Crisi, stagionalità e contesto territoriale impervio non giustificano il mancato raggiungimento del ricavo minimo

Riprende vigore la pretesa dell’Agenzia delle Entrate nei confronti della società proprietaria di una struttura alberghiera. Fondamentale il mancato raggiungimento del ricavo minimo, non giustificato, secondo i Giudici, dagli elementi messi sul tavolo dalla società.

Contesto territoriale e stagionalità – dell’attività alberghiera – non sono elementi sufficienti per giustificare il mancato raggiungimento del cosiddetto reddito minimo”. Legittimo l’accertamento operato dal Fisco Cassazione, ordinanza n. 24738/20, depositata il 5 novembre . Riflettori puntati su un albergo posizionato ai piedi delle Dolomiti. A insospettire l’Agenzia delle Entrate è il bassissimo reddito dichiarato per ben due anni, il 2006 e il 2007 consequenziali gli avvisi di accertamento con riferimento a IRES e IRAP, più interessi e sanzioni. La società proprietaria della struttura contesta l’azione del Fisco e si vede dare ragione in secondo grado. Per i Giudici tributari regionali, difatti, sono stati forniti elementi di prova idonei a dimostrare che per cause oggettive l’attività imprenditoriale si è rivelata non di successo ed è quindi emersa l’ oggettiva impossibilità di produrre il reddito minimo . E il riferimento è in particolare a una crisi economica, che ha ridotto i ricavi già dal 2006 , alla natura impervia e montana del piccolo Comune dove è posizionata la struttura, e, infine, alla stagionalità dell’attività turistica alberghiera, legata anche alle condizioni meteorologiche con esercizio dell’attività per circa 180 giorni all’anno . A contestare la visione dei Giudici di secondo grado è l’Agenzia delle Entrate, che tramite l’Avvocatura dello Stato propone ricorso in Cassazione, sostenendo che la società contribuente non abbia assolto l’onere di dimostrare la sussistenza delle condizioni obiettive che avrebbero reso impossibile il conseguimento dei ricavi presuntivi minimi, sì da consentire di qualificare la società come non operativa” . Questa obiezione è ritenuta corretta dai Giudici del Palazzaccio, che ridanno quindi vigore agli accertamenti operati dal Fisco. In premessa, i magistrati tengono a sottolineare che un fatto obiettivo che determina l’impossibilità di raggiungere la redditività minima deve consistere necessariamente in una circostanza esterna al normale svolgimento dell’attività economica , che si ponga come fattore anomalo rispetto alla normalità dei fatti economici ed idonea ad impedire che un’impresa delle dimensioni e dell’ubicazione di quella in questione consegua i redditi presunti . Ciò significa che vanno condivise le considerazioni proposte dall’Agenzia, secondo cui il mero fatto che l’attività economica non abbia avuto successo perché situata in un certo luogo e in un certo contesto economico non è elemento sufficiente per giustificare il mancato raggiungimento del ricavo minimo. In particolare, i magistrati chiariscono che le difficoltà del luogo, la stagionalità propria dell’attività turistico-alberghiera, la variabilità delle condizioni meteorologiche sono tutti fattori interni al tipo di attività economica in esame, del tutto normali rispetto ad essa, che fanno parte integrante del normale rischio di impresa che le attività turistico-alberghiere scontano, sicché il mancato successo , posto in evidenza dai Giudici tributari regionali, non può dirsi sicuramente dipendente da non precisati fattori obiettivi, atteso che la situazione oggettiva e impossibilitante voluta dalla norma chiaramente rimanda a fatti economici avversi che superano la capacità di reazione di un imprenditore normalmente avveduto e capace di reagire alle fluttuazioni negative proprie dell’attività economica svolta . Difficile, quindi, ipotizzare l’impossibilità oggettiva di produrre il reddito minimo , soprattutto perché, chiariscono dal Palazzaccio, nel periodo esaminato la società non ha fornito giustificazioni concrete sufficienti, a fronte della evidente antieconomicità dell’attività svolta . Riprende vigore, quindi, la pretesa avanzata dal Fisco, anche se ora sarà comunque necessario un nuovo giudizio in Commissione tributaria regionale, laddove, comunque, sarà necessario tenere conto delle indicazioni fornite dalla Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. V Civile, ordinanza 24 giugno – 5 novembre 2020, n. 24738 Presidente Sorrentino – Relatore Saieva Rilevato che 1. Con ricorso proposto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Belluno, l'Alberghiera Santomaso S.r.l. impugnava gli avvisi di accertamento emessi nei suoi confronti dall'Agenzia delle entrate in relazione ad IRES, IRAP, interessi e sanzioni per gli anni 2006 e 2007. 2. Avverso la decisione di rigetto emessa dalla C.T.P. adita, la contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Veneto che, con sentenza n. 61/8/13, pronunciata il 6.5.2013 e depositata il 3.6.2013, accoglieva il ricorso, ritenendo che la contribuente avesse fornito elementi di prova idonei a dimostrare che per cause oggettive l'attività imprenditoriale si era rivelata non di successo a causa dell'oggettiva impossibilità di produrre il reddito minimo presunto dall'art. 30, comma 3, legge 23.12.1994, n. 724. 3. L'Agenzia delle entrate proponeva quindi ricorso per cassazione affidandolo ad un unico motivo cui resiste con controricorso la società contribuente. 4. Il ricorso è stato fissato per l'adunanza camerale del 24.6.2020, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380-bis 1, cod. proc. civ. Considerato che 1. Con un unico motivo l'Agenzia ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ. e dell'art. 30, commi 3 e 4-bis, legge n. 724 del 1994, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., contestando che nella specie la società contribuente abbia assolto l'onere di dimostrare la sussistenza delle condizioni obiettive che avrebbero reso impossibile il conseguimento dei ricavi presuntivi minimi determinati secondo i coefficienti previsti dal comma 3 dell'art. 30 citato, si da consentire di qualificare la società come non operativa . Rileva in particolare la ricorrente che la C.T.R. avrebbe erroneamente valorizzato fatti del 2009 la domanda di cambio di destinazione d'uso e del 2012 la locazione del ristorante per un canone di circa 8.000 Euro annui del tutto irrilevanti rispetto al thema probandum, in quanto l'accertamento contestato si riferiva al periodo 2006 - 2007, sicché vicende di anni successivi non potevano di per sé integrare la prova che nel 2006 e nel 2007 sussisteva l'impossibilità oggettiva di produrre il reddito minimo presunto dalla norma. Lamenta, inoltre, l'Agenzia che con riferimento agli anni di imposta presi in esame la C.T.R. aveva tenuto conto dell'esistenza presunta e non accertata di una crisi economica, che avrebbe ridotto i ricavi già dal 2006 della natura impervia e montana del piccolo comune di San Tomaso Agordino della stagionalità dell'attività turistica alberghiera, legata anche alle condizioni meteorologiche, che peraltro avrebbe consentito l'esercizio della struttura per circa 180 giorni all'anno. 2. Il motivo è fondato e va accolto. 2.1. Invero il comma 4-bis del citato art. 30 della legge n. 724 del 1994, richiede che il contribuente provi fatti obiettivi che abbiano reso impossibile il conseguimento dei ricavi minimi presunti. Ora, un fatto obiettivo che determina l'impossibilità di raggiungere la redditività minima deve consistere necessariamente in una circostanza esterna al normale svolgimento dell'attività economica, che si ponga come fattore anomalo rispetto alla normalità dei fatti economici ed idonea ad impedire che un'impresa delle dimensioni e dell'ubicazione di quella in questione consegua i redditi presunti. 2.2. Vanno pertanto condivise le considerazioni dell'agenzia ricorrente secondo cui il mero fatto che l'attività economica non abbia avuto successo perché situata in un certo luogo e in un certo contesto economico non integrava tali estremi. Le difficoltà del luogo, la stagionalità propria dell'attività turistica alberghiera, la variabilità delle condizioni meteorologiche sono, infatti, tutti fattori interni al tipo di attività economica in esame, del tutto normali rispetto ad essa, che fanno parte integrante del normale rischio di impresa che le attività turistico alberghiere scontano, sicché il mancato successo rilevato dalla C.T.R. non poteva dirsi sicuramente dipendente da non precisati fattori obiettivi, atteso che la situazione oggettiva e impossibilitante voluta dalla norma chiaramente rimanda a fatti economici avversi che superano la capacità di reazione di un imprenditore normalmente avveduto e capace di reagire alle fluttuazioni negative proprie dell'attività economica svolta. 2.3. Come affermato da questa Corte infatti in materia di società di comodo, i parametri previsti dall'art. 30 della legge n. 724 del 1994, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall'art. 35 del D.L. n. 223 del 2006, conv. nella legge n. 248 del 2006, sono fondati sulla correlazione tra il valore di determinati beni patrimoniali ed un livello minimo di ricavi e proventi, sicché la determinazione dell'imponibile è effettuata sulla base di precisi criteri di legge, che escludono qualsiasi discrezionalità deduttiva, imponendosi sia in sede di accertamento, sia di determinazione giudiziale, salva la prova contraria da parte del contribuente Cass. Sez. 6/5, 05/07/2016, n. 13699 analogamente questa Corte ha affermato che in materia di società di comodo, i parametri previsti dall'art. 30 della legge n. 724 del 1994, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall'art. 35 del D.L. n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 248 del 2006, sono fondati sulla correlazione tra il valore di determinati beni patrimoniali ed un livello minimo di ricavi e proventi, il cui mancato raggiungimento costituisce elemento sintomatico della natura non operativa della società, spettando, poi, al contribuente fornire la prova contraria e dimostrare l'esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche ed indipendenti dalla sua volontà, che abbiano impedito il raggiungimento della soglia di operatività e di reddito minimo presunto Cass. Sez. 5, 21/10/2015, n. 21358 . 2.4. Nel caso di specie è poi pacifico che l'accertamento contestato si riferisse al periodo 2006 - 2007, sicché le vicende successive prese in considerazione dalla C.T.R., quali la domanda di cambio di destinazione d'uso del 2009 e la locazione del ristorante del 2012, risultavano prive di qualsiasi rilievo rispetto al thema decidendum, con riferimento al quale l'Ufficio aveva comunque tenuto conto della dedotta crisi economica, della ubicazione della struttura alberghiera nel comune di San Tomaso Agordino, nonché della stagionalità dell'attività turistica, legata anche alle condizioni meteorologiche elementi inidonei a comprovare che nel 2006 e nel 2007 sussistesse l'impossibilità oggettiva di produrre il reddito minimo presunto dalla norma. 2.5. Orbene, la Commissione tributaria regionale non ha fatto corretta applicazione di tali principi, omettendo di rilevare in fatto che nel periodo esaminato la società contribuente non aveva fornito la prova contraria che le incombeva. In particolare, a fronte della asserita antieconomicità dell'attività svolta ha ritenuto fondate le giustificazioni fornite dalla contribuente, benché prive di quel carattere oggettivo richiesto dalla normativa citata. 3. Il ricorso va pertanto accolto, con rinvio degli atti al giudice a quo, in diversa composizione, perché provveda in conformità ai principi enunciati, oltre che alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.