Studi di settore: insufficiente a legittimare l’accertamento un lieve scostamento

In tema di studi di settore l’accertamento induttivo è legittimo solo allorché si verifichi una grave incongruenza tra i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dagli studi di settore nel quadro di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva. Deve di conseguenza ritenersi nullo l’accertamento basato su uno scostamento fisiologico, in questo caso l’8%, dagli studi di settore anche in assenza totale di documenti e giustificazioni da parte del contribuente.

Lo ha stabilito la Cassazione con ordinanza n. 5327 del 22 febbraio con cui ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle entrate. Studi di settore orientamento della giurisprudenza di legittimità. In tema di studi di settore si ricorda l’ormai consolidato orientamento di legittimità formatosi a partire dalle ormai famose sentenze a Sezioni Unite nn. 26635, 26636, 26637 e 26638 del 2009 che ha ben delineato i paletti per un corretto utilizzo dello strumento secondo tale giurisprudenza cfr. anche Cass. sent. n. 10778 del 2011, nonché n. 19710 del 2013 gli studi di settore rappresentano un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza nasce solo in seguito al contraddittorio col contribuente da attivare obbligatoriamente. In questa sede il contribuente ha l’onere di dimostrare, senza limitazione di mezzi e contenuto, la sussistenza di condizioni che giustifichino l’esclusione dell’impresa dalle condizioni di normalità cui soltanto si applicano tali strumenti l’ufficio, dal canto suo, nelle motivazioni dell’avviso di accertamento, non solo deve dare dimostrazione della concreta applicabilità al caso concreto dello standard” prescelto, ma deve anche esplicitare le ragioni per le quali ritiene non condivisibili le contestazioni sollevate dal contribuente. In altri termini è necessaria una personalizzazione dei risultati dello studio di settore da attuarsi attraverso il contraddittorio obbligatorio con il contribuente. Due sono quindi gli elementi fondamentali per un utilizzo legittimo di tale strumento 1. la personalizzazione dei risultati attraverso il preventivo contraddittorio con il contribuente i cui esiti vanno poi trasfusi nella motivazione dell’atto impositivo 2. la necessità di appurare una grave incongruenza, ovvero un risultato fuori dalla logica imprenditoriale, non essendo sufficiente una rielaborazione dello studio che determini uno scostamento irrisorio soprattutto in termini percentuali rispetto ai ricavi dichiarati. Caso concreto. Per legittimare un’azione accertativa dell’amministrazione finanziaria, gli studi di settore che rappresentano pur sempre un sistema di presunzioni semplici devono rivelare una grave incongruenza rispetto ai dati dichiarati dal contribuente, spostando su quest’ultimo l’onere della prova contraria. Del resto è la legge stessa ad attribuire tale forza al predetto strumento l’art. 62- sexies d.l. n. 331/1993, nel suo combinato disposto con l'articolo 39, comma 1, lettera d , del d.P.R. 600/1973, dispone che gli accertamenti analitico-induttivi previsti da quest'ultima disposizione possono essere fondati anche sull'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore cfr. Cass. 10271/2017, 21747/2017 e 20414/2014 . Secondo quest’ultima pronuncia la norma di cui all’art. 10 l. n. 146/98, pur non prevedendo espressamente il requisito della gravità dello scostamento opera un rinvio alla precedente disposizione di cui all’art. 62- sexies d.l. 331/93, secondo la tecnica normativa del rinvio recettizio ad una disposizione di carattere generale precedente, da parte di una norma, speciale successiva che non prevede una disciplina specifica della fattispecie da regolare. In forza di tale tipologia di rinvio, infatti, la norma, oggetto del rinvio, risulta inserita ed assorbita nella norma che lo effettua Cass. 914/68 . Sul piano strutturale, pertanto, la successiva disposizione in considerazione nel caso di specie ha recepito in toto la previsione generale di cui alla norma precedente, quanto ai presupposti in presenza dei quali è possibile il ricorso al criterio dello scostamento della dichiarazione dagli studi di settore, fornendo, per tale via, in assenza di una disciplina derogatoria specifica sul punto, una conferma della perdurante necessità che il divario tra i ricavi dichiarati dal contribuente e le risultanze degli studi dia luogo a gravi incongruenze”. Applicando tali principi la Cassazione ha condiviso il ragionamento della Ctr in ordine alla marginalità dello scostamento rilevato pari solamente all’8% rispetto ai ricavi dichiarati anche in virtù della tutela del principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost

Corte di Cassazione, sez. V Civile, ordinanza 13 – 22 febbraio 2019, n. 5327 Presidente Cappabianca – Relatore Federici Rilevato che L'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 771/40/11, depositata il 20.12.2011 dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, Sez. staccata di Latina, di rigetto dell'appello dell'Ufficio avverso la pronuncia di primo grado, che aveva accolto il ricorso della Fratelli Mattei s.r.l. avverso l'avviso di accertamento dei maggiori redditi determinati induttivamente mediante applicazione degli studi di settore. Ha riferito che l'atto impositivo trovava genesi nel riscontro nell'Unico 2005 di ricavi dichiarati per l'anno d'imposta 2004 inferiori a quelli derivanti dall'applicazione dello studio di settore relativo all'attività esercitata segagione e lavorazione pietre di marmo , di cui all'art. 62 bis del D.L. n. 331 del 1993, conv. con modificazioni in L. n. 427 del 1993. La contribuente era convocata ai fini dell'instaurazione del contraddittorio, in tale circostanza tuttavia non rappresentando all'Ufficio -a dire della ricorrente alcuna giustificazione dello scostamento rilevato. Invitata alla allegazione di documentazione idonea, non produceva nulla, per cui all'esito della fase endoprocedimentale l'Amministrazione notificava l'avviso di accertamento. Nel contenzioso che ne seguiva la Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone accoglieva il ricorso della società con sentenza n. 492/01/08. L'appello proposto dall'Ufficio avverso tale pronuncia era rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale con la sentenza ora al vaglio di questa Corte. L'Ufficio censura la sentenza con due motivi con il primo per violazione e falsa applicazione dell'art. 62 sexies del D.L. n. 331 del 1993, degli artt. 39 co. 1, lett. d e co. 2 lett. d-bis , nonché 42 del D.P.R. n. 600 del 1973, degli artt. 54 e 56 del D.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all'art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c, per aver erroneamente affermato l'infondatezza dell'accertamento basato sui soli studi di settore, pur in assenza di qualunque giustificazione addotta dal contribuente nella fase del contraddittorio con il secondo per omessa o insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione all'art. 360 co.1, n. 5 c.p.c. Ha dunque chiesto la cassazione della sentenza con ogni conseguente statuizione. La società, cui risulta ritualmente notificato il ricorso, non ha inteso costituirsi. Considerato che I motivi, che possono trovare congiunto esame per essere tra loro connessi, non sono fondati. Questa Corte ha affermato che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore, ai sensi dell'art. 62 bis e segg. del D.L. 331 del 1993, convertito in L. n. 427 del 1993, costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati -meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente in tale sede quest'ultimo ha l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali non sono state ritenute attendibili le allegazioni del contribuente. L'esito del contraddittorio tuttavia non condiziona l'impugnabilità dell'accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l'applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall'ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente Cass., Sez. U, sent. n. 26635 del 2009 più di recente, 13908/2018 9484/2017 21754/2017 14091/2017 . A maggior chiarimento delle conseguenze derivanti dalla ripartizione dell'onere probatorio, si è anche affermato che ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato e il contribuente abbia omesso di parteciparvi, oppure, anche partecipando, non abbia allegato alcunché per spiegare lo scostamento, l'Ufficio non è più tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri cfr. sent. 21754/2017 cit. da ultimo anche ord. n. 27617/2018 . In questo caso infatti la rilevazione dello scostamento, a fronte dell'assenza di elementi con cui il contribuente ne spieghi la sussistenza, assume la dignità di indizio grave e preciso, idoneo, pur se unico, a supportare la dimostrazione del fatto ancora sconosciuto, ai sensi dell'art. 2729 c.c Ciò tuttavia, pur abilitando l'Amministrazione all'accertamento di un maggior reddito per il mancato allineamento dei ricavi allo studio di settore appropriatamente applicato, non esime il giudice da una analisi dei dati emergenti anche nel contenzioso instauratosi. Se infatti l'atto impositivo può legittimamente fare seguito all'emergere dello scostamento, ciò non è altrettanto sufficiente a vincolare il giudice quando nella fase del contradditorio endoprocedimentale il contribuente si sia limitato a rappresentare oralmente le ragioni giustificative di tale scostamento, oppure abbia inteso solo evidenziare la non gravità dello scostamento. Il concetto di allegazione , pur valorizzato dalla giurisprudenza, non deve essere infatti circoscritto al deposito di prove documentali o difese scritte, potendo essere sufficiente la rappresentazione orale delle proprie ragioni e delle proprie valutazioni, peraltro certamente riprodotte in un verbale, che riporti i risultati del contradditorio instaurato e per ciò stesso costituenti una difesa riportata in uno scritto. Saranno tali ragioni a costituire poi oggetto di giudizio critico in sede contenziosa da parte del giudice. Ebbene la sentenza, dopo aver richiamato la norma di riferimento ossia quell'art. 62 sexies del D.L. 331 cit., che al comma 3 richiede la grave incongruenza tra i ricavi e gli studi di settore , e aver richiamato la giurisprudenza che esclude l’ automatismo dei coefficienti presuntivi attribuendo al giudice poteri di valutazione con riferimento alla specifica condizione del contribuente, nel rispetto del principio di capacità contributiva, afferma che nel caso specifico va rilevato che a seguito dell'incontro presso l'Agenzia delle Entrate venivano esposti verbalmente i motivi per cui i ricavi dichiarati si discostavano dai ricavi risultanti dallo studio di settore in quell'occasione la società venne invitata a presentare per iscritto le motivazioni, ma per un disguido il documento non venne presentato. La società tiene comunque a precisare che a fronte di ricavi dichiarati di Euro 1.102.356,00 la differenza con l'applicazione degli studi di settore è solo di Euro 89.688,00 ed allega il bilancio dell'anno e degli anni successivi. L'ufficio di contro non dimostra alcunché tranne il trincerarsi sul fatto che gli studi di settore sono uno strumento assolutamente legittimo su cui fondare l'accertamento . La motivazione, ancorché stringata, rivela una consapevole valutazione degli elementi essenziali utilizzati dalle rispettive parti a sostegno delle opposte posizioni, risultando peraltro indenne da carenze motivazionali, per contraddittorietà o insufficienza. In particolare essa valorizza proprio il dato della assenza di una incongruenza grave tra il dichiarato e lo studio applicato. Questa Corte, in una fattispecie analoga, ha già affermato che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore differisce dalla procedura di accertamento di cui all'art. 39 del D.P.R. n. 600/73, rispetto alla quale costituisce uno strumento alternativo disponibile per l'Amministrazione finanziaria, proprio in quanto -al contrario di questa è del tutto indipendente dall'analisi dei risultati delle scritture contabili Cass. 23096/12 Cass., sent. n. 20414/2014 . Questo indirizzo non è stato pregiudicato neppure dall'art. 10, co. 1, della L. n. 146 del 1998. Infatti, come anche ribadito dalla Sezioni unite sent. n. 26635/09 , che rimarcando la necessità che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una grave incongruenza , espressamente prevista dall'art. 62 sexies del D.L. 30 agosto n. 331/93, aggiunto dalla legge di conversione n. 427/93 -nel quadro di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva-, il menzionato art. 10 non contempla espressamente il requisito della gravità dello scostamento solo in quanto già previsto dalla norma precedente, rispetto alla quale opera un rinvio secondo la tecnica normativa del rinvio recettizio ad una disposizione di carattere generale precedente, da parte di una norma speciale successiva che non prevede una disciplina specifica della fattispecie da regolare . In forza di tale tipologia di rinvio infatti l'art. 62 sexies risulta inserito ed assorbito nel successivo art. 10, sicché sul piano strutturale la successiva disposizione, recependo integralmente la previsione generale della norma precedente, ed in assenza di una disciplina derogatoria specifica sul punto, conferma la perdurante necessità che il divario tra i ricavi dichiarati dal contribuente e le risultanze degli studi dia luogo a gravi incongruenze cfr Cass., sent. n. 20414/2014 cit, che regolando il caso sottoposto alla sua attenzione, riteneva non grave uno scostamento del 7% tra i ricavi dichiarati e i dati dello studio di settore applicato . Ebbene, ritornando all'esame del caso di specie, alla luce dei principi già enunciati dalla giurisprudenza, cui si intende dare continuità, l'argomento sostenuto dalla società contribuente e valorizzato nella sentenza impugnata, ossia la marginalità dello scostamento tra i ricavi dichiarati e i paradigmi applicabili in base allo studio di settore appropriato, e dunque la carenza della grave incongruenza richiesta dalla disciplina positiva, con uno scostamento anche in questo caso approssimativamente vicino all'8%, costituisce una valutazione operata correttamente dal giudice di merito, certamente coerente con la prioritaria tutela del principio di capacità contributiva di cui all'art. 53 Cost. Ne discende che, in assenza di ogni ulteriore riscontro allegato dalla Amministrazione a sostegno del maggior reddito attribuito con l'atto impositivo, la pronuncia è indenne sia da errores iuris in iudicando, sia da vizi motivazionali. In conclusione il ricorso è infondato e va rigettato. Considerato che La mancata costituzione della società esonera questo Collegio dalla regolamentazione delle spese di causa. P.Q.M. rigetta il ricorso.