Accertamento fiscale per l’avvocato a basso reddito: i soli 18 mesi di attività non sono una giustificazione

Confermata la legittimità dell’avviso emesso dall’Agenzia delle Entrate. Irrilevante il richiamo difensivo al fatto che il contribuente aveva iniziato da appena diciotto mesi l’esercizio della professione legale. Inutile anche la sottolineatura delle vicissitudini familiari vissute con ripercussioni sul fronte lavorativo.

Diciotto mesi da avvocato sono sufficienti per l’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, poggiato sui parametri stabiliti nel gennaio del 1996 e centrato sullo scarso reddito dichiarato al Fisco Cassazione, ordinanza n. 14996/20, sez. Tributaria, depositata oggi Confermato in via definitiva l’ avviso con cui l’Agenzia delle Entrate ha contestato a un avvocato – che aveva iniziato l’ attività da un anno e mezzo – maggior reddito ai fini Irpef, Irap e Iva per l’anno 1998 . Decisiva l’applicazione, ritenuta legittima dai Giudici, dei ‘ parametri’ fissati nel gennaio del 1996 con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri. Inutili le obiezioni proposte dal legale, obiezioni centrate soprattutto sull’ avere iniziato da poco la professione . Già per i Giudici tributari, sia di primo che di secondo grado, nell’accertamento da parte del Fisco si è tenuto conto del fatto che si trattava di contribuente che aveva iniziato da poco l’esercizio della professione di avvocato. Di conseguenza, è incontestabile il richiamo allo scostamento fra reddito dichiarato dal professionista e quello risultante dai parametri Identica posizione assume la Cassazione, mostrando di condividere le valutazioni compiute tra primo e secondo grado, valutazioni secondo cui è irrilevante la personale situazione del contribuente che aveva iniziato l’attività di avvocato da appena un anno e mezzo . Significativo, invece, il dato rappresentato dallo scostamento reddituale dichiarato rispetto a quello ottenuto con riferimento parametrico . Inutile, infine, secondo i magistrati, anche il richiamo del contribuente alle proprie vicissitudini familiari, cioè il decesso del padre e la consequenziale necessità di dedicarsi all’attività agricola di famiglia , vicissitudini che, a suo dire, gli hanno impedito il normale esercizio della propria attività professionale .

Corte di Cassazione, sez. V Civile, ordinanza 18 dicembre 2019 – 15 luglio 2020, numero 14996 Presidente Crucitti – Relatore Gilotta Rilevato che Con l'avviso di accertamento in oggetto l'Agenzia delle Entrate di Catania contestò a Ca. Sa., in applicazione dei parametri di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 gennaio 1996 maggior reddito ai fini IRPEF, IRAP, IVA per l'anno d'imposta 1998. L'accertamento, impugnato davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, fu da questa confermato sulla base dei rilievi secondo i quali il parametro applicato aveva tenuto conto del fatto che si trattava di contribuente che aveva iniziato da poco l'esercizio della professione la motivazione dell'accertamento era implicita nello scostamento fra reddito dichiarato e quello risultante dai parametri che per l'applicazione degli studi di settore i conteggi avrebbero dovuti essere curati dal ricorrente, che non li aveva neppure prodotti in giudizio. Appellata alla Commissione Tributaria Regionale, la sentenza è stata da questa confermata, sulla base del fatto che l'Ufficio aveva tenuto conto dei fatti addotti dal contribuente ritenendoli ininfluenti e che non erano emersi elementi per far ritenere un qualche fondamento del ricorso del contribuente . Ricorre per la cassazione di questa sentenza, per cinque motivi, Ca. Sa Ha resistito con controricorso l'Agenzia delle Entrate. Per la trattazione è stata fissata l'adunanza in camera di consiglio del 18 dicembre 2019, ai sensi degli artt. 375, ult. co., e 380 bis 1, c.p.c. il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, numero 168, conv. in legge numero 168 del 2016. Considerato che Con il primo motivo il ricorrente deduce articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c. -Violazione e falsa applicazione dell'articolo 134 numero 4 cod. proc. civ. - Omessa o apparente motivazione , in quanto dalla motivazione della sentenza non si traggono gli elementi sui quali si sia fondato il convincimento della Commissione, non potendosi considerare esaustivo il riferimento acritico alle suggestioni assunte dalla parte pubblica, ovvero li ha indicati senza compiere alcuna approfondita disamina logica e giuridica, dalla quale evincere la reale giustificazione del decisum . Con il secondo motivo deduce articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. - Violazione e falsa applicazione dell'articolo 132 numero 4 cod. proc. civ. - Omessa o apparente motivazione -Rinvio apodittico alla sentenza di primo grado perché la sentenza ha effettuato un generico richiamo alla sentenza della Commissione tributaria provinciale, limitandosi, peraltro, a rilevare che il contribuente non aveva offerto la prova del proprio assunto, senza indicare i concreti elementi, ritenuti rilevanti e posti a base della decisione. Le espressioni utilizzate, infatti, non assolvono all'obbligo motivazionale, essendo principio consolidato quello secondo cui la motivazione di una sentenza per relationem ad altra sentenza, è legittima quando il Giudice, riportando il contenuto della decisione, evocata, non si limiti a richiamarla genericamente ma la faccia propria con autonoma e critica valutazione . Questi primi motivi, strettamente connessi e riferiti entrambi all'articolo 360, comma, 1, numero 3, cod. proc. civ., vanno trattati congiuntamente. È principio consolidato in giurisprudenza che la sentenza d'appello può essere motivata per relationem , purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame Cass., 20883/2019 Cass., 28139/2018 . La motivazione della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale era stata formulata nei seguenti termini Per quanto riguarda la lamentata considerazione della personale situazione del ricorrente, che aveva iniziato l'attività di avvocato da appena un anno e mezzo, va precisato che la dedotta circostanza è irrilevante in quanto l'accertamento induttivo resta legittimo se ha tenuto conto di tutti gli indicatori tecniche e metodologie allegati ai DPCM indicati in premessa. Circa la carenza di motivazione, la sua deduzione nell'atto resta implicita in relazione allo scostamento reddituale dichiarato rispetto a quello ottenuto con riferimento parametrico. Per quanto riguarda infine la richiesta che al caso andavano applicati i criteri basati sugli studi di settore, la predisposizione dei relativi conteggi doveva essere curata dal ricorrente, opponendola all'atto impugnato quale elemento di prova a dimostrazione che il reddito attribuibile allo stesso era inferiore a quello determinato dall'Ufficio. Tale studio-elaborato però non è stato prodotto in giudizio per cui il contribuente non ha fornito prove o comunque concreti indizi per dimostrare la erroneità dell'applicazione dei coefficienti al caso di specie. Il ricorso va pertanto rigettato. L'appello contro questa sentenza fu articolato sui seguenti motivi Nullità della sentenza per violazione dell'art 36 comma 2 D.Lgs. 546/92, in quanto priva del contenuto minimo, atteso il fatto che in parte motiva appare tralasciato ogni riferimento alle osservazioni riguardanti il periodo attraversato dal ricorrente, con particolare riferimento alla situazione familiare Errata e/o falsa applicazione della normativa riguardante i parametri, atteso il fatto che la sentenza appellata non aveva dato conto della circostanza che l'accertamento impugnato andava considerato illegittimo in quanto fondato esclusivamente sulle risultanze di elaborazioni statistico matematiche che prescindono totalmente dalla effettiva capacità contributiva del soggetto sottoposto a controllo e non possono costituire, da sole, presunzioni gravi, precise e concordanti . La motivazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale, per quanto scarna e sommaria, se letta alla luce della più esaustiva motivazione di quella di primo grado, espressamente richiamata, e dei motivi di appello, consente di ricostruire il procedimento logico seguito per giungere alla decisione. Per quanto riguarda la particolare situazione personale e familiare del contribuente, è logico ritenere che essa sia stata pretermessa - come aveva fatto la sentenza di primo grado - perché circostanza evidentemente del tutto assertiva, ben lontana dal costituire elemento anche meramente indiziario capace di inficiare il dato scaturente dai parametri e in ultima analisi trascurabile. In proposito, va ribadito il principio secondo cui il giudice non è tenuto a prendere in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni svolte dalle parti, essendo invece sufficiente che indichi come accaduto nella specie con riferimento al rispetto della procedura prevista per l'applicazione dei parametri, passata attraverso il contraddittorio del contribuente le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in tal caso ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse Cass., 2272/2007 Cass., 5316/2009 . Per quanto riguarda il secondo motivo d'appello, esso si risolveva in una critica del metodo standardizzato di determinazione del reddito, come tale del tutto sterile, sicché la conclusione assunta, riguardo alla mancata emersione di elementi atti a inficiare l'accertamento, si pone in logica conseguenziale rispetto alla genericità dei motivi di appello. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c. -Violazione e falsa applicazione dell'articolo 39 DPR 600/1973, dell'articolo 3 della L.549/95 e del DPRC 29.1.1996” perché la sentenza avrebbe confermato l'accertamento fondato solo su dati statistici. Cita in proposito l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale la procedura di accertamento standardizzato mediante parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, ma nasce proceduralmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente che può tuttavia restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento , esito che, essendo la fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà economica [omissis] Pur citando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, il rilievo è inconferente alla luce del fatto che, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, l'Ufficio attivò il contraddittorio con il contribuente, che però non forniva argomentazioni valide né forniva documentazione per giustificare lo scostamento. Il motivo è quindi infondato. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c. -Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 comma 4 lettera e Legge 146/1998 e 4 comma 1 D.P.R. 195/1999 - Periodo di non normale esercizio dell'attività - Inapplicabilità dei parametri” risultando non contestato in punto di fatto che il contribuente sia incorso nell'anno d'imposta 1998 in una serie di situazioni soggettive che hanno impedito il normale esercizio della propria attività, riferendosi al decesso del padre ed alla consequenziale necessità di dedicarsi all'attività agricola di famiglia. La sentenza di primo grado, fatta propria dalla Commissione Tributaria Regionale, avrebbe ritenuto prevalenti su questa circostanza i risultati del calcolo parametrico. Con il quinto motivo denuncia articolo 360, comma 1 numero 5 c.p.c. - Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” in relazione al fatto che né la sentenza di primo grado né quella di appello avevano preso in considerazione i rilievi esposti in ricorso ed afferenti la sua condizione personale e familiare. I motivi, strettamente connessi, vanno trattati congiuntamente e dichiarati inammissibili. Essi infatti sono reciprocamente contraddittori, in quanto il quarto parte dal presupposto che le vicende personali e familiari del contribuente fossero incontestate il quinto invece reputa lo stesso fatto oggetto di discussione fra le parti, e quindi controverso cass., 26274/2018 . Con il quarto motivo, inoltre, il ricorrente non coglie il punto della decisione, perché la sentenza, nel richiamare i dati parametrici, ha preso in considerazione non la situazione personale del contribuente, ma l'inizio recente della sua attività professionale. Il ricorso va quindi rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 1.500,00, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 - quater del D.P.R. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso articolo 13, se dovuto.