TARSU, l’esercizio alberghiero paga di più e non ha rilievo il carattere stagionale dell’attività

La Cassazione accoglie il ricorso di un Comune contro un villaggio vacanze. Nessun rilievo assume il carattere stagionale dell’attività.

L’esercizio alberghiero paga una maggiore TARSU, e non assume rilievo l’attività stagionale. È la posizione della Corte di Cassazione con l’ordinanza del 27 settembre 2017, n. 22523, con la quale i giudici hanno accolto il ricorso presentato da un Comune avverso un villaggio turistico. Il caso. L’ente turistico aveva impugnato il diniego del rimborso della maggiore TARSU per gli anni 2004/2009, ottenendo ragione dal giudice di merito. La Corte d’Appello aveva affermato che andava disapplicato il regolamento comunale che aveva distinto almeno dieci tariffe per le unità presenti nel campo vacanze. Tariffe. Al Palazzaccio hanno affermato che In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani TARSU , è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal d.lgs. n. 22/1997, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore . Fonte www.fiscopiu.it

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 11 luglio 27 settembre 2017, n. 22523 Presidente Chindemi Relatore De Masi Rilevato che il Comune di Vieste propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza n. 253/26/12, depositata il 28/12/2012, della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, che ha respinto l'appello proposto avverso la decisione di primo grado, favorevole alla Porticello Villaggi s.r.l., esercente l'attività alberghiera relativamente ad un villaggio - turistico, a quale aveva impugnato il diniego di rimborso della maggiore imposta versata a titolo di Tarsu per gli anni 2004/2009, e condannato l'ente locale soccombente al pagamento delle spese di giudizio che Giudice di appello, in particolare, ha rilevato che il diritto al rimborso della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani TARSU si fonda sulle attestazioni di pagamento prodotte in giudizio dalla contribuente, e sulla circostanza che il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, comma 2, stabilisce un'unica classificazione tariffaria per i locali, aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività, convivenze ed esercizi alberghieri, così equiparandoli tutti a fini impositivi, secondo un criterio di omogeneità, per cui va disapplicato il Regolamento comunale nella parte in cui ha distinto almeno dieci tariffe, notevolmente differenziate rispetto a quelle previste per le civili abitazioni, senza peraltro fornire una seppure minima motivazione circa le ragioni di tali scostamenti che l'intimata società resiste con controricorso. Considerato che il ricorrente Comune con il primo motivo deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., artt. 2033 e 2697 c.c., omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, giacchè la contribuente, nel giudizio di primo grado, non aveva depositato le attestazioni di avvenuto pagamento della TARSU, per cui la CTP non avrebbe potuto riconoscere il diritto al rimborso sulla scorta di quanto solamente asserito dalla società Sagittario e neppure la CTR avrebbe potuto confermare la decisione, respingendo il motivo di gravame sul punto, assumendo che la predetta società aveva esibito le quietanze di pagamento in entrambi i gradi del giudizio e dunque verificato le somme in tesi indebitamente versate che con il secondo motivo deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, comma 2, giacchè la CTR non ha considerato che è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime, stante la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione, come pure esplicitato nella nota di diniego del rimborso richiesto dalla contribuente che la seconda censura, la quale va esaminata prioritariamente, è fondata e merita accoglimento che il Giudice di appello ha confermato il disposto annullamento dell'atto impositivo ritenendo che questo fosse stato emesso sulla base di un Regolamento comunale illegittimo e, come tale, da disapplicare, in quanto la disposizione regolamentare che ha consentito la diversificazione tariffaria, irragionevole ed assai rilevante, tra i locali ad uso abitativo e quelli destinati ad esercizi alberghieri, confligge con il disposto del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68 che la decisione della CTR non è in linea con l'orientamento di questa Corte secondo cui In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani TARSU , è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta c quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal D.Lgs. n. 22 del 1997, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell'attività, il quale può eventualmente dar luogo all'applicazione di speciali riduzioni d'imposta, rimesse alla discrezionalità dell'ente impositore i rapporti tra le tariffe, indicati dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 69, comma 2, tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera, non vanno d'altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed l costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica. Cass. n. 16175/2016 n. 12859/2012 n. 302/2010 n. 5722/2007 che, inoltre, quanto alla rilevata mancanza di motivazione specifica dei suddetti scostamenti, la sentenza trascura di considerare il principio secondo cui In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui al D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 65 poichè la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post , di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili. Cass. n. 7044/2014 n. 22804/2006 che sulla questione oggetto della prima censura, la quale resta assorbita, è sufficiente ricordare, per compiutezza d'indagine, che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, consente la produzione nel giudizio di appello di qualsiasi documento, pur se già disponibile in precedenza Cass. n. 22776/2015 n. 3661/2015 , e che la CTR, in ragione delle documentazione versata in atti, e quindi sulla base di un diretto accertamento effettuato al riguardo, afferma di aver avuto modo di appurare i puntuali versamenti delle somme versate coincidenti con quelle chieste a rimborso che, conclusivamente, la sentenza impugnata va cassata e, in applicazione dell'art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso originario della contribuente che l'evolversi della vicenda processuale giustifica la compensazione delle spese processuali del merito, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, sono poste a carico della intimata e liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte, accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il primo, cassa a sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa integralmente le spese del giudizio di merito e condanna la intimata società al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge. Ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , dà atto della non sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.