La sede effettiva di una società rileva ai fini della cd. esterovestizione

Non può definirsi esterovestita una società i cui consigli di amministrazione si sono tenuti all’estero, anche se gli amministratori sono residenti in Italia.

Ai fini della individuazione della residenza fiscale delle società di capitali rileva il contenuto dell'art. 73, comma 3, d.P.R. n. 917/1986 e segnatamente quella parte della disposizione normativa che considera la presenza in Italia, per la maggior parte del periodo d’imposta, della sede legale o della sede dell'amministrazione. La sede dell'amministrazione, in quanto contrapposta alla sede legale, coincide con la sede effettiva e cioè come il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell'ente e si convocano le assemblee e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l'accentramento, nei rapporti interni e con i terzi, degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell'impulso dell'attività dell'ente. Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione, Sez. V, con la sentenza n. 14527 del 28 maggio 2019. Il caso. Ad una holding olandese è stato negato il rimborso delle ritenute operate in Italia in sede di distribuzione di dividendi da parte della propria controllata. Il Fisco, infatti, a seguito di un controllo sostanziale ha ritenuto che la società olandese era stata fittiziamente costituita in Olanda allo scopo di beneficiare del regime agevolato di tassazione dei dividendi previsto dalla Convenzione tra Italia e Paesi Bassi sulle doppie imposizioni e del regime di esenzione dei dividendi delle imposte vigente in Olanda. L'impresa, pertanto, non possedeva i requisiti per ottenere il rimborso delle ritenute sui dividendi. Il Fisco ha emesso conseguentemente provvedimento di diniego dell'esenzione con richiesta di restituzione del rimborso delle ritenute. La società ha impugnato l'atto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, che ha accolto il gravame per intervenuta decadenza del potere di recupero dell'ufficio. Il Fisco ha appellato la decisione di primo grado. I Giudici di appello hanno ritenuto tempestiva la pretesa dell'ufficio e poi affermato la fondatezza della tesi dell'effettiva residenza in Italia della società olandese. Il Giudice del gravame tributario ha negato, sulla base del principio dell’abuso del diritto, ad una società olandese il rimborso delle ritenute sui dividendi distribuiti ai soggetti non residenti, in considerazione dell’insussistenza dei requisiti richiesti per beneficiare di detto istituto. Esso ha ritenuto, in particolare, che la società non aveva sede effettiva all’estero, bensì in Italia, e che era e stata costituita al solo scopo di godere dei benefici fiscali e non per valide ragioni economiche. In particolare, ha evidenziato che dalle indagini svolte era emersa la residenza in Italia e nel Regno Unito degli amministratori della società estera. La società, inoltre, non svolgeva alcuna attività economica e non aveva la sede di direzione effettiva in Olanda. Per la CTR, si trattava di una società esterovestita avente la propria residenza effettiva in Italia, che non aveva diritto, perciò, al rimborso delle ritenute sui dividendi. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno accolto le doglianze promosse dalla ricorrente società olandese, ritenendo fondato, tra gli altri motivi, il vizio di insufficiente motivazione lamentato dalla società proprio con riferimento alla affermata esterovestizione. Nella fattispecie in esame la CTR ha del tutto omesso di esaminare quanto dedotto ed allegato dalla società ricorrente per provare che l’effettiva amministrazione societaria si svolgeva in Olanda, luogo, questo, dove si tenevano i Consigli di amministrazione e le assemblee dei soci e dove la società aveva la materiale disponibilità dei locali necessari ai fini dello svolgimento delle attività di amministrazione e gestione. Per gli Ermellini, i Giudici di appello si sono limitati a sostenere l'effettiva sede in Italia sulla base della residenza nel nostro Paese e nel Regno Unito degli amministratori e sull'attività svolta dalla società, consistente nella mera gestione di pacchetti azionari. Secondo la Corte, la residenza italiana o inglese degli amministratori della holding non è di per sé sintomatica dell'ubicazione della sede dell'amministrazione effettiva in Italia più di quanto non lo sia l'ubicazione della sede amministrativa effettiva in territorio inglese. Inoltre, lo svolgimento della mera attività di gestione dei pacchetti azionari è connaturata alla natura di holding della società, I Giudici di secondo grado non hanno esaminato le allegazioni difensive in ordine all'effettiva amministrazione in Olanda della società, dove, peraltro, avevano luogo sia i consigli di amministrazione, sia le assemblee dei soci. Inoltre nei Paesi Bassi la società aveva la materiale disponibilità dei locali necessari per lo svolgimento dell'attività di amministrazione e gestione. Conclusioni. Con esterovestizione si intende la fittizia localizzazione all'estero della residenza fiscale di una società che, al contrario, ha di fatto la sua attività e persegue il suo oggetto sociale in Italia. L'esterovestizione è la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all'estero, in particolare in un Paese con trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, al fine di sottrarsi al più gravoso regime nazionale. In altri termini una società simula di essere residente all'estero per non essere assoggettata al regime tributario italiano. In tale caso il TUIR prevede un meccanismo per cui tali società si considerano residenti in Italia, salva prova contraria da parte del contribuente. Perché si configuri l'abuso del diritto di stabilimento, nell'ipotesi di esterovestizione societaria, occorre verificare se il trasferimento vi è stato nella realtà, per cui necessita accertare di fatto se l'operazione posta in essere sia artificiosa e preveda la costituzione di una forma giuridica che non corrisponde alla realtà economica. In altri termini, affinché ci sia esterovestizione, devono sussistere due elementi 1 la natura fittizia della localizzazione all’estero della società. In altri termini l'attività economica non è esercitata in detto altro Paese, non configurandosi atti di organizzazione e di attività imprenditoriale stabilmente localizzati. A tal fine bisogna individuare esattamente a il luogo in cui sono prese le decisioni strategiche per la società b il luogo dove è prevalentemente svolta l'attività di impresa.2 l’indebito e collegato risparmio d’imposta. Lo scopo principale della localizzazione, tipicamente in un paese con un regime fiscale più vantaggioso di quello nazionale, è quella di fare in modo che gli utili siano sottoposti ad una minore tassazione. Ai fini della individuazione della residenza fiscale delle società ed enti soggetti ad IRES, si deve avere riguardo al contenuto dell’art. 73, comma 3, d.P.R. n. 917/1986, il quale considera la presenza sul territorio nazionale sia della sede legale, sia della sede dell’amministrazione, quali elementi probanti ai fini dell’attribuzione della qualifica di soggetto residente. Rispetto alla nozione di sede dell’amministrazione va ribadito che, trattandosi di nozione contrapposta a quella di sede legale, coincide con la sede effettiva, intesa come il luogo ove hanno il concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e si convocano le assemblee. In detto contesto, la residenza italiana o inglese degli amministratori della società con sede estera non è , di per sé, sintomatica dell’ubicazione della sede dell’amministrazione effettiva sul territorio italiano o inglese. L’organo giudicante, infatti, è sempre tenuto a valutare le allegazioni difensive e la documentazione che venga prodotta per dimostrare l’effettiva amministrazione all’estero. La società straniera i cui amministratori sono residenti in Italia non può dirsi esterovestita se i consigli di amministrazione si tengono fuori dall’Italia. I consigli di amministrazione e le assemblee dei soci tenute in territorio estero, dove la società dispone materialmente di locali necessari perla gestione di partecipazioni, escludono la residenza in Italia della holding estera, ed impongono un'approfondita valutazione dei giudici di merito prima di ritenere sussistente un'ipotesi di esterovestizione.

Corte di Cassazione, sez. V Civile, sentenza 14 novembre 2018 – 28 maggio 2019, numero 14527 Presidente Greco – Relatore Locatelli Fatti di causa Con istanza del 8.5.2002 la società olandese Agusta Holding B.V. chiedeva, ai sensi dell'articolo 27 bis D.P.R. 29 settembre 1973 numero 600 e della Convenzione tra Italia e Paesi Bassi sulle doppie imposizioni, la restituzione della ritenuta del 15% applicata sui dividendi distribuiti nell'anno 2001 da Agusta spa, ammontante ad Euro 2.992.753. L'Agenzia delle Entrate, a seguito di controllo meramente formale, in data 6.8.2003 effettuava il rimborso richiesto in favore della società italiana Agusta spa. A seguito di successivo controllo sostanziale l'Agenzia delle Entrate riteneva che la società Agusta Holding BV, alla quale Finmeccanica spa aveva trasferito l'intero capitale sociale di Agusta spa, fosse stata fittiziamente costituita in Olanda allo scopo di beneficiare del regime agevolato di tassazione favorevole dei dividendi previsto dalla Convenzione tra Italia e Paesi Bassi sulle doppie imposizione e del regime di esenzione dei dividendi dalle imposte vigente in Olanda, e che non possedesse i requisiti per beneficiare dell'istituto del rimborso delle ritenute sui dividendi ai sensi dell'articolo 27 bis D.P.R. 29 settembre 1973 numero 600 e ai sensi della Convenzione sulle doppie imposizioni. Pertanto in data 15.10.2007 l'ente impositore emetteva provvedimento di diniego dell'esenzione tributaria, con richiesta del restituzione del rimborso percepito ma non spettante, oltre interessi, per un importo complessivo di Euro 3.108.703, provvedimento notificato sia ad Agusta Holding BV sia ad Agusta spa. Avverso il provvedimento di diniego la società Agusta Holding BV proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Pescara che lo accoglieva con sentenza numero 70 del 2008, sul preliminare rilievo della intervenuta decadenza dell'Ufficio dal potere di recupero per decorrenza del termine previsto dall'articolo 43 comma 1 D.P.R. 29 settembre 1973 numero 600. L'Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo che lo accoglieva con sentenza numero 97 del 8.4.2011. Il giudice di appello rigettava l'eccezione di intervenuta decadenza dell'Ufficio dalla facoltà di procedere al recupero dell'indebito rimborso dovendosi fare applicazione del termine generale decennale di prescrizione dei diritti stabilito dall'articolo 2946 cod.civ. riteneva che la società Agusta Holding spa non avesse sede effettiva in Olanda bensì in Italia, e che non fosse l'effettiva beneficiaria degli interessi distribuiti da Agusta spa riteneva l'insussistenza dei requisiti richiesti per l'applicazione dell'articolo 27 bis del D.P.R. 29 settembre 1973 numero 600 sul diritto al rimborso delle ritenute sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti. Contro la sentenza di appello la società Agusta Holding BV propone cinque motivi di ricorso per cassazione. L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso. Ragioni della decisione 1.Primo motivo Violazione e falsa applicazione del disposto dell'articolo 43 e 38 del DPR 602/1973 in relazione all'articolo 360 numero 3 cod.proc.civ. , nella parte in cui la C.T.R. ha rigettato l'eccezione di intervenuta decadenza dell'Ufficio dalla facoltà di richiedere la restituzione delle somme rimborsate per violazione del termine previsto dall'articolo 43 comma 1 D.P.R. 29 settembre 1973 numero 600 vigente all'epoca dei fatti, decorrente dalla data di esecuzione del rimborso. Il motivo è infondato. Il termine previsto dall'articolo 43 D.P.R. 29 settembre 1973 numero 600 è inapplicabile perché riguarda la diversa fattispecie della rettifica della dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente e decorre, testualmente, dalla data di presentazione della dichiarazione. Invece, nel caso in esame, il provvedimento impugnato non rettifica in alcun modo la dichiarazione presentata dal sostituto di imposta, ma possiede il contenuto di una revoca del precedente rimborso, successivamente risultato indebito a seguito dei controlli sostanziali eseguiti dall'Ufficio. Il termine di decadenza previsto dall'articolo 38 D.P.R. 29 settembre 1973 numero 602 è applicabile al contribuente che richieda il rimborso di un versamento di imposta erroneamente effettuato e non riguarda la tempistica con cui l'Amministrazione finanziaria agisce per il recupero di un rimborso effettuato ma non spettante. Ne consegue che, non essendo applicabili i termini di decadenza indicati negli articolo 43 D.P.R. 29 settembre 1973 numero 600 e 38 D.P.R. 29 settembre 1973 numero 602, si deve avere riguardo al solo termine ordinario di prescrizione previsto in anni dieci dall'articolo 2946 cod.civ. In senso conforme questa Corte ha stabilito che i provvedimenti di diniego di esenzioni fiscali, sono equiparabile agli atti di accertamento ai soli fini loro impugnabilità, e quindi della tutela giurisdizionale del contribuente ad essi, pertanto, non è applicabile, sotto altri profili, la disciplina propria degli atti di accertamento, come quella del regime di decadenza previsto dall'articolo 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, numero 600. Sez. 5, Sentenza numero 335 del 11/01/2005 . 2.Secondo motivo Violazione del disposto dell'articolo 27 bis DPR 600/73 e articolo 24 comma 3 della Convenzione tra Italia e Paesi Bassi resa esecutiva con legge numero 305 del 1993 e articolo 5 e 7 della Direttiva numero 940/435 CEE cosiddetta Direttiva Madre Figlia e articolo 6 del Trattato Istitutivo in relazione all'articolo 360 numero 3 cod.proc.civ. , distinto in un primo ed un secondo profilo di illegittimità, con richiamo alla giurisprudenza della Corte di giustizia Europea in materia di trattamento fiscale dei dividendi in uscita versati da società figlie residenti a società madri ubicate in altro paese UE e al divieto di applicazione di un sistema fiscale deteriore rispetto a quello applicato in caso di distribuzione di dividendi tra società entrambe residenti. 3.Terzo motivo quarto nella numerazione della ricorrente Insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione ad un punto decisivo della controversia in relazione all'articolo 360 numero 5 cod.proc.civ. , nella parte in cui ha ritenuto che la doppia imposizione economica sarebbe stata eliminata per via del diritto di deduzione delle ritenute sui dividendi dall'imposta olandese sui redditi riconosciuto dall'articolo 24 par.3 del Trattato Italia-Paesi Bassi . 4.Quarto motivo quinto nella numerazione della ricorrente Violazione e falsa applicazione dei principi in tema di abuso della disciplina recata dalla Direttiva Madre Figlia, dell'articolo 27 bis D.P.R. 22 dicembre 1986 numero 917/1986 e dell'articolo 1 par.2 della Direttiva 940/435/CEE cosiddetta Direttiva Madre Figlia in relazione all'articolo 360 comma 1 numero 3 cod.proc.civ. ed omessa e insufficiente motivazione in relazione ad un punto decisivo della controversia ai sensi dell'articolo 360 comma 1 numero 5 cod.proc.civ. , nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha ritenuto che Agusta Bv sia stata costituita al solo scopo di godere dei benefici fiscali e non abbia provato di essere l'effettivo beneficiario dei dividendi percepiti da Agusta spa ovvero che la società olandese sia configurabile come una costruzione meramente artificiosa , costituita al solo scopo di ottenere un risparmio di imposta altrimenti indebito, considerato che, nella ipotesi in cui i dividendi fossero stati distribuiti direttamente dalla società Agusta spa a Finmeccanica spa , quest'ultima non avrebbe subito alcuna tassazione potendo beneficiare del regime del credito di imposta. 5.Quinto motivo sesto nella numerazione della ricorrente Insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione ad un punto decisivo della controversia ai sensi dell'articolo 360 ci numero 5 cod.proc.civ. , sotto un triplice profilo a nella parte in cui ha rilevato un abuso della Convenzione Italia -Paesi Bassi sul rilievo che la società Agusta B.V. fosse stata costituita al solo scopo di godere dei benefici fiscali b nella parte in cui ha ritenuto che la costituzione in Olanda della Agusta B.V. non rispondesse a valide ragioni economiche c nella parte in cui ha ritenuto che la società Agusta Holding B.V. fosse una società estero-vestita avente la propria residenza effettiva in Italia e non in Olanda. Deve prioritariamente essere esaminato la censura di vizio di motivazione dedotta nel terzo profilo del sesto motivo di ricorso, trattandosi di questione preliminare di merito avente carattere risolutivo e logicamente antecedente alla trattazione delle altre questioni. La complessiva motivazione svolta dal giudice di appello contiene una pluralità di ragioni decisorie ordinabili secondo un rapporto di pregiudizialità logica. Il giudice di appello ha escluso l'applicabilità della norma nazionale sul rimborso delle ritenute sui dividendi distribuiti ai soggetti non residenti di cui all'articolo 27 bis D.P.R. 29 settembre 1973 numero 600 e l'applicabilità della Convenzione tra Italia e Paesi Bassi sulle doppie imposizioni in quanto ha ritenuto che la Agusta Holding B.V., pur essendo formalmente costituita all'estero, fosse in realtà una società estero-vestita avente effettiva residenza fiscale in Italia ha disconosciuto in capo a Agusta B.V. la qualifica di effettivo beneficiario dei dividendi distribuiti da Agusta spa ha ritenuto insussistente il requisito richiesto dall'articolo 27 bis comma primo lett.c del D.P.R. 29 settembre 1973 numero 600 per beneficiare del diritto al rimborso delle ritenute sui dividendi applicate dalla società figlia residente in Italia ha ravvisato nella allocazione in Olanda della sede legale della Agusta Holding B.V., previo trasferimento ad essa del capitale sociale di Agusta spa, una fattispecie di abuso del diritto in ragione del carattere strumentale e privo di valide ragioni economiche della operazione. L'esame della questione relativa alla estero-vestizione della società Agusta Holding B.V., che pur avendo la formale residenza in Olanda ove è ubicata la sede legale, secondo il giudice di appello deve considerarsi soggetto fiscalmente residente in Italia, riveste carattere prioritario, trattandosi di questione risolutiva, logicamente antecedente e condizionante il succedaneo esame delle denunce di erronea interpretazione delle norme nazionali articolo 27 bis D.P.R. 29 settembre 1973 numero 600 , convenzionali Convenzione tra Italia e Paesi Bassi sulle doppie imposizioni e comunitarie Direttiva madre-figlia in materia di tassazione dei dividendi distribuiti tra società madre e figlia residenti in diversi paesi dell'Unione Europea, nonché di erronea prospettazione di una fattispecie di abuso del diritto convenzionale. Sul punto il giudice di appello ha testualmente ritenuto non provata la effettiva residenza all'estero di Agusta Holding anzi dalle indagini emerse risulta che Agusta Holding BV non è effettivamente residente nei Paesi Bassi gli amministratori risultano essere residenti in Italia o nel Regno Unito ulteriore elemento è che Agusta Holding non svolge alcuna attività economica e non ha la sede di direzione effettiva in Olanda, non risultando sufficiente il fatto che la società sia stata costituita secondo le leggi di uno stato estero, non implicando automaticamente che debba considerarsi residente anche ai fini fiscali, mancando la direzione effettiva elemento questo probante del luogo dove vengono adottate le decisioni strategiche e la prova della prevalente attività svolta dalla società . da qui la corretta definizione della Agusta Holding BV quale holding passiva estero vestita ancora il Collegio intende evidenziare che la Agusta Holding BV nei bilanci al 31.12.2000,2001,2002,2003, 2004 non mostrano movimenti finanziari significativi ma si limita a custodire la partecipazione di Agusta Spa, a registrare annualmente la percezione dei dividendi e a pagare gli onorari a consulenti ed amministratori. La denuncia di motivazione insufficiente è fondata. Ai fini della individuazione della residenza fiscale delle società ed enti soggetti ad Ires occorre avere riguardo al contenuto dell'articolo 73 comma 3 del D.P.R. 22 dicembre 1986 numero 917, il quale considera la presenza per la maggior parte dell'anno sul territorio nazionale vuoi della sede legale, vuoi della sede dell'amministrazione, quali elementi probanti ai fini della attribuzione della qualifica di soggetto residente. Con riguardo alla nozione di sede dell'amministrazione questa Corte ha stabilito che, ai sensi dell'articolo 73, comma terzo TUIR, si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo d'imposta hanno sede legale o dell'amministrazione nel territorio dello Stato la nozione di sede dell'amministrazione , in quanto contrapposta alla sede legale , coincide con quella di sede effettiva di matrice civilistica , intesa come il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell'ente e si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l'accentramento, nei rapporti interni e con i terzi, degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell'impulso dell'attività dell'ente. Sez. 5, Sentenza numero 2869 del 07/02/2013 . Il giudice di appello ha sostanzialmente basato l'assunto che la società Agusta B.V. non avesse sede effettiva in Olanda sul fatto che gli amministratori della stessa fossero residenti in Italia o nel Regno Unito e che l'attività di Agusta Holding B.V. consistesse nella mera gestione dei pacchetti azionari. La motivazione è carente perché la residenza italiana o inglese degli amministratori di Agusta Holding posseduta al 100% da Agusta Westland N.V. con sede in Olanda, a sua volta partecipata paritariamente 50% da Finmeccanica spa residente in Italia e GKN plc con sede nel Regno Unito non è di per se sintomatico dello ubicazione della sede dell'amministrazione effettiva sul territorio italiano più di quanto non lo sia della ubicazione della sede amministrativa effettiva sul territorio inglese lo svolgimento di una mera attività di gestione dei pacchetti azionari è connaturata alla natura di holding della società Agusta B.V. Va aggiunto che soltanto a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 73 comma 5 bis TUIR, introdotto dal D.L. 4 luglio 2006 numero 223 convertito nella L. 4 agosto 2006 numero 248, applicabile a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge, la prevalente residenza nel territorio nazionale dei componenti del consiglio di amministrazione di una società estera che detiene partecipazioni di controllo si considera -salvo prova contraria residenza nello Stato. La C.T.R., incorrendo nel denunciato vizio di insufficiente motivazione, ha del tutto omesso di esaminare le allegazioni difensive della società, supportate da produzione documentale, in ordine al fatto che l'effettiva amministrazione di Agusta Holding BV si svolgeva in Olanda, ove avevano luogo i consigli di amministrazione e le assemblee dei soci e dove la società aveva la materiale disponibilità dei locali necessari ai fini dello svolgimento delle attività di amministrazione e gestione. Il riesame in fatto della preliminare questione relativa all'accertamento della residenza nazionale ovvero estera della società Agusta Holding B.V. comporta l'assorbimento delle restanti censure svolte nei motivi secondo, terzo, quarto e parzialmente quinto in ordine alla applicabilità della normativa nazionale articolo 27 bis TUIR , convenzionale Convenzione tra Italia e Paesi Bassi sulle doppie imposizioni e comunitaria Direttiva madre-figlia sulla tassazione dei dividendi in uscita distribuiti da società-figlia residente a società madre non residente, nonché sulla ricorrenza di una fattispecie di abuso del diritto, tutte questioni la cui rilevanza è subordinata all'accertamento a monte della soggettività tributaria domestica ovvero estera della società Agusta Holding B.V. In accoglimento del terzo profilo del quinto motivo di ricorso principale, assorbiti i restanti profili ed i motivi secondo, terzo e quarto, la sentenza delle essere cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo per nuovo giudizio. Alla Commissione tributaria regionale è demandata la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Rigetta il primo motivo, accoglie il terzo profilo del quinto motivo e dichiara assorbiti i restanti profili ed i motivi secondo, terzo e quarto cassa la sentenza impugnata in relazione al profilo accolto del quinto motivo e rinvia per nuovo giudizio alla Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo in diversa composizione.