Obblighi tributari e responsabilità fiscale del legale rappresentante dell’associazione non riconosciuta

La responsabilità personale e solidale di colui che agisce in nome e per conto dell'associazione non riconosciuta ai sensi dell'art. 38 c.c., si applica anche ai debiti di natura tributaria.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza del 26 settembre 2018, n. 22861. Non è corretto il convincimento che il rappresentante legale di un'associazione non riconosciuta possa andare esente, ai fini fiscali, da responsabilità solidale con l'associazione semplicemente adducendo la mancata ingerenza nella concreta gestione occorre considerare i poteri attribuiti dalle disposizioni in materia tributaria al rappresentante fiscale, che, non solo è obbligato a redigere e presentare una dichiarazione reddituale fedele, ovvero indicando esattamente i ricavi conseguiti e le spese sopportate dall'associazione che rappresenta, non andando esente da eventuali responsabilità sanzionatorie, ma anche ad operare, se del caso, le necessarie rettifiche provvedendo, dopo la presentazione, all'emenda delle dichiarazioni fiscali presentate con dati inesatti e ad effettuare i relativi adempimenti, ivi compreso il pagamento delle imposte. Pertanto, quello che rileva ai fini dell'accertamento della responsabilità personale e solidale del legale rappresentante dell'associazione non riconosciuta con quest'ultima in materia tributaria è, non solo l'ingerenza di tale soggetto nell'attività dell'ente che rappresenta, ma anche il corretto adempimento degli obblighi tributari sul medesimo incombenti, dovendosi in concreto accertare se il rappresentante, pur non essendosi ingerito nell'attività negoziale dell'ente, abbia adempiuto agli obblighi tributari, solo in tal caso potendo andare immune da corresponsabilità. Il legale rappresentante legale di una ASD, che non ha provveduto a versare l’IVA trimestrale dovuta dall'associazione con riferimento ad un anno d'imposta deve essere chiamato a risponderne solidalmente con l'associazione ai sensi dell'articolo 38 c.c La vicenda. Il giudice del gravame ha rigettato l'appello proposto dal fisco avverso la sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso proposto da un contribuente, in proprio e quale legale rappresentante pro tempore di una A.S.D., avverso l'avviso di accertamento emesso nei confronti del contribuente, ai sensi dell'articolo 38 c.c., quale legale rappresentante della predetta associazione, per l'omesso versamento dell'IVA trimestrale dovuta dall'associazione con riferimento all'anno di imposta 2009. I Giudici di appello, richiamando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui ricadeva sull'Ufficio l'onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell'interesse dell'associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all'interno dell'ente , hanno ritenuto inapplicabile l'articolo 38 c.c. al caso di specie, avendo l'Ufficio omesso di fornire la prova dell'imputabilità degli atti in capo alla predetta persona. La pronuncia. Gli Ermellini, con l’ordinanza citata, accogliendo il ricorso del fisco, hanno cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, hanno rigettato l'originario ricorso del contribuente sulla base delle seguenti articolate argomentazioni . L’articolo 38 c.c., nonostante fondi la propria ratio nella tutela dei crediti di terzi nascenti da contratti stipulati con l’associazione non riconosciuta, trova applicazione anche in materia tributaria, ovviamente tanto per le imposte quanto per le sanzioni, atteso il principio secondo il quale l’attività alla quale la norma fa riferimento non è solo quella di natura negoziale, ma anche quella extra negoziale. Non è la carica in sé il presupposto della responsabilità solidale ma è il compimento di atti di gestione in favore e per conto della associazione medesima. La responsabilità personale e solidale di colui che agisce in nome e per conto dell'associazione non riconosciuta ai sensi dell'articolo 38 c.c., non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza formale dell'associazione ma si fonda sull'attività negoziale concretamente svolta e sulle obbligazioni assunte verso i terzi che hanno confidato sulla solvibilità e sul patrimonio di chi ha concretamente agito tale responsabilità non concerne, neppure in parte, un debito proprio dell'associato, ma ha carattere accessorio, anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria dell'associazione, con la conseguenza che l'obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile fra quelle di garanzia ex lege , assimilabili alla fideiussione. Quanto alla natura della responsabilità di chi ha agito per conto dell’ente, si è soliti qualificarla come garanzia ex lege inquadrandola nella fideiussione. Tale responsabilità ha carattere accessorio, anche se non sussidiario, e, il creditore, può rivolgersi indifferentemente all’associazione ovvero al soggetto che ha agito per essa, senza onere di preventiva escussione del fondo comune. L’obbligazione di chi ha agito per l’associazione, inquadrabile tra le garanzie ex lege , ha natura solidale. I creditori non hanno l’obbligo di aggredire preventivamente il patrimonio dell’associazione e, solo in caso di incapienza, quello di chi ha agito per l’ente, ben potendo soddisfarsi direttamente sul fondo comune o su chi ha agito, o su tutti e due simultaneamente. La ratio della previsione di una responsabilità personale e solidale, in aggiunta a quella del fondo comune, delle persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione, è volta a contemperare l'assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell'ente, con le esigenze di tutela dei creditori che abbiano fatto affidamento sulla solvibilità e sul patrimonio di dette persone , e trascende, pertanto, la posizione astrattamente assunta dal soggetto nell'ambito della compagine sociale, ricollegandosi piuttosto ad una concreta ingerenza dell'agente nell'attività dell'ente. Ne consegue, dunque, che chi invoca in giudizio tale responsabilità ha l'onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell'interesse dell'associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all'interno dell'ente. Conclusioni. Affinché vi sia la responsabilità, è necessario che sussista un nesso di causalità tra lo svolgimento dell’attività e l’obbligazione insorta. E questo aspetto riveste particolare importanza in ambito tributario ove, ad esempio, nel caso delle imposte dirette, l’obbligazione tributaria sorge solo in sede dichiarativa. In altre parole, ben può accadere che l’agente di cui si invoca la presunta responsabilità ex articolo 38 c.c. sia un amministratore della A.S.D., che non ricopre anche la qualifica di rappresentante legale. Tale soggetto, anche se ha concluso operazioni a fronte delle quali sarebbero derivati ricavi non dichiarati, non potrà essere chiamato a rispondere per i relativi debiti tributari, atteso che tali debiti scaturiscano dall’illecito dichiarativo e non dall’attività negoziale compiuta con i clienti delle A.S.D. E l’illecito dichiarativo non può essere addebitato a chi non riveste la carica di rappresentante legale, a meno che non si provi che a quest’ultimo soggetto sia stato conferito uno specifico incarico in tal senso. Chi invoca in giudizio tale responsabilità ha l’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la sola prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente. Il rappresentante legale non è automaticamente responsabile dei tributi non versati all’erario, sarà il fisco a dover provare, al di là della qualifica formale, il coinvolgimento del vertice nelle irregolarità con la dichiarazione o con le fatture.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 17 luglio – 26 settembre 2018, n. 22861 Presidente Cirillo – Relatore Luciotti Fatto e diritto Rilevato che - con la sentenza in epigrafe indicata la Commissione tributaria regionale del Molise rigettava l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da P.N., in proprio e quale legale rappresentante pro tempore della U.S. Venafro A.S.D., avverso l'avviso di accertamento emesso nei suoi confronti, ai sensi dell'art. 38 cod. civ., quale legale rappresentante della predetta associazione, per l'omesso versamento dell'IVA trimestrale dovuta dall'associazione con riferimento all'anno di imposta 2009 - i giudici di appello, richiamando le pronunce di questa Corte n. 26290 del 2007 e n. 25748 del 2008, secondo cui ricadeva sull'Ufficio l'onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell'interesse dell'associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all'interno dell'ente , ritenevano inapplicabile l'art. 38 cod. civ. al caso di specie, avendo l'Ufficio omesso di fornire la prova dell'imputabilità degli atti in capo alla predetta persona - avverso tale statuizione l'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui non replica l'intimato - risulta regolarmente costituito il contraddittorio sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del vigente art. 380 bis cod. proc. civ. Considerato che - con il motivo di ricorso la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 2697 cod. civ., sostenendo che la mera titolarità formale della carica rappresentativa dell'associazione non riconosciuta sia sufficiente a determinare l'obbligazione di chi la riveste in solido con il soggetto rappresentato, essendo onere del contribuente e non dell'ufficio provare la sua estraneità alla gestione dell'attività dell'associazione, di cui è rappresentante , chiedendo a questa Corte di affermare il principio in base al quale per i debiti tributari, che non sorgono su base negoziale, ma ex lege al verificarsi del relativo presupposto, il legale rappresentante dell'associazione non riconosciuta, quale una ASD, è chiamato a rispondere solidalmente con l'associazione stessa dei tributi, nonché delle sanzioni non corrisposte, in forza del ruolo rivestito, di direzione della gestione associativa nel periodo considerato ricorso, pag. 7 - in tema di responsabilità del soggetto che rappresenta l'associazione non riconosciuta, si è affermato che la responsabilità personale e solidale di colui che agisce in nome e per conto dell'associazione non riconosciuta ai sensi dell'art. 38 cod. civ., non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza formale dell'associazione ma si fonda sull'attività negoziale concretamente svolta e sulle obbligazioni assunte verso i terzi che hanno confidato sulla solvibilità e sul patrimonio di chi ha concretamente agito e che il principio si applica anche ai debiti di natura tributaria cfr. Cass. n. 16344 del 2008 e n. 19486 del 2009 si è quindi chiarito da Cass. n. 20485 del 2013 conf. Cass. n. 12473 del 2015 che secondo il costante insegnamento di questa Corte - la responsabilità personale e solidale, prevista dall'art. 38 cod. civ, di colui che agisce in nome e per conto dell'associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell'associazione stessa, bensì all'attività negoziale concretamente svolta per suo conto e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra l'ente ed i terzi. Si è, altresì, precisato - al riguardo - che tale responsabilità non concerne, neppure in parte, un debito proprio dell'associato, ma ha carattere accessorio, anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria dell'associazione, con la conseguenza che l'obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile fra quelle di garanzia ex lege , assimilabili alla fideiussione cfr., ex plurimis, Cass. 25748/08, 29733/11 . D'altro canto, la ratio della previsione di una responsabilità personale e solidale, in aggiunta a quella del fondo comune, delle persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione, è volta a contemperare l'assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell'ente, con le esigenze di tutela dei creditori che abbiano fatto affidamento sulla solvibilità e sul patrimonio di dette persone , e trascende, pertanto, la posizione astrattamente assunta dal soggetto nell'ambito della compagine sociale, ricollegandosi piuttosto ad una concreta ingerenza dell'agente nell'attività dell'ente Cass. 5746/07 . Ne consegue, dunque, che chi invoca in giudizio tale responsabilità ha l'onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell'interesse dell'associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all'interno dell'ente cfr., ex plurima, Cass. 26290/07, 25748/08 - ritiene il Collegio, andando di diverso avviso dalla proposta del relatore Cass., Sez. U., n. 8999 del 2009 , che da tale orientamento giurisprudenziale non può però trarsi il convincimento che il rappresentante legale di un'associazione non riconosciuta possa andare esente, ai fini fiscali, da responsabilità solidale con l'associazione semplicemente adducendo la mancata ingerenza nella concreta gestione dell'ente e ciò in ragione delle considerazioni di seguito svolte che presuppongono la riaffermazione del principio di autonomia del diritto tributario rispetto a quello civile e della fonte legale dell'obbligazione tributaria orbene, la tesi sopra prospettata, da un lato, presta il fianco a facili strumentalizzazioni a fini elusivi e, dall'altro, non considera i poteri attribuiti dalle disposizioni in materia tributaria al rappresentante fiscale, che, non solo è obbligato a redigere e presentare una dichiarazione reddituale fedele, ovvero indicando esattamente i ricavi conseguiti e le spese sopportate dall'associazione che rappresenta, non andando esente da eventuali responsabilità sanzionatorie, ma anche ad operare, se del caso, le necessarie rettifiche provvedendo, dopo la presentazione, all'emenda delle dichiarazioni fiscali presentate con dati inesatti sui termini per presentare la dichiarazione integrativa, Cass., Sez. U., n. 13378 del 2016 e ad effettuare i relativi adempimenti, ivi compreso il pagamento delle imposte pertanto, quello che rileva ai fini dell'accertamento della responsabilità personale e solidale del legale rappresentante dell'associazione non riconosciuta con quest'ultima in materia tributaria è, non solo l'ingerenza di tale soggetto nell'attività dell'ente che rappresenta, ma anche il corretto adempimento degli obblighi tributari sul medesimo incombenti, dovendosi in concreto accertare se il rappresentante, pur non essendosi ingerito nell'attività negoziale dell'ente, abbia adempiuto agli obblighi tributari, solo in tal caso potendo andare immune da corresponsabilità - orbene, nel caso di specie, è pacifico che il controricorrente, quale legale rappresentante legale dell'ASD, non abbia provveduto a versare l’IVA trimestrale dovuta dall'associazione con riferimento all'anno d'imposta 2009 e, conseguentemente, per le ragioni sopra indicate, deve essere chiamato a risponderne solidalmente con l'associazione - conclusivamente, quindi, va accolto il ricorso e la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con rigetto dell'originario ricorso del contribuente che, in applicazione del principio della soccombenza, va condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo, compensandosi le spese dei gradi di merito in ragione dell'evoluzione giurisprudenziale in materia P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originario ricorso del contribuente che condanna al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, compensando le spese dei gradi di merito.