Il difensore d’ufficio, l’equo compenso e la ragionevole durata del processo di primo grado

Non può evocarsi il termine di ragionevole durata del processo di primo grado previsto dalla l. n. 89/2001 poiché è da considerare che tale procedimento ha eccezionali ragioni per dover essere svolto in modo celere e spedito, in quanto ad esso segue il giudizio presupposto del quale è denunciata, appunto, la violazione della ragionevole durata.

È questo il tema affrontato dalla Corte d’Appello di Roma con decreto depositato il 17 settembre, la quale rigettava il ricorso proposto da un avvocato per conseguire l’equo indennizzo per l’eccessiva durata del processo iniziato nel 2015 e conclusosi nel 2017, e volto ad ottenere la liquidazione del compenso maturato come difensore d’ufficio dell’imputato risultato irreperibile. Il compenso del difensore d’ufficio. Nella concreta fattispecie, l’opponente avvocato lamenta l’erronea valutazione del giudice di primo grado ritenendo sussistenti tutti i presupposti di legge per la liquidazione dell’equo compenso. Al riguardo, la Corte territoriale sostiene che non può giovare alla tesi dell’avvocato il riferimento al termine di un anno previsto dall’art. 2, comma 2- bis , l n. 89/2001 per la durata del giudizio di legittimità in quanto va tenuto conto che tale indicazione temporale è resa sul presupposto dell’innestarsi di una pronuncia della cassazione in un giudizio di merito e della esigenza di una valutazione globale del tempo dell’unico procedimento . Inoltre, non può evocarsi il termine di ragionevole durata del processo di primo grado previsto dalla l. n. 89/2001 poiché è da considerare che tale procedimento ha eccezionali ragioni per dover essere svolto in modo celere e spedito, in quanto ad esso segue il giudizio presupposto del quale è denunciata, appunto, la violazione della ragionevole durata. Sulla base di tali ragioni, la Corte d’Appello di Roma rigetta l’opposizione.

Corte d’Appello di Roma, decreto 7 maggio – 17 settembre 2018 - Premesso che con il decreto opposto questa Corte d’Appello, in composizione monocratica, ha rigettato il ricorso proposto ex art 2 L. 89/2001 dell’Avvocato AT volto a conseguire l’equo indennizzo per la eccessiva durata del procedimento, iniziato con istanza depositata l’8.11.2015 e concluso con decreto del Tribunale di Tivoli emesso 1.03.2017 divenuto definitivo il 31.03.2017, di liquidazione del compenso maturato quale difensore d’ufficio di imputato risultato irreperibile - Che il primo giudice ha ritenuto che, a prescindere dalla valutazione del lasso temporale resosi necessario per il deposito del suddetto decreto un anno e quattro mesi che a detta del ricorrente configurerebbe un’ipotesi di irragionevole durata salvo ravvisare, in caso contrario, la illegittimità costituzionale dei parametri stabiliti dall’art 2 co 2 bis della legge 89/01 quel che difetta nella specie è la esistenza di un giudizio presupposto, non potendo definirsi tale liquidazione degli onorari del difensore d’ufficio, operata dal giudice a seguito di istanza presentata ai sensi dell’art 116 D.P.R. 115/02 ” - Che l’opponente lamenta la erroneità di tale valutazione e ritiene che ricorrano tutti i presupposti di legge per la liquidazione dell’equo indennizzo - Che il ministero opposto non si è costituito pur avendo ricevuto notifica del decreto di fissazione dell’udienza - Ritenuto che nella specie la ragione più liquida” di rigetto della pretesa dell’opponente è il mancato maturarsi del superamento del termine ragionevole di durata - Ed invero se effettivamente il procedimento di liquidazione degli onorari ha, come sostenuto dall’opponente, natura di processo” giurisdizionale, allora non sarebbe superato il termine di sei anni previsto dall’art 2 co 2 ter della legge 89/2001 e neppure quello di tre anni indicato dall’art 2 co 2 bis stessa legge per i procedimenti di primo grado - Che a nulla vale il richiamo dell’opponente all’art 2 co 2 ed ai parametri ivi previsti in quanto tale disposizione, se letta in connessione con i commi che la seguono, è da ritenersi aver portata di carattere generale riferita anche alla gravità della violazione ed al maturarsi del danno mentre la indicazione del termine di durata ragionevole è specificamente prevista dai commi 2 bis, 2 ter, con le limitazioni di cui agli artt. 2 quater e 2 quinquies vedi corte costituzionale n 36/2016 i commi 2 bis e 2 ter dell’art 2, nell’affermare che il termine ivi indicato” si considera rispettato”, sono univoci e non possono che essere intesi nel senso che tale termine va ritenuto ragionevole. Ciò appare tanto più vero, se si tiene a mente che questa affermazione è stata fatta nell’ambito di un intervento normativo segnato dall’intento del legislatore di sottrarre alla discrezionalità giudiziaria la determinazione della congruità del termine per affidarla invece ad una previsione legale di carattere generale” - Che neppure può giovare alla tesi dell’opponente il riferimento al termine di un anno previsto dal comma 2 bis per la durata del giudizio di legittimità in quanto va tenuto conto che tale indicazione temporale è resa sul presupposto dell’innestarsi di una pronuncia della cassazione in un giudizio di merito e della esigenza di una valutazione globale del tempo dell’unico procedimento - Che, del pari, non potrebbe evocarsi il termine di ragionevole durata del processo di primo grado previsto dalla legge 89/2001 vedi ancora sentenza della Corte Costituzionale n. 36 del 2016 in quanto è da considerare che tale procedimento presenta eccezionali ragioni per dover essere svolto in modo celere e spedito in quanto segue giudizio presupposto del quale è, per l’appunto, denunciata la violazione della durata ragionevole vedi di nuovo corte costituzionale n. 36/2016 dalla giurisprudenza europea consolidata si evince sentenza n. 49 del 2015 il principio di diritto, secondo cui lo Stato è tenuto a concludere il procedimento volto all’equa riparazione del danno da ritardo maturato in altro processo in termini più celeri di quelli consentiti nelle procedure ordinarie, che nella maggior parte dei casi sono più complesse, e che, comunque, non sono costruite per rimediare ad una precedente inerzia nell’amministrazione della giustizia” ritenuto che nulla va disposto sulle spese di lite, nella contumacia della parte vittoriosa P.Q.M. Visto l’art 5 ter legge n. 89/2001 rigetta l’opposizione