Avvocato rischia la sospensione dall’esercizio della professione per non aver pagato i propri collaboratori

Avendo il CNF erroneamente dichiarato inammissibile per tardività l’impugnazione presentata dall’avvocato sanzionato, dovrà ora esaminare il merito della vicenda per decidere sulla legittimità della sanzione disciplinare decisa dal consiglio distrettuale di disciplina.

Così a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n. 27757/18 depositata il 31 ottobre. Sospensione per 6 mesi. Un avvocato veniva sanzionato dal Consiglio dell’Ordine di appartenenza con la sospensione disciplinare dall’esercizio della professione per la durata di 6 mesi per non aver provveduto al pagamento delle spettanze dovute ai suoi 5 collaboratori per diversi mesi. L’avvocato ha presentato ricorso al CNF che ne ha però dichiarato l’inammissibilità per tardività essendo decorsi 20 giorni dal deposito della decisione impugnata. La questione della tempestività del ricorso giunge dunque all’attenzione della Suprema Corte su ricorso dell’avvocato. Termini per impugnare. L’avvocato ricorrente si duole per la violazione degli artt. 61 e 65 l. professionale forense per aver il CNF continuato ad applicare l’art. 50 r.d. n. 1758/1933, nonostante l’intervenuta abrogazione. La l. n. 247/2012 dispone effettivamente che fino all’entrata in vigore dei regolamenti previsti dalla medesima legge, continuano ad applicarsi, se necessario ed in quanto compatibili , le disposizioni vigenti non abrogate. Posto che il regolamento in questione, n. 2/2014, è entrato in vigore il 1° gennaio 2015, al momento della proposizione del ricorso al CNF in data 15 aprile 2015 doveva essere applicato l’art. 61, comma 1, l. n. 247/2012 che ammette il ricorso avverso le decisioni del consiglio distrettuale di disciplina, entro 30 giorni dal deposito della sentenza. Per questi motivi, la Cassazione accoglie il ricorso con assorbimento dei restanti motivi attinenti alla richiesta di remissione in termini, al merito della vicenda e alla richiesta di sospensione dell’esecutorietà della decisione. L’art. 34, comma 2, del regolamento citato prevede infatti che gli effetti delle sospensioni e delle radiazioni decorrono dalla scadenza del termine per l’impugnazione della decisione del consiglio distrettuale di disciplina, se non proposta, oppure dal giorno successivo alla notifica della sentenza con cui il CNF abbia deciso sull’impugnazione. La questione viene dunque rinviata al CNF per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 9 – 31 ottobre 2018, n. 27757 Presidente Cappabianca – Relatore Manna Fatti di causa Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, all’esito del procedimento disciplinare avviato nei confronti dell’avvocato V.C. , ha inflitto alla professionista la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per sei mesi per non aver provveduto al pagamento delle spettanze dovute, per le mensilità da dicembre 2009 ad aprile 2010, a cinque propri collaboratori. Contro questa decisione l’avv. V. ha proposto ricorso al Consiglio nazionale forense che, con sentenza n. 73 del 2018, l’ha dichiarato inammissibile per tardività. Il CNF ha rilevato che la decisione impugnata era stata notificata alla professionista in data 18 marzo 2015, ma il ricorso era stato depositato dinanzi al Consiglio soltanto in data 15 aprile 2015, oltre, cioè, il termine di venti giorni previsto dall’art. 50 del regio decreto n. 1578 del 1933. Contro questa sentenza l’avv. V. propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a quattro motivi e correda d’istanza volta a ottenere la sospensione dell’esecutorietà della sentenza impugnata. Ragioni della decisione 1.- Col primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 61 e 65 della legge professionale forense, nonché dell’art. 33 del regolamento sul procedimento disciplinare, là dove il Consiglio nazionale forense ha seguitato ad applicare, benché abrogato, l’art. 50 del r.d. n. 1758/33. Il motivo è fondato. A norma dell’art. 65 della l. 31 dicembre 2012, n. 247, fino all’entrata in vigore dei regolamenti previsti nella presente legge, si applicano se necessario ed in quanto compatibili, le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate”. La disposizione transitoria fissa dunque una regola particolare, che inibisce l’entrata in vigore della novella e che, quanto alle disposizioni processuali, ne impedisce l’immediata applicazione, che si sarebbe altrimenti prodotta, sino a quando, appunto, non si verifichi l’evento assunto come rilevante, ossia l’entrata in vigore dei regolamenti previsti. Orbene, posto che il regolamento in questione, ossia il regolamento 21 febbraio 2014, n. 2, è entrato in vigore il 1 gennaio 2015, al momento della proposizione del ricorso al CNF, risalente al 15 aprile 2015, era ormai applicabile l’art. 61, 1 comma, della l. n. 247/12, secondo cui avverso le decisioni del consiglio distrettuale di disciplina è ammesso ricorso, entro trenta giorni dal deposito della sentenza, avanti ad apposita sezione disciplinare del CNF da parte dell’incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità ” vedi, sui presupposti di applicabilità dell’art. 61 della l. n. 247/12, Cass., sez. un., 27 dicembre 2017, n. 30999 12 settembre 2017, n. 21113 ord. 22 marzo 2017, n. 7298 . 2.- Il motivo va quindi accolto il che determina l’assorbimento dei restanti, dei quali il secondo concerne la richiesta subordinata di remissione nei termini e gli altri due il merito della vicenda. 3.- Ne segue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al Consiglio nazionale forense perché esamini nel merito l’impugnazione. 3.1.- La cassazione della sentenza impugnata comporta altresì l’assorbimento della richiesta di sospensione dell’esecutorietà della decisione, alla luce di quanto previsto dal 2 comma dell’art. 34 del regolamento 21 febbraio 2014, n. 2, a norma del quale Gli effetti delle sospensioni e delle radiazioni decorrono dalla scadenza del termine previsto per la impugnazione della decisione del Consiglio distrettuale di disciplina, se non proposta, ovvero dal giorno successivo alla notifica all’incolpato della sentenza del Consiglio nazionale forense che decide sull’impugnazione . E ciò perché cassando la sentenza si determina la caducazione del presupposto al quale è ancorata la produzione degli effetti della sospensione. P.Q.M. accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, nonché l’istanza di sospensione e rinvia per nuovo esame al Consiglio nazionale forense in diversa composizione.