Spetta all'Ufficio, che intenda valersi della scrittura disconosciuta, l'onere di chiederne la verificazione

Spetta all'Ufficio, che intenda valersi della scrittura disconosciuta atto di rinuncia dell'amministratore al credito nei confronti della società per TFM , l'onere di chiederne la verificazione, a norma dell'art. 216 c.p.c., ammissibile anche nel corso del processo tributario, previa sospensione di questo ai sensi del d.lgs. n. 546/1992, artt. 1, comma 2, e 39, che hanno soppresso le limitazioni poste, nel precedente regime del contenzioso tributario, dal D.P.R. n. 636/1972, art. 39.

In forza del rinvio operato dall'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546/1992, alle norme del codice di procedura civile, trova applicazione l'istituto del disconoscimento delle scritture private, con la conseguenza che, in presenza del disconoscimento della firma, il Giudice ha l'obbligo di accertare l'autenticità delle sottoscrizioni. Tali principi sono stati statuiti dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 19 ottobre 2018 n. 26402. La vicenda. Nel caso di specie, un contribuente, con il ricorso introduttivo, ha formalmente negato di aver apposto la propria firma sull'atto di rinuncia al credito nella qualità di amministratore nei confronti della società per TFM, comprovante, ad avviso dell'Ufficio, la sussistenza di un reddito, assimilato a quello di lavoro dipendente, sottoposto a tassazione. Il Giudice del gravame ha confermato il recupero a tassazione del maggior reddito, assimilato a quello di lavoro dipendente, corrispondente al credito vantato dal contribuente, nella qualità di amministratore della società, nei confronti di una società a seguito della rinuncia parziale pari ad 258.938,58 del trattamento di fine mandato TFM accantonato. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, accogliendo il ricorso in Cassazione del contribuente, hanno precisato che il Giudice del gravame ha errato nel ritenere sussistente la rinuncia parziale al credito sul TFM da parte del contribuente, pur avendo il ricorrente formalmente disconosciuto la scrittura privata ad esso relativa ovvero ha errato nel riconoscere valenza probatoria ad una scrittura privata rinuncia al credito , posta a fondamento della pretesa impositiva, oggetto di formale disconoscimento ed in assenza di richiesta di verificazione del documento. In particolare, gli Ermellini hanno ribadito il seguente principio nel processo tributario, la parte che abbia prodotto una scrittura privata, la cui sottoscrizione sia stata tempestivamente disconosciuta da colui che ne appare l'autore, contro il quale è prodotta, non può avvalersene, quale prova della propria pretesa, in mancanza di verificazione nelle forme di legge, previa sospensione del processo tributario, e a detto accertamento, comunque, il Giudice medesimo deve procedere sempreché sussistano le condizioni prescritte dalle norme codicistiche per l’esperibilità della procedura di verificazione, e, in caso affermativo, con l'esercizio dei poteri istruttori nei limiti consentiti dalle disposizioni speciali dettate per il processo tributario. Conclusioni. Sono applicabili al processo tributario l’istituto processua-lcivilistico del disconoscimento della scrittura privata e la cosiddetta istanza di verificazione, ovvero il contribuente può disconoscere il documento prodotto ex adverso ed apparentemente sottoscritto, addossando all’altra parte ufficio l’onere dell’istanza di verificazione. Ciò trova fondamento nel principio d’integrazione di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546/92. È logico supporre, infatti, che il legislatore per situazioni processuali omogenee abbia previsto discipline e conseguenze processuali omogenee e abbia ritenuto, di conseguenza, l’incidente probatorio della verificazione della scrittura privata non incompatibile con l’impianto delineato dal d.lgs. n. 546/92. In buona sostanza, nel prendere atto che il d.lgs. n. 546/92 non esclude espressamente l’applicabilità degli art. 214 e 216 c.p.c. si può rilevare che queste ultime disposizioni, aventi natura secondaria, si pongono in armonia con il principio d’integrazione di cui all’articolo uno secondo comma, del d.lgs. n. 546/92. È evidente che l’applicazione degli istituti de quibus nel processo tributario realizza una equilibrata ponderazione degli interessi in gioco, permette una corretta dialettica processuale, ossia garantisce la parità delle posizioni processuali tra le parti in causa in modo che ciascuna di essa possa svolgere compiutamente le proprie pretese e soprattutto salvaguarda il valore della terzietà del giudice tributario, che conserva una posizione d’equidistanza dall’attore e dal convenuto. La parte contro la quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla, è tenuta a negare formalmente, pur senza l’uso di formule sacramentali Cass., sez. III, sentenza n. 9543/2002 Cass., sez. I, sentenza n. 10912/2003 la propria scrittura o la propria sottoscrizione infatti, il disconoscimento, che è equiparabile ad una ordinaria eccezione sostanziale, è un onere della parte contro la quale la scrittura privata è prodotta in giudizio. Ai fini del disconoscimento di una scrittura privata, ai sensi dell’art. 214 c.p.c. pur non occorrendo alcuna formula sacramentale o speciale, è necessaria un’impugnazione chiara e univoca anche in ordine all’oggetto della sottoscrizione di cui si nega l’autenticità, specificazione che è indispensabile nell’ipotesi in cui, essendo stata prodotta una pluralità d’atti sottoscritti, soltanto alcuni di questi siano disconosciuti in tal senso, Cass. sez. I. sentenza n. 11911/2003 . Quando la scrittura è disconosciuta, non ha l’efficacia probatoria di cui all’art. 2702 c.c. e, pertanto, la parte che ha prodotto la scrittura, se vuole conferire al documento efficacia probatoria ha l’onere di chiedere la verificazione. Il convincimento del Giudice di merito tributario circa l’inidoneità di una determinata deduzione difensiva ad integrare gli estremi del disconoscimento della scrittura privata costituisce giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità. La querela di falso, ex art. 39 d.lgs. n. 546/92, e il disconoscimento della scrittura privata sono istituti preordinati a finalità diverse e del tutto indipendenti tra loro. Il disconoscimento investe la provenienza del documento ed è volto ad impedire che all’apparente sottoscrittore di essa sia imputata la dichiarazione sottoscritta la querela di falso contesta la provenienza delle dichiarazioni contenute nella scrittura. Alla parte nei cui confronti è prodotta una scrittura privata è consentita oltre alla facoltà di disconoscerla, così facendo carico alla controparte di chiederne la verificazione addossandosi il relativo onere probatorio anche la possibilità alternativa di proporre, senza con ciò riconoscere né espressamente né tacitamente la scrittura medesima, querela di falso al fine di contestare la genuinità del documento stesso, atteso che, in difetto di citazioni di legge, non può negarsi a detta parte di optare per uno strumento per lei più gravoso ma rivolto al conseguimento di un risultato più ampio e definitivo, quello cioè della completa rimozione del valore del documento con effetti erga omnes e non nei soli riguardi della controparte Cass., sez. II, sentenza n. 19727/2003 .Nel processo tributario, la parte che abbia prodotto una scrittura privata, disconosciuta dal soggetto che ne appare l’autore, contro il quale è prodotta, non può avvalersene quale prova della propria pretesa, in mancanza di verificazione nelle forme di legge, previa sospensione del giudizio tributario.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 16 gennaio 19 ottobre 2018, n. 26402 Presidente Greco Relatore Dell’Orfano Fatti di causa Con sentenza del 23.3.2010 la Commissione Tributaria Regionale del Veneto accoglieva l’appello proposto dall'Agenzia delle Entrate nei confronti di P.D. avverso la sentenza n. 60/07/2007 della Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza, che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso avviso di accertamento IRPEF, addizionale regionale, addizionale comunale e relative sanzioni per l'anno 2003, con recupero a tassazione del maggior reddito, assimilato a quello di lavoro dipendente, corrispondente al credito vantato dal contribuente, nella qualità di amministratore della società, nei confronti della società P. S.r.L. a seguito della rinuncia parziale pari ad 258.938,58 del trattamento di fine mandato TFM accantonato. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione P.D., affidato a undici motivi. Con un primo motivo ha formulato eccezione di giudicato esterno ex art. 2909 c.c., allegando l'esistenza di una pronuncia relativa ad altri due soci - amministratori della P. S.r.L., favorevole a questi ultimi e passata in giudicato, che riguardava i medesimi presupposti di fatto e di diritto che avevano interessato anche l'odierno ricorrente. Con un secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2702 c.c., 214 e ss. c.p.c. e dell'art. 1 D.Lgs. n. 546/1992, per avere la CTR riconosciuto valenza probatoria ad una scrittura privata rinuncia al credito dianzi indicato , posta a fondamento della pretesa impositiva, oggetto di formale disconoscimento ed in assenza di richiesta di verificazione del documento. Con un terzo motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., contraddittoria ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso del giudizio, per avere la CTR ritenuto sussistente la rinuncia parziale al credito sul TFM da parte del contribuente, pur avendo il ricorrente formalmente disconosciuto la scrittura privata ad esso relativa, con conseguente mancanza di efficacia probatoria della stessa. Con un quarto motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell'art. 39 D.Lgs. n. 546/1992 e dell'art. 2, comma 3, D.Lgs. n. 546/1992 non avendo la CTR esaminato la questione relativa alla veridicità della sottoscrizione apposta in calce alla suddetta scrittura privata. Con un quinto motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 39 D.Lgs. n. 546/1992 e dell'art. 2, comma 3, D.Lgs. n. 546/1992 non avendo la CTR esaminato la questione relativa alla veridicità della sottoscrizione apposta in calce alla suddetta scrittura privata. Con un sesto motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., l'omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio la mancanza della rinuncia al credito da parte del contribuente . Con un settimo motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione dell'art. 55 TUIR vigente ratione temporis per mancanza del necessario presupposto normativo costituito dalla rinuncia al credito. Con un ottavo motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione dell'art. 55 TUIR vigente ratione temporis, degli artt. 2424 e 2425 c.c. e dell'art. 163 TUIR per avere la CTR & lt Con un nono motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio, per non avere la CTR sufficientemente motivato circa l'eccepita mancanza di disponibilità, da parte del ricorrente, della somma a lui spettante a titolo di TFM a seguito della rinuncia al credito. Con un decimo motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione dell'art. 47 TUIR vigente ratione temporis e dell'art. 53 Cost. laddove la CTR ha ritenuto che la rinuncia ai crediti vantati da parte del socio amministratore costituisse un reddito soggetto a tassazione. Con un undicesimo motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 7 L. n. 212/2000 laddove la CTR aveva erroneamente affermato la legittimità dell'avviso di accertamento impugnato nonostante l'eccepita mancata allegazione del processo verbale di constatazione redatto a carico della P. S.r.L. L'Agenzia S.p.A. si è costituita con controricorso, deducendo l'inammissibilità ed infondatezza del ricorso principale. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso, relativamente alla sollevata eccezione di giudicato esterno, è infondato. 2. Invero, l'autorità del giudicato sostanziale opera soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell'azione e presuppone che tra la precedente causa e quella in atto vi sia identità di parti, di petitum e di causa petendi Cass. 20054/2013 in ambito tributario, Cass. 2786/2006 & lt 3. L'undicesimo motivo, relativo alla pretesa violazione dell'art. 7 L. n. 212/2000 da parte della CTR in relazione al lamentato difetto di motivazione dell'avviso di accertamento per difetto di allegazione del p.v.c. inerente la società, il cui esame risulta pregiudiziale rispetto alle rimanenti censure, si rivela parimenti infondato. 3.1. La CTR ha infatti rispettato e dato corretta applicazione al principiopiù volte ribadito dalla Corte e con riguardo ad analoga società a responsabilità limitata a base ristretta - secondo cui & lt 3.3. Deve così prestarsi ossequio al principio, come avvenuto nella sentenza impugnata, secondo cui & lt 4.2. Orbene, questa Corte ha chiarito come & lt & gt Cass. n. 7355 del 2011 . 4.3. Nelle sentenze di questa Corte, nn. 2483, 3104 e 3105 del 2006, si afferma, altresì, in motivazione & lt & gt , ipotesi che la CTR non riteneva tuttavia ricorressero nel caso di specie. 4.5. Al contrario, spetta all'Ufficio, che intenda valersi della scrittura disconosciuta atto di rinuncia dell'amministratore al credito nei confronti della società per TFM , l'onere di chiederne la verificazione, a norma dell'articolo 216 c.p.c., ammissibile anche nel corso del processo tributario, previa sospensione di questo ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1, comma 2, e 39 cfr. Cass. nn. 17937/2004, 8567/2001, 9054/1999, 9755/1990 , che hanno soppresso le limitazioni poste, nel precedente regime del contenzioso tributario, dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, articolo 39 cfr. Cass. n. 6963/1995 . 4.6. Le censure del ricorrente sono poi dirimenti rispetto alle argomentazioni della sentenza impugnata in quanto in essa è richiamato l'atto di rinuncia del ricorrente a parte del TFM, pari ad 258.938,58, all'interno di un iter logico non sezionabile in distinte rationes decidendi. 4.7. Va quindi affermato il seguente principio & lt P.Q.M. Accoglie il secondo ed il quarto motivo di ricorso proposto da P.D. nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, rigetta il primo, il quinto e l'undicesimo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i rimanenti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, in diversa composizione.