L’IRAP per l’avvocato che si associa “di fatto” ad un altro studio

Per l’assoggettamento ad IRAP dei proventi dell’avvocato è necessario che l’autonoma struttura organizzativa di cui questi si avvalga faccia capo allo stesso non solo a fini operativi ma anche sotto il profilo organizzativo.

Sul tema la Corte di Cassazione con ordinanza n. 30067/18, depositata il 21 novembre. Il caso. Un avvocato riferiva in giudizio che, nell’esercizio della sua attività di libero professionista riceveva la notifica della cartella esattoriale con cui gli veniva chiesto il versamento dell’IRAP relativa all’anno 2005. Contestando ciò, il difensore adiva la Commissione Tributaria Provinciale che accoglieva il suo ricorso. Così l’Agenzia delle Entrate ricorreva dinanzi alla Commissione Regionale che accoglieva l’appello. Per tali ragioni, l’avvocato ricorre in Cassazione denunciando l’assoggettamento all’imposta sulle attività produttive e la erronea motivazione circa la sua presunta adesione ad un’associazione. L’assoggettamento all’IRAP. Presupposto per l’assoggettamento all’imposta è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata volta alla prestazione di servizi. Per quanto riguarda, quindi, il significato dell’espressione autonoma organizzazione” già la Corte Costituzionale aveva sottolineato che tale imposta incide su un fatto economico diverso dal reddito del soggetto, non implicando alcun limite quantitativo di prevalenza o meno rispetto al lavoro autonomo esercitato. Sul punto, la Corte di legittimità evidenzia che la nozione di autonoma organizzazione nell’esercizio dell’attività di lavoro autonomo, ai fini IRAP è riconosciuta quando il contribuente sia il responsabile dell’organizzazione, impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione. Ebbene, nel caso in esame, il giudice tributario d’appello ha riconosciuto la sussistenza dei presupposti ai fini dell’assoggettamento IRAP all’attività dell’avvocato, in quanto il libero professionista che si associa, anche solo di fatto, usufruendo di un altrui struttura amministrativa, di proprietà di un altro soggetto, che apporta un valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale, è soggetto all’imposta de qua, a meno che il professionista stesso no ìn dimostri di non fruire dei benefici organizzativi conseguibili dall’esercizio della professione in forma collettiva che possono giustificare il quid pluris di capacità contributiva oggetto del prelievo IRAP . In definitiva, nella fattispecie, l’Agenzia delle Entrate conferma l’assenza di un rapporto associativo professionale del contribuente e dunque, la sentenza non fa corretta applicazione delle norme che regolano l’assoggettamento all’IRAP del professionista e va cassata.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 27 giugno – 21 novembre 2018, n. 30067 Presidente Locatelli – Relatore Federici Rilevato che Z.V.B.M. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 27/01/11, depositata dalla Commissione Tributaria di 2^ grado di Bolzano il 25 marzo 2011 ha riferito che nell'esercizio della attività libero-professionale di avvocato riceveva la notifica della cartella di pagamento n. OMISSIS , con cui gli era chiesto il versamento dell'importo complessivo di Euro 7.152,94, comprensivo di sanzioni ed interessi, a titolo di IRAP relativa all'anno 2005. Contestando i presupposti di assoggettamento all'imposta, aveva adito la Commissione Tributaria Provinciale di Bolzano, che con sentenza n. 208/01/09 accoglieva il ricorso. L'Agenzia ricorreva dinanzi alla Commissione Regionale che con la pronuncia ora impugnata accoglieva l'appello. Il contribuente censura con due motivi la sentenza con il primo per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè per motivazione erronea e contraddittoria circa la presunta adesione del ricorrente ad una associazione, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 con il secondo per violazione dell'art. 115 c.p.c. e nullità della sentenza in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e ancora per motivazione erronea e insufficiente circa la presunta presenza di altri colleghi nello studio di Brunico, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ha chiesto pertanto la cassazione della sentenza, con o senza rinvio. Si è costituita l'Agenzia, contestando i motivi di ricorso, di cui ha chiesto il rigetto. Il contribuente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380 bis. 1 c.p.c Considerato che I motivi di ricorso, critici nei confronti della sentenza sotto i molteplici aspetti del vizio di legge, sostanziale e processuale, e del vizio motivazionale, e che possono essere trattati unitariamente perchè tutti afferenti alle regole di assoggettamento del professionista all'imposta sulle attività produttive, nonchè agli elementi fattuali esaminati e valutati dal giudice dell'appello, sono fondati. Presupposto per l'assoggettamento all'imposta è l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla prestazione di servizi D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 , applicabile anche alle persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma del predetto testo unico, art. 5, comma 3 ndr. D.P.R. n. 917 del 1986 esercenti arti e professioni, di cui al medesimo testo unico, art. 49, comma 1 D.Lgs. n. 446 DEL 1997, art. 3, lett. c . Quanto al significato di autonoma organizzazione già la Corte Costituzionale, con sent. n. 156 del 2001, aveva puntualizzato che l'imposta incide su un fatto economico diverso dal reddito, cioè su quel quid pluris aggiunto dalla struttura organizzativa alla attività professionale, tale da costituire un indice di capacità contributiva idonea a giustificare l'assoggettamento al tributo, il che non implica alcun limite quantitativo, di prevalenza o meno rispetto al lavoro autonomo esercitato, bensì semplicemente un giudizio di valore sulla idoneità di quella organizzazione a potenziare le possibilità produttive del professionista. La Corte di legittimità ha esplicitato la nozione di autonoma organizzazione nell'esercizio dell'attività di lavoro autonomo, riconoscendola ai fini IRAP quando il contribuente a sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse b impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l' id quod plerumque accidit , il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui in tal senso già cfr. Cass., sent. 3676 del 2007 Cass., sent. n. 25311 del 2014 . Nel perimetrare ulteriormente l'assoggettamento ad Irap del lavoratore autonomo le Sez. U, da ultimo intervenute, hanno affermato che il requisito dell'autonoma organizzazione, previsto quale presupposto dell'imposta dall'art. 2 cit., non ricorre quando il contribuente responsabile dell'organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all'esercizio dell'attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l'impiego di un dipendente con mansioni esecutive Sez. U, sent. n. 9451/2016 . Peraltro, per quello che interessa e con riguardo all'attività di avvocato, la Corte ha affermato che per la soggezione ad IRAP dei proventi del professionista autonomo è necessario che la struttura organizzata di cui questi si avvalga faccia capo allo stesso non solo ai fini operativi, ma anche sotto il profilo organizzativo, in conseguenza non riconoscendo la soggettività passiva all'imposta dell'avvocato che, collaborando presso importanti studi legali, ne aveva utilizzato la struttura organizzativa, traendone utilità Cass., ord. n. 4080/2017 . E sempre con riguardo alla libera professione di avvocato si è affermato che il professionista che svolga l'attività all'interno di una struttura altrui, così difettando di autonomia organizzativa, non è assoggettato all'Irap Cass., sent. n. 21150/2014 . L'accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Questi gli approdi ermeneutici della giurisprudenza di legittimità, nel caso di specie il giudice tributario d'appello ha riconosciuto la sussistenza dei presupposti dell'imposta nei confronti del Zieglauer Von, esercente attività di avvocato, affermando che il libero professionista che si associa, anche solo di fatto, ad altro, usufruendo della struttura amministrativa di quest'ultimo, ossia di un complesso di fattori che, per numero, importanza e valore economico siano suscettibili di creare valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al know how del professionista medesimo, è soggetto all'imposta de qua corollario di detto principio è la necessità di dimostrare onere da assolversi dal contribuente che il professionista stesso, aderente ad una associazione professionale, non fruisca, giusto l'id quod plerunque accidit, dei benefici organizzativi notoriamente conseguibili per effetto dell'esercizio della professione in forma collettiva che possono giustificare il quid pluris di capacità contributiva oggetto del prelievo IRAP . E ancora, proseguendo, sostiene che . a tale del tutto condivisibile indirizzo giurisprudenziale deve aggiungersi la situazione di fatto che vede l'Avv. Z. V. titolare in OMISSIS di un proprio studio con la notoria presenza di altri colleghi e, dunque, di nuovo con una struttura organizzativa non certo trascurabile. . La motivazione del giudice regionale si fonda dunque sulla appartenenza del ricorrente ad uno studio associato, nonchè sulla disponibilità di altro studio con notoria presenza di altri colleghi . Sennonchè i due elementi cui fa riferimento la pronuncia sono contestati dalla difesa del Z.V., perchè non rilevati da alcuno degli elementi allegati al giudizio. Peraltro la stessa Agenzia da indirettamente conferma della assenza di un rapporto associativo professionale del contribuente, tanto da precisare nel proprio controricorso, nel tentativo evidente di offrire una interpretazione coerente della motivazione del giudice regionale, che questi abbia voluto intendere l'assoggettamento del professionista ad irap qualora associandosi anche solo di fatto ad altro, usufruisca della struttura amministrativa di quest'ultimo così nel controricorso . Sennonchè questo tentativo di interpretazione della sentenza contrasta con il tenore della motivazione stessa, senza poi considerare il diverso orientamento sostenuto dalla citata più recente giurisprudenza cfr. 21150/2014 cit., e più in generale i principi enucleabili dalle Sezioni Unite . Priva di valore è anche l'affermazione che il ricorrente avrebbe la disponibilità di altro studio con notoria presenza di altri professionisti. Non è infatti comprensibile quale sia il fondamento di tale notorietà, nè assume di per sè rilevanza la disponibilità di un secondo studio, quando tali strutture siano semplicemente strumentali ad un migliore e più comodo esercizio dell'attività professionale cfr. Cass., ord. n. 26651/2016 . In conclusione la sentenza non fa corretta applicazione delle norme che regolano l'assoggettamento all'irap del professionista, alla luce della interpretazione resa dalla giurisprudenza, così come non è corretta in ordine al governo del materiale probatorio allegato dalla parti. Ritenuto che la sentenza va dunque cassata e il giudizio rinviato dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale di 2^ grado di Bolzano, in diversa composizione, per un nuovo esame sulla base dei principi enunciati e degli elementi probatori disponibili, oltre che per la decisione sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria di 2^ grado di Bolzano, in diversa composizione, che deciderà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.