Nessuna sanzione amministrativa se il contribuente corrisponde tempestivamente gli importi richiesti

La sanzione amministrativa pari al 30% dell’importo non versato prevista dall’art. 13 d.lgs. n. 471/1997, presuppone la mancata esecuzione dei versamenti di imposta dovuti, pertanto essa non si applica ove il contribuente, abbia, nel corso del giudizio ed in ragione dell’esito delle sentenze di merito, tempestivamente corrisposto gli importi richiesti.

Lo ribadisce la Cassazione con l’ordinanza n. 16643/20, depositata il 4 agosto. Una s.r.l. impugnava la cartella di pagamento emessa in relazione alla sentenza della CTR con cui era stata rigettato l’appello avverso l’avviso di rettifica per IVA in relazione ad operazioni intracomunitarie. La CTP accoglieva il ricorso limitatamente alla sanzione irrogata per l’omesso pagamento IVA originariamente richiesta entro il termine di giorni 60 dalla notifica dell’avviso di accertamento. Il giudice d’appello rigettava integralmente l’impugnazione, ritenendo legittima la cartella emessa. La contribuente propone così ricorso per cassazione per il mancato annullamento della sanzione. Secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, la sanzione amministrativa pari al 30% dell’importo non versato prevista dall’art. 13 d.lgs. n. 471/1997, presuppone la mancata esecuzione, alle prescritte scadenze, dei versamenti di imposta dovuti, sicché non si applica ove il contribuente, dopo aver impugnato l’avviso di accertamento del tributo omesso e di irrogazione delle conseguenti sanzioni, abbia, nel corso del giudizio ed in ragione dell’esito delle sentenze di merito, tempestivamente corrisposto gli importi richiesti con le cartelle di pagamento emesse in sede di riscossione frazionata, salvo conguaglio all’esito del giudizio medesimo . Nel caso in esame, la contribuente ha proposto ricorso avverso l’originario avviso di accertamento e, poi, nel corso del giudizio, in ragione dell’esito delle sentenze di merito, ha tempestivamente corrisposto gli importi di cui alle cartelle di pagamento notificate a titolo di pagamento frazionato. Quindi non vi è alcun ritardo e, dunque, alcuna sanzione può essere irrogata. Il ricorso della contribuente viene accolto.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 13 dicembre 2019 – 4 agosto 2020, n. 16643 Presidente Bruschetta – Relatore Tinarelli Rilevato che Bancometalli Srl impugnava la cartella di pagamento emessa D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 68 in relazione alla sentenza della CTR della Lombardia con cui era stata rigettato l’appello avverso l’avviso di rettifica per Iva in relazione ad operazioni intracomunitarie. La Commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva il ricorso limitatamente alla sanzione irrogata D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13 per l’omesso pagamento dell’Iva originariamente richiesta entro il termine di giorni 60 dalla notifica dell’avviso di accertamento D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 60, comma 1. Il giudice d’appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rigettava integralmente l’impugnazione, ritenendo legittima la cartella emessa. La contribuente propone ricorso per cassazione, limitatamente al mancato annullamento della sanzione, con due motivi. L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata. La contribuente ha altresì depositato memoria. Considerato che 1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, difetto assoluto di motivazione, per aver la CTR riformato la decisione di primo senza il supporto di una qualsiasi motivazione. 1.1. Il motivo è inammissibile avendo la contribuente denunciato un error in procedendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ossia come vizio motivazionale che postula, invece, una errata ricostruzione in fatto della vicenda , anziché ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. 2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 59 e art. 60, comma 1 e 2, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 e D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 23 per aver la CTR ritenuto legittima l’irrogazione della sanzione, operata con la cartella, per l’omesso pagamento delle maggiori imposte accertate nel termine di giorni 60 nonostante l’avvenuta proposizione di ricorso avverso l’avviso stesso e senza considerare che il pagamento deve avvenire mediante la procedura di riscossione frazionata. 2.1. Il motivo è fondato. 2.2. Secondo il condiviso orientamento di questa Corte, cui non si ravvisano ragioni per discostarsi, La sanzione amministrativa pari al trenta percento dell’importo non versato prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 presuppone la mancata esecuzione, alle prescritte scadenze, dei versamenti di imposta dovuti, sicché non si applica ove il contribuente, dopo aver impugnato l’avviso di accertamento del tributo omesso e di irrogazione delle conseguenti sanzioni, abbia, nel corso del giudizio ed in ragione dell’esito delle sentenze di merito, tempestivamente corrisposto gli importi richiesti con le cartelle di pagamento emesse in sede di riscossione frazionata, salvo conguaglio all’esito del giudizio medesimo Cass. n. 8131 del 22/04/2016 Cass. n. 23784 del 11/10/2017 . Nella specie, difatti, la contribuente ha proposto ricorso avverso l’originario avviso di accertamento e, poi, nel corso del giudizio, in ragione dell’esito delle sentenze di merito, ha tempestivamente corrisposto gli importi di cui alle cartelle di pagamento notificate a titolo di pagamento frazionato. Ne deriva che, nella situazione considerata, alcun ritardo è imputabile al contribuente e, dunque, alcuna sanzione può essere irrogata. È evidente, del resto, che la circostanza che il contribuente abbia proposto ricorso rende sì provvisoria la destinazione delle somme frazionatamente pagate fino all’esito del giudizio, ma ciò non legittima l’ufficio ad esigere l’ulteriore sanzione dei 30% dell’imposta dovuta. 3. In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza va cassata limitatamente all’irrogazione della sanzione D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito con l’accoglimento, negli stessi limiti, dell’originario ricorso del contribuente. Le spese di legittimità sono regolate, come in dispositivo, per soccombenza, mentre quelle dei gradi di merito vanno integralmente compensate attesa l’assenza di precedenti specifici sulla questione. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente nei medesimi limiti. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese a favore di Bancometalli Srl, che liquida in complessive Euro 7.000,00, oltre spese generali ed accessori di legge. Compensa le spese per i gradi di merito.