Chi acquista una abitazione che con il soppalco supera 240 mq non ha diritto alle agevolazioni prima casa

Contano, infatti, tutte le aree utilizzabili dell'immobile al di là dell'abitabilità. Ai fini della individuazione di una abitazione di lusso, nell'ottica di escludere il beneficio cosiddetto prima casa, la superficie utile deve essere determinata guardando alla utilizzabilità degli ambienti a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituendo tale requisito, il parametro idoneo a esprimere il carattere lussuoso di una abitazione.

Ne consegue che il concetto di superficie utile non può restrittivamente identificarsi con la sola superficie abitabile, dovendo il d.m. del 2/8/1969, n. 1072, art. 6, essere interpretato nel senso che è utile tutta la superficie dell'unità immobiliare diversa dei balconi, dalle terrazze, dalle cantine, dalle soffitte, dalle scale e dal posto macchine e che nel calcolo dei 240 mq rientrano anche i soppalchi .Perde l'agevolazione anche chi unisce due appartamenti, e, in questo modo, supera la metratura delle abitazioni non di lusso. Tale assunto è stato precisato dalla Corte di cassazione con sentenza n. 29643/19 del 14 novembre. Vicenda. Il Fisco ha notificato ad una contribuente un avviso di liquidazione dell’imposta di registro, in merito all’acquisto di un immobile presuntivamente rientrante nella categoria di lusso. L’Ufficio, infatti, in sede di accertamento, aveva rieseguito i calcoli per il computo della superficie utile al fine del riconoscimento del beneficio prima casa e rilevava l’insussistenza di detti requisiti, in quanto la superficie utilizzabile superava il limite dei 240 mq. I giudici di gravame, riformando completamente la decisione di primo grado, hanno ritenuto corretto il calcolo effettuato dal Fisco, nel quale era ricompreso il soppalco escluso dal contribuente. Pronuncia. Gli Ermellini, con la sentenza citata, hanno respinto il ricorso in cassazione presentato dal contribuente. In particolare, i Giudici di legittimità hanno precisato che un’abitazione si considera di lusso e, quindi sarà esclusa dai benefici previsti fra i quali rientra anche l’esenzione dal pagamento dell’imposta di registro in sede di compravendita, quando la metratura complessiva è pari o superiore a 240 mq. A tal fine, hanno aggiunto la Corte, l’individuazione della superficie computabile deve avvenire secondo il criterio dell’utilizzabilità, contenuto nell’art. 6 del d.m. n. 1072/1969.Il parametro, di fatto, esprime la potenzialità abitativa degli ambienti, da intendersi quale idoneità allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana, divenendo quindi del tutto irrilevante la calpestabilità. Pertanto, secondo le suddette disposizioni, saranno esclusi solo i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e i posti auto. Nel caso di specie, il contribuente aveva escluso dal calcolo della superficie ai fini della fruizione dei benefici, il soppalco peraltro già presente nell’immobile prima dell’acquisto e come tale fattore di aumento dei metri quadri dell’immobile, con conseguente rientro dello stesso nella categoria di quelli di lusso. Conclusioni. Non si può usufruire dell'agevolazione prima casa quando il soppalco aumenta la metratura dell'abitazione sopra i 240 metri quadrati. Ai sensi dell'articolo 6 del d.m. Lavori pubblici del 2 agosto 1969 n. 1072 ai fini del computo della grandezza dell'immobile rileva il concetto di utilizzabilità e non anche l'effettiva abitabilità degli ambienti. In questo modo il conteggio deve essere effettuato escludendo dall'estensione globale riportata nell'atto di acquisto sottoposto all'imposta quella di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto auto. Quindi ciò che assume rilievo è la marcata potenzialità abitativa e più precisamente l'idoneità di fatto degli ambienti allo svolgimento di attività proprie della vita dunque. Ai fini della individuazione di un'abitazione di lusso, nell'ottica di escludere il beneficio cosiddetto prima casa, la superficie utile deve essere determinata guardando all'utilizzabilità degli ambienti a prescindere dalla effettiva abitabilità, costituendo tale requisito, il parametro idoneo a esprimere il carattere lussuoso di una abitazione. Ne consegue che il concetto di superficie utile non può restrittivamente basarsi con la sola superficie abitabile , dovendo il d. m. del 2 agosto 1969 n. 1072 art. 6, essere interpretato nel senso che è utile tutta la superficie dell'unità immobiliare diversa dai balconi, dalle terrazze, dalle cantine, dalle soffitte, dalle scale e dal posto auto e che nel calcolo dei 240 metri quadrati rientrano anche i soppalchi'. Ai fini della qualifica di un immobile come di lusso il locale lavanderia va computato nella superfice utile complessiva. Per stabilire, infatti, se una abitazione è di lusso e dunque esclusa dai benefici prima casa ai sensi dell'art. 1 Nota II-bis lett. a Tariffa Parte Prima allegata al d.P.R. n. 131/1986, occorre fare riferimento alla nozione di superficie utile complessiva di cui all'art. 6, D.M. 2 agosto 1969 in forza del quale è irrilevante il requisito dell'abitabilità essendo invece rilevante quello della utilizzabilità degli ambienti. Cass. civ. Sez. VI - 5 Ord., 26/03/2019, n. 8409 In tema di imposta di registro, ai fini dell'individuazione della superficie utile complessiva alla quale fa riferimento l'art. 6 del d.m. n. 1072/1969, la normativa di riferimento si limita a descrivere le caratteristiche dell'immobile senza attribuire alcuna specifica rilevanza alla destinazione che l'acquirente o gli acquirenti attribuiscono allo stesso. In questo senso questa Corte è ferma nel ritenere che ai fini del riconoscimento dell'agevolazione c.d. prima casa rileva la situazione esistente all'atto dell'acquisto e non quella successivamente realizzata dall'acquirente, sicché, l'acquisto di un unico cespite immobiliare da parte di due soggetti non può giustificare, ai fini dell'agevolazione c.d. prima casa, il frazionamento della superficie utile complessiva fra i due acquirenti in modo da considerare che il rogito notarile avesse avuto in realtà ad oggetto due autonome alienazioni relative a due piani dell'immobile che non raggiungevano, singolarmente considerati, la superficie utile complessiva di mq. 240. A tale conclusione osta la contitolarità indivisa dei diritti sul bene tra soggetti tra loro estranei che consente a ciascun comproprietario la facoltà di usare il bene comune - ai sensi dell'art. 1102 c.c. che riconosce a ciascun comunista il diritto di fare parimenti uso del bene Cass. civ. Sez. VI - 5 Ord., 14/04/2016, n. 7457 . Per stabilire se un'abitazione deve intendersi di lusso e, dunque, esclusa dai benefici per l'acquisto della prima casa, ai sensi della tariffa 1, nota II-bis, d.P.R. n. 131 del 1986, la sua superficie utile, complessivamente superiore a mq. 240, va calcolata ai sensi del d.m. Lavori pubblici n. 1072 del 2 agosto 1969, e va determinata in quella che, dall'estensione globale riportata nell'atto di acquisto sottoposto all'imposta, residua una volta detratta la superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posto macchina. A tal fine è, invece, del tutto erroneo il riferimento all'art. 3, d.m. Lavori pubblici n. 801 del 10 marzo 1977, in relazione al netto delle murature, dei pilatri, di tramezzi e dei vani di porte e finestre Cass. civ. Sez. VI - 5 Ord., 01/12/2015, n. 24469 . Pertanto, in tema d'imposta di registro, per stabilire se un'abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa dall'agevolazione per l'acquisto della prima casa di cui all'art. 1, comma 3, Tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986, nella formulazione ratione temporis vigente, ci si deve riferire alla nozione di superficie utile complessiva di cui all'art. 6 del d.m. del 2 agosto 1969, pari a quella che residua una volta detratta, dall'estensione globale riportata nell'atto di acquisto, la superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina, a prescindere dal requisito della abitabilità in quanto elemento non richiamato nel decreto, mentre costituisce parametro idoneo la utilizzabilità degli ambienti, sicché i vani, pur qualificati come cantina e soffitta ma con l'accesso dall'interno dell'abitazione e ad essa indissolubilmente legati, sono computabili nella superficie utile complessiva Cass. sent. 21 settembre 2016, n. 18480 Cass. sent. 18 maggio 2016, n. 10191 Cass. sent. 15 novembre 2013, n. 25674 .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 10 settembre 14 novembre 2019, n. 29643 Presidente Chindemi Relatore Penta Ritenuto in fatto Va. Co. presentava ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma avverso l'avviso n. omissis , con cui l'Ufficio di Albano liquidava l'imposta di registro a seguito di decadenza dai benefici spettanti per l'acquisto dell'immobile sito in omissis , eccependo l'illegittimità dell'atto impositivo. L'Ufficio si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto delle eccezioni sollevate dalla ricorrente. La Commissione Provinciale di Roma, con sentenza n. 39/39/11 depositata in data 27/02/2011, accoglieva il ricorso, con compensazione delle spese. In particolare, i giudici di prime cure ritenevano immotivato l'accertamento operato dall'Ufficio nella parte tecnica di determinazione della superficie del suddetto immobile. Contro la sentenza proponeva appello l'Ufficio, concludendo per l'annullamento della sentenza di primo grado, con conseguente declaratoria di legittimità del su indicato avviso di liquidazione e con vittoria di spese processuali. Va. Co. si costituiva in giudizio, chiedendo, in via incidentale, la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui riteneva irrilevante il fatto che l'immobile fosse stato acquistato da due soggetti che successivamente lo avevano diviso. Con sentenza del 7.12.2012 la CTR Lazio accoglieva l'appello principale e rigettava quello incidentale sulla base delle seguenti considerazioni 1 nel calcolo della superficie rilevante ai fini del D.M. 2 agosto 1969 doveva essere computato anche il soppalco e, per l'effetto, la superficie utile superava abbondantemente la soglia di 240 mq., circostanza quest'ultima che rendeva superfluo ogni ulteriore approfondimento sulle perizie prodotte dalle parti 2 tenuto conto della normativa di riferimento, nulla escludeva la superficie soppalco ai fini tributari, esistendo già tale opera al momento della compravendita, aumentando automaticamente i metri quadri complessivi 3 ad abundantiam, l'efficacia della concessione in sanatoria, rilasciata successivamente al rogito di acquisto, avvalorava la detta conclusione proprio perché operava ex tunc 4 non poteva trovare accoglimento l'appello incidentale, essendo irrilevante la volontà manifestata di procedere ad una divisione dell'immobile. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Co. Va., sulla base di cinque motivi. L'Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso. In prossimità dell'udienza, la ricorrente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell'art. 378 c.p.c. Ritenuto in diritto 1. Con il primo motivo la deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 14, co. 1, D.Lgs. n. 546/1992 e della sentenza Cass. Sez. Un. n. 1052/2007 sul principio del contraddittorio e del litisconsorzio necessario in relazione all'art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c , per non aver la CTP, prima, e la CTR, poi, rilevato che difettava il litisconsorte necessario Ci. Mi., quale altro acquirente dell'immobile in oggetto. 1.1. Il motivo è fondato. Anche di recente questa Corte Sez. 5, Sentenza n. 1698 del 24/01/2018 ha ribadito in una controversia in tema di impugnazione dell'avviso di accertamento e liquidazione dell'imposta di registro, promossa dall'acquirente di un immobile nei confronti dell'amministrazione fiscale, nella quale non era stato evocato in giudizio il venditore che, ai sensi dell'art. 57, comma 1, del D.P.R. n. 131 del 1986, l'obbligazione per il pagamento dell'imposta di registro grava sulle parti contraenti in solido, sicché deve essere esclusa la sussistenza tra le stesse, sul piano processuale, di un litisconsorzio necessario conf. Sez. 5, Sentenza n. 16917 del 31/07/2007, Sez. 5, Sentenza n. 14305 del 19/06/2009, Sez. 5, Sentenza n. 24063 del 16/11/2011 . Tuttavia, nella fattispecie in esame, per effetto della norma tributaria o per l'azione esercitata dall'Amministrazione finanziaria, l'atto impositivo coinvolge, nell'unicità della fattispecie costitutiva dell'obbligazione, una pluralità di soggetti ed il ricorso, pur proposto da alcuni degli obbligati, ha ad oggetto non la singola posizione debitoria dei ricorrenti, bensì la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto all'obbligazione dedotta nell'atto autoritativo impugnato, cioè gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell'obbligazione. In applicazione di questo principio, Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 7840 del 27/03/2017, ha cassato le sentenze di merito che, senza previa integrazione del contraddittorio, avevano deciso le impugnazioni proposte da taluni condividenti avverso un avviso di liquidazione per maggiore imposta di registro dovuta in relazione ad un'operazione, attuata con distinti negozi, di divisione di quote sociali, attesa la valutazione unitaria compiuta dall'Ufficio e la posizione comune oggetto delle impugnazioni. In quest'ottica, Sez. 5, Sentenza n. 22523 del 26/10/2007 conf. Sez. 5, Sentenza n. 14378 del 15/06/2010 ha affermato che /Ve/ processo tributario, la nozione di litisconsorzio necessario, come regolato dall'art. 14 D.Lgs. n. 546 del 1992, ha una dimensione eminentemente processuale, collegata all'inscindibilità dell'oggetto, e presuppone pertanto, in primo luogo, che la fattispecie costitutiva dell'obbligazione, rappresentata dall'atto autoritativo impugnato, presenti elementi comuni ad una pluralità di soggetti e, quindi, si sia in presenza di un atto impositivo unitario, coinvolgente, nella unicità della fattispecie costitutiva dell'obbligazione, una pluralità di soggetti ed, in secondo luogo, che siano proprio gli elementi comuni ad essere posti a fondamento del ricorso proposto da uno dei soggetti obbligati nel caso di specie, tali elementi sono rappresentati, oltre che dalla decadenza del termine per l'avviso di rettifica, dalla carenza di motivazione dell'avviso stesso, avuto particolare riguardo alla edificabilità dell'area . Il litisconsorzio facoltativo, regolato dal terzo comma del medesimo art. 14, ricorre quando pure si è in presenza di un atto impositivo unitario con pluralità di destinatari, ma l'impugnazione proposta da uno dei coobbligati non è fondata su elementi impositivi comuni a tutti i destinatari. È soltanto a quest'ultima ipotesi che si riferisce la previsione del comma sesto dell'art. 14, quando dispone che chiamati o intervenuti non possono impugnare autonomamente l'atto se per essi, al momento della costituzione, è già decorso il termine di decadenza . In definitiva, mentre nel caso in cui sia impugnato l'avviso di liquidazione per omesso versamento dell'imposta di registro sia configurabile una responsabilità solidale e, quindi, un litisconsorzio facoltativo, nel caso in cui oggetto dell'impugnazione sia l'avviso di liquidazione in rettifica e l'impugnazione proposta da uno dei coobbligati sia fondata su elementi impositivi comuni a tutti i destinatari è configurabile un vero e proprio litisconsorzio necessario. 1.3. Tuttavia, rappresenta un principio ormai consolidato quello secondo cui, nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un'evidente ragione d'inammissibilità del ricorso o qualora questo sia prima facie infondato, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un'attività processuale del tutto ininfluente sull'esito del giudizio e non essendovi, in concreto, esigenze di tutela del contraddittorio, delle garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità cfr., di recente, Sez. 2, Sentenza n. 11287 del 10/05/2018 . Occorre, pertanto, analizzare i restanti motivi di censura. 2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della nota II bis, art. 1, della Tariffa parte prima allegata al D.P.R. n. 131/1986 e della circolare n. 38/E del 12.8.2005 cap. 3.4 dell'Agenzia delle Entrate in relazione all'art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. , per non aver la CTR considerato che l'appartamento acquistato era stato successivamente diviso, avendo, per l'effetto, le unità immobiliari ricavate perso le caratteristiche di lusso . 3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della nota II bis, art. 1, della Tariffa parte prima allegata al D.P.R. n. 131/1986, della circolare n. 38/E del 12.8.2005 cap. 3.4 dell'Agenzia delle Entrate e dei principi di cui agli artt. 3, 47 e 53 Cost. in relazione all'art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. , per non aver la CTR ritenuto assimilabile la fattispecie in esame caratterizzata dall'acquisto, ad opera di due soggetti, di un immobile più grande con l'intento di dividerlo in un secondo momento e di ottenere le agevolazioni come se ognuno avesse acquistato il proprio a quella, disciplinata dalla detta circolare, dell'acquisto, da parte di un medesimo soggetto, di due diversi immobili per poi accorparli ed ottenere le agevolazioni come se ne avesse acquistato uno solo. 4. Con il quarto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione della nota II bis, art. 1, della Tariffa parte prima allegata al D.P.R. n. 131/1986, della circolare n. 38/E del 12.8.2005 cap. 3.4 dell'Agenzia delle Entrate e dell'art. 12 disp. gen. c.c. in relazione all'art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. , per non aver la CTR ritenuto applicabile in via estensiva al caso di acquisto e di successivo frazionamento la disciplina contenuta nella detta circolare con riferimento al caso di acquisto e successivo accorpamento. 4.1. I tre motivi, da trattare, siccome strettamente connessi, congiuntamente, sono infondati. La ricorrente opera, all'evidenza, una confusione di piani, nel momento in cui invoca l'estensione della disciplina in tema di acquisto di due appartamenti contigui destinati a costituire un'unica unità abitativa, contenuta nella circolare n. 38/E del 12.8.2005, alla differente fattispecie dell'acquisto originario di un appartamento dotato delle caratteristiche di immobile di lusso successivamente diviso in due o più unità priva, ciascuna, delle dette caratteristiche. Invero, la menzionata circolare prevede che un immobile deve possedere le qualità non di lusso al momento della compravendita Sez. 5, Sentenza n. 17600 del 28/07/2010 e che, successivamente, qualora gli aventi causa acquistino appartamenti contigui destinati a costituire un'unica unità abitativa, gli stessi continuino ad usufruire della agevolazione prima casa , a condizione che non venga meno il requisito di non lusso . In definitiva, nel caso normativamente regolamentato, la mancanza delle caratteristiche di bene di lusso deve riscontrarsi sia al momento del primo acquisto che a quello dell'acquisto dell'appartamento contiguo. I rilievi che precedono risultano assorbenti, anche a voler prescindere dal rilievo dell'assenza totale di deduzioni con riferimento alla rappresentazione, all'atto dell'acquisto originario, del proposito di dividere in un secondo momento l'unitario cespite ed alla traduzione sul piano concreto di tale proposito. 4.2. Le pronunce menzionate dalla ricorrente a pagina 23 del ricorso non sono pertinenti, atteso che Sez. 1, Sentenza n. 563 del 22/01/1998, Sez. 1, Sentenza n. 5433 del 03/06/1998, Sez. 5, Sentenza n. 17580 del 10/12/2002, Sez. 5, Sentenza n. 24986 del 24/11/2006 e Sez. 5, Sentenza n. 4739 del 25/02/2008 conf., successivamente, altresì Sez. 5, Sentenza n. 6613 del 23/03/2011 si riferiscono ad un caso di contemporaneo acquisto di due appartamenti che non è di per sé ostativo alla fruizione dei benefici, purché l'alloggio così complessivamente realizzato rientri, per la superficie, per il numero dei vani e per le altre caratteristiche specificate dall'art. 13 della legge n. 408 del 1949, nella tipologia degli alloggi non di lusso , laddove Sez. 5, Sentenza n. 12269 del 19/05/2010 riguarda, peraltro ai fini dell'imposta comunale sugli immobili ICI , il contemporaneo utilizzo, da parte di due coniugi in regime di separazione dei beni, di più di una unità catastale come abitazione principale, anche se di proprietà non di un solo coniuge ma di ciascuno di essi nel qual caso non costituisce ostacolo all'applicazione, per tutte, della detrazione prevista dell'art. 8, comma 2, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, a condizione che il complesso abitativo utilizzato non trascenda la categoria catastale delle unità che lo compongono, assumendo rilievo, a tal fine, non il numero delle unità catastali ma la prova dell'effettiva utilizzazione come abitazione principale dell'immobile complessivamente considerato, e ferma restando la spettanza della predetta detrazione una sola volta per tutte le unità in presenza dei requisiti di legge . Dello stesso tenore è Sez. 5, Sentenza n. 25902 del 29/10/2008, la quale ha applicato il medesimo principio avuto riguardo ad un caso di contemporaneo utilizzo di più unità catastali. L'unica apertura di questa Corte vi è stata, in relazione ad una fattispecie difforme, nel senso di riconoscere i benefici per l'acquisto della prima casa , previsti dall'art. 2 del D.L. n. 12 del 1985, conv. nella L. n. 118 del 1985, anche in caso di acquisto contemporaneo di più unità immobiliari destinate a costituire un'unica unità abitativa, purché l'acquirente abbia proceduto alla effettiva unificazione degli immobili entro tre anni dalla data di registrazione dell'atto e l'alloggio così realizzato rientri, per superficie, numero di vani ed altre caratteristiche specificate dall'art. 13 della L. n. 408 del 1949, nella tipologia degli immobili non di lusso Sez. 6 -5, Ordinanza n. 9030 del 06/04/2017 . D'altra parte, come evidenziato dalla resistente pag. 6 controricorso , la parte acquirente rappresentata da Co. Va. e da Ci. Mi. ha già al momento della stipula dell'atto di compravendita invocato i benefici fiscali, trattandosi di acquisto di casa di abitazione non di lusso di cui al D.M. 2 agosto 1969 . Alla stregua delle considerazioni che precedono, non è ipotizzabile alcuna disparità di trattamento, essendo le due situazioni quella concreta in esame e quella disciplinata dalla circolare n. 38/E del 12.8.2005 giuridicamente e sostanzialmente difformi. 5. Con il quinto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 6 D.M. n. 1072/1969, 12 disp. gen. c.c. e 3 e 53 Cost. in relazione all'art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. , per non aver la CTR ritenuto che, ai fini del calcolo della superficie utile, il soppalco doveva essere equiparato alle soffitte e, quindi, non avendo una idoneità alla funzione abitativa, essere escluso. 5.1. Il motivo è infondato. In tema di agevolazioni cd. prima casa, al fine di stabilire se un'abitazione sia di lusso e come tale esclusa da detti benefici, occorre fare riferimento alla nozione di superficie utile complessiva di cui all'art. 6 del D.M. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, n. 1072, per il quale, premesso che viene in rilievo la sola utilizzabilità e non anche l'effettiva abitabilità degli ambienti, detta superficie deve essere determinata escludendo dalla estensione globale riportata nell'atto di acquisto sottoposto all'imposta, quella di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 8409 del 26/03/2019 Sez. 5, Ordinanza n. 8421 del 31/03/2017 . Costituendo parametro idoneo ' utilizzabilità degli ambienti a prescindere dalla loro effettiva abitabilità , a titolo esemplificativo, i vani, pur qualificati come cantina e soffitta ma con accesso dall'interno dell'abitazione e, quindi, assimilabili ad un soppalco e ad essa indissolubilmente legati, sono computabili nella superficie utile complessiva Sez. 5, Sentenza n. 18480 del 21/09/2016 . Parimenti, rientra nella superficie utile il sottotetto, trattandosi di locale non compreso nella predetta elencazione tassativa Sez. 5, Sentenza n. 18483 del 21/09/2016 . In definitiva, ciò che assume rilievo - in coerenza con l'apprezzamento dello stesso mercato immobiliare - è la marcata potenzialità abitativa dello stesso Sez. 5, Sentenza n. 25674 del 15/11/2013 e, più precisamente, l'idoneità di fatto degli ambienti allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana Sez. 5, Sentenza n. 23591 del 20/12/2012 . Ne è possibile alcuna interpretazione che ne amplii la sfera operativa, atteso che le previsioni relative ad agevolazioni o benefici in genere in materia fiscale non sono passibili di interpretazione analogica Sez. 5, Sentenza n. 10807 del 28/06/2012. In quest'ottica, non è possibile aderire alla soluzione, prospettata dalla ricorrente, ermeneutica estensiva, atteso che le previsioni relative ad agevolazioni o benefici in genere in materia fiscale non sono passibili di interpretazione analogica e, quindi, questi non possono essere riconosciuti nelle ipotesi in cui non siano espressamente previsti Sez. 5, Sentenza n. 22279 del 26/10/2011 . Ai fini della determinazione della superficie utile, non possono, invece, applicarsi i criteri di cui al D.M. Lavori Pubblici 10 maggio 1977, n. 801 che definisce la superficie abitabile come la superficie di pavimento degli alloggi misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre, di eventuali scale interne, di logge e di balconi , richiamato dall'art. 51 della legge 2 febbraio 1985, n. 47, le cui previsioni, relative ad agevolazioni o benefici fiscali, non sono suscettibili di un'interpretazione che ne ampli la sfera applicativa Sez. 5, Sentenza n. 861 del 17/01/2014 conf. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 24469 del 01/12/2015 . La giurisprudenza di questa Corte ha altresì chiarito che, ai fini per cui è causa, non si applicano le normative edilizie o igienico-sanitarie Cass. 12942/2013 23591 del 2012 n. 10807 del 2012, n. 22279 del 2011 25674/2013 , in quanto gli unici locali da escludersi sono quelli espressamente indicati nella su riportata normativa Cass. 861/2014 Cass. 24469/2015 2016/11556 . 5.2. Il Decreto Ministeriale 2 agosto 1969 n. 1072, all'art. 6, per quanto qui interessa, specifica che sono considerate abitazioni di lusso le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine . Questa Corte, con sentenza n. 21287/13, ha condivisibilmente affermato che il decreto ministeriale menzionato va interpretato nel senso di dover escludere dal dato quantitativo globale della superficie dell'immobile indicata nell'atto di acquisto in essa compresi, dunque, i muri perimetrali e quelli divisori solo, i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine e non l'intera superficie non calpestatile. A suffragio di tale orientamento può altresì sottolinearsi come nella formula superficie utile complessiva contenuta nel Decreto Ministeriale 2 agosto 1969, n. 1072, articolo 6, manchi l'aggettivo netta che, invece era presente nel testo superficie utile netta complessiva della disposizione che dettava la previgente definizione delle caratteristiche delle abitazioni di lusso tabella allegata al Decreto Ministeriale 4 dicembre 1961 in questi termini, Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 1 dicembre 2015, n. 24469 . I principi di diritto sin qui ricostruiti lumeggiano la corretta interpretazione da offrire all'art. 6 in esame la superficie utile va considerata escludendo, dal computo metrico, solo i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine e, in particolare, includendo nella metratura i soppalchi. Va ribadito che, al fine di individuare la superficie utile per identificare le abitazioni di lusso, è irrilevante la calpestabilità dell'area in questione, per quanto, nel caso di specie, l'altezza media del vano mt. 2,35 deporrebbe senz'altro nel senso della sussistenza di tale caratteristica. Può essere, pertanto, formulato il seguente principio di diritto . 6. In definitiva, il ricorso non merita accoglimento. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ricorrono i presupposti di cui all'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, applicabile ratione temporis essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013 , per il raddoppio del versamento del contributo unificato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della resistente, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.000,00, oltre spese forfettarie ed accessori di legge. Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02.