Disconoscimento agevolazioni prima casa e obbligo di allegazione della perizia dell’Agenzia del Territorio

L’Amministrazione finanziaria non può revocare i benefici sulla prima casa senza allegare all’atto impositivo la perizia dell’Agenzia del Territorio.

Inutile la produzione in giudizio dell’atto da parte dell’amministrazione dato che non è consentito di sopperire con integrazioni processuali alla carenza di motivazione dell’atto impugnato. Lo ha sancito la Corte di Cassazione che, con la sentenza 4070 del 18 febbraio 2020, ha accolto il ricorso di un contribuente di un immobile che aveva ricevuto un avviso di liquidazione con la revoca dei benefici fiscali sull’acquisto della prima casa e sul correlato atto di mutuo. Avviso di rettifica e liquidazione obbligo di motivazione. Sulla questione si segnala, in senso conforme, una recente pronuncia sempre in tema di imposta di registro, ma relativa ad un avviso di rettifica di valore con cui la Cassazione ha stabilito che gli atti di comparazione su cui l'Agenzia delle Entrate basa la rettifica del valore di un immobile nell'accertamento, devono essere allegati all'atto di rettifica o riportati nella riproduzione essenziale nelle motivazioni dello stesso il deposito successivo di questi atti, sia pure consentito anche in appello dall'art. 58 d.lgs. numero 546/92, integra, tuttavia, una carenza ab origine degli elementi in grado di precostituire la difesa del contribuente, rappresentando una violazione al diritto di difesa e rendendo l'atto nullo Cass. 17226/2018 . Sul punto si ricorda il consolidato orientamento, recentemente espresso da Cass. 21066/2017, secondo cui in tema di imposta di registro, l'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta, riguardante atti che hanno ad oggetto beni immobili, adottato a seguito di comparazione con beni simili, deve ritenersi adeguatamente motivato solo ove contenga la riproduzione del contenuto essenziale dell'atto utilizzato per la comparazione, e cioè delle parti utili a far comprendere il parametro utilizzato per la rettifica, essendo anche in questo modo adempiuto l'obbligo di allegare all'avviso l'atto utilizzato per la comparazione. In tema di motivazione per relationem , la Cassazione ha da tempo adottato una interpretazione non formalistica dell’art. 7 legge 212/2000 il rigore della norma, infatti, deve essere contemperato con quella che è la sua finalità, vale a dire la tutela del diritto al contraddittorio e del diritto di difesa del contribuente. Più specificamente, secondo l’indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte, Nel regime introdotto dalla L. numero 212/2000, art. 7, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem , ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento cfr. Cassazione 30 dicembre 2009, numero 28058 e Cassazione 29 gennaio 2008, numero 1906 . Il caso. Nel caso di specie la motivazione dell’atto impugnato faceva riferimento quanto alla valutazione sui requisiti di lusso dell’immobile a controlli d’ufficio effettuati” le cui risultanze non erano state allegate, né erano precedentemente note ai contribuenti, né erano state riprodotte nell’avviso stesso. Per la CTP e la CTR tale circostanza era sufficiente a sorreggere il recupero a tassazione. Col ricorso in Cassazione il contribuente denunciava violazione dell’art. 7, legge 212/2000 per carenza di motivazione degli avviso di liquidazione in quanto non erano intelligibili i criteri adoperati dall’amministrazione per la valutazione dei criteri di lussuosità dell’immobile. La Cassazione ha accolto il ricorso ritenendo lacunosa la motivazione dell’atto impugnato. Secondo i Giudici, l’avviso di accertamento soddisfa l'obbligo della motivazione quando pone il contribuente nella condizione di conoscere esattamente la pretesa impositiva, individuata nel suo petitum e nella causa petendi ”, attraverso una fedele e chiara ricostruzione degli elementi costitutivi dell'obbligazione tributaria, senza che l'atto possa esaurirsi nell'enunciazione di una imposizione fiscale di per sé, il cui fondamento sia soggetto a verifica processuale eventuale ex post , dovendo la motivazione dare conto degli elementi di fatto e istruttori del procedimento, e del fondamento di legalità, i quali rendono da un lato trasparente il buon andamento art. 97 Cost. e, dall'altro, rendendo subito pienamente controllabile l'operato della pubblica amministrazione. Inoltre a nulla è valso il tentativo dell’amministrazione di integrare ex post , colmandone la lacunosità, l'apparente e carente motivazione dell'avviso di liquidazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale attraverso il rinvio ad imprecisati controlli, dei quali non si fornisce alcuna descrizione e contezza nel corpo dell'atto impositivo mediante la produzione di una perizia tecnica nel giudizio tributario di prime cure, dalla quale soltanto è stato possibile desumere le informazioni relative alle caratteristiche, all'ubicazione, alle dimensioni e alla consistenza dell'immobile acquistato. Infatti, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, l'avviso di accertamento privo, in violazione dell'art. 7 legge numero 212/2000, di una congrua motivazione è illegittimo, senza che la stessa possa, peraltro, essere integrata” in giudizio dall'Amministrazione finanziaria, in ragione della natura impugnatoria del processo tributario Cass. 12400/2018 e 2382/2018 .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 12 dicembre 2019 – 18 febbraio 2020, n. 4070 Presidente Chindemi – Relatore Lo Sardo Fatti di causa 1. Con sentenza depositata il 15 gennaio 2015 n. 72/08/2015, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale di Bologna rigettava l’appello proposto dai contribuenti avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Rimini il 22 ottobre 2010 n. 237/2/2010, con condanna dei soccombenti alla rifusione delle spese di lite. Il giudice di appello rilevava che a il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di due avvisi di liquidazione con i quali l’amministrazione aveva revocato, dapprima, l’agevolazione per l’acquisto della prima casa in ragione del carattere di lusso D.M. 2 agosto 1969, ex artt. 5 e 6 dell’immobile acquistato a titolo di permuta e, poi, le agevolazioni per la concessione del mutuo collegato all’acquisto della prima casa, con l’applicazione delle aliquote ordinarie in luogo delle aliquote ridotte e l’irrogazione delle conseguenti sanzioni b la Commissione Tributaria Provinciale aveva rigettato il ricorso del contribuente sul rilievo che l’immobile acquistato, per superficie e volume, non era meritevole dei benefici fiscali. Dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento, la Commissione Tributaria Regionale confermava la decisione di primo grado, ritenendo legittimo l’operato dell’amministrazione che aveva revocato i benefici fiscali, dopo aver evidenziato che i contribuenti erano perfettamente consapevoli dei requisiti dell’immobile acquistato anche sulla scorta di una perizia redatta dall’Agenzia del Territorio. 2. Avverso la sentenza di appello, il contribuente proponeva ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 15 luglio 2015 ed affidato ad un unico motivo l’amministrazione si costituiva tardivamente per la sola partecipazione all’udienza di discussione. Ragioni della decisione 1. Con un unico motivo, i ricorrenti denunciano violazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3 e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per carenza di motivazione degli avvisi di liquidazione e, di riflesso, della sentenza impugnata , assumendo l’assoluta inintelligibilità dei criteri adoperati dall’amministrazione per valutare la sussistenza dei requisiti previsti per gli immobili di lusso dal D.M. 2 agosto 1969, artt. 5 e 6. 2. Anzitutto, è il caso di rilevare che è ammissibile il ricorso per cassazione, il quale cumuli in un unico motivo le censure di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, purché lo stesso evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto ex plurimis Cass., Sez. 2, 23 aprile 2013, n. 9793 Cass., Sez. Un., 6 maggio 2015, n. 9100 Cass., Sez. 5, 11 aprile 2018, n. 8915 Cass., Sez. 5, 5 ottobre 2018, n. 24493 Cass., Sez. 2, 23 ottobre 2018, n. 26790 . Difatti, il cumulo in un unico motivo delle censure di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, è consentito in presenza di una diversificata e separata prospettazione delle doglianze attinenti, rispettivamente, al corretto esercizio della potestà decisionale ed all’appropriata ricostruzione del fatto controverso. 2.1 Per la verità, nella specie, un’attenta analisi delle ragioni addotte a fondamento del ricorso per cassazione evidenzia l’univoca riferibilità delle doglianze alla motivazione intesa come requisito formale degli atti impositivi, censurandosene la difformità dalla fattispecie normativa di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7. Per cui, il richiamo nell’intitolazione del motivo all’art. 360 c.p.c., comma, 1, n. 5, sotto il profilo di una conseguente insanabile difetto di motivazione della pronuncia gravata si rivela del tutto superfluo ed ultroneo. 2.2 Ciò posto, il motivo di ricorso con esclusivo riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 è fondato. 2.3 Occorre preliminarmente rilevare che la verifica in ordine all’esistenza e all’adeguatezza della motivazione di un atto impositivo deve essere condotta secondo la disciplina specificamente dettata in vista del contenuto di quell’atto ed in rapporto alle relative caratteristiche e peculiarità. Nella specie, risulta essere stato impugnato un avviso di liquidazione di imposta e irrogazione di sanzioni, con il quale l’Agenzia delle Entrate ha contestato a B.F.E. la decadenza e la revoca delle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, previste dall’art. 1 della tariffa parte 1 allegata dal D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, sulla permuta avente ad oggetto un immobile con caratteristiche di lusso. Nel caso in esame, l’avviso di liquidazione, il cui contenuto è stato trascritto in ricorso, con ciò assolvendosi all’onere di autosufficienza, reca nel testo da controlli d’ufficio effettuati risulta la decadenza dell’agevolazione per l’acquisto della prima casa in quanto l’immobile oggetto di permuta risulta possedere i requisiti di lusso in base ai criteri posti dal D.M. 02 agosto 1969, artt. 5 e 6 . Come è noto, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, prescrive espressamente che negli atti dell’amministrazione devono essere indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione . Ne consegue che la qualificazione di un immobile come di lusso , da cui scaturisce la perdita delle agevolazioni fiscali, impone la motivazione dell’atto con cui l’amministrazione provvede in termini che esplicitano in maniera intellegibile le specifiche giustificazioni. La conoscenza di tali presupposti deve poter consentire al destinatario di valutare l’opportunità di impugnare l’atto impositivo e, in tal caso, di specificare, come è richiesto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 18, i motivi di doglianza. Il contribuente deve avere contezza delle ragioni dell’amministrazione e, quindi, essere messo in grado di valutare l’opportunità di fare o meno acquiescenza al provvedimento, e, in caso di ricorso, di approntare le proprie difese con piena consapevolezza, nonché per impedire all’amministrazione, nel quadro di un rapporto di leale collaborazione, di addurre in un eventuale successivo contenzioso ragioni diverse rispetto a quelle enunciate. Pertanto, l’amministrazione non può produrre successivamente nuovi documenti ad integrazione della motivazione, in quanto ciò si risolverebbe nell’arbitrario allungamento dei termini dell’accertamento, oltre ad essere in contrasto con i principi enunciati. Ed invero, la motivazione dell’atto impositivo mira a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nella successiva fase contenziosa ed, altresì, consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. È, pertanto, necessario a tal fine che l’atto stesso contenga gli elementi essenziali, comprensivi dell’allegazione dei documenti richiamati in motivazione nella specie gli atti relativi ai controlli effettuati dall’Ufficio e la documentazione eventualmente allegata , se non già noti al contribuente, per renderlo idoneo a svolgere la funzione a cui è destinato in termini specifici Cass., Sez. 5, 11 maggio 2017, n. 11623 . 2.2 Nella motivazione della sentenza impugnata si deduce, per un verso, che i contribuenti fin dall’atto della stipula di compravendita recte permuta e mutuo erano a perfetta conoscenza del problema avendo inteso profittare dei benefici fiscali concessi dalla legge e non potevano non conoscere quali reali requisiti l’immobile acquistato avrebbe dovuto avere e, per un altro verso, che, in più, l’Ufficio, quando ha successivamente ritenuto di contestare l’intervenuta decadenza dai benefici inizialmente ottenuti ha allegato una perizia dell’Agenzia del Territorio, consultando la quale i ricorrenti ben potevano avere notizia delle ragioni della contestazione . Ancora, il giudice del gravame evidenzia che, trattandosi di avviso di liquidazione emesso a seguito della supposta, intervenuta decadenza da benefici fiscali, la motivazione del medesimo non avrebbe potuto essere particolarmente analitica visto che, per le ragioni espresse in precedenza, i contribuenti non potevano non essere a conoscenza delle ragioni della contestazione e che, per converso, il fondamento tecnico della decadenza - la perizia dell’Agenzia del Territorio - era stato posto nella possibilità di conoscenza dei contribuenti stessi . 2.3 È, dunque, palese che l’amministrazione ha tentato di integrare ex post, colmandone la lacunosità, l’apparente e carente motivazione dell’avviso di liquidazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale attraverso il rinvio ad imprecisati controlli , dei quali non si fornisce alcuna descrizione e contezza nel corpo dell’atto impositivo mediante la produzione di una perizia tecnica nel giudizio tributario di prime cure, dalla quale soltanto è stato possibile desumere le informazioni relative alle caratteristiche, all’ubicazione, alle dimensioni ed alla consistenza dell’immobile acquistato. E proprio su tali elementi probatori è stato espressamente fondato il rigetto dei ricorsi proposti dai contribuenti dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale. 2.4 Tuttavia, siffatta operazione non può essere ritenuta idonea all’integrazione del contenuto motivazionale dell’atto impositivo, atteso che non è consentito all’amministrazione di sopperire con integrazioni in sede processuale alle lacune dell’avviso di liquidazione per difetto di motivazione ex plurimis Cass., Sez. 5, 31 gennaio 2018, n. 2382 Cass., Sez. 6, 21 maggio 2018, n. 12400 Cass., Sez, 5, 12 ottobre 2018, n. 25450 Cass., Sez. 5, 24 maggio 2019, n. 14185 . Dunque, la sanatoria giudiziale non solleva dal difetto di motivazione degli atti impugnati, in quanto anche in questo caso sarebbe stato necessario specificare puntualmente nell’avviso di liquidazione dell’imposta gli estremi degli atti, oltre che la specifica denominazione, provvedendo eventualmente alla trascrizione del contenuto degli stessi per chiarezza espositiva sotto il profilo motivazionale ex plurimis Cass., Sez. 5 , 29 novembre 2016, n. 24220 Cass., Sez. 5 , 11 maggio 2017, n. 11623 . 2.5 In conclusione, ne discende la nullità per difetto di motivazione dell’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni per le imposte di registro, ipotecaria e catastale in ordine alla permuta , con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva revocato le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, dal momento che la motivazione dell’atto faceva testuale riferimento a controlli d’ufficio effettuati , le cui risultanze non erano state allegate, nè erano precedentemente note ai contribuenti, nè erano state riprodotte nell’avviso stesso. Ed analogo vizio è riscontrabile anche con riguardo all’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni per l’imposta sostitutiva sulle operazioni di credito a medio e lungo termine in ordine al mutuo , sul quale si riverbera di riflesso in via mediata e derivata la già censurata carenza di motivazione. 4. Dunque, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, u.p., con pronuncia di accoglimento degli originari ricorsi dei contribuenti la cui riunione era stata disposta nel giudizio tributario di prime cure . 5. Possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio del merito, tenuto conto dell’andamento del medesimo e della progressiva evoluzione della giurisprudenza di questa Corte sulle questioni trattate, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie i ricorsi introduttivi dei contribuenti compensa le spese dei giudizi di merito condanna la parte soccombente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 7.000,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge.