50%, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 130, di cui si dirà nel successivo motivo si sostanzierebbe in una refomatio in peius della precedente liquidazione, non ammessa per costante giurisprudenza. 1.3. - Con il terzo motivo, il ricorrente eccepisce la Violazione o falsa applicazione di norme in merito alla riduzione operata D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 130 , là dove alla liquidazione, già ridotta arbitrariamente del 50%, ritiene di dover applicare una riduzione del 50% in base al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130. Rileva il ricorrente che la norma applicata non riguarda i processi penali, ai quali fa riferimento l’art. 106 bis, che prevede la riduzione di 1/3. 1.4. - Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia la Violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. , poiché il Giudice, pur accogliendo in parte il ricorso, non solo non ha liquidato gli onorari, ma neppure le spese sostenute per il giudizio di opposizione. 2. - Il primo motivo è infondato. 2.1. - Questa Corte ha affermato che la pronuncia sull’opposizione al decreto di liquidazione dei compensi agli ausiliari, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 170, nella formulazione, applicabile ratione temporis, antecedente alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 1 settembre 2011, n. 150, art. 15 , spetta alla competenza funzionale del presidente dell’ufficio giudiziario in composizione monocratica, con riferimento non solo all’ufficio ma anche alla persona del titolare di questo, sicché la decisione assunta dal tribunale in composizione collegiale è nulla per vizio di costituzione del giudice ai sensi dell’art. 158 c.p.c., in quanto esplicazione di funzioni decisorie da parte di magistrati ai quali le stesse non sono attribuite dalla legge. E che tale conclusione deve essere mantenuta ferma anche in relazione alla fattispecie in esame, che risulta invece assoggettata alla novella di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, attesa la sostanziale identità sul punto tra il testo dell’art. 15, e quanto previsto nella formulazione originaria dal citato art. 170, atteso che entrambe le disposizioni attribuiscono la cognizione dell’opposizione ad un giudice monocratico Cass. n. 18343 del 2017 Cass. n. 4362 del 2015 . Nel contempo, questa Corte ha specificato che, stante la previsione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 170, secondo cui, come detto, quando sia proposta opposizione avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell’ausiliario del magistrato, l’ufficio giudiziario procede in composizione monocratica , la competenza a provvedere spetta ad un giudice singolo del tribunale o della corte d’appello, ai quali appartiene il magistrato che ha emanato il provvedimento di liquidazione dell’indennità oggetto di impugnazione, da identificare con il presidente del medesimo ufficio giudiziario o con il giudice da lui delegato. Ne consegue che, non essendo configurabili, all’interno di uno stesso ufficio giudiziario, questioni di competenza tra il presidente ed i giudici da questo delegati, ma solo di distribuzione degli affari in base alle tabelle di organizzazione, non costituisce ragione di invalidità dell’ordinanza, adottata in sede di opposizione al decreto di liquidazione del compenso dell’ausiliario, il fatto che essa sia stata pronunciata da un giudice diverso dal Presidente del tribunale Cass. n. 9879 del 2012 conf. Cass. 15940 del 2015 Cass. n. 18080 del 2013 . 3. - Il secondo motivo è infondato. 3.1. - La Corte costituzionale sent. n. 13 del 2016 ha ritenuto non fondate, per erroneità del presupposto interpretativo, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate in riferimento agli artt. 3, 35 e 36 Cost. – della L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 607, e D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 106 bis, introdotto dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 606, lett. b , aventi ad oggetto la liquidazione, a carico dell’erario, degli onorari spettanti ai difensori. Il comma 607 dell’art. 1 della L. n. 147 del 2013 prevede che la riduzione di un terzo degli importi dovuti al difensore di cui al precedente comma 606, lett. b , si applichi alle liquidazioni successive alla data di entrata in vigore della medesima legge secondo il rimettente, tale formulazione vincolerebbe l’interprete ad applicare la diminuzione in questione ad ogni liquidazione sopravvenuta, anche se relativa a prestazioni completamente esaurite in precedenza, determinando la violazione del principio di uguaglianza e degli ulteriori parametri costituzionali invocati . La norma citata, viceversa, deve essere letta, oltre che alla luce dei principi costituzionali, in armonia con la fisiologia del procedimento di liquidazione, il quale esprime una regola di concomitanza fra tariffe professionali ed epoca della prestazione, e presuppone un’analoga concomitanza tra esaurimento della difesa, domanda del compenso e corrispondente provvedimento giudiziale. Deve rilevarsi, dunque, che anche in caso di variazione dei parametri retributivi, una prestazione unitaria deve essere remunerata secondo un unico criterio, e laddove devono liquidarsi onorari maturati all’esito di cause durante le quali si siano succedute diverse tariffe professionali, ciò che rileva è la tariffa vigente al momento in cui la prestazione professionale si è esaurita. 3.2. - Ciò premesso, va rilevato che il motivo si connota essenzialmente per l’asserita reformatio in peius ad opera del giudice della opposizione della precedente liquidazione, in ragione della diversa applicazione delle riduzioni normativamente previste. Orbene - rilevato che l’opposizione avverso il decreto di liquidazione dei compensi spettanti al difensore di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato, realizza, con l’ampio effetto devolutivo di ogni opposizione, la fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo cfr. Cass. n. 19348 del 2015 Cass. n. 22704 del 2017 - va ritenuto che, nella specie, non sia configurabile alcuna reformatio in peius, non foss’altro per il fatto che la liquidazione operata in sede di opposizione pur se riferita a disposizioni diverse e più gravose sia di entità maggiore seppure di poco di quella effettuata dal G.I.P 4. - Il terzo motivo è viceversa fondato. 4.1. - Il Giudice dell’opposizione ha errato nell’applicare, per una liquidazione relativa ad un processo penale, il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130, secondo cui Gli importi spettanti al difensore, all’ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte sono ridotti della metà che è disposizione riportata sub Titolo IV di detto D.P.R. ricompresa nell’ambito delle Disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario. Peraltro, detta norma prevede una riduzione del 50%, laddove la omologa disposizione afferente ai procedimenti penali art. 106 bis prevede che Gli importi spettanti al difensore, all’ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di parte e all’investigatore privato autorizzato sono ridotti di un terzo . 5. - L’accoglimento del terzo motivo, determina l’assorbimento del quarto. 6. - Rigettati i primi due motivi, va accolto, per quanto di ragione, il terzo motivo, con assorbimento del quarto. Conseguentemente, va cassata l’ordinanza impugnata, con rinvio della causa al Tribunale di Benevento, in persona di altro magistrato, che provveda anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente grado di giudizio. P.Q.M. La Corte, rigettati i due primi motivi di ricorso, accoglie, per quanto di ragione, il terzo motivo, con assorbimento del quarto. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, nei sensi di cui in motivazione, al Tribunale di Benevento, in persona di altro magistrato, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.