Onorari avvocato e applicazione del rito sommario in caso di contestazioni del cliente: limiti e ambito di applicazione

Le controversie di cui all’art. 28 l. n. 794/1942, introdotte sia ai sensi dell’art. 702-bis c.p.c., sia in via monitoria, aventi ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali degli avvocati, restano soggetto al rito di cui all’art. 14 d.lgs. n. 150/2011 anche quando i clienti sollevino contestazioni relativamente all’esistenza del rapporto o, in genere, all’an debeatur.

La fattispecie. L’ordinanza in commento n. 5733/19, depositata il 27 febbraio trae origine dal giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo instaurato da una società nei confronti del proprio legale relativamente all’asserito mancato pagamento di due parcelle emesse da quest’ultimo per l’attività difensiva svolta in due giudizi a suo tempo pendenti avanti alla Corte di Appello di Catanzaro. Il Tribunale adito ha accolto in parte l’opposizione della cliente riducendo le parcelle del legale quest’ultimo ha impugnato la decisione avanti alla Corte di Cassazione deducendo sei motivi di gravame. Solo l’ampliamento dell’oggetto del giudizio comporta il mutamento del rito. Per quanto qui di interesse, il legale soccombente ha lamentato, tra l’altro, la violazione dell’art. 14 d.lgs. n. 150/2011 deducendo che le contestazioni della società opponente – in quanto concernenti l’effettiva esecuzione delle prestazioni indicate in parcella, la natura dell’incarico conferito e lo scomputo di acconti asseritamente corrisposti – sarebbero state senza dubbio incompatibili con il rito sommario di cognizione. La Corte di Cassazione, respingendo il ricorso, ha precisato che le controversie di cui all’art. 28, L. n. 794/1942, introdotte sia ai sensi dell’art. 702- bis c.p.c., sia in via monitoria, aventi ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali degli Avvocati, restano soggetto al rito di cui all’art. 14 d.lgs. n. 150/2011 anche quando i clienti sollevino contestazioni relativamente all’esistenza del rapporto o, in genere, all’ an debeatur . Infatti, secondo l’orientamento delle Sezioni Unite della stessa Corte di Cassazione, soltanto qualora il convenuto ampli l’oggetto del giudizio di una domanda riconvenzionale, di compensazione o di accertamento pregiudiziale non esorbitante dalla competenza del Giudice adito ai sensi dell’art. 14 del medesimo d.lgs. n. 150/2011, la trattazione di quest’ultima dovrà avvenire, ove si presti a un’istruttoria sommaria, con il rito sommario congiuntamente a quella proposta ex art. 14 dal professionista e, in caso contrario, con il rito ordinario a cognizione piena ed eventualmente con un rito speciale a cognizione piena , previa separazione delle domande. Inoltre, qualora la domanda introdotta dal cliente non appartenga, invece, alla competenza del Giudice adito, troveranno applicazione gli artt. 34, 35, e 36 c.p.c., che eventualmente possono comportare lo spostamento della competenza sulla domanda ai sensi del citato art. 14.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 9 ottobre 2018 - 27 febbraio 2019, n. 5733 Presidente Orilia – Relatore Abete Motivi in fatto ed in diritto Con decreto n. 916/2012, su ricorso dell’avvocato B.V. , il tribunale di Cosenza ingiungeva al Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza il pagamento di due parcelle dal ricorrente emesse per l’attività difensiva svolta su incarico e per conto dello stesso consorzio in due giudizi innanzi alla corte d’appello di Catanzaro, aventi ad oggetto opposizione alla stima ex L. n. 865 del 1971 e definiti con sentenze n. 598/2011 e 868/2011. Con ricorso notificato unitamente al decreto di fissazione di udienza in data 3.9.2012 il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza proponeva opposizione. Instava per la revoca dell’opposta ingiunzione. Si costituiva l’avvocato B.V. . Chiedeva dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avversa opposizione. Con ordinanza collegiale dei 4/19.12.2013 il tribunale di Cosenza accoglieva in parte l’opposizione e rideterminava i compensi in minor misura. Con ordinanza collegiale del 3.4.2014 il tribunale di Cosenza rigettava l’istanza proposta dall’avvocato B. di correzione dell’errore materiale asseritamente inficiante l’ordinanza dei 4/19.12.2013. Evidenziava il tribunale che l’errore causato da inesatta determinazione dei presupposti numerici di un’operazione si risolve in un vizio logico della motivazione, sicché si esulava dagli artt. 287 c.p.c. e ss Avverso l’ordinanza dei 4/19.12.2013, quale asseritamente integrata dall’ordinanza del 3.4.2014, ha proposto ricorso l’avvocato B.V. ne ha chiesto sulla scorta di sei motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione. Il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza non ha svolto difese. Il ricorrente ha depositato memoria. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma , n. 3, la violazione degli artt. 641 e 645 c.p.c. e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14. Deduce, alla luce della pronuncia n. 21675/2013 delle sezioni unite di questa Corte, che, pur all’esito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, l’opposizione al decreto recante ingiunzione di pagamento per le spese e le competenze dovute all’avvocato dal proprio cliente è da proporre con atto di citazione e, qualora sia stata proposta con ricorso, è necessario che il ricorso, unitamente al decreto recante fissazione dell’udienza, sia stato notificato al ricorrente entro il termine di decadenza di quaranta giorni di cui all’art. 641 c.p.c Deduce che nel caso di specie l’ingiunzione è stata notificata al Consorzio in data 12.6.2012 ed il ricorso in opposizione del Consorzio , unitamente al decreto di fissazione d’udienza, gli è stato notificato in data 3.9.2012, tardivamente dunque, allorché il termine di cui all’art. 641 c.p.c. era ampiamente decorso. Il primo motivo va respinto. L’opposizione ex art. 645 c.p.c. avverso l’ingiunzione riguardante competenze e spese spettanti all’avvocato per prestazioni giudiziali è ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 regolata dal rito sommario di cognizione e quindi si propone con ricorso ex art. 702 bis c.p.c In tal guisa è evidentemente la data di deposito - non già la data di notifica - del ricorso D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14 e art. 702 bis c.p.c. che segna la tempestività o meno dell’opposizione ex art. 645 c.p.c Ne discende ulteriormente - nel caso de quo - che l’opposizione che il Consorzio ebbe a proporre avverso il decreto n. 916/2012, è da reputare senz’altro tempestiva il ricorrente in nessun modo ha addotto che, in considerazione ed in rapporto alla data di deposito del ricorso D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14 e art. 702 bis c.p.c., l’opposizione è stata spiegata tardivamente il ricorrente in verità neppure ha indicato, siccome avrebbe dovuto in ossequio al canone dell’ autosufficienza - cfr. Cass. ord. 29.9.2017, n. 22880 - la data di deposito del ricorso D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14 e art. 702 bis c.p.c. . Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14. Deduce che l’opposizione all’ingiunzione, seppur ritenuta tempestiva, era comunque da ritenere inammissibile. Deduce invero che le contestazioni formulate dal Consorzio , siccome concernenti l’effettiva esecuzione delle prestazioni indicate in parcella, la natura dell’incarico conferito e lo scomputo di acconti asseritamente corrisposti, erano senza dubbio incompatibili con il rito sommario di cognizione. Il secondo motivo parimenti va respinto. È sufficiente il riferimento all’insegnamento n. 4485 del 23.2.2018 delle sezioni unite di questa Corte. Ossia all’insegnamento a tenor del quale la controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28, introdotta sia ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c. sia in via monitoria, avente ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato, resta soggetta al rito di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 anche quando il cliente sollevi contestazioni relative all’esistenza del rapporto o, in genere, all’ an debeatur . Più esattamente le sezioni unite hanno specificato che, soltanto qualora il convenuto ampli l’oggetto del giudizio con la proposizione di una domanda riconvenzionale, di compensazione o di accertamento pregiudiziale non esorbitante dalla competenza del giudice adito ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. cit., la trattazione di quest’ultima dovrà avvenire, ove si presti ad un’istruttoria sommaria, con il rito sommario congiuntamente a quella proposta ex art. 14 dal professionista e, in caso contrario, con il rito ordinario a cognizione piena ed eventualmente con un rito speciale a cognizione piena , previa separazione delle domande. Ed hanno specificato, inoltre, che, qualora la domanda introdotta dal cliente non appartenga, invece, alla competenza del giudice adito, troveranno applicazione gli artt. 34, 35 e 36 c.p.c., che eventualmente possono comportare lo spostamento della competenza sulla domanda, ai sensi dell’art. 14. Destituita manifestamente di fondamento è al contempo la quaestio legitimitatis del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, che, in rapporto ai parametri di cui all’art. 3 Cost., comma 1, e art. 24 Cost., il ricorrente ha prospettato con la memoria. Le specificazioni - dapprima riferite - in cui si articola la soluzione patrocinata dalle sezioni unite di questa Corte, valgono ex se a fugare i dubbi di costituzionalità se pur il doppio grado di giurisdizione di merito non ha rilievo costituzionale, perché ai soli avvocati e ai propri clienti deve essere precluso in senso assoluto il doppio grado di accertamento di merito . ? così memoria, pag. 6 che il ricorrente ha prefigurato. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di punto decisivo della controversia. Deduce che, qualora si reputi che con l’ordinanza in data 4/19.12.2013 il tribunale di Cosenza abbia implicitamente rigettato l’eccezione di tardività dell’opposizione, il mancato esame dell’eccezione rileva come omesso esame di un fatto decisivo della controversia discusso tra le parti. Il terzo motivo del pari va respinto. Invero l’omesso esame circa un fatto decisivo non attiene ad una eccezione processuale, ma attiene al giudizio di fatto e riguarda, esattamente, un fatto vero e proprio e quindi un fatto principale, ex art. 2697 c.c. cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo , od anche un fatto secondario cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale , purché controverso e decisivo al riguardo si veda Cass. 8.9.2016, n. 17761, seppur con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2. Cfr. altresì Cass. 10.11.2015, n. 22952, secondo cui, in tema di errores in procedendo , non è consentito alla parte interessata di formulare, in sede di legittimità, la censura di omessa motivazione, spettando alla Corte di Cassazione accertare se vi sia stato, o meno, il denunciato vizio di attività, attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dall’esistenza o dalla sufficienza e logicità dell’eventuale motivazione del giudice di merito sul punto . Al contempo il mancato esame, da parte del giudice, di una questione puramente processuale non può dar luogo ad omissione di pronuncia, configurandosi quest’ultima nella sola ipotesi di mancato esame di domande o eccezioni di merito cfr. Cass. 10.11.2015, n. 22952 Cass. 28.3.2014, n. 7406, secondo cui, inoltre, non è configurabile il vizio di omesso esame di una questione connessa ad una prospettata tesi difensiva o di un’eccezione di nullità ritualmente sollevata o sollevabile d’ufficio , quando debba ritenersi che tali questioni od eccezioni siano state esaminate e decise implicitamente . Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 231 del 2002, artt. 1 - 5 nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 192 del 2012 in subordine ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2. Deduce che ha errato il tribunale a negare gli interessi di mora ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002 che infatti, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 2, comma 1, lett. c , nella formulazione applicabile ratione temporis, alla figura di imprenditore quivi prevista è riconducibile anche il libero professionista. Deduce in pari tempo che il tribunale ha disconosciuto d’ufficio la sussistenza del requisito soggettivo di cui al D.Lgs. n. 231/2002, art. 2, comma 1, lett. c , senza provocare previamente sul punto il contraddittorio. Il quarto motivo è privo di fondamento. E difatti, al di là del rilievo per cui, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 2, comma 1, lett. c , imprenditore è non solo il soggetto esercente un’attività economica organizzata , ma pur il soggetto esercente una libera professione , è fuor di dubbio che, ai fini di cui al medesimo decreto legislativo, si intendono, ai sensi della lett. a del comma 1 dell’art. 2 cit., per transazioni commerciali i contratti, comunque denominati, tra imprese . , che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo . In questi termini devesi dar atto che il ricorrente in nessun modo ha allegato, in nessun modo ha addotto che il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza è un imprenditore, ovvero, alla stregua del paradigma di cui all’art. 2082 c.c., è un soggetto che svolge professionalmente un’attività economica - con metodo economico - organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. Del resto il carattere imprenditoriale si ravvisa unicamente nell’attività esplicata dai consorzi con attività esterna . Più esattamente, con l’iniziale ricorso monitorio, l’avvocato B.V. si è limitato a domandare gli interessi moratori commerciali, nella misura e con le decorrenze fino al saldo come previste dalla Direttiva 200/35 C.E.E. e dal D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 artt. 4 e 5 , I.V.A. e C.P.A. come per legge ed oltre le spese e competenze del presente procedimento così ricorso per decreto ingiuntivo, pag. 3 . Al cospetto della testè riferita lacuna deduttiva - di allegazione - circa la veste di imprenditore del Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza non ha valenza alcuna la censura - in questa sede addotta - a tenor della quale l’assenza dei requisiti di imprenditore per il professionista è stata rilevata d’ufficio ma non previamente segnalata alle parti al fine di stimolare il contraddittorio sul punto così ricorso, pag. 35 . Infatti, è vero che, qualora ad essere officiosamente rilevate siano state questioni di fatto, ovvero miste di fatto e di diritto, la parte soccombente può dolersi della decisione, sostenendo che la violazione del dovere di indicazione ha vulnerato la facoltà di chiedere prove o, in ipotesi, di ottenere una eventuale rimessione in termini cfr. Cass. ord. 8.6.2018, n. 15037 . Ciò nonostante è indubitabile - si reitera - che il ricorrente per nulla ha allegato, per nulla ha addotto la veste di imprenditore del Consorzio , sua controparte, tant’è che in questa sede si duole della circostanza che è stato rilevato ex officio il difetto della qualità di imprenditore con riferimento al professionista , id est alla sua persona. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione degli artt. 287, 288 e 112 c.p.c. nonché dell’art. 111 Cost. in subordine denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 287 e 288 c.p.c Deduce che l’ordinanza del 3.4.2014, con cui il tribunale di Cosenza ha respinto l’istanza di correzione, è del tutto abnorme. Deduce in particolare che aveva sollecitato unicamente la correzione dell’erroneo calcolo aritmetico sulla scorta dei dati numerici indicati nell’ordinanza del 19.3.2013. Deduce altresì che il tribunale con l’ordinanza del 3.4.2014 ha dichiarato per la prima volta di aver utilizzato la tabella degli onorari per i giudizi innanzi al tribunale così ricorso, pag. 37 ed in tal guisa ha indebitamente utilizzato il procedimento di correzione per integrare un provvedimento decisorio con provvedimento anch’esso decisorio. Il quinto motivo parimenti è privo di fondamento. È sufficiente, per un verso, il riferimento all’insegnamento di questa Corte in virtù del quale, in tema di procedimento di correzione di errori materiali, l’art. 288 c.p.c., nel disporre che le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione, appresta uno specifico mezzo di impugnazione, che esclude l’impugnabilità per altra via del provvedimento a lume del disposto dell’art. 177 c.p.c., comma 3, n. 3, a tenore del quale non sono modificabili né revocabili le ordinanze per le quali la legge prevede uno speciale mezzo di reclamo pertanto, il principio di assoluta inimpugnabilità di tale ordinanza, neppure col ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., vale anche per l’ordinanza di rigetto, in quanto il provvedimento comunque reso sull’istanza di correzione di una sentenza all’esito del procedimento regolato dall’art. 288 c.p.c. è sempre privo di natura decisoria, costituendo mera determinazione di natura amministrativa non incidente sui diritti sostanziali e processuali delle parti, in quanto funzionale all’eventuale eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo che non può in alcun modo toccare il contenuto concettuale della decisione per questa ragione resta impugnabile, con lo specifico mezzo di volta in volta previsto, solo la sentenza corretta, proprio al fine di verificare se, mercè il surrettizio ricorso al procedimento in esame, sia stato in realtà violato il giudicato ormai formatosi nel caso in cui la correzione sia stata utilizzata per incidere, inammissibilmente, su errori di giudizio cfr. Cass. ord. 27.6.2013, n. 16205 . È sufficiente, per altro verso, il riferimento all’insegnamento di questa Corte in virtù del quale non può essere identificato un nuovo esercizio di potere giurisdizionale nella motivazione dell’ordinanza che rigetta l’istanza di correzione materiale, atteso che il principio secondo cui la portata precettiva del provvedimento va individuata tenendo conto anche delle enunciazioni della motivazione, trova applicazione solo quando il dispositivo contenga comunque una statuizione positiva e non quando si limiti al rigetto dell’istanza in tal caso, infatti, il tenore della motivazione può valere unicamente ad integrare l’interesse ad agire per l’impugnazione della sentenza di cui si è chiesta invano la correzione, ricorrendone gli ulteriori presupposti, mentre resta esclusa l’applicabilità dell’art. 288 c.p.c., comma 4 cfr. Cass. ord. 21.4.2017, n. 10067 . È sufficiente, per altro verso ancora, il riferimento all’insegnamento di questa Corte in virtù del quale è illegittima la correzione per errore di calcolo art. 287 c.p.c. , attraverso la quale, riesaminando la questione, si proceda ad una nuova liquidazione della somma riconosciuta attraverso una diversa interpretazione del criterio di conteggio cfr. Cass. 30.12.1997, n. 13122 . Con il sesto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2233 c.c. e del D.M. n. 127 del 2004, tab. A”. Deduce che il tribunale ha applicato una tabella incongrua. Il sesto motivo del pari è privo di fondamento. Invero l’assunto secondo cui il giudice avrebbe dovuto utilizzare la tabella prevista per i giudizi davanti alla corte d’appello, e non per il tribunale così ricorso, pagg. 38 - 39 , si risolve in una prospettazione del tutto generica. Si rappresenta segnatamente quanto segue. Da un lato, la determinazione degli onorari di avvocato e degli onorari e diritti di procuratore costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che, qualora sia contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità cfr. Cass. 9.10.2015, n. 20289 Cass. 4.7.2011, n. 14542 . Ebbene l’avvocato B.V. non ha denunciato la violazione dei minimi tariffari. Dall’altro, la parte, la quale intenda impugnare per cassazione la liquidazione delle spese, dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, per pretesa violazione dei minimi tariffari, ha l’onere di specificare analiticamente le voci e gli importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore cfr. Cass. 7.8.2009, n. 18086 Cass. 4.7.2011, n. 14542 Cass. 4.3.2003, n. 3178, secondo cui la determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, essendo rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che non sia specificamente invocata la violazione dei minimi tariffari che, per l’autosufficienza del ricorso, deve essere dedotta con riferimento non solo alle singole voci ma anche agli importi considerati, così da consentire alla Corte il controllo senza l’esame degli atti, trattandosi di errori in iudicando . Ebbene, l’avvocato B.V. per nulla ha assolto il suindicato onere di specificazione e di autosufficienza . Il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese va pertanto assunta. Il ricorso è datato 30.4.2014. Si dà atto della sussistenza dei presupposti perché, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, il ricorrente sia tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del comma 1 bis dell’art. 13 cit P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, avvocato B.V. , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.