L’onorario dell’avvocato si determina in base al valore effettivo della controversia

Il decisum in commento affronta il tema della liquidazione degli onorari spettanti ad un avvocato per l’opera prestata in un giudizio relativo ad azione revocatoria fallimentare. Nello specifico si tratta di stabilire se, gli onorari in favore del professionista, quale difensore della curatela in un giudizio per revocatoria fallimentare debbano o meno determinarsi sulla base del credito a tutela del quale si è agito in via revocatoria.

I Giudici della prima sezione civile di piazza Cavour, con la sentenza n. 25801/2015, depositata il 22 dicembre, richiamando un precedente giurisprudenziale di legittimità dello scorso autunno cfr. Cass., 19520/2015 , ribadiscono che in tema di liquidazione degli onorari a carico del cliente ed in favore dell’avvocato per l’opera prestata in un giudizio relativo ad azione revocatoria, il valore della causa – laddove risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile – si determina, ex art. 6, comma 2, del d.m. n. 127/2004, non già sulla base del credito a tutela del quale si è agito in via revocatoria, bensì del valore effettivo della controversia. E, nel caso concreto, precisano gli Ermellini, pur essendo indiscusso che il valore della causa va definito in base al disputatum , risulta plausibile il convincimento espresso dai giudici del merito che il valore effettivo della controversia vada determinato con riferimento al valore dei beni oggetto dell’azione. Il fatto. Il caso di specie origina dall'impugnazione per cassazione presentata da un avvocato avverso il decreto con cui il Tribunale di Marsala aveva rigettato il reclamo proposto dal professionista medesimo avverso il decreto del giudice delegato che aveva liquidato in Euro 11.153,98, anziché nella misura di Euro 45.655,02 richiesta, gli onorari spettantigli quale difensore della curatela in un giudizio per revocatoria fallimentare. In particolare, i giudici del merito chiarivano che l’onorario per i giudizi per revocatoria fallimentare andava liquidato con riferimento al valore del bene oggetto dell’atto dispositivo, in quanto l’azione non veniva proposta a tutela di uno specifico credito della procedura. Avverso quest’ultima decisione il professionista proponeva, quindi, ricorso per cassazione facendo valere tre distinti motivi di censura che, invero, vengono respinti in toto dai Supremi Giudici. Quest’ultimi, in particolare, rigettando il ricorso chiariscono che l’entità del passivo fallimentare è soggetto a modifiche, mentre l’entità di quanto effettivamente percepiranno i creditori ammessi non è predeterminabile prima della redazione del piano di riparto definitivo. Sicché, pur essendo indiscusso che il valore della causa va definito in base al disputatum , risulta plausibile il convincimento espresso dai giudici del merito che il valore effettivo della controversia vada determinato con riferimento al valore dei beni oggetto dell’azione. Le tariffe forensi. Le tariffe forensi non impediscono che il compenso resti pattuito tra il cliente ed il professionista, ma integrano un riferimento insostituibile per tutti casi, molto frequenti nella prassi, in cui il mandato professionale è conferito senza una previa intesa tra le parti, e costituiscono dunque una garanzia significativa per il cliente. Le tariffe inderogabili, peraltro, rappresentano uno strumento attraverso il quale l’ordinamento assicura il livello minimo di una prestazione connessa ad un diritto fondamentale quale è quello di difesa. Il Decreto Ministeriale n. 127 dell’8 aprile 2004. Con il Decreto n. 127 dell’8 aprile 2004 il Ministero della Giustizia aveva provveduto ad aggiornare le tariffe forensi, ferme da quasi dieci anni, il precedente decreto risaliva, infatti, all’ottobre del 1994. L’aggiornamento faceva seguito alla positiva soluzione della questione della legittimità del sistema tariffario. La paventata incompatibilità di quest’ultimo con le norme comunitarie in materia di concorrenza era stata, infatti, esclusa dalla cosiddetta sentenza Arduino” v. Corte di Giustizia, 2002, nella causa C-35-99 , che aveva fatto salvo il sistema tariffario in ragione della natura pubblicistica del relativo procedimento di adozione, finalizzato alla protezione degli interessi generali della collettività, e non già di quelli specifici della categoria professionale. Il criterio di determinazione degli onorari a carico del soccombente ovvero del cliente, ex art. 6 del D.M. n. 127 del 2004. Il primo comma dell’art. 6 del d.m. n. 127 del 2004 Tariffa forense , ratione temporis applicabile, prevede che nella liquidazione degli onorari a carico del soccombente, il valore della causa è determinato a norma del codice di procedura civile, avendo riguardo nei giudizi per azioni surrogatorie e revocatorie, all’entità economica della ragione di credito alla cui tutela l’azione è diretta. Il secondo comma dello stesso articolo, invece, precisa che la liquidazione degli onorari a carico del cliente, può aversi riguardo al valore effettivo della controversia, quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile. In termini generali, pertanto, quest’ultima norma precisa che per gli onorari destinati a gravare a carico del cliente, in sede di determinazione del valore della controversia, il dato concreto e reale deve prevalere sull’elemento formale e presuntivo. Il valore della causa va definito in base al disputatum. Nei rapporti tra parte attrice e convenuto soccombente, le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate giusta la natura ed il valore della controversia, l’importanza ed il numero delle questioni trattate, nonché la fase di chiusura del processo. Del resto, come hanno insegnato le Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione in un grand arrêt del 2007 v., Sez. Un., 19014/2007 , richiamato nella decisione in rassegna, il principio di adeguatezza e proporzionalità impone una costante ed effettiva relazione tra la materia del dibattito processuale e l’entità degli onorari per l’attività professionale svolta. In particolare, le Sezioni Unite hanno chiarito che ai fini della condanna al rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia di cui alle Tariffe forensi va fissato sulla base del disputatum ossia di quanto richiesto dalla parte attrice nell’atto introduttivo del giudizio , tenendo però conto che, in caso di accoglimento solo parziale della domanda, il giudice deve considerare il contenuto effettivo della sua decisione criterio del decisum , cioè deve proporzionare le spese legali all’importo monetario realmente ottenuto dalla parte vittoriosa, a prescindere dalla superiore entità del valore delle richieste versate in corso. Il valore della causa per revocatoria fallimentare ai fini della liquidazione degli onorari. Come aveva già chiarito un lontano precedente di legittimità, cfr. Cass., 2279/1960 , il valore delle cause per revocatoria fallimentare, ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato, si determina non in base al valore del bene oggetto del negozio giuridico di cui si chiede la revoca, ma in relazione al valore dei crediti ammessi al passivo fallimentare, a tutela dei quali l’azione è proposta. Invero, gli Ermellini con l’odierna pronuncia giungono a conclusioni opposte, ritenendo, in primis , che l’entità del passivo fallimentare sia soggetta a modifiche, mentre l’entità di quanto effettivamente percepiranno i creditori ammessi non sia predeterminabile prima della redazione del piano di riparto definitivo. E, i Supremi Giudici, pur ribadendo che il valore della causa vada definito in base al disputatum , ritengono plausibile il convincimento espresso dai giudici del merito che il valore effettivo della controversia vada determinato con riferimento al valore dei beni oggetto dell’azione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 2 – 22 dicembre 2015, n. 25801 Presidente Forte – Relatore Nappi Svolgimento del processo Con il decreto impugnato il Tribunale di Marsala ha rigettato il reclamo proposto dall'avv. V. S. avverso il decreto del giudice delegato che ha liquidato in e. 11.153,98, anziché nella misura di e. 45.655,02 richiesta, gli onorari spettantigli quale difensore della curatela in un giudizio per revocatoria fallimentare. Hanno ritenuto i giudici del merito che, diversamente da quanto previsto per la revocatoria ordinaria, l'onorario per i giudizi per revocatoria fallimentare vanno liquidati con riferimento al valore del bene oggetto dell'atto dispositivo, in quanto l'azione non viene proposta a tutela di uno specifico credito della procedura. Contro il decreto ha proposto ricorso per cassazio ne l'avv. V. S., deducendo tre motivi d'impugnazione, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso il Fallimento di S.A Motivi della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente deduce viola zione dell'art. 6 d.m. n. 127/2004, dell'art. 9 comma 3 legge n. 794 del 1942, dell'art. 12 preleg gi e dell'art. 10 c.p.c., contestando che sia pos sibile distinguere tra revocatorie ordinarie e re vocatorie fallimentari, atteso il significato let terale delle norme e considerata la ormai consoli data giurisprudenza della comune natura indennita ria delle due azioni. Con il secondo motivo il ricorrente deduce viola zione degli art. 132 comma 2 n. 4, 114 e 115 c.p.c., dell'art. 118 disp. att. c.p.c., vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che i giudici del merito abbiano omesso di giusti ficare il riferimento a un valore compreso tra £. 103.300,1 ed comma 258.300, anziché al valore dei cre diti ammessi al passivo, certamente superiore a due milioni di euro. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell'art. 86 c.p.c., in relazione all'art. 91 c.p.c., lamentando il mancato riconoscimento delle spese di causa in favore della parte vittoriosa. 2. Il ricorso è infondato. Il riferimento generico dell'art. 6 comma 1 d.m. n. 127/2004, come già dell'art. 9 comma 3 legge n. 794 del 1942, ai giudizi per azioni revocatorie ha una portata generale e deve ritenersi applicabile a tutte le azioni revocatorie, incluse quelle falli mentari. E infatti l'unico precedente di legittimi tà edito è appunto nel senso che il valore delle cause per revocatoria fallimentare, ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato e procurato re, si determina non in base al valore del bene og getto del negozio giuridico di cui si chiede la re voca, ma in relazione al valore dei crediti ammessi al passivo fallimentare, a tutela dei quali l'Azio ne è proposta Cass., sez. I, 3 agosto 1960, n. 2279, m. 881902 . Tuttavia secondo la giurisprudenza di questa corte in tema liquidazione degli onorari a carico del cliente ed in favore dell'avvocato per l'opera pre stata in un giudizio relativo ad azione revocato ria, il valore della causa - laddove risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile - si determina, ex art. 6, comma 2, del d.m. n. 127 del 2004, non già sulla base del credito a tutela del quale si è agito in via revocatoria, bensì del valore effettivo della controversia Cass., sez. III, 30 settembre 2015, n. 19520, m. 637001 . Occorre del resto rilevare che l'entità del passivo fallimentare è soggetto a modifiche, mentre l'entità di quanto effettivamente percepiranno i creditori ammessi non è predeterminabile prima del la redazione del piano di riparto definitivo. Sic ché, pur essendo indiscusso che il valore della causa va definito in base al disputatum Cass., sez. III, 12 giugno 2015, n. 12227, m. 635718, Cass., sez. un., 11 settembre 2007, n. 19013, m. 598672, Cass., sez. un., 11 settembre 2007, n. 19014, m. 598765 , risulta plausibile il comnvinci mento espresso dai giudici del merito che il valore effettivo della controversia vada determinato con riferimento al valore dei beni oggetto dell'azione. Il ricorso va pertanto rigettato. Considerato l'incerto argomentare dei giudici del merito, le spese possono essere compensate inte gralmente. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmen te le spese del giudizio di legittimità.