Non impugnabile la certificazione dei carichi fiscali pendenti

Il contribuente non può chiedere l’annullamento del certificato dei carichi pendenti col fisco introdotto dal codice della crisi d'impresa. Si tratta infatti di un documento sintetico e riepilogativo non meritevole di tutela giurisdizionale in quanto non contenente un’informazione completa ed esaustiva su un’autonoma e nuova pretesa impositiva.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 13536/20, depositata il 2 luglio, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate Impugnabilità dell’estratto di ruolo e diritto di difesa del contribuente. La pronuncia si pone nel solco di quelle che hanno sostenuto l’ impugnabilità dell’estratto di ruolo, sottolineandone la differenza, ritenendo nella sostanza ammissibile nel processo tributario una domanda di accertamento la Cassazione ha infatti sancito l’impugnabilità dell’estratto di ruolo in nome della tutela del diritto di difesa del contribuente evitandogli di dover attendere la notifica anche a distanza di molti mesi di un successivo atto impugnabile cfr. SS.UU. 19704/2015 e, da ultimo, 7228/2020 . In particolare, secondo tale ultima pronuncia, sussiste l'attuale e concreto interesse del contribuente, riconosciuto dalla ormai consolidata giurisprudenza, ad impugnare la cartella di pagamento non notificata, indipendentemente dalla notifica di un atto successivo, facendo valere l'invalidità della notifica dell'atto di riscossione, allo scopo di vedersi accertata l'insussistenza per prescrizione della pretesa erariale già iscritta a ruolo. La sentenza a Sezioni Unite n. 19704/15 aveva definitivamente sancito l ’impugnabilità dell’estratto di ruolo in nome della tutela del diritto di difesa del contribuente evitandogli di dover attendere la notifica anche a distanza di molti mesi di un successivo atto impugnabile. In questa storica sentenza la Cassazione ha affermato seguente principio di diritto E' ammissibile l'impugnazione della cartella e/o del ruolo che non sia stata validamente notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l'estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell'ultima parte del terzo comma dell'art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma Impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto, del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza, e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione . Nel caso di specie, è stato ribaltato l’esito della CTR Lazio. Col ricorso in Cassazione l’Agenzia delle Entrate denunciava violazione dell’art. 19 d.lgs. 546/1992 per avere la CTR erroneamente ritenuto che la certificazione dei carichi pendenti rientri nel novero degli atti impugnabili , trattandosi di una mera constatazione delle risultanze delle iscrizioni a ruolo. Nell’accogliere il ricorso delle entrate la Cassazione ricorda che tale certificazione è stata recentemente disciplinata dall'art. 364, comma 1, d.lgs. n. 14/2019 c.d. Codice della crisi d'impresa e dell’insolvenza ” , il quale ha stabilito che gli uffici dell'amministrazione finanziaria devono rilasciare su richiesta del debitore o del tribunale, un certificato unico sull'esistenza di debiti risultanti dai rispettivi atti , dalle contestazioni in corso e da quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti. La certificazione dei debiti tributari attesta, quindi, l'assenza di debiti tributari la sussistenza di debiti tributari non soddisfatti in base ai dati risultanti nel sistema informativo dell'anagrafe tributaria . In presenza di debiti tributari non soddisfatti, il certificato presenta in allegato un prospetto che riporta i debiti con l'ammontare e lo stato della riscossione alla data di rilascio del certificato stesso. Dal prospetto è possibile ricavare l'indicazione dei debiti risultanti dalle banche dati dell'anagrafe tributaria relativi agli atti, alle contestazioni in corso e a quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti, in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e relativamente ad ulteriori imposte indirette. In definitiva, il tenore sommario e riepilogativo di tale certificato esclude l'idoneità a contenere un'informazione completa ed esaustiva su qualsivoglia autonoma e/o nuova pretesa impositiva diretta o indiretta , con la conseguenza della non impugnabilità dello stesso in quanto tale per la assoluta mancanza di interesse ex art. 100 cod. proc. civ. del debitore a richiedere ed ottenere il suo annullamento in sede giurisdizionale. Ne deriva che il tenore stesso del documento non garantisce il livello minimo di cognizione sulle singole pretese tributarie, che è indispensabile per l’esercizio del diritto di difesa dinanzi al giudice tributario.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 19 febbraio – 2 luglio 2020, n. 13536 Presidente Chindemi – Relatore Lo Sardo Rilevato che L'Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma - Sezione Staccata di Latina il 28 giugno 2013 n. 494/40/2013, non notificata, che, in controversia su impugnazione della certificazione dei carichi pendenti , ove si attestava l'iscrizione a ruolo di due cartelle di pagamento definite con condono L. 27 dicembre 2002, n. 289, ex art. 12, ha accolto l'appello proposto avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Latina il 18 giugno 2009 n. 310/01/2009. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di prime cure sul presupposto che l'atto impugnato dalla contribuente rientrasse nella previsione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 e che l'amministrazione finanziaria non avesse contestato la dedotta illegittimità della pretesa tributaria. Considerato che 1. Con il primo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 19 del D.Lgs. n. 31 dicembre 1992 n. 546, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver erroneamente ritenuto che la certificazione dei carichi pendenti rientri nel novero degli atti impugnabili dal contribuente dinanzi al giudice tributario, trattandosi di una mera constatazione delle risultanze delle iscrizioni a ruolo. 2. Con il secondo motivo, in via subordinata, si denuncia violazione e falsa applicazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 12, della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10 e dell'art. 2697 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che l'amministrazione finanziaria non abbia contestato la dedotta illegittimità della pretesa tributaria, non rientrando la fattispecie tra i ruoli suscettibili di definizione agevolata in relazione all'epoca dei versamenti eseguiti dalla contribuente. 3. Con il terzo ed ultimo motivo, sempre in via subordinata, si lamenta insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio o, comunque, omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver valutato in alcun modo le eccezioni e le difese dell'amministrazione finanziaria. Ritenuto che 1. Il primo motivo è fondato, derivandone l'assorbimento dei restanti motivi. 1.1 Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili , contenuta nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente artt. 24 e 53 Cost. e di buon andamento della pubblica amministrazione art. 97 Cost. , che in conseguenza dell'allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. 28 dicembre 2001, n. 448. Ciò comporta la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall'ente impositore che, con l'esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche che la sorreggono, porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinato, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dal citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19. Sorge, infatti, in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione della notizia, l'interesse, ex art. 100 c.p.c., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale, comunque, di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall'ente pubblico. La mancata impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dal citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 citato non determina, in ogni caso, la non impugnabilità e cioè la cristallizzazione di quella pretesa, che va successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 ex plurimis Cass., Sez. 5 , 8 ottobre 2007, n. 21045 Cass. Sez. 5, 25 febbraio 2009, n. 4513 Cass., Sez. 5, 15 giugno 2010, n. 14373 Cass., Sez. 5, 11 maggio 2012, n. 7344 Cass., Sez. 5, 11 febbraio 2015, n. 2616 Cass., Sez. 6, 18 luglio 2016, n. 14675 Cass., Sez. 5, 30 maggio 2017, n. 13584 Cass., Sez. 6, 2 novembre 2018, n. 26129 . 1.2 Non constano specifici precedenti di questa Corte con particolare riguardo alla questione controversa. Di contro, un univoco orientamento si è ormai consolidato in relazione al c.d. estratto di ruolo , che è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale e deve contenere tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l'ammontare della pretesa creditoria Cass., Sez. 6, 9 maggio 2018, n. 11028 . In proposito, dopo un primo arresto nel senso dell'autonoma impugnabilità Cass., Sez. 5, 3 febbraio 2014, n. 2248 , si è affermato che, in tema di contenzioso tributario, l'estratto di ruolo, che è atto interno all'amministrazione finanziaria, non può essere oggetto di autonoma impugnazione, ma deve essere impugnato unitamente all'atto impositivo, notificato di regola con la cartella, in difetto non sussistendo interesse concreto e attuale ex art. 100 c.p.c., ad instaurare una lite tributaria, che non ammette azioni di accertamento negativo del tributo ex plurimis Cass., Sez. Un., 2 ottobre 2015, n. 19704 Cass., Sez. 5, 15 marzo 2013, n. 6610 Cass., Sez. 6, 22 settembre 2017, n. 22184 Cass., Sez. 6, 9 settembre 2019, n. 22507 . In particolare, si è sottolineato che l'inidoneità dell'estratto di ruolo a contenere qualsivoglia autonoma e/o nuova pretesa impositiva, diretta o indiretta essendo, peraltro, l'esattore carente del relativo potere comporta indiscutibilmente la non impugnabilità dello stesso in quanto tale, innanzitutto per la assoluta mancanza di interesse ex art. 100 c.p.c. del debitore a richiedere ed ottenere il suo annullamento giurisdizionale, non avendo, infatti, alcun senso l'eliminazione dal mondo giuridico del solo documento, senza incidere su quanto in esso rappresentato. Peraltro, anche l'eventuale contestazione dell'attività certificativa del concessionario in sè considerata - ad esempio in relazione alla non corrispondenza tra quanto certificato nell'estratto e quanto risultante dal ruolo - avrebbe un senso solo in un ipotetico giudizio risarcitorio per aver confidato nella corrispondenza delle notizie riportate nell'estratto alle iscrizioni risultanti dal ruolo, non in un giudizio impugnatorio conducente esclusivamente ad un annullamento della certificazione così Cass., Sez. Un., 2 ottobre 2015, n. 19704 . 1.3 Ciò non di meno, è stato anche evidenziato che le cose stanno diversamente là dove l'impugnazione investa l'estratto di ruolo per il suo contenuto, ossia in riferimento agli atti che nell'estratto di ruolo sono indicati e riportati e cioè il ruolo e la cartella, mai notificati. In tal caso, sussiste evidentemente l'interesse ad agire e sussiste anche la possibilità di farlo, non ostandovi l'ultima parte del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l'impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato - impugnabilità prevista da tale norma - non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l'invalidità stessa anche prima, giacchè l'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione così Cass., Sez. Un., 2 ottobre 2015, n. 19704 - nello stesso senso Cass., Sez. 6 , 1 giugno 2016, n. 11439 Cass., Sez. 6 , 12 ottobre 2016, n. 20611 Cass., Sez. 6 , 9 settembre 2019, n. 909 ovviamente l'impugnazione dell'estratto di ruolo è soggetta al rispetto del termine generale previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, art. 21, essendo ininfluente la facoltatività dell'impugnazione dell'estratto di ruolo, per la permanenza, in capo al contribuente, del diritto di impugnare anche il primo atto impositivo tipico successivamente notificatogli Cass., Sez. 5, 31 ottobre 2018, n. 27799 . 1.4 Peraltro, si è anche aggiunto che, in tema di contenzioso tributario, solo la piena conoscenza dell'atto da parte del contribuente consente il consapevole esercizio del diritto di impugnativa, e la ratio della previsione secondo cui al contribuente non va - di regola - notificato l'estratto di ruolo, bensì la cartella di pagamento nella quale il ruolo viene trasfuso, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 25 e 26, risiede proprio nell'esigenza di rendere ostensibili al medesimo le ragioni ed i presupposti che hanno dato origine alla pretesa fiscale azionata dall'amministrazione finanziaria Cass., Sez. 5, 17 aprile 2015, n. 7874 con la conseguenza che l'acquisizione da parte del contribuente di una copia dell'estratto di ruolo riportante l'indicazione di avvenuta iscrizione a ruolo di quanto poi trasfuso nella relativa cartella di pagamento, avente il valore di una mera informazione di un fatto verificatosi, non può assurgere a prova della piena conoscenza dell'atto impositivo impugnabile, ai fini della decorrenza del termine di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, potendo legittimare al più l'impugnazione, peraltro facoltativa, del solo estratto di ruolo Cass., Sez. 6, 9 settembre 2019, n. 909 . 1.5 Ciò detto, occorre verificare se i principi enunciati possano essere estesi o adattati anche alla c.d. certificazione dei carichi pendenti . Tale documento è stato recentemente disciplinato dal D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, art. 364, comma 1 c.d. Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza , il quale ha stabilito che gli uffici dell'amministrazione finanziaria devono rilasciare su richiesta del debitore o del tribunale, un certificato unico sull'esistenza di debiti risultanti dai rispettivi atti, dalle contestazioni in corso e da quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti . Ancora, il D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, art. 364, comma 2, ha precisato, inoltre, che l'Agenzia delle Entrate deve adottare, con proprio provvedimento, modelli per la certificazione dei carichi pendenti, risultanti al sistema informativo dell'anagrafe tributaria e dell'esistenza di contestazioni, nonchè per le istruzioni agli uffici locali dell'Agenzia delle Entrate competenti al rilascio e definisce un fac-simile di richiesta delle certificazioni medesime da parte dei soggetti interessati, curando la tempestività di rilascio . Tale provvedimento è stato adottato dal Direttore dell'Agenzia delle Entrate il 27 giugno 2019, prot. n. 224245/2019, stabilendo che il modello approvato con la denominazione di certificato unico debiti tributari debba contenere l'indicazione dei debiti risultanti dall'interrogazione al sistema informativo dell'anagrafe tributaria relativi agli atti, alle contestazioni in corso e a quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti, in materia di imposte dirette, imposta sul valore aggiunto e altre imposte indirette . La certificazione dei debiti tributari attesta, quindi, l'assenza di debiti tributari o la sussistenza di debiti tributari non soddisfatti in base ai dati risultanti nel sistema informativo dell'anagrafe tributaria. In presenza di debiti tributari non soddisfatti, il certificato presenta in allegato un prospetto che riporta i debiti con l'ammontare e lo stato della riscossione alla data di rilascio del certificato stesso. Dal prospetto è possibile ricavare, ad esempio, le seguenti informazioni - la tipologia dell'atto dal quale scaturisce il debito per esempio un avviso di accertamento, un atto di contestazione, una cartella di pagamento, una comunicazione degli esiti - il numero identificativo dell'atto - l'anno di imposta - la data di notifica - l'importo residuo dovuto del debito importo dovuto alla data di rilascio del certificato a titolo di imposta, sanzioni e interessi, ma con esclusione degli interessi di mora - l'eventuale presenza di una rateizzazione in corso, per la quale non è avvenuta la decadenza - la presenza di istituti definitori di competenza dell'Agenzia delle Entrate o di definizioni agevolate di competenza di Agenzia delle Entrate. In altre parole, il certificato contiene l'indicazione dei debiti risultanti dalle banche dati dell'anagrafe tributaria relativi agli atti, alle contestazioni in corso e a quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti, in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e relativamente ad ulteriori imposte indirette. La novità è stata prevista dal legislatore della riforma al fine di rendere più agevole l'istruttoria dei procedimenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza, fornendo una visione panoramica sull'esposizione debitoria del contribuente anche se non versante in stato di crisi o insolvenza - nei confronti dell'amministrazione finanziaria. Il modello approvato contiene anche gli identificativi del soggetto d'imposta codice fiscale, partita I.V.A. il nome ed il cognome o la denominazione del contribuente il domicilio fiscale. 1.6 Prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 come, per l'appunto, nel caso di specie , in virtù del provvedimento adottato dal Direttore dell'Agenzia delle Entrate il 25 giugno 2001, che aveva approvato il modello di certificazione dei carichi pendenti risultanti dall'interrogazione al sistema informativo dell'anagrafe tributaria relativi alle imposte dirette, all'imposta sul valore aggiunto e alle imposte indirette sugli affari art. 1, comma 1, lett. a , nonchè le istruzioni concernenti la tipologia dei carichi pendenti che dovranno essere riportati a carico del contribuente istante art. 2, comma 4 la cui validità era stata confermata dell'Agenzia delle Entrate circolare 25 maggio 2007, n. 34/E anche dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 - portante il Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con riguardo all'attestazione della regolarità fiscale degli operatori economici per la partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi , il certificato dei carichi pendenti era rilasciato all'interessato dall'ufficio competente in relazione al domicilio fiscale del soggetto d'imposta richiedente dell'Agenzia delle Entrate, sulla base dei dati desunti dalle interrogazioni al sistema informativo dell'Anagrafe Tributaria. Esso doveva contenere l'indicazione dei seguenti atti con riguardo sia alle imposte dirette che alle imposte indirette processi verbali di constatazione atti di contestazione avvisi di irrogazione di sanzioni avvisi di rettifica avvisi di accertamento avvisi di liquidazione somme dovute a seguito di liquidazione delle dichiarazioni annuali iscrizioni a ruolo sia fogli di prenotazione a ruolo che cartelle di pagamento con specificazione del numero identificativo, del tributo riscosso e delle somme dovute giudizi pendenti con specificazione del grado di giudizio e dell'eventuale avviso di liquidazione . 1.7 Alla luce del contenuto e della funzione di tale certificazione, anche nella versione antecedente alla regolamentazione prevista dal D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, è evidente che si tratta di un documento destinato a fornire informazioni sintetiche e riassuntive sull'esistenza, sulla consistenza, sulla natura e sullo stato dei debiti tributari per consentire di valutare l'affidabilità e la solvibilità del contribuente in sede contrattuale, amministrativa o giudiziaria. A parere di questa Corte, dunque, il tenore sommario e riepilogativo di tale certificato esclude l'idoneità a contenere un'informazione completa ed esaustiva su qualsivoglia autonoma e/o nuova pretesa impositiva diretta o indiretta , con la conseguenza della non impugnabilità dello stesso in quanto tale per la assoluta mancanza di interesse ex art. 100 c.p.c. del debitore a richiedere ed ottenere il suo annullamento in sede giurisdizionale. D'altra parte, la tutela del diritto di difesa del contribuente attraverso l'esercizio dell'impugnazione dell'atto impositivo in special modo, se atipico rispetto all'elencazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 dinanzi al giudice tributario esige l'autosufficienza del suo contenuto sul piano della enunciazione ancorchè stringata dei presupposti fattuali e delle ragioni giuridiche della pretesa impositiva, soprattutto quando come, per l'appunto, nel caso di specie si tratti del diniego di ammissione ad una definizione agevolata, non bastando a tal fine la mera indicazione dei debiti che risultano ancora iscritti a ruolo per l'esito negativo dell'istanza di condono. In tal caso, quindi, acquisendo contezza delle pretese creditorie dell'amministrazione finanziaria attraverso la menzione fattane nel certificato in parola, il contribuente ha facoltà di far valere le proprie ragioni con l'impugnazione degli atti impositivi dinanzi al giudice tributario. Per cui, non ha alcuna utilità sul piano pratico il riconoscimento di una tutela anticipatoria dinanzi al giudice tributario in relazione ad una certificazione dal contenuto generale ed onnicomprensivo, destinata a fornire un'informazione riassuntiva, in forma sintetica e riepilogativa, circa ogni tipologia di debito tributario a carico del contribuente, senza alcun diretto collegamento con gli atti e i provvedimenti che si inseriscono nella sequenza procedimentale per l'accertamento e la riscossione dei singoli tributi. Ne deriva che il tenore stesso del documento in questione anche per come è stato ora concepito dal legislatore - non garantisce il livello minimo di cognizione sulle singole pretese tributarie, che è indispensabile per l'esercizio del diritto di difesa dinanzi al giudice tributario. 1.8 La Commissione Tributaria Regionale di Roma - Sezione Staccata di Latina ha deciso in modo discordante da tale principio, affermando che il contribuente, per tutelarsi, non aveva altra scelta che impugnare l'unico atto che lo portava a conoscenza di una pretesa tributaria due cartelle di pagamento di per se stessa impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e che il contribuente non ha altra soluzione, per evitare che detta pretesa si vesta di una forma autoritativa, che ricorrere al giudice tributario per accertare se nella fattispecie trattasi di negligenza posta in essere dagli uffici finanziari tale da determinare conseguenze negative valutabili anche sul piano risarcitorio . 2. Pertanto, il ricorso deve essere accolto e l'impugnata decisione deve essere cassata non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 1, ultima parte, con pronuncia di inammissibilità del ricorso originario della contribuente. 3. Possono essere compensate tra le parti le spese dell'intero giudizio, tenuto conto dell'andamento del medesimo e della inesistenza di precedenti nella giurisprudenza di questa Corte sulle questioni trattate. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, dichiara l'assorbimento dei restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara l'inammissibilità del ricorso originario della contribuente compensa le spese dell'intero giudizio.