“Avocat” stabiliti: attenzione all’ente di rilascio del titolo

Il titolo dell'Avvocato che abbia conseguito l’abilitazione professionale in Romania può essere riconosciuto in Italia, ai fini dell'iscrizione nell’elenco speciale degli Avvocati stabiliti, solo se rilasciato dalla U.N.B.R. Uniunea Nationala a Barourilor din Romania , Ordine tradizionale Bucarest, organismo indicato da tale Stato quale autorità competente a operare in questa materia attraverso il meccanismo di cooperazione tra i Paesi membri dell'Unione europea, sicché va disattesa, per carenza del requisito del fumus boni iuris, l’istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento di cancellazione dall’elenco per essere avvenuta la corrispondente iscrizione sulla base di un titolo reso da un organismo diverso la U.N.B.R., struttura BOTA .

La fattispecie. Il Consiglio Nazionale Forense ha rigettato il ricorso proposto da un Avvocato iscritto all’Albo degli Avvocati Stabiliti reso dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di appartenenza in conseguenza della ritenuta inidoneità al rilascio del titolo di Avvocato da parte della U.N.B.R., struttura Bota, in Romania, ritenuto un ente non abilitato. Il Consiglio Nazionale Forense ha ritenuto infatti corretta la decisione del Consiglio dell’Ordine sul rilievo che, secondo il sistema di cooperazione tra autorità degli Stati membri dell’Unione Europea denominato IMI International Market Information System l’unico organismo romeno abilitato a rilasciare titoli riconoscibili in ambito europeo sarebbe stata la U.N.B.R. tradizionale. Le procedure stabilite dal sistema IMI sono vincolanti. Il ricorrente soccombente ha impugnato la decisione del Consiglio Nazionale Forense formulando, tra l’altro, una richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per asserito contrasto della normativa nazionale d.lgs. n. 96/2001 con l’art. 3 della Direttiva 2005/36/CE, come modificata dall’art. 56 della Direttiva 2013/55/UE, rilevando che l’applicazione della Direttiva IMI violerebbe il principio di non discriminazione previsto dal Trattato sull’Unione Europea, lamentando anche la violazione del medesimo Trattato che impedirebbe di fatto l’acceso sul mercato italiano dell’Ordine BOTA. Rigettando le doglianze dell’Avocat ricorrente, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, richiamando il proprio costante orientamento statuito che il titolo dell'Avvocato che abbia conseguito l’abilitazione professionale in Romania può essere riconosciuto in Italia, ai fini dell'iscrizione nell’elenco speciale degli Avvocati stabiliti, solo se rilasciato dalla U.N.B.R. Uniunea Nationala a Barourilor din Romania , Ordine tradizionale Bucarest, organismo indicato da tale Stato quale autorità competente a operare in questa materia attraverso il meccanismo di cooperazione tra i Paesi membri dell'Unione europea, sicché va disattesa, per carenza del requisito del fumus boni iuris , l’istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento di cancellazione dall’elenco per essere avvenuta la corrispondente iscrizione sulla base di un titolo reso da un organismo diverso la U.N.B.R., struttura BOTA . Peraltro, nel caso di specie il Consiglio dell’Ordine non ha sindacato la validità del titolo abilitativo, bensì l’idoneità del medesimo a essere riconosciuto nello Stato secondo le vincolanti procedure stabilite del sistema IMI inoltre, la questio juris posta dal ricorrente non è in ogni caso corretta essendo il ricorso al sistema IMI obbligatorio e dunque la stessa norma che ne riconosce la vincolatività per lo Stato che accede a tale sistema informativo fornisce la prova dell’obiettiva carenza di un potere di sindacato da parte delle autorità nazionali. Secondo gli Ermellini, in altre parole, la problematica sarebbe a monte” e riguarderebbe i criteri di selezione utilizzati dall’IMI prima di attestare l’idoneità di un organismo nazionale a rilasciare titoli amministrativi e tale profilo sfugge all’intervento interpretativo della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. L’IMI, infatti, è stato correttamente utilizzato come mero veicolo di un potere certificatorio esplicato all’interno dello Stato in cui l’Avocat ha conseguito l’abilitazione e, dunque, l’incongruenza che il ricorrente addebita allo Stato ricevente” dovrebbe essere indagata con riferimento alle strutture dello Stato certificante.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 20 novembre 2018 – 6 febbraio 2019, n. 3516 Presidente Petitti – Relatore Chindemi Fatti di causa Il Consiglio Nazionale Forense CNF , con sentenza n. 174/2017, rigettava il ricorso proposto da A.J. contro il provvedimento di cancellazione dall’ albo degli avvocati, sezione avvocati stabiliti, reso dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati COA di Locri, in conseguenza della ritenuta inidoneità al rilascio del titolo di avvocato da parte della U.N.B.R., struttura Bota, di Romania, ritenuto ente non abilitato. Il CNF riteneva corretta la decisione del COA sul rilievo che, secondo il sistema di cooperazione tra autorità degli Stati membri dell’Unione Europea denominato IMI Internai Market Information Sistem l’unico organismo rumeno abilitato a rilasciare titoli riconoscibili in ambito Europeo era la UNBR tradizionale. Proponeva ricorso per cassazione A.J. affidato a sei te motivi nessuno si costituiva per le parti intimate. Ragioni della decisione 1. Preliminarmente deve essere rilevata la tempestività del ricorso in quanto la sentenza del CNF risulta notificata il 23 novembre 2017 e il termine di 30 giorni L. n. 247 del 2012, ex art. 32 cadeva il 23 dicembre che era sabato e, quindi, ai sensi dell’art. 155 c.p.c., comma 5, lo stesso deve ritenersi prorogato al primo giorno non festivo che è il 27 dicembre, data della notifica del ricorso. 2. Ai fini della valutazione dei motivi del ricorso va premesso che la ricorrente ha impugnato la delibera del COA e con successiva memoria in data 19.1.2017 deduceva censure con cui si doleva a di essere stata iscritta all’albo ordinario b violazione e falsa applicazione del Regolamento UE n. 1014/2012 c mancato avvio del procedimento disciplinare e violazione del contraddittorio d validità del titolo rilasciato dalla struttura Bota. Tali censure sono state ritenute inammissibili dalla sentenza impugnata perché concernenti fatti nuovi pagg. 6-7 sentenza . Il ricorso non censura tale statuizione e la ratio che la regge, con la conseguenza che le doglianze poste alla base di alcuni dei motivi del ricorso, fondate su censure dichiarate inammissibili, sono a loro volta inammissibili, essendo stata l’argomentazione sul merito svolta ad abundantiam e, quindi, del tutto irrilevante cfr Cass. S.U. n. 24469/2013 2.1 Le Sezioni Unite si sono già pronunciato su tutte le questioni riproposte con il presente ricorso con ben 29 pronunce da S.U. n. 6463/2016 a S.U. n. 21114/2017 e di queste ben sei hanno deciso ricorsi proposti dall’attuale difensore della ricorrente che ha dedotto come si evince dalle citate pronunce le stesse questioni riproposte nel presente ricorso, senza introdurre reali profili di novità. 3. Con il primo motivo viene formulata richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, per contrasto della normativa nazionale D.Lgs. n. 96 del 2001 con l’art. 3 della Direttiva 2005/36/CE, come modificata dall’art. 56 della direttiva 2013/55/UE, rilevando anche che l’applicazione della direttiva IMI violerebbe il principio di non discriminazione previsto dal trattato sull’Unione Europea art. 18 e segg. , lamentando anche la violazione dell’art. 102 TFUE che impedirebbe di fatto l’accesso sul mercato italiano dell’ordine BOTA, chiedendo la sospensione del provvedimento impugnato. 3.1 Va, al riguardo, osservato che, in disparte il rilievo che la richiesta di rinvio pregiudiziale non è ancorata ad un preciso motivo di ricorso e, pertanto, non è possibile ritenerla rilevante, la questione di compatibilità comunitaria è incentrata sul diverso caso di diniego di riconoscimento di titoli e non di cancellazione dall’albo questione in parte diversa da quella che viene in rilievo nella presente causa, con conseguente inammissibilità per irrilevanza della questione stessa. Inoltre il motivo presuppone che la sentenza impugnata sia fondata sulla iscrizione all’IMI, fatto che la sentenza impugnata indica come proposto esclusivamente con la memoria del 19.1.2017, dichiarata inammissibile per novità, con statuizione non censurata e conseguente inammissibilità del motivo di ricorso. In ogni caso, con riferimento alla richiesta della ricorrente di rimettere alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in via pregiudiziale, la questione dell’applicabilità del D.Lgs. n. 96 del 2001 o della direttiva 2005/36/CE con l’obbligo di iscrizione alla piattaforma IMI, nonché sulla interpretazione della direttiva 98/2005, come già rilevato da questa Corte per analoghi profili di censura Cass. S.U. 24.4.2017 n. 10228 e 10229 , non viene in rilievo una questione di interpretazione della normativa comunitaria concernente il predetto sistema di collaborazione tra Stati membri, ma unicamente la rilevanza che, sul piano probatorio, assumono le informazioni che dall’indicato organismo provengono quindi, non interpretazione della normativa comunitaria, alla quale la ricorrente pretende di riconoscere un’efficacia diversa da quella ad essa attribuita dal CNIF, ma unicamente apprezzamento delle prove, anche documentali, concernenti la provenienza del titolo abilitante all’esercizio della professione da un organismo effettivamente abilitato, nel proprio ordinamento, a rilasciare quel titolo in tal senso, Cass., Sez. U., n. 22398 del 2016 . Questa Corte ha già rilevato che Il titolo dell’avvocato che abbia conseguito l’abilitazione professionale in Romania può essere riconosciuto in Italia, ai fini dell’iscrizione nell’elenco speciale degli avvocati stabiliti, solo se rilasciato dalla U.N.B.R. Uniunea Nationala a Barourilor din Romania , Ordine tradizionale Bucarest, organismo indicato da tale Stato quale autorità competente ad operare in questa materia attraverso il meccanismo di cooperazione tra i Paesi membri dell’Unione Europea, sicché va disattesa, per carenza del requisito del fumus boni iuris , l’istanza di sospensione della esecutività del provvedimento di cancellazione da quell’elenco per essere avvenuta la corrispondente iscrizione sulla base di un titolo reso da un organismo diverso la U.N.B.R., struttura BOTA Cass. S.U. Ordinanza n. 15043 del 21/07/2016 Cass. n. 6463, n. 6468 del 2016 . L’Ordine professionale non ha, peraltro, nella sostanza, sindacato la validità del titolo abilitativo, bensì la sua idoneità ad essere riconosciuto nello Stato secondo le vincolanti procedure stabilite dal sistema IMI dunque la questio juris che si vorrebbe sottoporre al preventivo vaglio della Corte di Giustizia è posta in modo non correlato perché il ricorso al sistema IMI è obbligatorio e dunque la stessa norma che ne riconosce la vincolatività per lo Stato che accede a tale sistema informativo fornisce la prova della obiettiva carenza di un potere di sindacato da parte delle autorità nazionali cfr Cass. S.U. 19403/2017 . La problematica, quindi, è a monte e riguarda i criteri di selezione utilizzati dall’IMI prima di attestare la idoneità di un organismo nazionale a rilasciare titoli amministrativi tale profilo però sfugge all’intervento interpretativo della Corte di Giustizia. Risultano allora inconferenti sia la circostanza secondo la quale più volte i giudici rumeni avrebbero riconosciuto la validità dei titoli fatti valere dai i c.d. advocat BOTA professionisti che hanno conseguito la abilitazione presso la struttura UNBR-BOTA , sia il fatto che il Ministero della Giustizia rumeno avrebbe sconfessato il proprio funzionario in quanto il giudizio del COA non si era basato su tale certificazione . In realtà con tali deduzioni la ricorrente cerca di ricondurre la causa di cancellazione dall’Albo degli avvocati stabiliti all’esercizio del potere riconosciuto agli Stati, di sanzionare, in casi eccezionali in presenza cioè di specifici indici di anomalia , eventuali comportamenti abusivi vedi Corte di giustizia, sent. 17 luglio 2014, cause riunite C-58/13 e C-59/13, Torresi, sugli abogados spagnoli Corte di giustizia, sent. 29 gennaio 2009, causa C-311/06, Cavai/era Cass., S.U. n 4252 del 2016 ma, va rilevato, non a seguito di tale potere è stata disposta la cancellazione dall’Albo. Né è corretto sostenere che, ragionando altrimenti, si attribuirebbe all’IMI una funzione certificatoria che non le è propria invero l’IMI è stato correttamente utilizzato come mero veicolo di un potere certificatorio esplicato all’interno dello Stato in cui l’Advocat ha conseguito l’abilitazione e, dunque, la incongruenza che la ricorrente addebita allo Stato ricevente dovrebbe essere indagata con riferimento alle strutture dello Stato certificante. 4. Con il secondo motivo la ricorrente formula eccezione d’incostituzionalità dell’art. 51 c.p.c., n. 1 nella parte in cui non prevede la revocazione del CNF per interferibilità tra funzione di indirizzo in particolare circolari del 2013 e 2016, indirizzate a tutti i Coa sulla interpretazione del titolo Bota, espresso anche nella sentenza impugnata e funzione giurisdizionale sempre nello stesso motivo viene anche eccepita la nullità della sentenza per avere fatto parte del collegio l’avv. L. , componente responsabile di analogo procedimento contro il COA di Caltagirone per interesse diretto, rilevando la violazione dell’art. 47 CDFUE e art. 6 CEDU che tutelano il diritto ad un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale. 4.1 La prima censura è inammissibile oltre ad essere infondata è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto non è stata fornita l’indicazione specifica di dette circolari, sulle quali il motivo di censura rivolto alla sentenza impugnata si fonda è infondata in quanto, come già deciso in precedente occasione Cass. S.U., 16 gennaio 2014 n. 775, in materia di giudizi disciplinari la circostanza che il Consiglio Nazionale Forense, nella sua funzione di indirizzo e di coordinamento dei vari Consigli dell’ordine territoriali, abbia sollecitato gli. stessi all’adozione di provvedimenti di cancellazione dall’albo nell’ipotesi allora in esame per incompatibilità, ai sensi della L. 25 novembre 2003, n. 339 non costituisce violazione dell’art. 111 Cost. sotto il profilo del difetto di terzietà, giacché le norme che disciplinano, rispettivamente, la nomina dei componenti del C.N.F. ed il procedimento offrono sufficienti garanzie con riguardo all’indipendenza del giudice ed alla imparzialità dei giudizi. La questione prospettata difetta altresì di rilevanza e decisività in quanto la duplicità di ruoli nell’organo amministrativo giudiziario non ha inciso sulla decisione fina e pienamente legittimo comunque, in ambito più generale, è il prevedere che un organismo a rilevanza pubblica quale il Consiglio Nazionale Forense e quindi deputato a emanare provvedimenti organizzativi e di indirizzo per i propri iscritti abbia, a limitati fini, anche il potere di decidere su impugnazioni di provvedimenti degli Ordini locali che formalmente si fondino su proprie disposizioni di carattere generale. Gli ulteriori profili di ritenuta contrarietà delle norme surrichiamate al principio del diritto di difesa e di parità delle parti nell’ambito del procedimento di che trattasi sono immotivati se non con un implicito rinvio alla omnicomprensività della suesposta censura di lesione al diritto al giusto processo cfr Cass. 19403, 19404 e 19405 del 2017 . Peraltro, l’emanazione di una circolare da parte del CNF non può certo intendersi come interesse diretto ai sensi dell’art. 51, n. 1, citato, atteso che la natura amministrativa della circolare evidenzia un ipotetico interesse del tutto astratto e non diretto del CNF ciò non diversamente da come sarebbe quello che emergerebbe da un proprio precedente di natura giurisdizionale. Si rileva, al riguardo che le Sezioni Unite hanno chiarito che In realtà l’inosservanza da parte del Giudice dell’obbligo di astensione, nelle ipotesi previste dall’art. 51 c.p.c. determina la nullità del provvedimento adottato solo nell’ipotesi in cui il Giudice abbia un interesse proprio e diretto nella causa, tale da porlo nella veste di parte del processo in violazione del criterio nemo iudex in causa sua Cass. Sez., Un., n. 16615 del 2005 cfr anche Cass. sez. SU n. 07536/17 Cass. S.U. 21114/17 . 4.2 La questione relativa alla nullità della sentenza per la partecipazione al Collegio dell’avv. L. è inammissibile per novità e, comunque, avrebbe essere dovuta fatta valere con istanza di ricusazione ed è comunque infondata in quanto l’atto che dovrebbe dimostrare l’esistenza di un interesse idoneo ad integrare una situazione di incompatibilità non è stato adottato nei confronti del COA di Locri ma di quello di Caltagirone. 5. Con il terzo motivo viene eccepita la violazione dell’art. 3 della direttiva 2005/36/CE del 7 settembre 2005 recepita con il decreto legislativo 9 novembre 2007 contenente le definizioni generali utilizzate nel testo normativo sostiene la ricorrente che la nota del Ministro della Giustizia con la quale si dava atto che la identificazione nel UNBR tradizionale come unica struttura legittimata secondo il sistema IMI a rilasciare titoli abilitativi riposava su una comunicazione, poi disconosciuta quanto a poteri certificativi del funzionario straniero, dallo stesso Ministro rumeno ricorda altresì la ricorrente che anche la Corte di Appello di Bucarest avrebbe negato tale potere certificativo al Ministero. Il motive è inammissibile, oltre ad essere infondato è inammissibile per difetto di specificità in quanto non è stato riportato il contenuto né della nota del Ministero della Giustizia italiano, né le certificazioni e rettifiche di quello rumeno e neppure le decisioni della Corte di Appello di Bucarest peraltro l’ autorità competente non diventa tale per una sorta di auto attribuzione di poteri bensì perché, attraverso le procedure del sistema IMI, si accredita presso le istituzioni Euro unitarie dunque la legittimità di tale registrazione ed i vincoli interpretativi che da essa derivano non può essere sindacata in sede di impugnativa del provvedimento nazionale di cancellazione. Non condivisibile appare dunque la conclusione che conduce la ricorrente a negare che autorità competente ad attestare la legittimità del rilascio di titoli abilitativi sia il Ministero della Giustizia rumeno, senza poi neppure prospettare chi ad esso si debba sostituire, suggerendo che la stessa emissione del titolo e il suo utilizzo di fatto presso gli organi di quello Stato costituiscano i presupposti legittimanti il successivo riconoscimento, saltando dunque ogni riferimento al sistema IMI. 6. Con il quarto motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 96 del 2001, art. 6, comma 2, riproponendo la ricorrente la questione della legittimità della negazione da parte della Romania del titolo rilasciato dalla struttura BOTA anche tale motivo è inammissibile richiamando una serie di atti non menzionati nella sentenza e che neppure si dice dove e quando siano stati prodotti nel giudizio di merito. Comunque il motivo è anche infondato in quanto il regolamento IMI ha anche indicato, per i suoi compiti istituzionali art. 5 Definizioni quali debbano essere considerate le autorità abilitate a fornire alla Commissione le informazioni necessarie per garantire il diritto di stabilimento soccorre, al riguardo, la lett. f del cit. articolo autorità competente qualsiasi organismo a livello nazionale, regionale o locale e registrato nell’IMI con compiti specifici inerenti all’applicazione del diritto nazionale o di atti dell’Unione elencati nell’allegato in uno o più settori del mercato interno . Va evidenziato che la legittimazione ad interloquire a livello sovranazionale nel circuito IMI presuppone una registrazione -che l’UNBR-BOTA non aveva ottenuto e solo attraverso essa si identifica l’ autorità Competente a fornire informazioni agli utenti IMI in questo caso gli Stati di appartenenza dell’advocat. Se le informazioni acquisite non sono corrette, perché lo Stato membro le ha fornito in modo inesatto, secondo le regole del proprio ordinamento, il soggetto che ritiene siano erronee deve tutelarsi nell’ordinamento di quello Stato, se del caso chiedendo al giudice di quello Stato di sindacare l’erroneo accertamento fatto dall’autorità statuale, in modo da poter ottenere che esso venga fatto constare all’ordinamento italiano, in occasione di una nuova iscrizione. Quindi, al fine di invocare sia la nota del Ministero della Giustizia rumeno del 3 settembre 2013 sia la sentenza della Corte di Appello di Bucarest, evocate dalla ricorrente, la stessa avrebbe dovuto instaurare un procedimento in Romania, volto a domandare che quello Stato riconoscesse la natura dell’organizzazione Bota ai fini del rilascio del titolo di avocat e dell’informazione tramite il sistema IMI, provvedendo ad informarne lo Stato Italiano. 7.Con il quinto motivo viene dedotta la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 21, nonies, e succ. mod. per nullità del provvedimento di cancellazione in autotutela, prevedendo tale normativa dei limiti temporali per l’esercizio in autotutela della facoltà di revoca dell’iscrizione la censura è inammissibile in quanto nuova e comunque il limite di 18 mesi per l’autoannullamento è stato introdotto con il D.L. 12 settembre 2014, n. 133, art. 25, comma 10, lett. b quater, convertito con modificazioni nella L. 11 novembre 2014, n. 164 e successivamente con la L. 7 agosto 2015, n. 124, art. 6, comma 10, lett. d, n. 1 , non applicabili alla fattispecie ratione temporis cfr Cass. S.U. 19404 e 19405/2017 . 8. Con il sesto motivo si lamenta eccesso di potere per violazione del diritto acquisito e del legittimo affidamento, in quanto, essendo la ricorrente iscritta all’albo italiano da più di tre anni dalla data della pronuncia impugnata avrebbe conseguito il diritto di essere iscritta nell’albo ordinario come avvocato integrato, ai sensi del D.Lgs. n. 96 del 2001, art. 12 e ogni contraria pronuncia sarebbe viziata da eccesso di potere essendo in contrasto con il diritto quesito della ricorrente. Tale rilievo va disatteso perché presupposto della integrazione è che si tratti di un avvocato legittimamente stabilito , il che invece è proprio l’oggetto della contestazione in esame e perché il diritto non può dirsi quesito se sia in contrasto con norme imperative cfr Cass. S.U. 19404 e 19405/2017 . 9 Con l’ultimo motivo viene denunciata la nullità della sentenza per violazione del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578, art. 45 per mancata instaurazione del contraddittorio in quanto la ricorrente non sarebbe stata convocata dal COA prima che fosse disposta la sua cancellazione. Tale censura è già stata dichiarata inammissibile per novità in quanto proposta nel giudizio di merito per la prima volta con la memoria 19.1.2017, senza che tale statuizione sia stata censurata. Comunque è anche infondata in quanto dalla sentenza impugnata pag. 2 si dà atto ai soli fini della narrativa del fatto e non in risposta ad una censura che non risulta proposta che il CCA, allorché aprì il procedimento di cancellazione, invitò la ricorrente a presentare osservazioni e soltanto all’esito dispose la cancellazione dall’albo. Conclusivamente il ricorso va rigettato. Nessuna pronuncia va emessa sulle spese in mancanza di attività difensiva degli intimati. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato par a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.