L’avvocato non può impugnare l’atto di avvio del procedimento disciplinare a suo carico

Le Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciarsi sulla valenza dell’atto di apertura del procedimento disciplinare a carico di un avvocato.

Sul tema la sentenza n. 4133/19, depositata il 12 febbraio. La vicenda. Un avvocato proponeva ricorso al CNF avverso l’avviso di procedimento disciplinare del Consiglio distrettuale di disciplina. A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, l’avvocato impugna la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione dolendosi per aver il CNF ritenuto non impugnabile l’atto in quanto privo di decisività sulla sussistenza di responsabilità disciplinare. Inoppugnabilità dinanzi al CNF. Richiamando un precedente arresto giurisprudenziale SS.UU. n. 28335/11 , il Collegio ribadisce il principio secondo cui l’atto di apertura del procedimento disciplinare disposto dal Consiglio dell’ordine territoriale a carico di un avvocato non costituisce una decisione” ai sensi dell’ordinamento professionale forense, ma un mero atto amministrativo endoprocedimentale che non incide definitivamente sullo status professionale e sulle questioni pregiudiziale a garanzia del corretto svolgimento della procedura. L’atto di apertura del procedimento ha infatti il solo scopo di segnarne l’avvio con l’indicazione dei capi di imputazione e non è dunque autonomamente impugnabile dinanzi al CNF. Inoppugnabilità anche in sede amministrativa. Chiarisce inoltre la Corte che l’apertura del procedimento disciplinare non costituisce neppure un atto impugnabile dinanzi al giudice amministrativo, in ragione sia della sua natura di atto amministrativo endoprocedimentale, come tale privo di rilevanza esterna, sia della necessità di salvaguardare il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, che, da un lato, vuole impugnabile innanzi al predetto CNF unicamente il provvedimento emesso dal locale Consiglio dell’Ordine, nonché, dall’altro, assoggetta le decisioni di quest’ultimo al ricorso innanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione . Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 4 dicembre 2018 – 12 febbraio 2019, n. 4133 Presidente Mammone – Relatore Oricchio Fatti di causa L’Avv. G.E. proponeva ricorso al Consiglio Nazionale Forense avverso l’avviso di avvio di procedimento disciplinare n. 437/16 del Consiglio distrettuale di disciplina del Veneto. L’adito Consiglio nazionale, con sentenza n. 15/2018, dichiarava inammissibile il ricorso. Avverso la suddetta decisione, di cui chiede la cassazione, ricorre la G. con atto affidato a sei ordini di motivi. Ragioni della decisione 1.- Con il primo motivo del ricorso si prospetta l’eccesso di potere per contraddittorietà della sentenza impugnata in relazione al contraddittorio concetto di decisione riportato nella sentenza stessa. 2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione di legge quanto all’art. 101 Cost., comma 2, ed alla L. n. 247 del 2012, art. 61. 3.- Con il terzo motivo parte ricorrente censura la violazione di legge art. 111 Cost., comma 6 e lamenta la motivazione apparente della sentenza impugnata con nullità e/o inesistenza della medesima. 4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta questione di legittimità costituzionale della L. n. 247 del 2012, art. 61, bella parte in cui limita le impugnazioni dell’incolpato alla sola declaratoria di responsabilità disciplinare, decucendo - altresì - la violazione degli artt. 3 e 24 Cost., e art. 111 Cost., commi 1 e 2, e art. 6, comma 1 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. 5.- Con il quinto motivo del ricorso si censura il vizio di violazione di legge art. 37 c.p.c. . 6.- I cinque motivi, di cui innanzi, del ricorso possono essere trattati congiuntamente attesa la loro connessione. Con essi, in sostanza, si intende contestare, sotto molteplici ed analoghi profili, la valenza attribuita all’atto di apertura del procedimento disciplinare a carico di avvocato. Parte ricorrente sostiene che tale atto sia da configurare come vera e propria decisione in quanto tale ammissibilmente impugnabile e ricorribile. L’assunto è infondato e contrasta con il consolidato orientamento ribadito - per analoghe fattispecie - da questa Corte. Al riguardo non può che richiamarsi il principio da ultimo affermato da Cass. Sez. U. 22 novembre 2011, n. 28335. Secondo tale principio l’atto di apertura del procedimento disciplinare disposto dal Consiglio dell’ordine territoriale a carico di un avvocato non costituisce una decisione ai sensi dell’ordinamento professionale forense, bensì un mero atto amministrativo endoprocedimentale, il quale non incide in maniera definitiva sul relativo status professionale e non decide questioni pregiudiziali a garanzia del corretto svolgimento della procedura. Ne consegue che, avendo l’atto di apertura del procedimento il solo scopo di segnarne l’avvio con l’indicazione dei capi di incolpazione, esso non è autonomamente impugnabile davanti al Consiglio nazionale forense né a diversa conclusione può giungersi alla luce dell’art. 111 Cost., poiché l’immediato intervento di un giudice terzo si traduce in un inevitabile aggravio dei tempi del procedimento amministrativo davanti al Consiglio dell’ordine territoriale, con lesione anche del principio di cui all’art. 97 Cost. Principio di diritto enunciato nell’interesse della legge, ai sensi dell’art. 363 c.p.c. . Peraltro l’apertura di procedimento disciplinare a carico di avvocato non costituisce neppure atto impugnabile innanzi al giudice amministrativo. Infatti oltre a non essere impugnabile innanzi al Consiglio Nazionale Forense, l’atto di avvio del procedimento disciplinare a carico di un avvocato non risulta neppure soggetto ad impugnazione innanzi al giudice amministrativo, in ragione sia della sua natura di atto amministrativo endoprocedimentale, come tale privo di rilevanza esterna, sia della necessità di salvaguardare il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, che, da un lato, vuole impugnabile innanzi al predetto C.N.F. unicamente il provvedimento emesso dal locale Consiglio dell’Ordine, nonché, dall’altro, assoggetta le decisioni di quest’ultimo al ricorso innanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, ex art. 56, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 gennaio 1934, n. 36 Cass. Sez. U., 5 luglio 2013, n. 16884 . Peraltro nulla viene decisivamente addotto dalla parte ricorrente al fine di confutare, in punto di diritto, i suddetti già affermati e qui ribaditi principi e, quindi, l’esattezza della decisione gravata che di tali principi ha fatto corretta applicazione. Né parte ricorrente espone valide ragioni atte ad indurre un mutamento dei principi stessi. Al riguardo va ribadito il principio per cui spetta alla parte ricorrente l’onere nella fattispecie non adempiuto di svolgere specifiche argomentazioni intese a dimostrare come e perché determinate affermazioni contenute nella sentenza gravata siano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità con onere a carico della medesima parte di dover dedurre, a pena di inammissibilità, non solo la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche la specifica illustrazione di argomentazioni intese motivatamente a dimostrare in qual modo determinate affermazioni della sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità Cass. civ., Sez. 6^- Quinta, 16 gennaio 2015, n. 635 . 6.1- Gli esposti cinque motivi non sono, quindi, ammissibili. 7.- Con il sesto motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione di legge art. 132 c.p.c., comma 3 eccependo la nullità della sentenza per omessa sottoscrizione del Presidente e del Segretario. Il motivo è del tutto destituito di fondamento. 7.1- La sentenza di cui si deduce la nullità è, infatti, una copia conforme del documento originale con attestazione, neppure contestata nella sua veridicità, della apposizione delle firme da parte del Presidente e del Segretario del collegio giudicante. 7.2- Il motivo, in quanto infondato, va, dunque, respinto. 8.- Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. 9.- In accoglimento dell’apposita istanza svolta dalla ricorrente va disposto l’oscuramento dei dati D.Lgs. n. 101 del 2018, ex art. 52. Tanto in considerazione del fatto che il procedimento disciplinare risulta avviato, ma non concluso. 10.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso ed, in accoglimento della istanza di cui in atti, dispone l’oscuramento D.Lgs. n. 101 del 2018, ex art. 52, e, quindi, l’omessa indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi dell’interessata riportati in sentenza. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.