Esiste un rapporto di specialità tra frode fiscale e truffa aggravata ai danni dello Stato

di Leda Rita Corrado

di Leda Rita Corrado Nella sentenza del 19 gennaio 2011, n. 1235 qui leggibile come documento correlato , le Sezioni Unite della Corte di Cassazione pres. Lupo, rel. Fiandanese hanno affermato il seguente principio di diritto i reati in materia fiscale di cui agli artt. 2 e 8 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 sono speciali rispetto al delitto di truffa aggravata a danno dello Stato di cui all'art. 640, comma 2, n. 1, c.p. . Tale rapporto di specialità sussiste a condizione che dalla condotta di frode fiscale non derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all'evasione fiscale come, ad esempio, l'ottenimento di pubbliche erogazioni . La disciplina. L'art. 640 c.p., rubricato Truffa , dispone quanto segue 1. Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032. 2. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549 [ ] se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'autorità [ ]. . In base all'art. 2, d.lgs. n. 74 del 2000 Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti , 1. È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi. 2. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria. 3. Se l'ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a lire trecento milioni, si applica la reclusione da sei mesi a due anni . Infine, l'art. 8, d.lgs. n. 74 del 2000 Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti così statuisce 1. È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. 2. Ai fini dell'applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l'emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato. 3. Se l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è inferiore a lire trecento milioni per periodo di imposta, si applica la reclusione da sei mesi a due anni . Il contrasto giurisprudenziale. Le Sezioni Unite sono state chiamate ad esaminare la questione se i reati tributari di cui agli artt. 2 e 8, d.lgs. n. 74 del 2000 vale a dire il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e quello di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti siano speciali rispetto al delitto di truffa aggravata a danno dello Stato ex art. 640, comma 2, n. 1, c.p. In materia si registrano due orientamenti. In base al primo, è ammissibile il concorso tra il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato e quelli di emissione ed utilizzazione, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, di fatture per operazioni inesistenti, non sussistendo un rapporto di specialità tra tali reati. In base al secondo, si esclude la configurabilità del concorso. A sostegno di tale posizione, si registrano due diverse argomentazioni a i reati tributari - qualificati quali reati di pericolo o di mera condotta - si pongono in rapporto di specialità rispetto alla truffa, in quanto connotati da uno specifico artificio l'utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e da una condotta a forma vincolata l'indicazione di elementi passivi fittizi in una delle dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi o all'imposta sul valore aggiunto b in base al principio di consunzione, è sufficiente l'unità normativa del fatto, desumibile dall'omogeneità tra i fini dei due precetti, con conseguente assorbimento dell'ipotesi meno grave in quella più grave vale a dire i reati tributari . La posizione delle Sezioni Unite. Le Sezioni Unite, dopo avere specificato i presupposti per la configurabilità del concorso di reati, aderiscono all'orientamento che ravvisa un rapporto di specialità tra reati tributari e truffa aggravata ai danni dello Stato. Il Collegio osserva che la frode fiscale è connotata da uno specifico artifizio, costituito da fatture o altri documenti per operazioni inesistenti . Chiarito che la condotta di cui alla frode fiscale è una specie del genere artifizio , non si può far leva, per affermare la diversità dei fatti, sugli elementi danno e profitto, giacché questi dati fattuali di evento non possono trasformare una tale situazione di identità ontologica dell'azione in totale diversità del fatto . La negazione del rapporto di specialità, inoltre, si porrebbe in contraddizione con la linea di politica criminale così come delineata dalle stesse Sezioni Unite - nella sentenza n. 27 del 25 ottobre 2000, di Mauro - e dalla Corte Costituzionale - nella sentenza n. 49 del 2002 - e con la ratio che ha ispirato il Legislatore nella riforma operata con il d.lgs. n. 74 del 2000, nonché con il diritto dell'Unione Europea cfr. art. 325 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea . In conclusione, le Sezioni Unite osservano che il sistema sanzionatorio in materia tributaria ha una spiccata specialità che lo caratterizza come un sistema chiuso e autosufficiente, all'interno quale si esauriscono tutti i profili degli interventi repressivi, dettando tutte le sanzioni penali necessarie a reprimere condotte lesive o potenzialmente lesive dell'interesse erariale alla corretta percezione delle entrate fiscali . L'ipotesi di ottenimento di pubbliche erogazioni. Secondo le Sezioni Unite, qualora dalla condotta di frode fiscale derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all'evasione tributaria ad esempio, l'ottenimento di pubbliche erogazioni , fra il delitto di frode fiscale e quello di truffa è possibile il concorso. Il Collegio osserva che l'ulteriore evento di danno che il soggetto agente si rappresenta non inerisce al rapporto fiscale pertanto, se l'attività frodatoria è diretta non solo a fini di evasione fiscale, ma anche a finalità ulteriori, non sussiste alcun problema di rapporto di specialità tra norme, perché una stessa condotta viene utilizzata per finalità diverse e viola diverse disposizioni di legge e non si esaurisce nell'ambito del quadro sanzionatorio delineato dalle norme fiscali, con la conseguenza della concorrente punibilità di più finalità diverse compresenti nell'azione criminosa .

Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 28 ottobre 2010 19 gennaio 2011, n. 1235 Presidente Lupo Relatore Fiandanese Ritenuto in fatto 1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo, con ordinanza in data 9 maggio 2009, rigettava la richiesta del Pubblico ministero di applicare misure cautelari personali nei confronti di numerosi indagati per i reati di associazione per delinquere a carattere transnazionale, finalizzata alla commissione di plurimi delitti in materia tributaria in particolare D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 2, 5 e 8 e di truffa aggravata ai danni dello Stato. Il G.i.p., pur rilevando la presenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati ipotizzati, non riteneva che sussistessero attuali esigenze cautelari. 2. Avverso tale decisione il Pubblico ministero proponeva appello davanti al Tribunale di Brescia che, con ordinanza del 23 giugno 2009, applicava nei confronti di alcuni indagati G., Ga., E.L., E.G., R., L., V., Ci., D., M. e L. G. la misura cautelare della custodia in carcere e nei confronti di altri A., P., C., Pe., I. e D.L. quella degli arresti domiciliari. Il Tribunale, dopo avere sintetizzato il contenuto dell'appello del Pubblico ministero e delle difese dei singoli indagati contenute nelle memorie depositate in atti, riteneva di dovere procedere ad una nuova valutazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, respingendo, in via preliminare, l'eccezione di inutilizzabilità, formulata da alcune difese, con riferimento ad atti compiuti dopo il termine di scadenza delle indagini preliminari, sia perchè genericamente formulata, sia in considerazione della natura permanente del delitto di associazione per delinquere, sia perché, infine, tutti gli atti rilevanti utilizzati erano stati compiuti nei termini di legge. Il Tribunale illustrava, quindi, l'ipotesi accusatoria, secondo la quale le indagini avevano consentito di reperire gli elementi in ordine all'esistenza di un sodalizio criminale che aveva ideato un'ingente frode IVA nel settore del commercio delle materie prime principalmente plastiche, prodotti petroliferi e metalli , con false fatturazioni stimate in quasi due miliardi di Euro. Erano state individuate sette società per azioni italiane e 28 società straniere con sedi dichiarate in Gran Bretagna, Isole Vergini Britanniche e Svizzera inserite in un carosello fraudolento, con un profitto illecito, derivante dall'evasione sistematica dell'IVA, per oltre 132 milioni di Euro nelle annualità dal 2004 al 2006. Il meccanismo fraudolento consisteva nell'interposizione commerciale di un doppio livello di società estere alcune cartiere o bare fiscali erano risultate prive di regolare partita IVA, altre società estere società filtro , invece, erano titolari di regolare partita IVA italiana e annotavano le fatture imponibili IVA emesse dalle società prive di partita IVA italiana, fatturando nuovamente le merci, con IVA italiana, in confronto di società italiane strutturate in forma di società per azioni, destinatarie finali del credito IVA fraudolentemente generato. In taluni casi, le stesse società filtro svolgevano operazioni su due livelli con una ulteriore cessione intermedia ad un'altra società filtro , che figurava infine cedere la merce alle società italiane, destinatarie finali . Il meccanismo della frode si incentrava al livello delle società filtro , che imputavano contabilmente l'acquisto dei beni alle società estere cartiere , prive di regolare partita IVA in Italia, anziché al reale venditore in genere, primarie multinazionali del settore e ciò consentiva di creare un credito IVA fittizio, perché le cartiere , che erano società appartenenti all'Unione Europea, figuravano avere esposto l'IVA relativa alle cessioni fittiziamente effettuate. Il Tribunale esaminava tutti gli elementi emersi dalle indagini, la documentazione sequestrata, analizzata dalla Guardia di Finanza, le dichiarazioni acquisite e le conversazioni intercettate e concludeva per l'esistenza di una struttura organizzativa, sofisticata e complessa, che coinvolgeva molte persone, costituita dalle numerose società di capitali, con sede in Italia e all'estero, le quali erano interposte fraudolentemente nel commercio dei beni operato, in realtà, dalle sole società destinatane finali . L'elevato volume di fatturazioni false e la ricorrenza costante ed incrociata dello stesso gruppo di società nelle fittizie operazioni commerciali, che convergevano immancabilmente sulle società destinatane finali , era funzionale al programma criminoso e difficilmente spiegabile, se non supponendo un'organizzazione unitaria, che si evidenziava anche nei caratteri comuni alle varie società la condivisione della sede operativa benchè la sede legale per alcune di esse fosse stata trasferita , la comunione per almeno alcune di esse dei dipendenti, e, particolarmente, la circostanza che molte di esse fossero state costituite attraverso una società fiduciaria italiana da tre società di diritto anglosassone, tutte con sede al medesimo indirizzo. Inoltre, le società coinvolte nell'attività fraudolenta non erano società reali, ma sostanzialmente società fittizie, che esistevano solo come soggetti giuridico-fiscali, ma prive di qualsiasi sostanza e struttura commerciale. Il Tribunale, successivamente, individuava il ruolo dei singoli indagati all'interno della associazione per delinquere e riteneva che sussistessero gravi indizi di colpevolezza anche in ordine ai reati fine, affermando la configurabilità del concorso degli illeciti di natura tributaria con la truffa ai danni dello Stato, richiamando a tal fine una sentenza di questa Suprema Corte ed osservando che, nel caso di specie, va comunque evidenziato che l'artificio non si identifica solo con l'emissione o annotazione di fatture per operazioni inesistenti, ma inoltre con la fraudolenta costituzione ed operatività di decine di società di capitali straniere, destinate ad indurre in errore, per la loro stessa apparenza lecita, l'Amministrazione finanziaria in ordine alla effettività delle operazioni rappresentate aggiungendo che sotto un profilo concreto, dunque, non vi è identità di condotte, perchè l'artificio truffaldino è assai più complesso degli elementi contestati a titolo di violazione penale tributaria . Il Tribunale, infine, affrontava il tema delle esigenze cautelari e le identificava nel pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, evidenziando la gravità e durata dei fatti, la pericolosità sociale desumibile dalle modalità dei fatti commessi, le circostanze che l'associazione per delinquere non si può oggi affermare che sia stata smantellata e che le competenze tecniche espresse nella realizzazione degli illeciti ed il reticolo di conoscenze, che hanno consentito la costituzione e l'operatività di decine di società in Europa ed altrove, possono con facilità essere nuovamente attivate affermava che non può ritenersi probabile che la pena irroganda sarebbe stata determinata nei limiti dei benefici di legge. Sulla base di tali considerazioni procedeva, poi, ad una valutazione delle cautele necessarie per ciascun indagato, che portava ad applicare ad alcuni la misura della custodia in carcere e ad altri quella degli arresti domiciliari. 3. Propongono ricorso per cassazione i difensori degli indagati. 4. Con separati atti, l'avv. Paolo Siniscalchi ha proposto ricorso in favore degli indagati V.G. e D.L.C., il primo destinatario della misura cautelare della custodia in carcere e il secondo di quella degli arresti domiciliari, formulando alcuni motivi comuni ed altri diversi per ciascuno. Per entrambi gli indagati sono state dedotte le seguenti censure 1 violazione dell'articolo 311 c.p.p. in relazione all'assenza di gravi indizi di colpevolezza del reato associativo e vizio di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , per mancanza e illogicità della motivazione. I due distinti atti di ricorso evidenziano le differenze esistenti tra le due posizioni l'una, quella di V., quale amministratore di quattro società italiane destinatarie finali e individuato nei capi di imputazione come capo dell'associazione, l'altra, quella di D.L., quale rappresentante fiscale di società filtro , esaminano singolarmente gli indizi evidenziati dal Tribunale a carico di ciascun indagato ed affermano, quindi, che la loro posizione formale rispetto alle compagini societarie non può costituire, in mancanza di riscontri individualizzanti, elemento in grado di fondare la sussistenza degli indizi soprattutto in ordine alla consapevolezza dei presunti illeciti. Pertanto, posto che stesso Tribunale pag. 29 evidenzia che in presenza di una non consapevolezza degli illeciti nessun addebito potrebbe muoversi agli indagati per la sola veste di amministratori delle società, la conclusione del difensore ricorrente è che, in mancanza di una valutazione puntuale e individualizzata degli elementi da cui desumere la necessaria consapevolezza, il Tribunale sarebbe incorso in palese vizio di carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione. 2 violazione dell'articolo 311 c.p.p. in relazione all'assenza di gravi indizi di colpevolezza con riferimento ai reati-fine di matrice tributaria e vizio di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , per mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe effettuato una motivazione forfetizzata , statuendo nei fatti l'erroneo principio giuridico per cui se si ritengono sussistenti gli indizi per il reato associativo, non vi è necessità di analizzare tutte le contestazioni di reati-fine nè di compiere un'indagine individualizzante in merito alla posizione del singolo indagato. 3 violazione dell'articolo 311 c.p.p. e violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , in relazione all'assenza di gravi indizi di colpevolezza del reato di truffa aggravata in danno dello Stato. Il difensore ricorrente censura la tesi dell'ordinanza impugnata sulla possibilità del concorso del reato di truffa aggravata con quello di frode fiscale ed afferma che il reato tributario ha connotazioni specializzanti e assorbe in sè tutti gli elementi di antigiuridicità del reato di truffa ipotizzato. 4 vizio di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , per manifesta illogicità e carenza motivazionale in ordine alla sussistenza dell'esigenza cautelare di cui all'articolo 273 c.p.p., lett. c . Il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe fatto ricorso ad apodittiche e immotivate affermazioni circa la possibilità di ripetizione delle condotte illecite, fondandosi, inoltre, sull'astratto giudizio di gravità dei fatti e omettendo un'analisi individualizzata delle situazioni riferibili a ciascuno degli indagati. Il ricorso in favore dell'indagato V. prospetta tre ulteriori motivi. 5 vizio di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , per omessa motivazione con riferimento alla sussistenza dell'esigenza cautelare articolo 273 c.p.p., ex lett. c . Il ricorrente denuncia che il Tribunale avrebbe omesso di motivare la sussistenza della concreta possibilità per l'indagato di reiterare il reato alla luce delle misure cautelari reali adottate e dell'avvenuta nomina di un coamministratore delle società interessate dalle indagini. 6 vizio di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , per illogicità e contraddittorietà della motivazione con riferimento alla scelta della misura cautelare da applicare. Ad avviso del ricorrente l'esigenza di evitare il pericolo di reiterazione del reato potrebbe essere soddisfatta con altre e diverse misure cautelari, quali gli arresti domiciliari e il divieto di esercitare uffici direttivi delle persone giuridiche sul punto il Tribunale avrebbe omesso qualsiasi motivazione. 7 vizio di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , per mancanza di motivazione con riferimento alla ritenuta non concedibilità della sospensione condizionale della pena, tenuto conto della incensuratezza del V Anche il ricorso in favore dell'indagato D.L. prospetta un ulteriore motivo 5 vizio di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , per mancanza o contraddittorietà e illogicità della motivazione con riferimento alla scelta della misura cautelare applicabile. Ad avviso del ricorrente la motivazione sarebbe meramente apparente, e ciò anche in considerazione della mancanza di attualità delle esigenze cautelari alla luce della cessazione delle cariche rivestite dall'indagato nelle società Tradex e Ditrade. Con atto depositato il 13 gennaio 2010 l'avv. Siniscalchi ha presentato una memoria a favore dei suddetti indagati, in cui illustra ulteriormente la tesi della esclusione del concorso tra i reati di frode fiscale e truffa aggravata ai danni dello Stato. 5. L'Avv. L.C. ha proposto ricorso nell'interesse dell'indagato Pe.Al., destinatario della misura degli arresti domiciliari, deducendo 1 vizio di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , in relazione all'articolo 584 c.p.p., comma 2, in quanto sarebbe stata omessa la notificazione dell'atto di appello del Pubblico Ministero, omissione tempestivamente segnalata al Tribunale di Brescia mediante la memoria difensiva. 2 vizio di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. b e c , in relazione agli artt. 310 e 581 c.p.p., in quanto l'appello del Pubblico ministero sarebbe generico, trattandosi di una impugnazione nei confronti di diversi e vari provvedimenti, a carattere collegiale e non individuale, sollevata con unico gravame e con considerazioni generali e collegiali . 3 vizi di cui all'articolo 606 c.p.p., lett. b ed e , per essere assenti i presupposti delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274 c.p.p. la motivazione sarebbe contraddittoria, perchè, pur avendo dato atto della positiva condotta processuale dell'indagato, avrebbe omesso di considerare elementi di fatto, quali le gravi condizioni di salute del Pe. e il contenuto limitato della partecipazione alle gestioni societarie, sia dal punto di vista temporale che come qualificazione oggettiva. 6. L'avv. Fausto Maniaci ha proposto ricorso nell'interesse dell'indagato Ci.Ni., deducendo 1 vizio di cui all'articolo 606 c.p.p., lett. b , in relazione all'articolo 274 c.p.p., lett. c in quanto il Tribunale avrebbe omesso di motivare in ordine all'esistenza per ciascun indagato di esigenze cautelari concrete e attuali. A tale proposito il ricorrente evidenzia che l'attualità delle esigenze cautelari era stata dal Pubblico ministero giustificata in sede di impugnazione mediante il ricorso al contenuto della relazione di polizia giudiziaria che riferiva delle risultanze di indagini svolte da diversa autorità giudiziaria, e cioè la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trieste, indagini che il Tribunale di Brescia ha ritenuto di non poter prendere in esame resterebbe, così, per questa parte, non motivata, perchè non fondata su elementi specifici, la decisione del Tribunale di Brescia in ordine alle esigenze cautelari che riguarderebbero la posizione di Ci. nè tali esigenze sarebbero in altro modo motivate, posto che nessuna smentita sarebbe giunta alla liceità dell'attività professionale del ricorrente e nessuna chiarezza sarebbe stata fatta circa i suoi rapporti con il Sig. Pe. e la società Moores Rowland a ciò dovrebbe aggiungersi che, in ogni caso, è lo stesso Pe. a dichiarare che l'attività del ricorrente sarebbe cessata nel febbraio 2005. 2 vizio di cui all'art,, 606 c.p.p., comma 1, lett. b ,, con riferimento all'articolo 275 c.p.p., commi 1 e 3, in quanto l'ordinanza impugnata non avrebbe individuato circostanze specifiche in ordine alla continuità della condotta individuale ovvero alla permanenza del vincolo associativo, facendo solo riferimento, in modo insufficiente, alla gravità dei fatti e alla capacità professionale di commetterli. 3 vizio di cui all'articolo 606 c.p.p., lett. b , in relazione all'articolo 273 c.p.p., commi 1 e 1 bis e articolo 192 c.p.p., comma 3, per essere assenti i gravi indizi di colpevolezza ed inattendibili le dichiarazioni accusatorie dei coindagato Pe.Al., ed anzi tutti gli elementi di riscontro confliggerebbero con la prospettiva accusatoria ed escluderebbero un ruolo del ricorrente quale amministratore di fatto delle società coinvolte. Con successiva memoria depositata in data 10 febbraio 2010 la difesa, richiamati gli elementi di fatto già oggetto del ricorso, evidenzia come i capi di imputazione aggiunti, quali il n. 169, non fossero presenti nell'originaria richiesta di misura e irritualmente fossero stati posti dal Pubblico ministero a fondamento dell'atto di appello. 7. Con separati atti, l'avv. Cataldo Mascoli ha proposto ricorso nell'interesse degli indagati D.M., E.L. ed E.G., sviluppando alcuni argomenti comuni e altri, invece, concernenti le singole posizioni processuali. Con riferimento a D.M., il difensore deduce 1 mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Il ricorrente afferma che dalla documentazione sequestrata, anche ammessa la sussistenza di gravi indizi circa la realizzazione di illeciti a livello delle società coinvolte, emergerebbe, a livello del singolo indagato, la esclusione di qualsiasi ruolo operativo od organizzativo del D. nelle attività delle società Polimarc e Baronchem, delle quali sarebbe stato un semplice dipendente senza funzioni dirigenziali, addetto alle attività di movimentazione della merce, con la conseguenza che anche D. avrebbe dovuto essere considerato estraneo alle attività illecite, così come il Tribunale ha concluso per la posizione del coindagato Pa. persona che ricopriva un ruolo del tutto simile a quello del ricorrente tale conclusione non troverebbe smentita nè nelle dichiarazioni accusatorie del Pe., che sarebbero rimaste prive di riscontri individualizzanti, nè nel contenuto delle conversazioni intercettate, che non offrirebbero indicazioni specifiche e che, risalenti nel tempo, non giustificherebbero un giudizio di attualità delle esigenze cautelari. 2 mancanza e/o apparente motivazione circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati-scopo, in quanto sarebbe assente una specifica motivazione in ordine al ruolo svolto dai singoli indagati. 3 mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all'esigenza cautelare di cui all'articolo 274 c.p.p., comma 1, lett. c , in quanto mancherebbe ogni riferimento specifico alle posizioni dei singoli indagati, essendosi il Tribunale limitato ad effettuare una valutazione di pericolosità che riguarda in modo indifferenziato tutti i ricorrenti e sulla base di un generale giudizio di gravità dei fatti. Inoltre, il ricorrente evidenzia come il Tribunale estenda a tutti gli indagati una valutazione di probabilità di ampliamento e prosecuzione delle attività illecite che deriva da conversazioni intercettate aventi come protagonisti i soli P., D.S. e L., argomento privo di fondamento logico e in contrasto con l'esigenza di affrontare in modo individualizzante le valutazioni circa l'esistenza di attuale pericolosità. Infine, palesemente illogico sarebbe il passaggio motivazionale che fa discendere l'attualità del pericolo dalla mancata identificazione di probabili complici e di altre probabili società operative. 4 mancanza o manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui ritiene adeguata e proporzionata la misura della custodia cautelare in carcere, in quanto il Tribunale avrebbe omesso ogni valutazione circa la personalità dei singoli indagati e le specifiche condizioni di vita, e non avrebbe considerato, inoltre, che non sarebbe ipotizzabile che, senza muoversi dalla propria abitazione e senza comunicare con l'esterno, uno qualsiasi degli indagati possa riorganizzare quella che è stata definita una complessa struttura, ramificata a livello internazionale. 5 inosservanza della L. 31 luglio 2006, n. 241, articolo 1, posto che il reato previsto dall'articolo 416 c.p., nelle forme contestate ai ricorrenti, non è escluso dall'applicazione dell'indulto e il ricorrente si troverebbe nelle condizioni incensuratezza, mancata utilizzazione dell'istituto in casi precedenti per usufruire del beneficio il Tribunale avrebbe, dunque, omesso di considerare che tale situazione, unitamente alla probabile concessione delle circostanze attenuanti generiche in caso di eventuale condanna, si opporrebbe all'applicazione della misura cautelare. Con atto depositato in data 28 Gennaio 2010 personalmente l'indagato D., propone motivi nuovi, che possono sintetizzarsi come segue 1 difetto e/o manifesta illogicità e/o contraddittorietà della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex articolo 273 c.p.p. con riferimento al motivo n. 1 del ricorso , avendo il Tribunale omesso di considerare il ruolo puramente impiegatizio ed esecutivo rivestito dal ricorrente nell'ambito delle attività svolte e l'assenza di qualsivoglia elemento che riconduca ad un suo arricchimento illecito, con la conseguenza che la motivazione dedicata alla posizione di D. sarebbe viziata, sia perchè adotta argomenti diversi da quelli contenuti nell'ordinanza del G.I.P., sia perchè travisa il contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate, sia perchè omette l'esame di alcune di esse aventi contenuto rilevante conversazioni tra E.L. e G.M. e tra E.L. e il figlio E. . Inoltre, il ricorrente censura la motivazione dell'ordinanza impugnata nella parte in cui deduce l'esistenza di gravi indizi, in modo illogico, dalle ordinarie attività svolte dal ricorrente, tipiche del dipendente che si occupa degli aspetti amministrativi, e, in modo illegittimo, da circostanze emerse successivamente alla formulazione delle contestazioni di cui alla richiesta di misure cautelari la presunta gestione della società Transmex Limited , soprattutto, non prese in esame dalla richiesta del Pubblico ministero infine, lamenta la diversità di trattamento rispetto a posizioni analoghe T., Ri. e, soprattutto, Pa., Gh. ed anche Ru. . 2 difetto e/o manifesta illogicità e/o contraddittorietà della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , in relazione alla sussistenza dell'esigenza cautelare prevista dall'articolo 274 c.p.p., lett. c , con riferimento al motivo n. 3 del ricorso il ricorrente ribadisce la doglianza, secondo la quale il Tribunale avrebbe omesso di effettuare un'analisi delle singole posizioni, accomunate all'interno di una generale valutazione di pericolosità e avrebbe in sostanza fatto coincidere il giudizio di pericolosità con le stesse modalità e circostanze del fatto poste a fondamento del giudizio di gravità del reato inoltre, lo stesso Tribunale avrebbe omesso di considerare il decorso del tempo dall'epoca dei fatti di reato e, infine, non avrebbe indicato le ragioni che giustificherebbero la scelta della misura cautelare 3 difetto e/o manifesta illogicità della motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , in ordine alla sussistenza delle condizioni di applicabilità della misura della custodia cautelare in carcere con riferimento al motivo n. 4 del ricorso . Il ricorrente ribadisce tale censura con riferimento sia all'assenza di una motivazione individualizzata sul punto sia all'errore in cui il Tribunale sarebbe incorso allorchè ritiene che al reato associativo contestato al ricorrente non possa applicarsi l'indulto. 8. L'avv. Cataldo Mascoli, difensore di E.L., deduce 1 mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Con riferimento all'esistenza del reato associativo, il ricorrente afferma che l'organigramma aziendale a lui sequestrato non sarebbe altro che una serie di annotazioni autoriflessive riguardanti tematiche contabili, amministrative e commerciali sostiene che le conversazioni intercettate sarebbero equiparabili a chiacchiere da osteria rileva, infine, che lo stesso teorema accusatorio individua all'estero, precisamente in capo alle società cartiere e filtro di altri paesi, la genesi del fittizio credito I.V.A. artatamente creato, lasciando ampi dubbi sulla consapevolezza e partecipazione delle società italiane destinatane finali all'illecito configurato dagli inquirenti, con la conseguenza, comunque, di un inevitabile ridimensionamento del ruolo e delle responsabilità attribuiti a E.L Con riferimento ai reati scopo, il ricorrente lamenta che l'ordinanza impugnata ritenga che essi siano stati commessi da tutti i sodali, ciascuno nell'ambito di propria competenza , senza specificare quali siano gli ambiti e le competenze a cui ci si riferisce. 2 mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all'esigenza cautelare prevista dalla dall'articolo 274 c.p.p., comma 1, lett. c , in quanto mancherebbe ogni riferimento specifico alle posizioni dei singoli indagati, poichè il Tribunale si sarebbe limitato ad effettuare una valutazione di pericolosità che riguarda in modo indifferenziato tutti i ricorrenti, fondandosi su un generale giudizio di gravità dei fatti. Inoltre, il ricorrente evidenzia come il Tribunale estenderebbe a tutti gli indagati una valutazione di probabilità di ampliamento e prosecuzione delle attività illecite che deriva da conversazioni intercettate aventi come protagonisti i soli P., D.S. e L., argomento privo di fondamento logico e in contrasto con l'esigenza di affrontare in modo individualizzante le valutazioni circa l'esistenza di attuale pericolosità, che la specifica situazione del ricorrente escluderebbe, posto che in seguito ai sequestri operati, le società che si assumono coinvolte nel carosello fraudolento sono del tutte gestite da un soggetto estraneo al sodalizio. 3 mancanza o manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui ritiene adeguata e proporzionata la misura della custodia cautelare in carcere, in quanto il Tribunale avrebbe ancora una volta espresso una motivazione generale e non specifica con riferimento a ciascuno dei ricorrenti, in tal modo omettendo ogni considerazione circa la personalità dei singoli indagati e le specifiche condizioni di vita inoltre, l'ordinanza impugnata non illustrerebbe le ragioni per le quali si possa ritenere che l'indagato non rispetterebbe le limitazioni imposte dalla misura cautelare degli arresti domiciliari e che quest'ultima misura non sia sufficiente ad impedire la reiterazione criminosa. 4 inosservanza della L. 31 luglio 2006, n. 241, articolo 1, posto che il reato previsto dall' articolo 416 c.p., nelle forme contestate ai ricorrenti, non sarebbe escluso dall'applicazione dell'indulto e il ricorrente si troverebbe nelle condizioni incensuratezza mancata utilizzazione dell'istituto in casi precedenti per usufruire del beneficio il Tribunale avrebbe dunque omesso di considerare che tale situazione, unitamente alla probabile concessione delle circostanze attenuanti generiche in caso di eventuale condanna, si opporrebbe all'applicazione della misura cautelare. Con atto depositato in data 10 febbraio 2010 l'avv. Cecilia Turco ha presentato motivi nuovi a favore di E.L., con i quali lamenta 1 mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonchè violazione di legge ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , in relazione all'articolo 274 c.p.p. e articolo 27 Cost. con riferimento al motivo n. 2 del ricorso , per avere il Tribunale dedotto la sussistenza di esigenze cautelari legate al pericolo di reiterazione da elementi di fatto non riferibili al ricorrente conversazione telefonica n. OMISSIS e da valutazioni concernenti la gravità dei fatti, senza alcun accenno a profili attinenti la personalità dell'indagato inoltre, l'ordinanza impugnata cadrebbe in una insanabile contraddizione laddove afferma che i sequestri operati e che hanno decapitato tanto le finanze delle società italiane gestite dagli odierni indagati, quanto quelle degli indagati stessi in nessun modo escludono il pericolo di reiterazione dei reati . 2 mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonchè violazione di legge ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , in relazione agli artt. 275 e 292 c.p.p., nella parte in cui ritiene adeguata e proporzionata la misura cautelare della custodia in carcere, e ai principi fissati dagli artt. 275 e 292 c.p.p. con riferimento al motivo n. 3 del ricorso , in quanto mancherebbe l'indicazione di elementi specifici volti alla dimostrazione che il pericolo di reiterazione del reato non possa essere soddisfatto con la misura degli arresti domiciliari. 3 mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , in relazione all'esistenza di gravi indizi di colpevolezza dei reato associativo con riferimento al motivo n. 1 del ricorso , in quanto mancherebbero elementi in merito alla consapevolezza dell'indagato circa l'avvenuta evasione dell'IVA nella fasi precedenti, nè questi potrebbero desumersi dalle conversazioni telefoniche citate, dalle quali, al più, potrebbe emergere un ruolo di particolare rilievo dell' E. nella gestione delle società italiane presuntivamente estranee al carosello fraudolento neppure risulterebbero rilevanti i documenti citati nell'ordinanza impugnata. 4 mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , in relazione all'esistenza di gravi indizi di colpevolezza inerenti i reati scopo, oltre che violazione di legge ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. b , con riferimento alle norme tributarie di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 con riferimento al motivo n. 1 del ricorso ad avviso del ricorrente, le operazioni commerciali effettuate dalle società interessate sarebbero legittime e non sussisterebbero violazioni tributarie, poichè quand'anche si volesse dare per accertate le indebite detrazioni operate dalle società c.d. filtro per le operazioni finanziarie intrattenute con le società c.d. cartiere, ciò nessun effetto produce in senso modificativo sul credito IVA vantato e posto in detrazione dalle società destinatarie finali e vi sarebbe contraddizione dunque tra quanto affermato in motivazione dal Tribunale del riesame e le risultanze degli atti di indagine . 9. L'avv. C. Ma., difensore di E.G., deduce quattro motivi di ricorso formulati con contenuto analogo a quelli di L.E. anche se all'evidenza mancanti di una parte per materiale omissione , con l'aggiunta di un quinto motivo, con il quale denuncia inosservanza dell'articolo 275 c.p.p. e mancanza o manifesta illogicità della motivazione, per avere il Tribunale omesso di valutare la rilevanza effettiva delle condizioni di salute del ricorrente e la loro compatibilità col regime carcerario. Con atto depositato il 10 febbraio 2010, l'avv. Manlio Filippo Zampetti ha presentato motivi aggiunti, con i quali deduce 1 nullità e/o inefficacia sopravvenuta del provvedimento de quo, per il mancato rinvenimento della documentazione e degli atti posti a fondamento della richiesta di applicazione della misura cautelare personale da parte della Procura, asseritamente spediti a Roma, ma mai pervenuti presso gli uffici della Suprema Corte di Cassazione. 2 incompatibilità delle peculiari condizioni di salute dell'indagato con la detenzione in carcere, come emergerebbe dalla allegata relazione sanitaria. 10. Gli avv.ti P. A. B. e R.V., propongono ricorso per cassazione nell'interesse dell'indagato L.P., prospettando quattro motivi di ricorso 1 violazione dell'articolo 274 c.p.p. in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e . Secondo il ricorrente l'ipotesi accusatoria risulterebbe confusa e non corroborata dalle risultanze degli accertamenti compiuti nel Regno Unito, risultanze che dovrebbero portare ad escludere la natura solo formale delle società di diritto inglese e la fittizietà delle operazioni da esse fatturate. In questo contesto il Tribunale avrebbe erroneamente addebitato al ricorrente il contenuto di una conversazione telefonica tra altre persone e di una e-mail a lui semplicemente girata il ricorrente contesta l'esistenza di un ruolo centrale del L., che si sarebbe limitato ad adempimenti pratici, tipici dell'attività quotidiana di un dottore commercialista, che non avrebbe avuto alcuna consapevolezza di eventuali irregolarità delle partite IVA delle società e delle operazioni commerciali 2 violazione dell'articolo 274 c.p.p. sotto il profilo delineato dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. b erronea applicazione della legge penale, per essere stata erroneamente configurata l'ipotesi di truffa aggravata capi 2, 3 e 4 della rubrica , reato che secondo la più recente giurisprudenza non può concorrere con quello di frode fiscale. Tale violazione assumerebbe un particolare e decisivo rilievo per il ricorrente, nei cui confronti sono avanzate solo ipotesi di concorso nel reato di truffa e non in quello di frode fiscale. 3 errore nell'interpretazione di norma penale articolo 274 c.p.p., lett. e e articolo 275 c.p.p., commi 1, 2 e 3, in relazione all'articolo 606 c.p.p., in quanto, posto che al L. sono mosse solo accuse di truffa e non di frode fiscale e che fin dal 2008 egli ha interrotto ogni relazione professionale con E.L., non sussisterebbero esigenze cautelari attuali che possano giustificare l'applicazione di una misura, tanto più quella della custodia in carcere, poichè le eventuali esigenze cautelari potrebbero trovare soddisfazione nella sospensione temporanea dall'esercizio della professione. 4 violazione della legge penale per essere stati utilizzati ai fini dell'emanazione del provvedimento i risultati di atti d'indagine compiuti oltre il sesto mese dalla data di iscrizione del ricorrente nel registro degli indagati. 11. L'avv. M.G. propone ricorso per cassazione nell'interesse dell'indagato R.A., deducendo 1 inammissibilità dell'appello del Pubblico ministero per intempestività, in particolare per mancata indicazione della data di trasmissione alla Procura della Repubblica di Bergamo del provvedimento del G.i.p. della reiezione della richiesta di misure cautelari. 2 carenza, mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , per avere il Tribunale omesso di esaminare la rilevanza dei documenti prodotti in previsione dell'udienza camerale, documenti dai quali risulterebbe che l'8 aprile 2009 il ricorrente e la moglie hanno alienato le proprie partecipazioni nelle società Med Trading e Med Chem , e ciò il ricorrente ha fatto prima di ricevere notizia del provvedimento di sequestro che lo ha portato a conoscenza dell'ipotesi di associazione per delinquere avanzata dalla pubblica accusa. Il ricorrente rileva, inoltre, che il R., in tutto il periodo di attività della società, ha utilizzato le carte di credito delle società stessa per sostenere i costi legati alla sua attività, circostanza che dimostrerebbe come egli non fosse mero amministratore formale, rispetto a quello che, secondo il Tribunale, sarebbe stato l'amministratore di fatto, cioè E.L., ed ha versato all'Erario oltre 800.000,00 Euro di imposte, e ciò dimostrerebbe la correttezza delle operazioni societarie e l'inapplicabilità alle società del R. dell'ipotesi accusatoria secondo la quale le società create allo scopo di consentire le frodi erano prive di alcun reale substrato economico. 3 violazione ed erronea applicazione di legge ex dell'articolo 606 c.p.p., lett. b , in relazione al D.Lgs. n. 74 del 2000, articolo 8 e articolo 640 c.p., comma 2, violazione del principio di specialità ex articolo 15 c.p., per avere il Tribunale erroneamente accolto l'ipotesi di concorso tra i delitti di natura tributaria e l'ipotesi di truffa aggravata ai danni dello Stato, che, invece, viene esclusa dalla giurisprudenza prevalente e si pone in contrasto con la natura pienamente assorbente dell'ipotesi di frode fiscale rispetto a quella di truffa in danno dello Stato. 12. L'avv. Paolo Natali Elmi propone, con unico atto, ricorso per cassazione nell'interesse degli indagati G.M. e A.F., deducendo 1 mancata e/o apparente motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza richiesti dall'articolo 273 c.p.p., nonchè manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria, con riferimento all'associazione per delinquere. In particolare, con riferimento all'indagato G. la motivazione risulterebbe pressochè apparente ed in più viziata da evidente illogicità se rapportata a quella che ha diversamente valutato le posizioni di Pa., Ci., R., Pe. e P., in quanto emergerebbe dalla documentazione sequestrata che il G. operava come dipendente delle società Polimarc e Baronchem, agendo sotto la direzione del coindagato Pa., a sua volta operante alle dipendenze degli E. inoltre, la circostanza che egli rivestisse un ruolo meramente operativo non sarebbe smentito dalla qualifica di amministratore rivestita fino al 2004 per la società Magior International Trade le cui attività non risultano caratterizzate da illegalità . L'indagato G. non farebbe parte dell'organigramma societario, non avrebbe amministrato alcuna delle società coinvolte, non avrebbe partecipato alla costituzione delle società filtro d'altro canto, l'ipotesi accusatoria non potrebbe fondarsi, ad avviso del ricorrente, nè sulle dichiarazioni del Pe., mancante di riscontri individualizzanti, nè sul contenuto delle conversazioni intercettate, dalle quali emergerebbe la sola consapevolezza dell'inesistenza degli uffici delle società estere senza la consapevolezza del valore illecito di tale dato. Considerazioni del tutto simili sono proposte dal difensore ricorrente per l'indagato A., a cui la stessa ordinanza attribuisce un ruolo di minor rilievo rispetto al G., senza tuttavia, con motivazione solo apparente, esimersi dal ritenere sussistente un grave quadro indiziario rispetto al reato di associazione per delinquere. Premesso che la qualità di rappresentante fiscale è giudicata dallo stesso Tribunale non paragonabile a quella di amministratore, l'ordinanza ometterebbe di considerare che il ricorrente ha cessato di essere rappresentante fiscale della società Tradex fin dal 31 dicembre 2006 e incorrerebbe nel vizio di illogicità e contraddittorietà allorchè adotta per il ricorrente parametri diversi e più severi di quelli adottati per i coindagati C. e D.L., aventi la medesima posizione. 2 mancata e/o apparente motivazione in ordine all'esistenza di gravi indizi inerenti i reati-scopo. Il ricorrente richiama le considerazioni oggetto del primo motivo di ricorso, evidenziando l'assenza di motivazioni specifiche per le singole posizioni processuali. 3 mancata e/o apparente motivazione ovvero motivazione manifestamente illogica e generica in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari di cui all'articolo 274 c.p.p., lett. c . Ad avviso del ricorrente, il Tribunale avrebbe fondato il giudizio prognostico negativo esclusivamente sulle modalità e la gravità dei fatti e avrebbe omesso di prendere in esame le situazioni personali dei due ricorrenti, posto che a costoro non potrebbe essere riferito il generico richiamo all'esistenza di una potenziale capacità criminosa del sodalizio nel suo insieme e all'esistenza di complici allo stato non identificati. Il ricorrente denuncia, infine, la motivazione del tutto apodittica con la quale l'ordinanza impugnata ha escluso la meno grave misura degli arresti domiciliari. 4 mancata e/o apparente motivazione in ordine ai criteri di scelta della misura di cui all'articolo 275 c.p.p., in quanto l'ordinanza impugnata affronterebbe la tematica con riferimento a gruppi di soggetti, senza scendere nello specifico di ogni indagato. 13. L'avv. L.R. propone ricorso per cassazione nell'interesse degli indagati Ga.Ma. e P.V.G., deducendo 1 inosservanza di norme sostanziali e processuali ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. b , per violazione degli artt. 15 e 640 c.p., articolo 125 c.p.p., comma 3, con riferimento al disposto dell'articolo 275 c.p.p., comma 2, nonchè mancanza di motivazione, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , per avere il Tribunale erroneamente ritenuto applicabile ai ricorrenti anche l'ipotesi di reato ex articolo 640 c.p., comma 2, n. 1, ipotesi che, ad avviso del ricorrente, si pone in rapporto di specialità con quella di frode fiscale, che, alla luce del più grave trattamento sanzionatorio e della specificità della fattispecie, deve ritenersi l'unica applicabile ai fatti come contestati, mancando, in particolare, qualsivoglia atto di disposizione patrimoniale da parte dello Stato che integri gli estremi del danno per l'Erario e del profitto per gli autori dell'illecito. Il ricorrente ritiene che tale valutazione avrebbe dovuto incidere rispetto al giudizio da formulare ai sensi dell'articolo 275 c.p.p., comma 2, circa i criteri di scelta della misura da applicare, là dove il venir meno di alcune delle imputazioni contenute nella rubrica, già solo per una semplice ragione quantitativa, non può non incidere sulla scelta,della misura da irrogare . 2 Inosservanza di norme processuali ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. b , per violazione dell'articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 275 c.p.p., articolo 292 c.p.p., comma 2, lett. c-bis, nonchè mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione con riferimento all'esistenza di esigenze cautelari per l'indagato Ga Il ricorrente censura la omessa valutazione non solo del ruolo meramente esecutivo del ricorrente, che avrebbe operato come testa di legno , assumendo il ruolo di amministratore di diritto delle società destinatane finali unicamente per schermare l'attività del reale dominus, ma anche della circostanza della cessazione da qualsiasi carica sociale, attestativa della cesura dei suoi rapporti con gli altri coindagati e, quindi, della mancanza di attualità della esigenza cautelare. In definitiva, ad avviso del ricorrente, per impedire al Ga. di assumere il ruolo di prestanome in un fantomatico futuro carosello fraudolento sarebbe stata sufficiente non già la misura, certamente meno affittiva, degli arresti domiciliari, ma addirittura la misura interdittiva del divieto di esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche . 3 Inosservanza di norme processuali ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. b , per violazione dell'articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 275 c.p.p., articolo 292 c.p.p., comma 2, lett. c-bis, nonchè mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione con riferimento all'esistenza di gravi indizi di colpevolezza e di esigenze cautelari per l'indagato P Il difensore ricorrente contesta l'esistenza di un serio quadro indiziario nei confronti del P., anche considerando che la pregressa esperienza nel settore bancario giustificherebbe la presenza presso il suo domicilio della documentazione rinvenuta in sede di perquisizione e che la sua partecipazione alla costituzione di una delle società italiane destinatane finali non sarebbe elemento sufficiente per ritenere che egli avesse consapevolezza degli illeciti o vi partecipasse con condotte significative altrettanto non decisive sarebbero le conversazioni telefoniche risalenti all'anno OMISSIS e captate dopo che gli indagati avevano avuto notizia delle investigazioni e dopo che una prima discovery degli atti d'indagine aveva informato anche coloro che non avevano avuto consapevolezza degli illeciti. Per quanto concerne le esigenze cautelari, il ricorrente afferma che la marginalità del ruolo svolto dal P., le sue precarie condizioni di salute, lo stato di incensuratezza e l'età avanzata avrebbero dovuto escludere il pericolo di recidivanza. Con separato atto, l'avv. C. B., propone un ulteriore motivo di impugnazione nell'interesse di P., lamentando la omessa considerazione da parte del Tribunale di due elementi che giustificherebbero la previsione di una futura possibile concessione della sospensione condizionale della pena in caso di condanna il ricorrente è chiamato a rispondere di soli quattro capi d'imputazione e il limite di concedibilità del beneficio è per lui di due anni e mezzo, ai sensi dell'articolo 163 c.p.p., comma 3, limite entro il quale sarebbe ragionevole presumere si collocherebbe la sanzione eventualmente irrogata. Con nota depositata in data 5 febbraio 2010, la difesa P. e Ga. ha messo a disposizione del Collegio le Osservazioni al processo verbale di constatazione che sono state redatte su incarico del custode giudiziario della società Baronchem Spa documento simile è stato redatto anche per la società Polimarc Spa al fine di contrastare le richiesta dell'Amministrazione finanziaria e dalle quali emergerebbero la correttezza delle operazioni commerciali fatturate dalla società e l'inesistenza stessa della c.d. frode carosello . 14. L'avv. Nazzareno Di Mario propone ricorso per cassazione nell'interesse dell'indagato C.M., deducendo vizi di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. c ed e , per mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, sia in ordine alla sussistenza di gravi indizi di reità, sia in ordine alla sussistenza del pericolo di reiterazione della condotta contestata. Per quanto riguarda la gravità degli indizi, il ricorrente lamenta che le risultanze processuali sarebbero state travisate o completamente neglette in particolare, osserva che nessuna consapevolezza degli illeciti commessi da una società potrebbe essere desunta per il solo fatto che l'indagato ne fosse rappresentante fiscale, il cui ruolo si esaurisce in un'attività meramente esecutiva, così come non potrebbe ritenersi che la qualità di consigliere di amministrazione di altra società possa concorrere a ritenere provata la gestione unitaria delle due compagini inoltre, le cariche puramente formali assunte nelle società Cogind e Ditrade sarebbero prive di significato, poichè l'amministrazione effettiva di tali società era assunta da un amministratore di fatto occulto. Il ricorrente, inoltre, lamenta che il Tribunale avrebbe omesso di dare risposta all'eccezione posta con riferimento alla inutilizzabilità degli atti compiuti dopo il sesto mese dalla iscrizione nel registro degli indagati ed a quella di non contestabilità del reato di truffa in presenza del reato di frode fiscale. Con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari, il ricorrente afferma che il Tribunale avrebbe fatto un ricorso eccessivo ad osservazioni di ordine generale, rivolte indistintamente a tutti gli indagati, ed avrebbe omesso di prendere in esame le circostanze di fatto relative alla singola posizione in particolare, non considerando che il ricorrente a far data dal dicembre 2006 ha cessato le funzioni di rappresentante fiscale della società Starling e, a far data dalla primavera del 2008, le funzioni di formale amministratore delle società italiane. Tali circostanze renderebbero ingiustificata la conclusione del Tribunale circa l'esistenza del pericolo di reiterazione dei fatti criminosi inoltre, del tutto illegittimamente il Tribunale avrebbe preso in esame fatti successivi alla primavera del 2008 ed oggetto di nuovi capi di incolpazione non esistenti al momento della richiesta di misura cautelare, fatti che non possono essere contestati per la prima volta al ricorrente in sede di appello. Con memoria depositata il 10 febbraio 2010, il difensore di C. illustra ulteriormente i sopra citati motivi di ricorso. 15. La Sezione terza di questa Suprema Corte, alla quale il presente processo era stato assegnato, con ordinanza depositata il 21 luglio 2010, rimetteva il ricorso alle Sezioni Unite, rilevando l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale in merito. L'ordinanza di rimessione, dopo aver riassunto i termini essenziali della vicenda, e respinta l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla difesa dell'indagato E.L., in quanto sollevata per la prima volta durante la discussione orale e non presente in alcuno dei motivi di ricorso, rilevava l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla questione concernente la configurabilità o meno di un concorso tra i reati di frode fiscale D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ex articolo 2, sotto il profilo dell'infedele dichiarazione IVA mediante il ricorso a fatturazioni per operazioni inesistenti e di truffa aggravata ai sensi dell'articolo 640 c.p., comma 2, n. 1 la stessa Sezione rimettente, peraltro, aggiunge in motivazione che un contrasto in termini del tutto simili si presenta anche con riferimento al concorso tra il reato di truffa aggravata ex articolo 640 c.p., comma 2, e l'ipotesi di frode fiscale prevista dal D.Lgs. n. 74 del 2000, articolo 8. La stessa ordinanza evidenziava come un primo orientamento ritenga esistere un rapporto di specialità tra le due ipotesi di reato, concludendo nel senso che l'unica fattispecie che può formare oggetto di contestazione è quella prevista dalla disciplina tributaria. Un secondo orientamento, intermedio, anch'esso richiamato nell'ordinanza di rimessione, è quello che, pur escludendo l'esistenza di un rapporto di specialità tra le predette fattispecie, ritiene che nel caso in esame operi il principio di consunzione, con conseguente assorbimento dell'ipotesi meno grave truffa in quella più grave frode fiscale . Un terzo orientamento, infine, anch'esso richiamato dalla Sezione rimettente, esclude l'esistenza del rapporto di specialità tra le fattispecie di frode fiscale e truffa aggravata ai danni dello Stato, con conseguente concorso delle due ipotesi delittuose. 16. Il Primo Presidente con Decreto del 4 agosto 2010, assegnava il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione l'odierna udienza. Considerato in diritto 1. Preliminare rispetto a tutti gli altri motivi di ricorso è l'esame della questione di diritto sottoposta al giudizio di queste Sezioni Unite se i reati in materia fiscale di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 8 siano speciali rispetto al delitto di truffa aggravata a danno dello Stato , sollevata da alcuni ricorrenti, ma estensibile a tutti, sia a coloro ai quali sia stato contestato il concorso formale fra i predetti reati sia a coloro ai quali sia stata contestata la sola truffa aggravata, ma, comunque, in concorso con coloro che hanno commesso anche i reati fiscali. E' evidente, infatti, che la soluzione della questione giuridica sottoposta all'esame delle Sezioni Unite, ove si escluda il contestato concorso di reati, anche in presenza di altri reati che consentirebbero l'emissione del provvedimento cautelare, incide sulla complessiva valutazione che il giudice deve effettuare ai sensi degli artt. 274 e seg. c.p.p Sulla questione in esame si registrano due orientamenti giurisprudenziali contrastanti, come già evidenziato nell'ordinanza di rimessione a queste Sezioni Unite. Secondo un primo orientamento, è ammissibile il concorso tra il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato articolo 640 c.p., comma 2, n. 1 e quelli di emissione ed utilizzazione, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, di fatture per operazioni inesistenti D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 2 e 8 , non sussistendo tra i predetti reati rapporto di specialità, poichè diversi sarebbero i beni giuridici protetti e diversi gli elementi costitutivi delle fattispecie criminose, in quanto nei reati di frode fiscale non occorre l'effettiva induzione in errore dell'Amministrazione finanziaria, nè il conseguimento dell'ingiusto profitto con danno dell'Amministrazione Sez. 5, n. 6825 del 23/01/2007, Melli, Rv. 235632 Sez. 3, n. 14707 del 14 novembre 2007, dep. 09/04/2008, Rossi, Rv. 239659 Sez. 3, n. 25883 del 26 maggio 2010, Tosato, n. m. in taluni casi si precisa che la ravvisabilità del delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato non costituisce violazione del principio di specialità di cui all'articolo 15 c.p., qualora dalla dinamica dei fatti e sulla base di obiettivi elementi di riscontro si configuri una condotta truffaldina tipica ed inequivoca desunta dalle particolari modalità esecutive della evasione fiscale Sez. 5 n. 6825 del 23 gennaio 2007, cit. Secondo un altro orientamento, invece, il delitto di frode fiscale si pone in rapporto di specialità rispetto a quello di truffa aggravata a norma dell'articolo 640 c.p., comma 2, n. 1, in quanto è connotato da uno specifico artificio costituito da fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e da una condotta a forma vincolata indicazione di elementi passivi fittizi in una delle dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi o alle imposte sul valore aggiunto . D'altro canto, il reato tributario, quale delitto speciale, si caratterizza come reato di pericolo o di mera condotta, per il quale la tutela è anticipata, perchè la sua consumazione prescinde dal verificarsi dell'evento di danno, consistente nel conseguimento di un indebito vantaggio, ma tale caratterizzazione non pone le due fattispecie criminose in rapporto di specialità reciproca, perchè il verificarsi dell'evento di danno è posto al di fuori della fattispecie oggettiva della frode fiscale, rendendo così indifferente che esso si verifichi e postulandosi come necessaria solo la sussistenza di un collegamento teleologia sotto il profilo intenzionale Sez. 2, n. 7996 del 29/01/2004, Grieco, Rv. 228795 Sez. 2, n. 8000 del 29/01/2004, Passannante, n. m. Sez. 2, n. 40226 del 23/11/2006, Bellavita, rv. 235593 Sez. 5, n. 3257 del 15/12/2006, dep. 30/01/2007, Barisano, Rv. 236037 Sez. 5, n. 7916 del 10/01/2007, Cutillo, Rv. 236053, n. m. sul punto Sez. 2, n. 5656 dell'11/01/2007, Perrozzi, Rv. 236126 Sez. 2, n. 28676 del 5/06/2008, Puzella, Rv. 241110 Sez. 2, n. 30537 del 02/07/2009, Simone, n. m. Sez. 2, n. 46621 del 18/11/2009, Avallone, n. m. . Una diversa prospettiva interpretativa esclude ugualmente la sussistenza del concorso tra le fattispecie criminose in esame, ma non sulla base del principio di specialità, in quanto mancherebbe la identità naturalistica del fatto al quale le due norme si riferiscono l'una, la frode fiscale, richiede un artificio peculiare e l'altra, la truffa, necessita per il suo perfezionamento di elementi, l'induzione in errore ed il danno, indifferenti per il reato tributario , ma di quello di consunzione per il quale è sufficiente l'unità normativa del fatto, desumibile dall'omogeneità tra i fini dei due precetti, con conseguente assorbimento dell'ipotesi meno grave in quella più grave l'apprezzamento negativo della condotta è tutto ricompreso nella prima norma D.Lgs. n. 74 del 2000, articolo 2 che prevede il reato più grave per cui il configurare anche la previsione meno grave articolo 640 c.p., che di per sè integra una diversa fattispecie, comporterebbe un ingiusto moltiplicarsi di sanzioni penali cosi Sez. 3, n. 37409 del 10/07/2007, Colombari, Rv. 237306 nonchè Sez. 3, n. 37410 del 10/07/2007, Sarti, n. m. Sez. 2, n. 28685 del 05/06/2008, Chinaglia, Rv. 241111, n. m. sul punto Sez. 2, n. 8357 del 10/12/2008, dep. 24/02/2009, Liggeri, n. m. Sez. 2, n. 8362 del 10/12/2008, dep. 24/02/2009, Giarrata, n. m. Sez. 2, n. 21566 del 08/05/2008, Puzella, Rv. 240910, n. m. sul punto Sez. 2, n. 41488 del 29/09/2009, Rimoldi, Rv. 245001, n. m. sul punto Sez. 1, n. 27541 del 31/03/2010, Barbara, n. m. . 2. La soluzione della questione giuridica controversa richiede la preliminare specificazione dei presupposti per la configurabilità o meno del concorso di reati. Nell'ambito della problematica di più ampia portata del concorso apparente di norme l'ordinamento positivo è ispirato al principio di specialità, consacrato nell'articolo 15 c.p., il quale prevede che quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito . Si definisce tradizionalmente norma speciale quella che contiene tutti gli elementi costitutivi della norma generale e che presenta uno o più requisiti propri e caratteristici, che hanno appunto funzione specializzante, sicchè l'ipotesi di cui alla norma speciale, qualora la stessa mancasse, ricadrebbe nell'ambito operativo della norma generale è necessario, cioè, che le due disposizioni appaiano come due cerchi concentrici, di diametro diverso, per cui quello più ampio contenga in sè quello minore, ed abbia, inoltre, un settore residuo, destinato ad accogliere i requisiti aggiuntivi della specialità. Sulla applicazione del principio di specialità e sulla sua idoneità a risolvere tutte le problematiche concernenti il concorso di norme si sono manifestate le più variegate posizioni, anche nell'ambito delle stesse Sezioni Unite, alcune interpretando la stessa materia come identità del bene alla cui tutela le norme in concorso sono finalizzate Sez. U, n. 9568 del 21/04/1995, La Spina, Rv. 202011 , altre, invece, escludendo che il concorso apparente di norme sia configurabile sulla base del bene giuridico protetto dalle disposizioni apparentemente confliggenti Sez. U, n. 420 del 28/11/1981, dep. 19/01/1982, Emiliani, Rv. 151618 . La giurisprudenza prevalente e più recente prende posizione a favore di un raffronto meramente strutturale delle fattispecie considerate, prescindendo dall'analisi del fatto storico e abbandonando la soluzione di combinare criteri tra loro diversi Sez. U, n. 35 del 13 dicembre 2000, dep. 15/01/2001, Sagone Sez. U, n. 8545 del 18/12/2002, dep. 20/02/2003, Scuncia, Rv. 223395 , ed afferma che il criterio di specialità presuppone una relazione logico strutturale tra norme. Ne deriva che la locuzione stessa materia va intesa come fattispecie astratta ossia come settore, aspetto dell'attività umana che la legge interviene a disciplinare e non quale episodio in concreto verificatosi sussumibile in più norme, indipendentemente da un astratto rapporto di genere a specie tra queste il richiamo alla natura del bene giuridico protetto non è considerato decisivo e, inoltre, può dare adito a dubbi nel caso di reati plurioffensivi a ciò aggiungasi che le parole stessa materia sembrano utilizzate in luogo di stessa fattispecie o stesso fatto, per comprendere nel dettato dell'articolo 15 c.p.p. anche il concorso di norme non incriminatrici che altrimenti resterebbe escluso Sez. U, n. 23427 del 09/05/2001, Ndiaye, Rv. 218771 . Si aggiunge che una volta riconosciuto un rapporto di parziale identità tra le fattispecie, il riferimento anche all'interesse tutelato dalle norme incriminatrici non ha immediata rilevanza ai fini dell'applicazione del principio di specialità, perchè si può avere identità di interesse tutelato tra fattispecie del tutto diverse, come il furto e la truffa, offensive entrambe del patrimonio, e diversità di interesse tutelato tra fattispecie in evidente rapporto di specialità, come l'ingiuria, offensiva dell'onore, e l'oltraggio a magistrato in udienza, offensivo del prestigio dell'amministrazione della giustizia Sez. U, n. 16568 del 19/04/2007, Carchivi, Rv. 235962 nonchè Sez. U, n. 47164 del 20/12/2005, Marino, Rv. 232302 . Anche la Corte costituzionale ha avuto modo di applicare il criterio della continenza strutturale tra fattispecie, sia pure in un caso di concorso tra illecito amministrativo e illecito penale, affermando che l'applicazione del principio di specialità ex articolo 15 c.p. implica la convergenza su di uno stesso fatto di più disposizioni, delle quali una sola è effettivamente applicabile, a causa delle relazioni intercorrenti tra le disposizioni stesse , dovendosi confrontare le astratte, tipiche fattispecie che, almeno a prima vista, sembrano convergere su di un fatto naturalisticamente unico Corte cost, sent. n. 97 del 1987 . Già in precedenza, la stessa Corte aveva affermato che per aversi rapporto di specialità ex articolo 15 c.p. è indispensabile che tra le fattispecie raffrontate vi siano elementi fondamentali comuni, ma una di esse abbia qualche elemento caratterizzante in più che la specializzi rispetto all'altra Corte cost., ord. n. 174 del 1994 . Deve, pertanto, affermarsi che il criterio di specialità è da intendersi in senso logico-formale, ritenendo, cioè, che il presupposto della convergenza di norme, necessario perchè risulti applicabile la regola sulla individuazione della disposizione prevalente posta dall'articolo 15 cit., possa ritenersi integrato solo in presenza di un rapporto di continenza tra le stesse, alla cui verifica deve procedersi attraverso il confronto strutturale tra le fattispecie astratte rispettivamente configurate, mediante la comparazione degli elementi costitutivi che concorrono a definire le fattispecie stesse. Peraltro, secondo un orientamento giurisprudenziale, occorrerebbe verificare se al di là del principio di specialità il concorso materiale dei reati debba essere escluso alla luce di una manifestata volontà normativa di valutare in termini di unitarietà le pur omogenee fattispecie così Sez. U, n. 23427 del 2001 dt nonchè, Sez. U, n. 22902 del 28/03/2001, Tiezzi, Rv. 218873 . Si vuole, in tal modo, richiamare il c.d. principio di consunzione o di assorbimento, accolto da parte della giurisprudenza e della dottrina, che troverebbe riconoscimento legislativo nello stesso articolo 15 c.p. che, se, da un lato, sancisce il principio di specialità, dall'altro lato, ne ammette delle deroghe a favore della norma che prevede il reato più grave, sicchè tale principio dovrebbe ritenersi avere validità a fortori anche quando tale deroga non sia espressamente stabilita dal legislatore. Le norme legate dal rapporto di consunzione perseguono scopi per loro natura omogenei, senza che, tuttavia, tale rapporto di omogeneità si risolva nell'identità del bene giuridico, che costituisce soltanto il nucleo dello scopo della norma, così che lo scopo della norma che prevede un reato minore sia chiaramente assorbito da quello relativo ad un reato più grave, il quale esaurisca l'intero disvalore del fatto ed assorba l'interesse tutelato dall'altro, in modo che appaia con evidenza inammissibile la duplicità di tutela e di sanzione in relazione al principio di proporzione tra fatto illecito e pena, che ispira il nostro ordinamento. Secondo questa teoria, il criterio di specialità non è suscettibile di assorbire tutte le situazioni di concorso apparente, di modo che è necessario fare ricorso al criterio non espressamente codificato, ma conforme all'interpretazione sistematica, della consunzione o dell'assorbimento. Diversamente verrebbe ad essere addebitato più volte un accadimento unitariamente valutato dal punto di vista normativo, in contrasto con il principio del ne bis in idem sostanziale posto a fondamento degli artt. 15, 68 e 84. Contro tale tesi è stato osservato Sez. U, n. 47164 del 2005 cit. che i criteri di assorbimento e di consunzione sono privi di fondamento normativo, perchè l'inciso finale dell'articolo 15 c.p. allude evidentemente alle clausole di riserva previste dalle singole norme incriminatrici, che, in deroga al principio di specialità, prevedono, sì, talora l'applicazione della norma generale, anzichè di quella speciale, considerata sussidiaria inoltre i giudizi di valore che i criteri di assorbimento e di consunzione richiederebbero sono tendenzialmente in contrasto con il principio di legalità, in particolare con il principio di determinatezza e tassatività, perchè fanno dipendere da incontrollabili valutazioni intuitive del giudice l'applicazione di una norma penale infatti, un'incertezza incompatibile con il principio di legalità deriva anche dalla mancanza di criteri sicuri per stabilire quali e quante fra più fattispecie, pur ben determinate, siano applicabili si aggiunge che è vero che anche il criterio di specialità, in particolare nei casi di specialità per aggiunta, presuppone talora una discrezionalità nella selezione degli elementi da considerare rilevanti per la comparazione tra le fattispecie. Ma questa operazione di selezione rimane pur sempre nei limiti di un'attività interpretativa, che costringe nell'ambito degli elementi strutturali delle fattispecie la inevitabile componente valutativa del raffronto, anzichè rimuoverla o lasciarla priva di criteri davvero controllabili mentre i criteri di assorbimento e di consunzione esigono scelte prive di riferimenti normativi certi, appunto perchè dichiaratamente prescindono dalla struttura delle fattispecie . In verità, l'orientamento giurisprudenziale che fa applicazione del principio di consunzione ammette che tale applicazione comporta una operazione interpretativa di giudizi di valore, ma onde evitare che venga pregiudicata la fondamentale esigenza di determinatezza in campo penale, postula che la considerazione abbinata delle vicende tipiche sia resa oggettivamente evidente e detta risultanza non può che essere individuata nella maggiore significatività della sanzione inflitta per il reato consumante o assorbente quando invece sia più grave la pena sancita per quello che andrebbe assorbito, la consunzione va negata, dovendosi ravvisare un intento di consentire, attraverso una effettivo autonomo apprezzamento del disvalore delle ipotesi criminose, il regime del concorso dei reati. Invero, l'avere sottoposto a più benevolo trattamento il fatto/reato che potrebbe per la sua struttura essere assorbente, sta a dimostrare che della fattispecie eventualmente assorbibile non si è tenuto conto pertanto la norma che la punisce è applicabile in concorso con l'altra, senza incorrere in duplicità di addebito Sez. U, n. 23247 del 2001, cit. . Tali osservazioni, però, non tengono conto della possibilità che pur è stata ravvisata dalla giurisprudenza di legittimità e dalla giurisprudenza costituzionale che, talvolta, pur in presenza di fattispecie omogenee, prevale l'applicazione di norme di favore, che sottraggono dall'ambito applicativo di norme più ampie, compresenti nell'ordinamento, talune fattispecie, allo scopo e con l'effetto di riservare loro un trattamento sanzionatorio più mite di quello altrimenti stabilito da tali norme, salva la valutazione, riservata alla sede del controllo di costituzionalità, della ragionevolezza della opzione legislativa Corte cost., sent. n. 394 del 2006, con riferimento al D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, articolo 100, comma 3, e al D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, articolo 90, comma 3 Sez. U, n. 8545 del 18/12/2002, Scuncia, Rv. 223395, con riferimento al D.Lgs. 15 novembre 2000, n. 373, articolo 6 in rapporto al L. 22 aprile 1941, n. 633, articolo 171-octies, introdotto dal L. 18 agosto 2000, n. 248, articolo 17 . Resta, in tal modo, confermato che anche il riferimento alla gravità della sanzione non attribuisce di per sè carattere di oggettività alla scelta interpretativa di applicazione del criterio di consunzione, posto che non può affermarsi in linea di principio che il disvalore del fatto sanzionato più gravemente abbia sempre e comunque carattere assorbente nel rapporto tra due fattispecie incriminatrici. Non può trascurarsi, inoltre, di considerare che il principio di legalità trova fondamento anche nell'articolo 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo oltre che nell'articolo 15 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e nell'articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali di Nizza, oggi espressamente richiamata nel corpus comunitario attraverso l'articolo 6, par. 1, del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 . Nella giurisprudenza della Corte EDU al suddetto principio si collegano i valori della accessibilità accessibility della norma violata e della prevedibilità foreseeability della sanzione, accessibilità e prevedibilità che si riferiscono non alla semplice astratta previsione della legge, ma alla norma vivente quale risulta dall'applicazione e dalla interpretazione dei giudici pertanto, la giurisprudenza viene ad assumere un ruolo decisivo nella precisazione del contenuto e dell'ambito applicativo del precetto penale. Il dato decisivo da cui dedurre il rispetto del principio di legalità, sempre secondo la Corte EDU, è, dunque, la prevedibilità del risultato interpretativo cui perviene l'elaborazione giurisprudenziale, tenendo conto del contenuto della struttura normativa, prevedibilità che si articola nei due sotto principi di precisione e di stretta interpretazione Corte EDU 02/11/2006, ric. Milazzo c. Italia Grande Camera 17/02/2004, ric. Maestri contro Italia 17/02/2005, ric. K.A. ET A.D. contro Belgio 21/01/2003, ric. Veeber c. Estonia 08/07/1999, ric. Baskaya e Okcuoglu c. Turchia 15/11/1996, ric. Cantoni c. Francia 22/09/1994, ric. Hentrich c. Francia 25/05/1993, ric. Kokkinakis c. Grecia 08/07/1986, ric. Lithgow e altri c. Regno Unito . Anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia di Lussemburgo si è pronunciata sui principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, affermando che la normativa degli Stati membri deve avere una formulazione non equivoca, in modo da consentire agli interessati di conoscere i propri diritti e ai giudici di garantirne l'osservanza Corte Giustizia, 26/02/1991, C-119/89, ric. Commissione c. Spagna e che il principio di legalità delle pene costituisce un'emanazione del principio di certezza del diritto Tribunale CE, 05/04/2006, T-279/02, ric. Degussa AG Corte Giustizia, 28/06/2005, cause riunite C-189/02 P, C-202/02 P, C-205/02 P a C-208/02 P e C 213/02 P Corte Giustizia, 08/10/1987, C-80/86, ric. Kolpinghuis Nijmegen . Si comprende, pertanto, la necessità del rigoroso rispetto del principio di legalità e dei conseguenti principi di determinatezza e tassatività, anche con riferimento alla materia del concorso apparente di norme incriminatrici. Certamente, non può trascurarsi l'esigenza sottesa alla giurisprudenza che fa ricorso al criterio della consunzione, cioè il rispetto del principio del ne bis in idem sostanziale, ma tale rispetto è assicurato da una applicazione del principio di specialità, secondo un approccio strutturale, che non trascuri l'utilizzo dei normali criteri di interpretazione concernenti la ratio delle norme, le loro finalità e il loro inserimento sistematico, al fine di ottenere che il risultato interpretativo sia conforme ad una ragionevole prevedibilità, come intesa dalla giurisprudenza della Corte EDU. D'altro canto, anche quella giurisprudenza che fa riferimento al criterio di consunzione Sez. Un., n. 23427 e n. 22902 del 2001, cit. lo utilizza ad integrazione o a conferma delle conseguenze applicative del principio di specialità e in funzione garantistica rispetto al destinatario della norma penale. 3. Applicando tali principi al caso in esame deve aderirsi all'orientamento giurisprudenziale che ravvisa un rapporto di specialità tra la frode fiscale e la truffa aggravata ai danni dello Stato. Il raffronto fra le fattispecie astratte evidenzia che la frode fiscale è connotata da uno specifico artifizio, costituito da fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Una volta chiarito che la condotta di cui alla frode fiscale è una specie del genere artifizio , non si può far leva, per affermare la diversità dei fatti, sugli elementi danno e profitto, giacchè questi dati fattuali di evento non possono trasformare una tale situazione di identità ontologica dell'azione in totale diversità del fatto. Per quanto riguarda l'evento di danno, esso è specificato nel D.Lgs. n. 74 del 2000, articolo 1, comma 1, lett. d , che include nel fine di evadere le imposte anche il fine di conseguire un indebito rimborso o il riconoscimento di un inesistente credito d'imposta, e il conseguimento di tale fine è posto come scopo della condotta tipica, cioè come caratterizzante l'elemento intenzionale e non rileva il suo conseguimento, in quanto il delitto di frode fiscale si connota come reato di pericolo o di mera condotta, perchè il legislatore ha inteso rafforzare in tal modo la tutela, anticipandola al momento della commissione della condotta tipica, intendimento ulteriormente confermato dalla misura della sanzione, superiore sia nel minimo che nel massimo a quella prevista per il delitto di truffa aggravata. Nella stessa relazione governativa, si osserva che la dichiarazione fraudolenta si connota come quella ontologicamente più grave essa ricorre, infatti, quando la dichiarazione non soltanto non è veridica, ma risulta altresì insidiosa, in quanto supportata da un impianto contabile, o più genericamente documentale, atto a sviare o ad ostacolare la successiva attività di accertamento dell'amministrazione finanziaria, o comunque ad avvalorare artificiosamente l'inveritiera prospettazione di dati in essa racchiusi . In tal modo, il legislatore valuta che la condotta descritta, oltre che essere connotata di particolare disvalore, è anche oggettiva mente idonea a raggiungere lo scopo perseguito, cioè ad esporre concretamente a pericolo il bene tutelato, ciò spiega la indifferenza dell'evento di danno nell'integrazione della fattispecie oggettiva. Lo stesso legislatore, peraltro, non considera irrilevante l'entità del profitto e del conseguente danno, posto che prevede una diminuzione della sanzione, parametrandola proprio ai suddetti elementi D.Lgs. n. 74 del 2000, articolo 2, comma 3, e articolo 8, comma 3 , con la conseguenza che ritenere la configurabilità in concorso della truffa aggravata significherebbe svuotare di ogni valenza giuridica le soglie sanzionatorie. La citata relazione governativa marca queste caratteristiche dei reati in questione e sembra proprio escludere la configurabilità di un concorso con la truffa aggravata ai danni dello Stato, osservando, rispetto a quest'ultimo reato, come il relativo paradigma punitivo prescinda sia dall'ammontare dell'ingiusto profitto conseguito che dalla particolare natura dell'artificio utilizzato la quale, nel delitto tributario in esame, assume connotati di particolare disvalore . Queste considerazioni sono sufficienti a rispondere alle obiezioni circa l'assenza nel reato di frode fiscale dei due elementi dell'induzione in errore e del danno al patrimonio dello Stato, che sono elementi essenziali per la configurazione del reato di truffa. Ma potrebbe anche aggiungersi, sotto un altro profilo, che sia l'induzione in errore che il danno sono presenti nella condotta incriminata dal reato di frode fiscale, posto che alla presentazione di una dichiarazione non veridica si accompagna normalmente il versamento di un minor o di nessun tributo e genera, in prima battuta e nella fase di liquidazione della dichiarazione, un'induzione in errore dell'Amministrazione finanziaria e un danno immediato quanto meno nel senso del ritardo nella percezione delle entrate tributarie. Quanto alle connotazioni della condotta nel caso di specie, l'ordinanza impugnata erroneamente fa riferimento all'esistenza di ulteriori e diversi raggiri rispetto all'emissione o annotazione di fatture per operazioni inesistenti, rappresentati dalla fraudolenta costituzione ed operatività di decine di società di capitali straniere pag. 74 , quale elemento autonomamente considerabile ai fini della truffa, in tal modo richiamando quella giurisprudenza di questa Suprema Corte che affida al giudice di merito la valutazione delle particolari modalità esecutive della evasione fiscale al fine di ritenere configurabile il concorso con il reato di truffa Sez. 5, n. 6825 del 23/01/2007, cit. . Tale affermazione è in contrasto con il principio secondo il quale il confronto deve essere effettuato fra le fattispecie astratte e non partendo dalla condotta in concreto posta in essere, da portare a raffronto con le diverse fattispecie astratte, per risolvere il dubbio sulla operatività del criterio di specialità. Deve considerarsi, inoltre, da un lato, che è l'artifizio della fatturazione di operazioni inesistenti ad essere in linea astratta speciale e che la sua realizzazione non può non presupporre la creazione di una struttura capace di produrre siffatta specifica documentazione fraudolenta dall'altro e comunque che nell'ambito dei delitti in materia di dichiarazione fraudolenta dei redditi o dell'imposta sul valore aggiunto la frode mediante altri artifici è specificatamente prevista dal D.Lgs. n. 74 del 2000, articolo 3, e che essa non può concorrere con quella attuata mediante fatture per operazioni inesistenti per l'espressa clausola di riserva contenuta all'inizio dell'alinea del medesimo articolo 3. La negazione del rapporto di specialità tra frode fiscale e truffa ai danni dell'Erario, si pone, inoltre, in contraddizione con la linea di politica criminale e con la ratio che ha ispirato il legislatore nella riforma di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000. La linea di politica criminale adottata dal legislatore, nell'ambito delle scelte discrezionali che gli competono, in occasione della riforma introdotta con il D.Lgs. n. 74 del 2000, sono state ampiamente delineate dalle Sezioni Unite di questa Corte Sez. U, n. 27 del 25/10/2000, Di Mauro , affrontando il problema della continuità normativa d'illecito fra l'ipotesi di frode di cui al D.L. 10 luglio 1982, n. 429, articolo 4, lett. f , convertito in L. 7 agosto 1982, n. 516 e la nuova ipotesi di dichiarazione fraudolenta di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, articolo 2, e successivamente dalla Corte Costituzionale sentenza n. 49 del 2002 , nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, articolo 6 e articolo 9, comma 1, lett. b , in riferimento all'articolo 3 Cost., nella parte in cui escludono, rispettivamente, la punibilità a titolo di tentativo del delitto di cui all'articolo 2 del medesimo D.Lgs., e la punibilità di chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti a titolo di concorso nel reato di emissione di tali fatture o documenti, previsto dall'articolo 8 del decreto stesso, posto che il giudice rimettente aveva, in sostanza, richiesto alla Corte di rimuovere la sospetta incostituzionalità tramite un riequilibrio in malam partem del rispettivo regime sanzionatorio. Sia le Sezioni Unite che la Corte Costituzionale sottolineano che il legislatore, in occasione della riforma introdotta con il D.Lgs. n. 74 del 2000, con una scelta di radicale alternatività rispetto al pregresso modello di legislazione penale tributaria, ha inteso abbandonare il modello del c.d. reato prodromico, caratteristico della precedente disciplina di cui al D.L. 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 1982, n. 516 modello che attestava la linea d'intervento repressivo sulla fase meramente preparatoria dell'evasione d'imposta a favore del recupero alla fattispecie penale tributaria del momento dell'offesa degli interessi dell'erario. Questa strategia come si legge nella relazione ministeriale ha portato a focalizzare la risposta punitiva sulla dichiarazione annuale, quale atto che realizza, dal lato del contribuente, il presupposto obiettivo e definitivo dell'evasione, negando rilevanza penale autonoma alle violazioni a monte della dichiarazione stessa Corte Cost. cit. . La dichiarazione annuale fraudolenta D.Lgs. n. 74 del 2000, articolo 2 , siccome non soltanto mendace ma caratterizzata altresì da un particolare coefficiente di insidiosità per essere supportata da un impianto contabile o documentale per operazioni inesistenti, costituisce dunque la fattispecie criminosa ontologicamente più grave il delitto, di tipo commissivo e di mera condotta, seppure teleologicamente diretto al risultato dell'evasione d'imposta come precisato nella definizione del dolo specifico di evasione sub articolo 1, lett. d , ha natura istantanea e si consuma con la presentazione della dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non rilevando le dichiarazioni periodiche e quelle relative ad imposte diverse, con la conseguenza che il comportamento di utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, si configura come ante factum meramente strumentale e prodromico per la realizzazione dell'illecito, e perciò non punibile così Sez. U cit. . Risulta poi autonomamente strutturata la fattispecie criminosa di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, finalizzata a consentire l'evasione altrui, attività illecita di spiccata pericolosità consistente nell'immissione sul mercato di documentazione idonea a supportare l'indicazione fraudolenta in dichiarazione di elementi passivi fittizi l'ipotesi criminosa dell'emissione, regolata dall'articolo 8, è dunque punita di per sè, mentre l'utilizzazione solo in quanto trasfusa in una falsa dichiarazione. Particolare rilievo sistematico assumono altresì le disposizioni normative del D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 6 e 9 sul tentativo e, rispettivamente, sul concorso di persone. La disposizione del D.Lgs. n. 74 del 2000, articolo 6, escludendo la punibilità a titolo di tentativo dei delitti in materia di dichiarazione di tipo commissivo di cui agli artt. 2, 3 e 4 dello stesso D.Lgs., mira oltre che a stimolare, nell'interesse dell'erario, la resipiscenza del contribuente scoperto nel corso del periodo d'imposta ad evitare che violazioni preparatorie, già autonomamente represse nel vecchio sistema registrazione in contabilità di fatture per operazioni inesistenti, omesse fatturazioni, sottofatturazioni, ecc , possano essere ritenute tuttora penalmente rilevanti ex se, quali atti idonei, preordinati in modo non equivoco ad una falsa dichiarazione , come tali punibili ex se a titolo di delitto tentato così Corte Cost. cit. . Sotto diverso profilo, il successivo articolo 9 esclude, in deroga all'articolo 110 c.p., la configurabilità del concorso dell'emittente nel reato di dichiarazione fraudolenta commesso dall'utilizzatore e soprattutto, in forza della medesima logica sottesa alla non configurabilità del tentativo quella cioè di ancorare comunque la punibilità al momento della dichiarazione fraudolenta evitando una indiretta resurrezione del reato prodromico Relazione governativa, par.3.2.1 , del concorso dell'utilizzatore nel reato di emissione anche in caso di preventivo accordo. Di conseguenza, per l'emittente la successiva utilizzazione da parte di terzi configura un postfatto non punibile, mentre per l'utilizzatore, che se ne avvalga nella dichiarazione annuale, il previo rilascio costituisce un antefatto pure Irrilevante penalmente del pari, l'intermediario non potrà considerarsi concorrente in entrambi i reati ma, a seconda dei casi concreti, in una delle distinte ipotesi così Sez. U approprio sulla base di tali riflessioni della Corte costituzionale e delle Sezioni Unite, alcune delle decisioni che sostengono l'esistenza di un rapporto di specialità tra la fattispecie penale tributaria e quella comune di truffa aggravata ai danni dello Stato osservano correttamente che la negazione della sussistenza del suddetto rapporto si porrebbe in palese contrasto con la linea di politica criminale e con la stessa ratio che ha ispirato il legislatore nel dettare le linee portanti della riforma introdotta con il D.Lgs. n. 74 del 2000 in particolare, sarebbe paradossale ipotizzare, in capo all'emittente la falsa documentazione, una responsabilità penale costruita facendo leva su di una fattispecie di genere truffa ai danni dell'erario , in presenza di una condotta fiscale che si esaurisce nella configurabilità della ipotesi speciale descritta dal D.Lgs. n. 74 del 2000. In altri termini, se il legislatore individua nella presentazione della dichiarazione annuale la condotta tipica e il momento di rilevanza penale della fattispecie di evasione, espressamente escludendo che la soglia di punibilità possa essere anticipata , ai sensi dell'articolo 56 c.p., anche nel caso di accertamento di irregolarità fiscali compiute nel corso del periodo d'imposta, non è ovviamente consentita l'utilizzazione strumentale di un'ipotesi delittuosa comune contro il patrimonio quale la truffa aggravata ai danni dello Stato eventualmente anche sub specie di tentativo per alterare, se non stravolgere, il sistema di repressione penale dell'evasione disegnato dalla legge. Ugualmente deve dirsi con riferimento al reato di mera emissione di fatture, destinate alla eventuale utilizzazione da parte di soggetti terzi, poichè la configurabilità di un concorrente delitto di truffa potrebbe portare, non solo ad eludere la norma che esclude che la punibilità possa essere anticipata ai sensi dell'articolo 56 c.p., ma anche quella che impedisce la configurabilità di un concorso tra emittenti ed utilizzatori, in deroga all'articolo 110 c.p. D.Lgs. n. 74 del 2000, articolo 9 . Argomenti a favore della prospettata interpretazione sono stati tratti anche dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289 L. Finanziaria 2003 , poichè ai sensi del combinato disposto dell'articolo 8, comma 6, lett. c , il perfezionamento della procedura prevista dal presente articolo comporta . .c l'esclusione ad ogni effetto della punibilità per i reati tributari di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, articolo 2 . e del comma 12 dello stesso articolo La conoscenza dell'intervenuta integrazione dei redditi e degli imponibili ai sensi del presente articolo non genera obbligo o facoltà della segnalazione di cui all'articolo 331 c.p.p L'integrazione effettuata ai sensi del presente articolo non costituisce notizia di reato deve ritenersi che il legislatore abbia escluso il concorso con il delitto di truffa ai danni dello Stato. Diversamente, non avrebbe stabilito l'esonero dalla denuncia e non avrebbe espressamente disposto che l'integrazione effettuata ai sensi dell'articolo 8, L. cit. non costituisce notizia di reato . D'altro canto, se si facesse rientrare la condotta del soggetto agente nella sfera di punibilità del delitto di truffa ai danni dello Stato, si avrebbe l'effetto di impedire il perseguimento delle finalità a cui l'intervento normativo è rivolto, poichè la legge sul condono ha lo scopo di evitare costi all'Amministrazione finanziaria invitando l'evasore a definire ogni pendenza con l'Erario attraverso il pagamento di una somma di denaro predeterminata. In definitiva, qualsiasi condotta di frode al fisco non può che esaurirsi all'interno del quadro sanzionatorio delineato dalla apposita normativa. Occorre ancora considerare che ai sensi dell'articolo 325 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea ex articolo 280 del T.C.E. , nel testo in vigore dal 1 dicembre 2009 l'Unione e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell'Unione stessa mediante misure adottate a norma del presente articolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri e nelle istituzioni, organi e organismi dell'Unione comma 1 . Gli Stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari comma 2 . Questa disposizione esprime il c.d. principio di assimilazione gli interessi finanziari Europei sono assimilati a quelli nazionali con la conseguenza che gli Stati sono tenuti ad agire con gli stessi mezzi e adottando le stesse misure in entrambi i casi. La Corte di Giustizia U.E., già con sentenza 21 settembre 1989, causa n. 68/88, Commissione c. Repubblica ellenica, impose agli Stati membri di equiparare la tutela degli interessi comunitari a quella dei propri interessi finanziari e di prevedere un dispositivo di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive. A tal fine, occorre considerare che la Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Europee oggi dell'Unione Europea del 26 luglio 1995, definisce, all'articolo 1, la portata dell'espressione frode comunitaria, distinguendo tra quella in materia di spese tra cui l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni e documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi provenienti dal bilancio generale delle Comunità Europee o dai bilanci gestiti dalle Comunità Europee o per conto di esse e quella in materia di entrate tra cui l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni e documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale delle Comunità Europee o dei bilanci gestiti dalle Comunità Europee o per conto di esse . Poichè tra le fonti di approvvigionamento delle risorse finanziarie dell'U.E. rientra una certa percentuale dell'imposta sul valore aggiunto IVA riscossa dagli stati membri, appare evidente come ogni condotta diretta ad eludere il pagamento dell'IVA, oltre a generare un danno economico per gli introiti dello Stato, si ripercuote negativamente sulle finanze U.E., seppure in misura proporzionalmente inferiore. Pertanto, la lesione degli interessi finanziari dell'U.E. in casi di frode in materia di IVA si manifesta come lesiva, sia in via diretta che indiretta, degli stessi interessi e le norme penali nazionali in materia di IVA riguardano l'imposta nel suo complesso e, quindi, sono idonee a tutelare anche la componente comunitaria. Particolarmente significativa è la previsione contenuta all'articolo 7 della citata Convenzione secondo cui 1. Gli Stati membri applicano, nel loro diritto penale interno, il principio ne bis in idem, in virtù del quale la persona che sia stata giudicata con provvedimento definitivo in uno Stato membro non può essere perseguita in un altro Stato membro per gli stessi fatti, purchè la pena eventualmente applicata sia stata eseguita, sia in fase di esecuzione o non possa essere più eseguita ai sensi della legislazione dello Stato che ha pronunciato la condanna . Tale disposto, mentre evidenzia la duplicità della lesione degli interessi finanziari dei singoli Stati e della U.E., conferma che la tutela dei suddetti interessi deve essere attuata mediante un sistema sanzionatorio che è esaustivo degli interventi repressivi, non solo all'interno dei confini nazionali, ma anche nella dimensione comunitaria. Vi è, dunque, una generale specialità delle previsioni penali tributarie in materia di frode fiscale, le quali, in quanto disciplinano condotte tipiche e si riferiscono ad un determinato settore di intervento della repressione penale, esauriscono la connessa pretesa punitiva dello Stato e della Unione Europea . Ciò che può rilevarsi è la inadeguatezza della disciplina del D.Lgs. n. 74 del 2000 al fine di un contrasto alle frodi fiscali, soprattutto in considerazione della impossibilità di applicare la confisca per equivalente, prevista, invece, in relazione al reato di truffa aggravata ai danni dello Stato articolo 640-quater c.p. . Lacuna, peraltro, colmata a seguito della L. 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 1, comma 143, L. Finanziaria 2008 , il quale dispone che Nei casi di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all'articolo 322-ter c.p. , in tal modo le somme di denaro sottratte al pagamento dell'IVA dovuta costituiscono il profitto del reato, in ordine al quale è possibile la confisca per equivalente, con conseguente legittimità del sequestro preventivo, ex articolo 321 c.p.p., comma 2 Sez. 3^, 26 maggio 2010, n. 25890, Molon, rv. 248058 . Ulteriori interventi di contrasto contro il fenomeno delle frodi fiscali, in particolare contro le c.d. operazioni carosello, sono contenuti nel D.L. 25 marzo 2010, n. 40, convertito con modificazioni in L. 22 maggio 2010, n. 73. Proprio queste novelle legislative dimostrano ulteriormente che il sistema sanzionatorio in materia fiscale ha una spiccata specialità che lo caratterizza come un sistema chiuso e autosufficiente, all'interno del quale si esauriscono tutti ì profili degli interventi repressivi, dettando tutte le sanzioni penali necessarie a reprimere condotte lesive o potenzialmente lesive dell'interesse erariale alla corretta percezione delle entrate fiscali. 4. Deve, pertanto, affermarsi il seguente principio di diritto i reati in materia fiscale di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 2 e 8, sono speciali rispetto al delitto di truffa aggravata a danno dello Stato di cui all'articolo 640 c.p., comma 2, n. 1 . 5. Diverso discorso deve farsi con riferimento alle ipotesi in cui dalla condotta di frode fiscale derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all'evasione fiscale, quale l'ottenimento di pubbliche erogazioni. In tali ipotesi è possibile il concorso fra il delitto di frode fiscale e quello di truffa in tal senso, già Sez. U, n. 27 del 2000, ct nonchè Sez. 2^, n. 40266 del 23/11/2006, Bellavita, Rv. 235593 Sez. 2^, n. 42089 del 08/10/2009, Carrera, n. m Sez. 3^, n. 14866 del 17/03/2010, Lovison, Rv. 246968 . Infatti, l'ulteriore evento di danno che il soggetto agente si rappresenta non inerisce al rapporto fiscale, con la conseguenza che se l'attività frodatoria sia diretta non solo a fini di evasione fiscale, ma anche a finalità ulteriori, non sussiste alcun problema di rapporto di specialità tra norme, perchè una stessa condotta viene utilizzata per finalità diverse e viola diverse disposizioni di legge e non si esaurisce nell'ambito del quadro sanzionatorio delineato dalle norme fiscali, con la conseguenza della concorrente punibilità di più finalità diverse compresenti nell'azione criminosa. Nel caso di specie, come risulta dalla stessa ordinanza impugnata, nessuna finalità e nessun vantaggio o danno extratributario risultano realizzati o perseguiti. 6. La esclusione del concorso del reato di truffa con le frodi fiscali, impone una completa rivisitazione delle singole contestazioni con riferimento a tutti gli indagati, anche a coloro che non hanno formulato sul punto della questione di diritto controversa specifico motivo di ricorso, poichè si tratta di motivo non esclusivamente personale, ed anche a coloro ai quali non sia stato contestato il concorso formale, escluso con la presente decisione, ma solo il reato di truffa, trattandosi di contestazione in concorso con altre persone, sul presupposto della commissione da parte di queste ultime di concorrenti reati in materia di evasione fiscale. E' evidente che la rivisitazione delle contestazioni potrebbe comportare una diversa valutazione delle esigenze cautelari, di esclusiva competenza del giudice di merito e, quindi, tutti i motivi di ricorso concernenti tali esigenze devono ritenersi assorbiti nell'annullamento dell'ordinanza impugnata per i motivi di diritto sopra esposti. Deve solo sottolinearsi che il giudice di rinvio, nella valutazione delle esigenze cautelari, non potrà non tener conto dei seguenti principi di diritto formulati dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte In tema di misure cautelari personali, le esigenze connesse alla tutela della collettività devono concretarsi nel pericolo specifico di commissione dei delitti indicati nell'articolo 274 c.p.p., lett. c trattandosi di valutazione prognostica di carattere presuntivo, il giudice è tenuto a dare concreta e specifica ragione dei criteri logici adottati senza potere, nell'ipotesi in cui più siano gli indagati, assumere determinazioni complessive e generali. Ne deriva che la motivazione in ordine alla pericolosità sociale ed alla necessità della misura della custodia cautelare non può accomunare, in una valutazione cumulativa, la posizione di più indagati senza valutare invece separatamente le situazioni individuali Sez. 2, n. 6480 del 21/11/1997, dep. 16/04/1998, Accardo, Rv. 210595 In caso di contestazione relativa a reato associativo, la motivazione del provvedimento cautelare non può essere cumulativamente riferita ad una pluralità di soggetti, ma deve essere specificamente riferita a ogni singola persona, essendo il contributo dei singoli partecipanti al sodalizio, di norma, diversificato e essendo comunque differenti la pericolosità e la capacità criminale dei medesimi Sez. 6, n. 48420 del 05/11/2008, Bernardi, Rv. 242375 Sez. 6, n. 3974 del 07/11/1995, Bozzo, Rv. 203322 . 7. Con riferimento alle censure formulate da alcuni ricorrenti e concernenti la concedibilità della sospensione condizionale della pena V. o dell'indulto D. , devono, altresì, ribadirsi, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, anche i seguenti principi di diritto 1 una volta che il giudice abbia ritenuto sussistente l'esigenza cautelare di prevenire la reiterazione del reato, non vi è obbligo di motivazione sul divieto di disporre la custodia cautelare nel caso di prognosi favorevole alla futura concessione della sospensione condizionale della pena, in quanto la concessione della sospensione medesima è indefettibilmente correlata ad una previsione favorevole in ordine alla condotta futura del condannato Sez. 6, n. 1952 del 14/05/1997, Osmani, Rv. 208309 Sez. 1, n. 2955 del 20/05/1998, Collura, Rv. 211417 Sez. 2, n. 38615 del 24/09/2008, Di Mariano, Rv. 241465 Sez. 5, n. 17691 del 08/01/2010, Cerretti, Rv. 247219 . 2 Nel giudizio prognostico, funzionale all'applicazione ed al mantenimento di una misura cautelare personale, la concedibilità dell'indulto per i reati per i quali si procede diviene elemento ostativo a condizione che detta causa estintiva della pena risulti oggettivamente applicabile in base ad elementi certi, che ne rendano probabile la futura concessione Sez. 2, n. 11926 del 12/03/2009, Vetriani, Rv. 244051 nonchè Sez. 6, n. 37087 del 24/05/2007, Sganga Fusca, Rv. 237187 Sez. 6, n. 28632 del 06/022007, Dawana, Rv. 237417 . Inoltre in tema di misure cautelari personali, quando la posizione giuridica del soggetto sia complessa, con pluralità di procedimenti e di pendenze a suo carico, la semplice prospettiva d'applicabilità di un provvedimento indulgenziale la cui concreta incidenza in relazione ai reati per cui si procede può essere apprezzata soltanto in sede esecutiva non rende operativo il divieto, stabilito dall'articolo 273 c.p.p., comma 2, di applicare o mantenere misure coercitive se sussiste una causa d'estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata Sez. 1^, n. 19455 del 23/04/2008, Jovanovic, Rv. 240290 Sez. 2^, n. 35472 del 12/07/2007, Zinno, Rv. 237804 . 8. I ricorrenti, peraltro, hanno formulato censure anche con riferimento alla sussistenza della gravità indiziaria ex articolo 273 c.p.p. e tali censure devono essere prese in considerazione in questa sede, poichè, nel caso in cui esse fossero fondate, verrebbe a mancare il presupposto stesso della possibile applicazione di misure cautelari. Tali motivi di ricorso dei diversi indagati devono essere esaminati applicando il costante insegnamento di questa Suprema Corte in tema di misure cautelari personali, secondo il quale, allorchè sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie per tutte v. Cass. Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv.215828 . Nell'ambito della peculiare natura del giudizio di legittimità e con i limiti che ad esso ineriscono, occorre, inoltre, tenere presente la diversità dell'oggetto della delibazione cautelare, rispetto a quella di merito, poichè la pronuncia cautelare non è fondata su prove, ma su indizi e tendente non all'acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell'imputato, bensì alla formulazione di un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza dell'indagato, e il giudizio di legittimità deve limitarsi a verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, senza possibilità di rilettura degli elementi probatori Sez. U, n. 11 del 2000, cit. Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, Spennato, Rv. 234598 . 8.1 Il difensore di V.G. e di D.L.C., oltre a motivi concernenti la questione controversa, risolta nel senso sopra indicato, e motivi riguardanti le esigenze cautelari, da ritenersi assorbiti per le ragioni esposte, formula anche censure relative alla mancanza di una valutazione puntuale e individualizzata degli elementi da cui desumere la consapevolezza degli illeciti con riferimento sia al reato associativo che ai reati fine di matrice tributaria, lamentando, altresì, per questi ultimi una motivazione forfetizzata . I motivi di ricorso sono infondati. Occorre rilevare che la motivazione dell'ordinanza impugnata, con riferimento alla sussistenza dell'associazione criminosa transnazionale, non si limita a ricostruire le linee generali del meccanismo fraudolento, ma esamina anche gli specifici elementi documentali analizzati dalla Guardia di Finanza, le singole società estere cartiere , prive di regolare partita IVA in Italia, le operazioni poste in essere dalla società filtro , specificamente elencate, titolari di regolare partita IVA italiana, le connessioni esistenti tra le società filtro, gli elementi riguardanti le singole società destinatane finali , la documentazione sequestrata a E.L., a L.P., a E.G., l'attendibilità e i riscontri delle dichiarazioni rese da Pe. A., i contenuti delle intercettazioni telefoniche. Da tale ricostruzione analitica del compendio indiziario emerge, secondo le valutazioni del Tribunale, una gestione unitaria dell'intera filiera di società utilizzate per l'evasione dell'IVA, da parte dei medesimi soggetti, amministratori di diritto o di fatto di tutte le imprese coinvolte in sostanza tutte le società cartiere, filtro e destinatane finali sono state costituite ed organizzate dal medesimo gruppo di persone, allo scopo specifico di eseguire le false fatturazioni, consentendo l'accumulo fraudolento dell'ingente credito IVA pag. 20 dell'ordinanza impugnata emergono, pertanto, indizi gravi e univoci dell'esistenza di un'associazione per delinquere, finalizzata alla commissione di reati in danno dell'Amministrazione finanziaria, alla quale partecipano numerosi soggetti, con ruoli ben definiti, dotata di mezzi e strutture stabili, a carattere sovranazionale in particolare, le numerose società fittizie attraverso le quali vengono operate le frodi, ma anche l'articolata struttura di supporto e consulenza pag. 53 dell'ordinanza impugnata . Pertanto, sulla base di tali elementi, l'ordinanza impugnata considera partecipi all'associazione tutti coloro che hanno contribuito alla costituzione e al funzionamento delle varie società, all'evidenza predisposte fin dall'inizio per la commissione degli illeciti, in qualità di amministratori, di fatto o di diritto, o di consulenti , poichè tali qualità costituiscono grave indizio di colpevolezza, se si tiene conto delle modalità operative del gruppo criminale , con la precisazione che, per quanto riguarda i rappresentanti fiscali delle società straniere è necessaria la presenza di ulteriori elementi che attestino un collegamento dei soggetti indagati con il gruppo criminale pagg. 54 e 55 dell'ordinanza impugnata . Solo in esito a questa dettagliata ricostruzione delle risultanze delle indagini, il Tribunale procede all'esame delle posizioni dei singoli indagati, a carico dei quali la valutazione della gravità indiziaria non può prescindere, pertanto, da quanto analiticamente esaminato e valutato con riferimento alla associazione per delinquere, alla operatività di questa nel suo complesso e nelle singole operazioni illecite. Pertanto, le censure di mancanza di valutazione puntuale e individualizzata degli elementi da cui desumere la consapevolezza e di motivazione forfettaria sono infondate, perchè si basano su una selezione parziale del compendio indiziario e su una parcellizzazione delle argomentazioni sviluppate in vari punti dell'ordinanza impugnata. Con riferimento a V., il Tribunale, sulla base della analitica ricostruzione del meccanismo fraudolento, di cui si è detto, e facendo, altresì, riferimento alle dichiarazioni di Pe. A., ai documenti sequestrati a P. e al contenuto di conversazione intercettata, evidenzia la sua qualità di formale amministratore di quattro società destinatane finali con un ruolo che indica con sicurezza la partecipazione all'illecito in posizione apicale precisa inoltre, che l'accordo associativo è dunque dimostrato dai fatti, consistenti nella costituzione e lunga operatività comune delle società destinatane finali pagg. 57 e 58 dell'ordinanza impugnata . Per quanto concerne D.L., il Tribunale evidenzia che egli, oltre ad essere stato rappresentante fiscale della società filtro Tradex SA LLC succursale svizzera di società statunitense , è stato anche consigliere di una delle società destinatarie finali Ditrade s.p.a. e a suo carico vengono utilizzate anche le dichiarazioni di c.l. e la circostanza di avere rappresentato la società fiduciaria Intrafid srl su disposizione di Poli Finance UK Limited nell'assemblea di approvazione del bilancio 2006 della stessa Ditrade, elementi tutti che attestano, secondo la valutazione del giudice di merito, non sindacabile in questa sede di legittimità, i suoi legami con il gruppo criminale, inconciliabili con l'asserita inconsapevolezza degli illeciti. 8.2 I motivi di ricorso di Pe.Al., con i quali si deducono violazioni di legge per omessa notificazione dell'atto di appello del pubblico ministero e per carenza di specificità dell'appello stesso, non possono essere accolti. Il primo motivo è infondato, in quanto nell'ambito dei procedimenti de libertate non può trovare applicazione l'articolo 584 c.p.p., che prevede la notifica dell'avvenuta impugnazione alle altre parti, peraltro senza comminare sanzione in caso di violazione dell'obbligo, comportando unicamente la mancata decorrenza del termine per la proposizione, da parte del soggetto interessato, dell'eventuale appello incidentale tale notifica proprio perchè funzionale alla presentazione dell'appello incidentale, come si desume dall'articolo 595 c.p.p., comma 1, è estraneo alla natura e alla struttura delle impugnazioni dei provvedimenti in materia di misure cautelari, le quali rivestono una propria fisionomia e sono soggette ad una speciale disciplina, diversa da quella delle impugnazioni ordinarie, soprattutto con riferimento alla brevità dei termini processuali previsti ed alle garanzie apprestate con norme particolari articolo 310 c.p.p., comma 2 garanzie, inoltre, pienamente attuate nel caso di specie, in cui il difensore del Pe. ha avuto modo di depositare memorie difensive in vista dell'udienza del Tribunale in sede di appello cautelare. La dedotta genericità dell'appello del p.m. è manifestamente infondata, poichè, anche dalla stessa sintesi espositiva dei motivi di appello contenuta nell'ordinanza, si evidenzia che tali motivi sono puntuali, articolati, analiticamente sviluppati, ponendo in correlazione le ragioni argomentate dalla decisione impugnata con quelle poste a fondamento dell'atto di impugnazione, quindi, del tutto idonei a soddisfare i requisiti di specificità richiesti dalla legge processuale, contenendo l'indicazione dei punti di fatto e delle questioni di diritto rimessi alla cognizione del giudice dell'impugnazione. Rigettati i suddetti motivi, residua solo un altro motivo concernente le esigenze cautelari, che, come si è detto, risulta assorbito dalla decisione di annullamento dell'ordinanza impugnata in relazione alla necessità di una complessiva rivisitazione dei reati contestati di frode fiscale e truffa ai danni dello Stato, in applicazione dei principi sopra formulati. 8.3 Per quanto concerne la posizione di Ci.Ni., ritenuti assorbiti i motivi di ricorso concernenti le esigenze cautelari, occorre esaminare la censura concernente la ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, con la quale si afferma che le dichiarazioni accusatorie del coindagato Pe.Al. sono inattendibili e che gli elementi di riscontro sono in realtà confliggenti con la prospettiva accusatola. La doglianza del ricorrente è inammissibile, poichè l'ordinanza impugnata motiva puntualmente sia sulla credibilità del Pe. sia sulla esistenza di specifici riscontri alle dichiarazioni del medesimo qualsiasi diversa valutazione delle risultanze delle indagini esula dall'ambito di cognizione di questo giudice di legittimità. La deduzione, contenuta in una memoria depositata il 10 febbraio 2010, che sia stata utilizzata una contestazione capo n. 169 non presente nella originaria richiesta di misura cautelare, non può essere presa in considerazione, perchè non è stata formulata con i motivi di ricorso ed è priva di qualsiasi collegamento con capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell'originario atto di gravame e, comunque, è priva della necessaria specificità. 8.4 Con riferimento alla posizione di D.M., ritenuti assorbiti i motivi di ricorso concernenti le esigenze cautelari, deve osservarsi che i gravi indizi di colpevolezza sono ravvisati dal Tribunale nel contenuto delle intercettazioni telefoniche, dal quale emerge inequivocabilmente la circostanza di un coinvolgimento di lungo periodo negli affari dell'associazione e la sua approfondita conoscenza dell'operatività del gruppo . Tali elementi sono rafforzati da riscontri documentali, inconciliabili con un apporto occasionale ed ignaro della sussistenza di un complessivo accordo per l'esecuzione di una pluralità indeterminata di delitti di frode . Le censure con le quali il ricorrente afferma la sussistenza di vizi motivazionalì, in realtà consistono in una inammissibile richiesta a questo giudice di legittimità di rivalutare il contenuto delle conversazioni intercettate, restando escluse dall'ambito del controllo di legittimità le deduzioni circa l'interpretazione e la specifica consistenza degli elementi di prova mentre la doglianza relativa alla mancanza di specifica motivazione con riferimento ai reati scopo, da un lato, è del tutto generica, dall'altro lato, non tiene conto del complesso argomentativo della ordinanza impugnata, come sopra evidenziato nella sintetica ricostruzione dell'apparato motivazionale. Infine, l'affermazione, contenuta nei motivi nuovi depositati il 28 gennaio 2010, che il Tribunale avrebbe preso in esame circostanze emerse successivamente alla formulazione della contestazione di cui alla richiesta di misura cautelare, non può essere presa in considerazione, perchè non è stata formulata con i motivi di ricorso ed è priva di qualsiasi collegamento con capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell'originario atto di gravame. 8.5 I motivi di ricorso di E.L. ritenuti assorbiti i motivi di ricorso concernenti le esigenze cautelari sono formulati anche con riferimento alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza sia con riguardo al reato associativo che ai reati scopo, mediante la deduzione di vizi motivazionali, che, in realtà, nella loro formulazione pretendono da questa Corte di legittimità una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale ha esplicitato le ragioni del suo convincimento con motivazione ampia ed esente da vizi logici e giuridici. Con tali censure, infatti, il ricorrente chiede a questa Corte di valutare diversamente dal Tribunale sia il significato e la rilevanza della documentazione sequestrata che il contenuto delle conversazioni intercettate, ritenuti dall'ordinanza impugnata indicativi di un ruolo di primo piano di E.L. nella pianificazione strategica degli affari e dimostrative della sua disponibilità sostanziale anche delle società estere . Lo specifico ruolo di E.L., anche con riferimento ai reati scopo, emerge, poi, non solo dalla illustrazione delle specifiche emergenze indiziarie a suo carico pagg. 55 ss. , ma anche dalla complessiva ricostruzione operata dall'ordinanza impugnata con riferimento alla struttura e alle operatività dell'associazione per delinquere e all'attività svolta dalle singole società fittizie, che a E.L. facevano capo pagg. 40 ss. . Per quanto concerne la affermazione che non sussisterebbero violazioni tributarie, contenuta nei motivi nuovi, e argomentata con l'apparente deduzione di vizi motivazionali e di violazioni di legge, la stessa difesa conclude chiedendo di rilevare la contraddizione tra quanto affermato in motivazione dal Tribunale del riesame e le risultanze degli atti di indagine , in tal modo esorbitando dall'ambito di cognizione di questo giudice di legittimità, poichè, anche dopo la novella codicistica, introdotta con la L. 20 febbraio 2006, n. 46, che ha riconosciuto la possibilità di deduzione del vizio di motivazione con il riferimento ad atti processuali specificamente indicati nei motivi di impugnazione, non è mutata la natura del giudizio di cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimità, sicchè resta esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova. 8.6 I motivi di ricorso di E.G. che hanno un contenuto analogo a quelli proposti da E.L. devono essere rigettati sulla base delle ragioni già esposte, mentre lo specifico motivo di ricorso concernente la rilevanza delle condizioni di salute del ricorrente attiene alle esigenze cautelari, che, come si è detto, devono essere completamente rivalutate alla luce della totale rivisitazione delle contestazioni in applicazione del principio di diritto formulato sulla questione controversa sottoposta a queste Sezioni Unite. La deduzione contenuta nel motivi aggiunti di nullità e/o inefficacia sopravvenuta del provvedimento impugnato perchè gli atti posti a fondamento della richiesta di applicazione della misura cautelare non sarebbero pervenuti alla Corte di Cassazione è inammissibile, poichè si deduce una nullità o inefficacia al di fuori di qualsiasi previsione normativa e, comunque, gli atti risultano allegati al fascicolo del ricorso per cassazione e non sono state indicate dal ricorrente specifiche mancanze. 8.7 Per quanto concerne i motivi di ricorso di L.P., ulteriormente illustrati con nota depositata in udienza, ritenuti assorbiti nella soluzione della questione controversa prospettata dal L. con specifico motivo di ricorso -quelli concernenti le misure cautelari per le ragioni già esposte, deve osservarsi che i vizi motivazionali denunciati con riferimento alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in realtà prospettano una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle emergenze investigative. Queste ultime sono analiticamente esaminate dall'ordinanza impugnata, che le indica negli elementi documentali reperiti nella perquisizione a carico dell'indagato, nel contenuto delle intercettazioni telefoniche, la cui interpretazione esula dall'ambito di cognizione di questo giudice di legittimità, nelle dichiarazioni di P.A. e, infine, negli accertamenti di P.G Il motivo di ricorso concernente la inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti oltre il sesto mese dalla data di iscrizione del ricorrente nel registro degli indagati, difetta del requisito della specificità di cui all'articolo 581 c.p.p., comma 1, lett. c , e articolo 591 c.p.p., comma 1, lett. c , non solo perchè non indica gli atti che sarebbero inutilizzabili, ma anche perchè la questione è già stata ritenuta infondata dal giudice di appello pag. 17 dell'ordinanza Impugnata e manca qualsiasi correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, la quale non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità. 8.8 Il difensore di R.A., oltre un motivo di ricorso concernente la questione controversa e un altro motivo con il quale si deduce la intempestività dell'appello del P.M., che risulta dagli atti manifestamente infondato, come anche riconosciuto in udienza dallo stesso difensore, ha proposto una lettura del comportamento dell'imputato sulla base di atti depositati, che non può essere presa in considerazione in questa sede di legittimità, implicando valutazioni di merito, che, comunque, sono funzionali soprattutto ad affermare l'insussistenza di esigenze cautelari, che, come si è detto, dovranno essere rivalutate dal Tribunale in sede di rinvio. 8.9 Il difensore di G.M. e A.F., con un unico atto, oltre a motivi di ricorso concernenti le esigenze cautelari, da ritenersi, ancora una volta, assorbiti dalla decisione in ordine alla questione controversa, propone anche censure riguardanti la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza con riferimento sia all'associazione per delinquere che ai reati scopo. Le deduzioni difensive costituiscono una diversa lettura e interpretazione delle emergenze investigative non consentita in questa sede di legittimità, a fronte di un'ordinanza la quale analiticamente indica e valuta molteplici indizi. Quelli a carico di G. consistono in documenti sequestrati a E.L., nel quale è indicato il ruolo del G. nell'organigramma aziendale, quale referente direttivo per la logistica, nel contenuto delle conversazioni intercettate, in particolare quella in cui il G. si dice preoccupato dell'attività investigativa della Guardia di Finanza perchè gli uffici delle società estere sono fittizi, infine, nelle dichiarazioni di Pe.Al., che il Tribunale considera ampiamente riscontrate. Gli indizi a carico di A. sono indicati dall'ordinanza impugnata, oltre che nella qualifica di rappresentante fiscale della società Tradex fino al 31 dicembre 2006, nel contenuto delle intercettazioni telefoniche, effettuate nell'anno 2008, dalle quali emerge, secondo la ricostruzione del Tribunale, il suo ruolo di collaboratore di E.G Nessun rilievo possono avere le affermazioni difensive circa criteri di valutazione più severi che sarebbero stati adottati dal Tribunale rispetto ad altri indagati, poichè la coerenza e la adeguatezza argomentativa del provvedimento impugnato devono essere sindacate all'interno di ciascuna posizione, le cui peculiarità non possono essere comparate con quella di altri indagati. Infine, per quanto riguarda i reati scopo, deve ribadirsi che lo specifico ruolo di ciascun Indagato deve essere ricostruito non solo sulla base delle specifiche emergenze indiziarie esposte dal Tribunale con riferimento alle singole posizioni, ma anche tenendo presente la complessiva ricostruzione operata dall'ordinanza impugnata con riferimento alla struttura e alle operatività dell'associazione per delinquere e all'attività svolta dalle singole società fittizie pagg. 40 ss. . 8.10 Il difensore di Ga.Ma. e P.V. G., oltre ad avere formulato motivo di ricorso con riferimento alla questione di diritto controversa sopra esaminata, nonchè motivi concernenti le esigenze cautelari da ritenersi assorbiti per le ragioni già esposte, propone censure anche con riguardo alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico di P Tali censure costituiscono una inammissibile rivalutazione del quadro indiziario secondo una prospettazione difensiva alternativa rispetto a quella del Tribunale, il quale ha specificamente indicato e sottoposto ad analitica valutazione molteplici emergenze la documentazione reperita nel corso di perquisizione e sequestro a carico dell'Indagato, le sommarie informazioni assunte, le dichiarazioni di Pe.Al., il contenuto delle conversazioni intercettate. Sulla base del complessivo compendio indiziario, l'ordinanza impugnata, seguendo un percorso argomentativo privo di vizi logici, giunge alla conclusione della intraneità del P. all'associazione criminosa, ricostruendo, altresì, le attività svolte con riferimento a individuate società facenti parte del carosello fraudolento. La documentazione depositata in questa sede dalla difesa non può essere oggetto di esame nell'ambito del giudizio di legittimità. 8.11 Il ricorso del difensore di C.M., oltre a sollevare la questione della non contestabilità del reato di truffa in presenza del reato di frode fiscale, contesta la sussistenza della gravità indiziaria, sulla base di argomentazioni e valutazioni che non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità, poichè intendono sostituirsi al percorso argomentativo del giudice di merito, il quale, con apprezzamento ad esso riservato delle risultanze indiziarie, ha ritenuto che la sua posizione di socio e consigliere nelle società italiane appare incompatibile con la sua carica di rappresentante fiscale della società estera. Questa infatti nelle operazioni commerciali è sempre e soltanto controparte di quella italiana con la quale ha un rapporto cedente acquirente . La sovrapposizione di ruoli si spiega perchè, in realtà, entrambe le società rispondono ad una gestione unitaria, da ciò emerge un collegamento con il gruppo criminale inconciliabile con l'asserita inconsapevolezza degli illeciti . Manifestamente infondata è la affermazione del ricorrente che il Tribunale abbia omesso di dare risposta all'eccezione di inutilizzabilità degli atti dopo il sesto mese dalla iscrizione ne. registro degli indagati, in quanto l'ordinanza impugnata esamina espressamente e rigetta correttamente tale eccezione pag 17 dell'ordinanza Impugnata . Il ricorrente, infine, lamenta anche che il Tribunale avrebbe preso in esame fatti di reato di cui al capo di incolpazione 169, non esistente al momento della richiesta di misure cautelari, ma tale eccezione, oltre a risultare priva di specificità, poichè non indica quali siano i fatti di cui il giudice avrebbe illegittimamente tenuto conto, è, comunque, manifestamente infondata, in quanto l'ordinanza impugnata espressamente esclude dalla valutazione i suddetti fatti pag. 10, in fine . 9. In definitiva, l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Brescia, per nuovo esame, che farà applicazione dei principi di diritto come sopra formulati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Brescia.