È elusione fiscale applicare alla società controllata anche un rincaro minimo

Qualora l'azienda che acquista sia titolare di agevolazioni fiscali per il Mezzogiorno utili per ottenere un risparmio d'imposta, è elusione fiscale applicare alla società controllata anche un rincaro minimo.

Per la valutazione a fini fiscali delle manovre sui prezzi di trasferimento interni, costituenti il transfer pricing domestico, va applicato il principio, avente valore generale, che impone, quale criterio valutativo, il riferimento al normale valore di mercato per corrispettivi e altri proventi, presi in considerazione dal contribuente . È legittimo colpire gli sconti normalmente praticati da alcune aziende del Nord alle controllate del Sud per godere delle agevolazioni. Non ci sono ostacoli all'applicazione dei principi sull'abuso del diritto anche alle operazioni infragruppo fra società italiane. Da un lato per i principi antielusivi coniati nell'articolo 37- bis d.p.r. n. 600/1973, dall'altro per il generale principio dell'abuso del diritto che legittima il recupero a tassazione da parte del Fisco ogni volta che l'operazione commerciale è giustificata soltanto dall'indebito risparmio d'imposta. Vale sempre il principio cardine secondo cui, in presenza di un comportamento assolutamente contrario ai canoni dell'economia e privo di adeguata spiegazione, è legittimo l'accertamento del Fisco. Tali principi sono stati statuiti dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 19955 del 24 luglio 2013. Il caso. La vicenda è scaturita dalla contestata sottofatturazione di alcune cessioni effettuate da una società ad altra impresa dello stesso gruppo, ubicata nel Mezzogiorno di Italia che, al tempo, usufruiva di agevolazioni fiscali. Secondo l'amministrazione così operando era stata allocata materia imponibile prezzo l'azienda che beneficiava delle agevolazioni fiscali, per il contribuente, invece, si trattava di una strategia precisa per incentivare l'attività dell'azienda del Sud Italia anche per favorire l'occupazione. Nel caso di specie, riguardane due società residenti in Italia, una società del Nord ha ceduto dei beni alla controllata del sud con un ricarico pari al 4% invece di quello comunemente applicato del 10,09%. Pertanto l'ufficio ha contestato l'elusione fiscale recuperando a tassazione le maggiori imposte. La società ha impugnato con successo l'atto impositivo di fronte alla CTP di primo grado il giudice del gravame ha confermato l’annullamento dell’atto impositivo. La regola dei valore normale può essere applicata anche per le transazioni tra aziende con sede nel territorio nazionale. Secondo gli Ermellini, la regola del valore normale può trovare applicazione anche per le transazioni infragruppo tra aziende collocate all'interno del territorio nazionale transfer pricing interno . I giudici di legittimità, hanno ribaltato il verdetto di secondo grado, rilevando, tra l'altro, che la disciplina sul transfer pricing internazionale, in base alla quale i componenti di reddito derivanti da operazioni infragruppo con società residenti sono valutati al valore normale, costituisce una clausola antielusiva. Tale regola non solo trova radici nei principi comunitari in tema di abuso del diritto, ma è anche immanente in settori del diritto tributario nazionale. Gli Ermellini hanno accolto tutti i motivi di ricorso presentati dall'Agenzia delle confermando l’accertamento fiscale in tema di transfer pricing domestico. Anche la procura generale del Palazzaccio ha chiesto al Collegio di legittimità di accogliere il ricorso dell'amministrazione. Contrasto La pronuncia in commento non precisa che da ultimo la sentenza n. 23551, depositata il 20 dicembre 2012, della Corte di Cassazione ha statuito che non si applica il valore normale per le transazioni infragruppo se le società hanno sede in Italia. La presunzione, infatti, riguarda soltanto i rapporti internazionali tra imprese del medesimo gruppo.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 28 settembre 2012 - 24 luglio 2013, numero 17955 Presidente Pivetti – Relatore Cirillo Svolgimento del processo 01. Con sentenza del 19 settembre 2006 la CTR-Lombardia ha rigettato l'appello proposto dall'Agenzia delle entrate nei confronti della Socomma M., confermando il parziale annullamento dell'avviso di accertamento per maggiori imposte IRPEG, ILOR, IVA relative all'esercizio chiuso in data 31 dicembre 1999. 02. Per quanto qui interessa, a fronte del rilievo dell'antieconomicità del ricarico del 4% in luogo di quello del 10,09% applicato alle cessioni effettuate dalla contribuente alla controllata Socomma M. Sud, il giudice d'appello ha motivato la sua decisione sotto tre profili a la controllata godeva si di agevolazioni per il Mezzogiorno, ma ciò non escludeva la legittimità di politiche aziendali dirette ad agevolare ulteriormente l'espansione dell'attività nel meridione d'Italia b il ricarico minimo applicato dalla controllante alla controllata bene poteva rappresentare strumento di incremento anche occupazionale e sociale oltreché aziendale , con esclusione di qualsivoglia intento elusivo c l'intero gruppo nulla aveva evaso, avendo effettuato legittime scelte per il decollo dell'attività in zona svantaggiata . 03. Ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, l'Agenzia delle entrate la contribuente resiste con controricorso. Motivi della decisione 04. Con il primo motivo, denunciando difetto di motivazione art. 360 numero 5 c.p.c. , la ricorrente fondatamente rileva che il meccanismo elusivo, contestato dall'Ufficio nei rapporti tra società italiane, è nei fatti simile a quello previsto dal TUIR, art. 76 ora 111 , per i rapporti di controllo tra società residenti nello Stato e società non residenti, secondo il generale principio del valore normale di mercato art. 9 quale spia dell'intento elusivo dinanzi a comportamenti antieconomici del contribuente. Nella specie, gli snodi probatori, addotti sul piano logico e circostanziale a giustificazione della ripresa a tassazione, sono stati effettivamente del tutto trascurati dal giudice d'appello nello scarno apparato argomentativo della decisione di secondo grado. 05. In particolare, con specifico riferimento a tutto quanto trascritto in ricorso per autosufficienza, si riscontrano sia l'omesso esame dell' andamento degli utili della controllante e della controllata negli anni 1998/2001, sia l'omessa valutazione del ricarico del 6,57% che, riconosciuto nel ricorso introduttivo come il minimo economicamente gratificante, era si inferiore a quello indicato dall'Ufficio ma comunque superiore a quello 4% concretamente applicato dalla Soc, M. alla Socomma M. Sud controllata al 100% , prima della sua incorporazione nel 2002. 06. Dunque, mancando finanche graficamente qualsivoglia esame motivazionale dei rilievi del Fisco, il primo motivo va accolto. 07. Con il secondo motivo, denunciando la violazione dell'art. 9 comma 3 TUIR, la ricorrente fondatamente sostiene che, con la laconica affermazione l'intero gruppo nulla ha evaso , il giudice d'appello non ha tenuto conto che il criterio legale del valore normale delle operazioni infragruppo rileva non solo nei rapporti internazionali di controllo, ma anche in analoghi rapporti di diritto interno, ogniqualvolta con la fissazione di un prezzo fuori mercato si miri a far emergere utili presso la società del gruppo che sconta, anche per agevolazioni territoriali, la più bassa tassazione. 08. Il fenomeno giuridico ed economico dei gruppi aziendali operanti in collegamento nel territorio dello Stato, almeno sino all'introduzione del cd. consolidato nazionale nell'ordinamento tributario, ha raramente ottenuto riconoscimento nel sistema fiscale es. d.p.r. 602/73. art. 43-ter TUIR, art. 84 comma 3, già art. 102 c.1-ter d.iva, art. 73 comma 3 , il che ha comportato il diffondersi di operazioni aziendali di tipo difensivo che, nate per la più conveniente allocazione dell'imponibile tra le società associate in Italia, sono sfociate in vere e proprie operazioni elusive. 09. Tra esse rientrano le manovre sui prezzi di trasferimento interni, motivate dalla convenienza, in ambito nazionale di trasferire la materia imponibile, agendo sui prezzi negoziati per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi intercompany . Si tratta del fenomeno del ed. transfer pricing domestico . 10. Lo strumento é normalmente utilizzato da società controllanti o collegate, con sede nei territori del Centro-Nord, che cedono merci o beni immateriali alle controllate o consociate aventi sede nel Mezzogiorno ad un prezzo inferiore al valore normale così come definito dall'art. 9 cit. Tali manovre, secondo le determinazioni dell'amministrazione finanziaria, consentono di realizzare una contrazione dell'utile per l'impresa settentrionale con reddito assoggettato alle aliquote ordinarie e di gonfiare l'utile dell'impresa meridionale che gode delle agevolazioni fiscali stabilite dall'art. 26 d.p.r. 601/73 Circolare del 26/02/1999 numero 53 . 11. In estrema sintesi, si attuano in ambito nazionale le medesime forme di politiche sui prezzi, attuate assai di frequente in ambito internazionale mediante transazioni infragruppo inferiori o superiori al loro valore normale, onde spostare l'imponibile presso le imprese associate che, nei rispettivi territori, godono di esenzioni fiscali e subiscono minore tassazione. 12. Sul piano dei rapporti internazionali infragruppo è intervenuto da tempo il modello di convenzione OCSE art. 9, 1 recepito nel nostro ordinamento tributario dal TUIR col combinato disposto dell'art. 110 comma 7 ex 76 e dell'art. 9 comma 3. che, riguardo alle negoziazione intercompany con aziende non residenti, abilita il Fisco italiano a disattenderne prezzi e corrispettivi, in virtù del valore corrente dei beni e/o servizi scambiati, e a rettificare i dati reddituali con aumento dell'imponibile cfr. da ultimo comma 11949/12 . 13. La specialità della disciplina nazionale sul transfer pricing esterno o internazionale , originata dal modello di convenzione OCSE ispirato al principio della libera e corretta concorrenza, fa sì che l'art. 110 TUIR ex art. 76 non possa di per sé stesso trovare applicazione diretta al transfer pricing interno o domestico cfr. anche Circomma cit. . 14. Tuttavia, si è ritenuto che la disciplina che regola il transfer pricing internazionale , secondo cui i componenti di reddito derivanti da operazioni intercompany con società non residenti sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni ricevuti, determinato ex art. 9 cit., costituisce una clausola antielusiva che non solo trova radici nei principi comunitari in tema di abuso del diritto, ma anche immanenza in settori del diritto tributario nazionale comma 22023/06 . 15. Invero, i principi antielusivi diretti a evitare che all'interno di gruppi di società siano effettuati trasferimenti di utili mediante l'applicazione di prezzi inferiori al valore normale dei beni ceduti, onde sottrarli alla tassazione ordinaria a favore di tassazioni agevolate territoriali, trovano radici sia nei capisaldi comunitari sull'abuso del diritto comma 10257/08, 8772/08 C.G. sul caso Halifax , sia nelle clausole antielusive di diritto interno predisposte in via generale cfr. TUIR, art. 9, sul prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di commercializzazione o per ipotesi e settori peculiari es. art. 10 L. 408/90 sui vantaggi fiscali da operazioni societarie art. 37-bis d.p.r. 600/73 su talune fattispecie elusive . 16. Inoltre, vale sempre il principio cardine secondo cui, in presenza di un comportamento assolutamente contrario ai canoni dell'economia e privo di adeguata spiegazione, è legittimo l'accertamento del fisco art. 39 d.p.r. 600/73 e art. 54 d.p.r. 633/72 cfr. comma 1821/01, 10802/02, 23634/08 v. sull'antieconomicità delle percentuali di ricarico comma 20832/05, 21575/05, 23183/05, 1546/07 e, riguardo all’IVA, comma 26167/11 . 17. Come si è esattamente sostenuto in dottrina, riguardo alle manovre intercompany sui prezzi di trasferimento interni, la giustificazione dovrà ricadere sul versante delle valide ragioni economiche analogamente a quanto richiesto dall'art. 37-bis d.p.r. 600/73 , nella prospettiva di togliere ai vantaggi fiscali sistematici la patina di elusività. 18. In tesi generale, non si può escludere che considerazioni di strategia generale inducano le imprese a compiere operazioni di per sé stesse antieconomiche in vista ed in funzione di altri benefici. Tuttavia occorre che le varie operazioni rispondano a criteri di logica economica, i quali, a loro volta, devono essere funzionali a meccanismi di mercato in regime di libera concorrenza arm's lenght principle , giammai a elementi distorsivi del mercato e della concorrenza. Sicché la finalità di risparmio non può attuarsi semplicemente attraverso l'elusione degli oneri fiscali comma 10802/02 . 19. Ciò introduce il tema del divieto di abuso del diritto, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei a ottenere agevolazioni o risparmi d'imposta, in difetto di ragioni diverse dalla mera aspettativa di quei benefici. Tale principio, da un lato, trova fondamento in radici comunitarie a salvaguardia delle risorse proprie dell'UE e nei principi costituzionali di capacità contributiva e imposizione progressiva dall'altro dall'altro, non contrasta con il principio dall'altro, non contrasta con il principio della riserva di legge, traducendosi nel disconoscimento di effetti abusivi di negozi posti in essere allo scopo di eludere l'applicazione di norme fiscali cfr., sui tributi non armonizzati, S.U. 30055/08 e, sull'IVA, comma 6880/09 e 4503/09 v. anche C.G., 9 giugno 2011, numero 285, sul prezzo normale di mercato tra soggetti collegati . 20. Ne discende che, per la valutazione fiscale di varie prestazioni, costituenti anche componenti attive e passive del reddito, deve essere applicato il principio, di carattere generale, stabilito dall'art. 9 cit., che non ha soltanto valore contabile, e che impone quale criterio valutativo il riferimento al normale valore di mercato per i corrispettivi presi in considerazione dalla parte contribuente C 10802/02 . Né vale, di per sé stesso, invocare una peculiare scontistica infragruppo, poiché gli sconti ammessi sono solo quelli per le operazioni concluse in condizioni di libera concorrenza , ovverosia per le operazioni economiche concluse con soggetti estranei al proprio gruppo economico cfr. comma 7343/11 sull'art. 9 TUIR . 21. Conclusivamente, anche il secondo motivo deve essere accolto e, in ordine ad esso, si formula il seguente principio di diritto Per la valutazione a fini fiscali delle manovre sui prezzi di trasferimento interni, costituenti il cd. transfer pricing domestico , va applicato il principio, avente valore generale, stabilito dall' art. 9 del d.p.r. numero 917 del 1986, che non ha soltanto valore contabile e che impone, quale criterio valutativo, il riferimento al normale valore di mercato per corrispettivi e altri proventi, presi in considerazione dal contribuente . 22. Accolto il ricorso e cassata la sentenza d'appello, la causa deve essere rimessa, anche per le spese, alla commissione regionale competente che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame della vertenza valutando analiticamente i dati fattuali sopra indicati e attenendosi all'enunciato principio di diritto. P.Q.M. Cassa la sentenza d’appello e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla CTR-Lombardia in diversa composizione.