Il contraddittorio fisco-contribuente in relazione agli studi di settore va valutato caso per caso

Gli studi di settore non violano la Costituzione e il rispetto del principio del contraddittorio con il contribuente dev'essere valutato caso per caso dal giudice tributario.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 16544 del 20 giugno 2019. Vicenda. Una società di capitale ha ricevuto in notifica un atto impositivo, basato sugli studi di settore per l’anno 2014. Essa, in entrambi i giudizi di merito, ha lamentato la violazione del contraddittorio ed ha eccepito l'illegittimità costituzionale degli studi di settore. Siffatte doglianze sono state respinte dai giudici tributari di merito. Pronuncia. Gli Ermellini , con la citata pronuncia , hanno confermato che la normativa in materia di accertamento induttivo del reddito sul fondamento degli studi di settore, che sono uno strumento di accertamento, e non di determinazione, del reddito, risulta costituzionalmente e convenzionalmente compatibile, rimanendo poi da valutare, caso per caso, se la stessa sia stata applicata nel pieno rispetto del diritto di difesa del contribuente, ed in particolare del suo diritto all'instaurazione di un corretto contraddittorio con l'amministrazione finanziaria. Peraltro, la legittimità costituzionale dell'utilizzazione degli studi di settore, purché si provveda all'instaurazione del contraddittorio con il contribuente in sede di accertamento, è stata di recente indirettamente confermata dalla stessa Consulta con ordinanza n. 187 del 2017. Non solo, la piena legittimità degli accertamenti tributari eseguiti servendosi degli studi di settore è stata confermata pure dalla Corte Ue, sez. IV, con sent. 21.11.2018, in causa C-648/16, sempre a condizione che siano rispettati i diritti di difesa del contribuente. La Corte europea ha scritto, infatti, che non contrastano con la normativa convenzionale le previsioni della legislazione italiana che consentono all'Amministrazione finanziaria, a fronte di gravi divergenze tra i redditi dichiarati ed i redditi stimati sulla base di studi di settore, di ricorre a un metodo induttivo, basato sugli studi di settore stessi, al fine di accertare il volume d'affari realizzato dal contribuente e procedere, di conseguenza, a rettifica fiscale . Nel caso in esame risulta ampiamente provato, ed è ammesso anche dalla società che il contraddittorio è stato istituito. Conclusioni. La differenza tra accertamento analitico-induttivo e l'accertamento mediante studi di settore consiste nel fatto che con il primo la determinazione del reddito è effettuata nell'ambito delle stesse risultanze della contabilità, ma con una ricostruzione induttiva solo di singoli elementi con il secondo invece, basato sul carattere presuntivo, si consente all'amministrazione una ricostruzione complessiva del reddito - in presenza di gravi incongruenze tra quanto dichiarato dal contribuente e quanto avrebbe dovuto essere dichiarato - in rapporto alle condizioni e alle caratteristiche dell'attività svolta. Ordinanza del 06/06/2019 n. 15344 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5 Gli studi di settore rappresentando la risultante dell'estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rilevano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell'Ufficio dell'accertamento analitico - induttivo che deve essere necessariamente svolto in contraddittorio con il contribuente, sul quale, nella fase amministrativa e, soprattutto, contenziosa, incombe l'onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre all'ente impositore fa carico la dimostrazione dell'applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto di accertamento Cass. 18 dicembre 2017 n. 30370 . Sussiste, quindi, il potere del contribuente di contrastare in sede di contraddittorio la presunzione semplice costituita dalla determinazione del reddito mediante tale sistema. In tema di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore, la relativa procedura costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale reddittività - ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente con il contribuente, il quale, in tale sede, ha l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli standard o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame. Cass. 22 novembre 2018 n. 30230 Cass.20 settembre 2017, n. 21754 Cass. 7 giugno 2017, n. 14091 Cass. 12 aprile 2017, n. 9484 . Lo svolgimento del contraddittorio, giustifica la formazione di un sistema di presunzioni semplici la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati, ma, appunto, dalla valutazione delle controdeduzioni del contribuente cui essi sono applicati valutazione dalla quale non può, quindi, esimersi il giudice tributario. La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività - ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest'ultimo ha l'onere di provare, senza alcuna limitazione di mezzi, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli standard o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo in contestazione, mentre la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L'esito del contraddittorio non condiziona l'impugnabilità dell'accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l'applicabilità degli standard al caso concreto, da dimostrarsi dall'ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e può far ricorso a presunzioni semplici, anche se non ha risposto all'invito al contraddittorio in sede amministrativa Cass. Sez. U. 18/12/2009, n. 26635 n. 9484 del 12/4/2017 . L'esito del contraddittorio, non condiziona l'impugnabilità dell'accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l'applicabilità degli standard al caso concreto, da dimostrarsi dall'ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all'invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l'Ufficio può motivare l'accertamento sulla sola base dell'applicazione degli standard , dando conto dell'impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all'invito Cass. Civ., Sez. Un., 18 dicembre 2009, n. 26635 Cass. Civ., 30 ottobre 2018, n. 27617 Cass. Civ., 7 giugno 2017, n. 14091 Cass. Civ., 24 novembre 2016, n. 24003 .

Corte di Cassazione, sez. V Civile, sentenza 14 marzo – 20 giugno 2019, n. 16544 Presidente Napolitano – Relatore Di Marzio Fatti di causa la società odierna ricorrente, a seguito di verifica fondata su studi di settore, riceveva l'avviso di rettifica n. omissis , attinente ad IVA ed IRAP per l'anno 2004, in conseguenza dell'accertamento di un maggior reddito conseguito nella misura di Euro 24.816,00, sul fondamento di studi di settore. La contribuente impugnava l'avviso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Varese, che rigettava però il gravame. L'Immobiliare Ambrosiana Srl ricorreva avverso la decisione della CTP innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Milano, riproponendo l'eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 62bis e 62sexies del D.L. n. 331 del 1993, per ritenuto contrasto con l'art. 53 Cost., nella parte in cui non tutelano la soggettività del singolo cittadino sent. CTR, p. 2 . Nel merito contestava l'applicabilità nel caso di specie degli studi di settore, perché non era stata presa in considerazione la situazione di stallo e perdurante inattività produttiva in cui la società si era venuta a trovare nel periodo in considerazione, ed in particolare non erano stati ritenuti rilevanti i 'rapporti di forza' esistenti all'interno della società sent. CTR, p. 2 . Vi era stato, inoltre, un errore di contabilizzazione di cui la decisione dei primi giudici non aveva tenuto conto. La CTR riteneva manifestamente infondata la questione di costituzionalità sollevata dalla ricorrente, perché gli studi di settore sono uno strumento di accertamento del reddito, che prevede la partecipazione al procedimento del contribuente, e non uno strumento di determinazione del reddito stesso. Osservava, poi, che i giudici di primo grado non avevano omesso di tener conto della situazione di stallo societaria invocata, ma avevano condivisibilmente rilevato che la stessa, ove avesse assunto una rilevante gravità, avrebbe dovuto indurre all'adozione di adeguate iniziative che non risultano essere state intraprese , e comunque non erano stati neppure individuati ed illustrati gli eventi straordinari ed oggettivi che avrebbero determinato la situazione. In ogni caso non erano stati forniti elementi sufficienti perché potesse accertarsi in modo attendibile in quali limiti gli eventi invocati avrebbero inciso sulla misura dello scostamento registrato dall'applicazione dello studio di settore sent. CTR, p. 2, evidenza aggiunta . Quanto all'errore di contabilizzazione, occorreva poi rilevare che la questione era stata sollevata per la prima volta nel corso del giudizio, e comunque la società ricorrente non aveva avuto cura di fornire elementi idonei ad assicurare la prova dell'assunto. In conseguenza rigettava l'impugnativa proposta dalla Immobiliare Ambrosiana Srl. Avverso la decisione assunta dalla Commissione Tributaria Regionale lombarda ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate. La ricorrente ha anche proposto istanza di sollecita fissazione dell'udienza di trattazione, che è stata accolta, compatibilmente con le esigenze del ruolo, ed ha pure depositato memoria. Ragioni della decisione La contribuente, in via preliminare, ripropone l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 62 sexies del D.L. n. 331 del 1993, come conv., e dell'art. 10 della legge n. 146 del 1998, in relazione all'art. 53 della Costituzione. La censura, così come proposta, appare inammissibile. Invero, quando la parte intende sollevare la questione di costituzionalità di una norma, deve provvedere ad indicare con chiarezza la ragione per la quale ritiene che la disposizione criticata violi uno o più precetti costituzionali determinati. A tanto non ha provveduto, nel suo ricorso per cassazione, l'odierna impugnante. La CTR ha condivisibilmente spiegato che gli studi di settore non sono uno strumento per la determinazione del reddito, bensì uno strumento di accertamento del reddito stesso, ma la ricorrente ricorda il passaggio per osservare che la CTR ha pure sottolineato che la procedura prevede la obbligatoria partecipazione del contribuente al fine di affermare che, nel caso di specie, il contraddittorio si sarebbe risolto in una mera formalità ric., p. 9 , in quanto l'Ente impositore non avrebbe tenuto conto che la società traeva i propri ricavi principalmente da due elementi dell'attivo le partecipazioni in due società, in liquidazione e dai fabbricati iscritti fra le immobilizzazioni di tale eccezione non vi è traccia nell'atto di accertamento, neanche per confutarla o rigettarla, segno evidente che non è stata neanche esaminata il contraddittorio, di fatto, è stato solo apparente, ha errato la Commissione Tributaria Regionale nel rigettare la sollevata eccezione di legittimità costituzionale, che si è costretti, quindi, a riproporre in questa sede ric., pp. 9,10 . Rimane confermato, pertanto, che il quesito di costituzionalità non risulta espresso in sede di giudizio di legittimità, e neppure riprodotto, e si evidenzia un vizio di specificità dell'argomentazione. Merita peraltro di essere rammentato che la legittimità costituzionale dell'utilizzazione degli studi di settore, purché si provveda all'istaurazione del contraddittorio con il contribuente in sede di accertamento, è stata di recente indirettamente confermata dalla stessa Corte costituzionale ord. n. 187 del 2017 . Non solo, la piena legittimità degli accertamenti tributari eseguiti servendosi degli studi di settore è stata confermata pure dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, sez. IV, con sent. 21.11.2018, in causa C-648/16, sempre a condizione che siano rispettati i diritti di difesa del contribuente. La Corte Europea ha scritto, infatti, che non contrastano con la normativa convenzionale le previsioni della legislazione italiana che consentono all'Amministrazione finanziaria, a fronte di gravi divergenze tra i redditi dichiarati ed i redditi stimati sulla base di studi di settore, di ricorrere ad un metodo induttivo, basato sugli studi di settore stessi, al fine di accertare il volume d'affari realizzato dal contribuente e procedere, di conseguenza, a rettifica fiscale a condizione che tale normativa e la sua applicazione permettano al contribuente stesso, nel rispetto dei principi di neutralità fiscale, di proporzionalità nonché del diritto di difesa, di contestare, sulla base di tutte le prove contrarie di cui disponga, le risultanze derivanti da tale metodo . Nel caso in esame risulta ampiamente provato, ed è ammesso anche dalla contribuente, che il contraddittorio è stato istituito. Deve allora confermarsi che la normativa in materia di accertamento induttivo del reddito sul fondamento degli studi di settore, che sono uno strumento di accertamento, e non di determinazione, del reddito, risulta costituzionalmente e convenzionalmente compatibile, rimanendo poi da valutare, caso per caso, se la stessa sia stata applicata nel pieno rispetto del diritto di difesa del contribuente, ed in particolare del suo diritto all'istaurazione di un corretto contraddittorio con l'Amministrazione finanziaria. Invero, è forse possibile, con uno sforzo interpretativo, ritenere che la contribuente intenda in realtà lamentare una violazione delle regole del contraddittorio, ed affermare quindi un vizio nella decisione della CTR che non l'avrebbe rilevato. Occorre al riguardo evidenziare, a parte il fatto che non risulta introdotto uno specifico motivo di ricorso nella porzione dello scritto in esame, che la parte non indica in quali suoi scritti difensivi abbia operato la propria contestazione, ed in quali successivi abbia provveduto a diligentemente coltivarla, indicando pure, anche riassuntivamente, con quale formula l'abbia introdotta, in modo da consentire alla Corte di legittimità di effettuare la valutazione che le compete in materia di tempestività e congruità delle contestazioni proposte, prima ancora di procedere a stimarne la decisività. Tanto premesso, 1.1. - mediante il primo motivo di ricorso l'Immobiliare Ambrosiana Srl censura, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la decisione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia impugnata, per essere incorsa nella violazione o falsa applicazione degli artt. 62 sexies del DI. n. 331 del 1993, come conv., e dell'art. 10 della legge n. 146 del 1998, per non aver tenuto conto delle allegazioni proposte, che avrebbero dovuto indurre a ritenere non applicabili i parametri emergenti dagli studi di settore. 1.2. - Con il suo secondo motivo di ricorso la contribuente lamenta, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., il vizio di insufficiente e/o contraddittoria motivazione della decisione impugnata, circa un fatto controverso per il giudizio perché, dopo aver sostenuto che la situazione di inattività produttiva avrebbe potuto essere evitata , successivamente la CTR afferma che non è stata data prova di quanto tale situazione abbia inciso sulla misura dello scostamento registrato dall'applicazione dello studio di settore ric., p. 13 . La ricorrente critica la CTR, inoltre, per non aver attivato i propri poteri istruttori d'ufficio, ai sensi dell'art. 7 del D.Lgs. n. 546 del 1992. 2.1. - 2.2. - Mediante i suoi motivi di ricorso la società impugnante contesta, in relazione ai profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, la decisione adottata dalla Commissione Tributaria Regionale per non aver tenuto adeguato conto delle allegazioni fornite dall'odierna ricorrente nel corso della lite. Stante la loro intima connessione, i motivi possono essere trattati congiuntamente. Con il primo motivo di ricorso, in particolare, la contribuente ricorda, innanzitutto, che i parametri previsti dagli studi di settore, come chiarito dalla stessa giurisprudenza di legittimità, propongono requisiti che ove siano contestati sulla base di allegazioni specifiche, sono inidonei a supportare l'accertamento tributario. Nel caso di specie, rammenta la ricorrente, vi è stata la comprovata inattività sociale , e deve allora censurarsi la decisione della Commissione Tributaria Regionale per non aver valutato tale circostanza ric., p. 11 s. . Anche in questo caso, invero, la contestazione proposta dalla parte invocando la violazione di legge, attiene essenzialmente ad un preteso vizio di motivazione, in cui la ricorrente ritiene che sarebbe incorsa la CTR. I medesimi argomenti sono del resto proposti, con maggiore ampiezza, per contestare il vizio di motivazione mediante il secondo motivo di ricorso. Il vizio, tuttavia, non sussiste. La Commissione Tributaria Regionale ha specificamente esaminato il punto evidenziato dall'impugnante, ed ha affermato che la situazione di blocco delle attività sociali, ove avesse assunto una rilevante gravità, avrebbe dovuto indurre l'odierna ricorrente all'adozione di adeguate iniziative che non risultano essere state intraprese , e comunque non erano stati specificamente individuati ed illustrati neppure gli eventi straordinari ed oggettivi che avevano determinato la situazione. In ogni caso non erano stati forniti elementi sufficienti perché potesse accertarsi in modo attendibile come gli eventi invocati avrebbero inciso sulla misura dello scostamento registrato dall'applicazione dello studio di settore sent. CTR, p. 2 . La ricorrente non coglie quindi le plurime ragioni della decisione adottata dalla CTR sul punto, in relazione alle quali non propone critiche specifiche, domandando piuttosto alla Suprema Corte un, non consentito, riesame nel merito dell'oggetto del contendere, sul fondamento di una critica ampiamente generica. Nel secondo motivo di ricorso l'impugnante invoca, tra l'altro, la formale regolarità delle proprie scritture contabili. Ora, a parte il fatto che il punto non risulta specificamente esaminato dalla CTR, e la contribuente avrebbe dovuto pertanto indicare in quali atti processuali la questione fosse stata proposta e successivamente diligentemente coltivata, e si rinvia in proposito a quanto osservato in relazione al precedente motivo di ricorso, occorre soltanto aggiungere che una contabilità formalmente regolare non esclude, di per sé, l'occultamento di parte del reddito. La contribuente lamenta pure la mancata attivazione di poteri istruttori d'ufficio da parte della CTR, ma non illustra quali indagini avrebbe potuto svolgere, e per quali ragioni il loro esito avrebbe dovuto rivestire un'importanza decisiva per la definizione del giudizio. La società ricorrente neppure chiarisce perché lo stallo dell'attività sociale avrebbe dovuto ritenersi un evento straordinario ed imprevedibile, non spiega perché non siano state adottate adeguate iniziative per contrastare questa circostanza, o almeno i suoi effetti, e neppure quantifica la misura dell'incidenza della invocata circostanza in relazione allo scostamento del reddito denunciato rispetto a quanto emergente dagli studi di settore. I motivi di impugnazione risultano pertanto per larga parte inammissibili, e per il resto sono infondati. Il ricorso proposto dalla contribuente deve perciò essere rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso proposto dalla Immobiliare Ambrosiana Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, e la condanna alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito, in favore della controricorrente Agenzia delle Entrate.