La liquidazione delle distinte attività difensive svolte durante la fase di indagini preliminari

L’attività difensiva richiesta durante la fase di indagini preliminari, precisamente in un procedimento di riesame contro un decreto di sequestro probatorio, non è sovrapponibile con quella richiesta in un procedimento di riesame contro un decreto di sequestro preventivo, essendo diverse le finalità dell’una e dell’altra misura cautelare.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 20176/18 depositata il 31 luglio. Il caso. Il Tribunale, richiamato il sistema di liquidazione degli onorari al difensore, osservava che, essendo già intervenuto in precedenza un provvedimento di liquidazione in sede di riesame, la liquidazione della fase era già avvenuta. Secondo il Tribunale, dato che nel caso in esame erano stati impugnati due provvedimenti cautelari reali nel medesimo procedimento, non poteva effettuarsi liquidazione degli onorari, del difensore ricorrente, distinta per ciascuno di essi, dovendoci essere una valutazione unitaria. Contro tale ordinanza il difensore ricorre per cassazione. La liquidazione degli onorari del difensore. In tema di patrocinio a spese dello Stato, la Corte di Cassazione ha più volte affermato che il decreto di liquidazione degli onorari al difensore non è revocabile, né modificabile, d’ufficio in quanto l’autorità giudiziaria che lo emette consuma il suo potere decisionale e non ha invece il potere di autotutela tipico dell’azione amministrativa. Nella fattispecie, quindi, il Giudice di prime cure e il Tribunale avevano errato a revocare il decreto di liquidazione. Inoltre, appare inidonea la decisione del Tribunale di considerare le due impugnazioni proposte davanti al Tribunale del riesame come la medesima attività e che la liquidazione delle due fasi incidentali costituirebbe una indebita duplicazione dei compensi. Infine appare ancora errata la tesi del Tribunale secondo cui non si è curato del fatto che nell’ambito della fase di indagini preliminari possono coesistere diverse attività difensive meritevoli di essere autonomamente valutate ai fini della liquidazione del compenso senza che ciò comporti alcuna duplicazione di spettanze . Per questi motivi la Corte Accoglie il ricorso del difensore e cassa la sentenza impugnata rinviandola al Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 24 maggio – 31 luglio 2018, n. 20176 Presidente Manna – Relatore Orilia Ritenuto in fatto Il Tribunale di Gela, con ordinanza 29.3.2017, ha respinto l’opposizione proposta dall’avv. P.G. contro il provvedimento del GIP che aveva revocato un precedente decreto di liquidazione di compenso per l’attività difensiva svolta in un procedimento di riesame in favore di un imputato ammesso al Patrocinio a spese dello Stato. Per giungere a tale conclusione il Tribunale, richiamato il sistema di liquidazione degli onorari al difensore in virtù del DM n. 55/14, ha osservato che, essendo già intervenuto un provvedimento di liquidazione con ordinanza del 20.9.2016 in sede di riesame, la liquidazione della fase era già avvenuta. Secondo il Tribunale, ancorché siano stati impugnati due provvedimenti cautelari reali nel medesimo procedimento, non può effettuarsi liquidazione degli onorari distinta per ciascuno di essi, dovendo essere la valutazione unitaria, a prescindere dalle impugnazioni effettuate, come si desume dall’art. 12 del DM 55/14 di conseguenza, la revoca disposta dal GIP deve ritenersi corretta, perché ragionando diversamente vi sarebbe una indebita duplicazione delle spettanze per il medesimo procedimento con conseguente iniusta locupletatio. Contro tale ordinanza l’avv. P. ricorre per cassazione denunziando due motivi. Il Ministero della Giustizia non ha svolto difese. Il relatore ha proposto l’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza. Considerato in diritto 1 Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 82, 84 e 170 DPR n. 115/2002 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc - Illegittima revoca del decreto di liquidazione dei compensi al difensore ammesso al Patrocinio a spese dello Stato divenuto ormai definitivo in assenza di opposizione Esercizio di un potere di autotutela che la legge non prevede. Il motivo è manifestamente fondato. Come infatti costantemente affermato da questa Corte, in tema di patrocinio a spese dello Stato, il decreto di liquidazione del compenso al difensore non è revocabile, né modificabile, d’ufficio, poiché l’autorità giudiziaria che lo emette, salvi i casi espressamente previsti, consuma il suo potere decisionale e non ha il potere di autotutela tipico dell’azione amministrativa tra le varie, Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 1196 del 18/01/2017 Rv. 642564 Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 12795 del 06/06/2014 Rv. 631099 Sez. 6 - 2, Sentenza n. 13892 del 2012, non massimata . Il GIP di Gela aveva dunque errato a revocare il decreto di liquidazione e il Tribunale ha commesso lo stesso errore nel ritenere corretta la revoca. 2 Col secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 82 DPR n. 115/2002, 12 co. 1 e DM 55/14 e artt. 24 e 36 Cost. in relazione all’art. 360 comma 12 n. 3 cpc. rimproverandosi al Tribunale di avere considerato che le due impugnazioni proposte davanti al Tribunale del Riesame del sequestro probatorio prima e del sequestro preventivo poi costituirebbero la medesima attività e che la liquidazione di entrambe tali fasi incidentali rappresenterebbe una indebita duplicazione dei compensi. Anche tale motivo è manifestamente fondato. È vero che l’articolo 12 del Decreto 10 marzo 2014, n. 55 Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247 stabilisce che il compenso si liquida per fasi esemplificando poi il contenuto di ciascuna fase v. anche allegata Tabella Parametri Forensi punto 15 relativo ai giudizi penali . È però altrettanto vero che le attività difensive richieste durante le indagini preliminari e precisamente in un procedimento di Riesame contro un decreto di sequestro probatorio non sono assolutamente sovrapponibili con quelle richieste in un procedimento di Riesame contro un decreto di sequestro preventivo, essendo ben diverse le finalità dell’una e dell’altra misura cautelare, come si ricava agevolmente dalla lettura degli artt. 253 e 321 cpp. Appare dunque ancora una volta giuridicamente errata la tesi del Tribunale laddove ha dato peso unicamente alla identità della fase indagini preliminari in cui è stata svolta l’attività difensiva, senza minimamente curarsi del fatto che nell’ambito di tale fase ben possono coesistere distinte attività difensive meritevoli di essere autonomamente valutate ai fini della liquidazione del compenso senza che ciò comporti alcuna duplicazione di spettanze, perché - lo si ripete l’attività difensiva volta a contestare la legittimità di un sequestro probatorio avente ad oggetto il corpo del reato e delle cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento di fatti non è affatto identica a quella richiesta per impugnare un sequestro preventivo che risponde alla diversa esigenza di evitare l’aggravamento o la protrazione delle conseguenze di un reato, ovvero la commissione di altri reati . Il duplice errore di diritto in cui è incorso il Tribunale di Gela comporta inevitabilmente la cassazione del provvedimento con rinvio al medesimo Tribunale in persona di diverso magistrato che riesaminerà l’opposizione del difensore ricorrente regolando anche le spese del presente procedimento di legittimità. P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Gela in persona di diverso magistrato.