L'immobile storico evita la tassa di successione, ma paga le imposte ipo-catastali

L'immobile di interesse storico-artistico non è assoggettabile ad imposta sulle successioni. Ciò anche qualora il contribuente non abbia dichiarato nella denuncia di successione la soggezione dell'immobile al vincolo.

L'immobile di interesse storico-artistico non è assoggettabile ad imposta sulle successioni. Ciò anche qualora il contribuente non abbia dichiarato nella denuncia di successione la soggezione dell'immobile al vincolo. Si è così espressa la Corte di Cassazione, che - con l'ordinanza n. 25366 depositata il 15 dicembre 2010 - ha rigettato il ricorso proposto dall'Amministrazione finanziaria contro la sentenza della CTR Sardegna, che aveva riconosciuto l'esclusione dell'immobile dall'attivo ereditario, trattandosi di un bene sottoposto al vincolo storico-artistico. La fattispecie. Secondo l'Agenzia entrate, il contribuente non solo non aveva presentato la dichiarazione di conservazione e protezione rilasciata dall'amministrazione dei beni culturali contestualmente alla denuncia di successione, ma non aveva versato le imposte ipotecaria e catastale. Esclusione dell'immobile storico-artistico dalla tassa di successione. Infatti, la Suprema Corte ribadisce che in materia di imposta sulle successioni, i beni culturali sono esclusi dall'attivo ereditario a condizione che venga presentata all'Ufficio l'attestazione, in allegato alla dichiarazione di successione, da cui risulti che sono stati assolti gli obblighi di conservazione e protezione derivanti da tale vincolo. Tuttavia, l'eventuale mancanza di tale attestazione puo' essere sanata, una volta in possesso dell'attestato, anche oltre il termine fissato per la presentazione della denuncia integrativa, non essendo prevista alcuna comminatoria di decadenza e tenuto conto che la emendabilita' e la retrattabilita' della dichiarazione sono sottratte al termine fissato per la presentazione della denuncia medesima. Pertanto, il giudice tributario dovrà statuire in ordine all'esclusione o meno dall'attivo ereditario del bene effettivamente culturale per accertata osservanza delle condizioni richieste dalla legge. Nessuna esenzione ai fini delle imposte ipo-catastali. Infine, i giudici di legittimità ricordano che l'esenzione dei beni culturali dall'imposta sulle successioni, ex artt. 12 e 13, D.Lgs. n. 346/1990, non si estende anche alle imposte ipotecaria e catastale, essendo diversi sia il fondamento dei tributi in questione che le ragioni dell'esenzione.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 26 ottobre - 15 dicembre 2010, n. 25366 Presidente Carleo - Relatore Greco Ritenuto in fatto che, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ., e' stata depositata in cancelleria la seguente relazione L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sardegna n. 13/9/07, depositata il 1 febbraio 2007, che, rigettandone l'appello, ha confermato la decisione con la quale, nel giudizio introdotto da L.D.V. con l'impugnazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta di successione relativa ad un immobile in Sassari, in base al valore da lei stessa dichiarato nella denuncia, e delle imposte ipotecaria e catastale, era stata riconosciuta l'esclusione dall'attivo ereditario del bene, sottoposto al vincolo storico-artistico di cui alla L. 1 giugno 1939, n. 1039, benche' non fosse stata dichiarata nella denuncia di successione la soggezione dell'immobile al vincolo, e non fosse stato prodotto il relativo attestato di conservazione e protezione, rilasciato dall'amministrazione dei beni culturali, nel termine prescritto dal D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 13 . Il giudice d'appello ha infatti ritenuto che il termine di presentazione del detto attestato, coincidente con quello di presentazione della denuncia di successione, non e' fissato dal D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 13, a pena di decadenza dal beneficio dell'esclusione del cespite dall'attivo, per cui il giudice tributario, ove cio' sia dedotto dal contribuente, puo' accertare un valore dei beni caduti in successione inferiore al dichiarato, senza che a tale accertamento osti il fatto che il contribuente non abbia dedotto l'errore, commesso nell'attribuire a detti beni un valore superiore a quello reale, nel termine posto dalla legge per la presentazione della denuncia di successione ed ha altresi' ritenuto il bene culturale caduto in successione non assoggettato alle imposte ipotecarie e catastali, non potendo queste che essere calcolate, per attrazione, sulla stessa base dell'imposta di successione, come emerge dal D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, artt. 10 e 2 e dal rinvio operato alla disciplina dell'imposta di successione. La contribuente non ha svolto attivita' difensiva nella presente sede. Il ricorso contiene due motivi, rispondenti ai requisiti prescritti dall'art. 366 bis cod. proc. civ Con il primo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 13, in quanto, qualora, come nella specie, la dichiarazione di successione non contenga l'indicazione che il bene e' esente perche' vincolato in base alla L. n. 1089 del 1939, ne' la certificazione dei beni culturali ovvero la richiesta di essa, ne' l'inventario descrittivo, il contribuente perderebbe il diritto all'esenzione del cespite, essendo il termine perentorio e/o tale documentazione essenziale con il secondo motivo, denunciando violazione del D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 10, assume che L'esclusione dall'imponibile dell'imposta di successione degli immobili vincolati ai sensi della L. n. 1089 del 1939, non si estenderebbe all'imposta catastale. In ordine al primo motivo si osserva che questa Corte ha affermato che in materia di imposta sulle successioni, i beni culturali sono esclusi dall'attivo ereditario a condizione che venga presentata all'Ufficio l'attestazione, in allegato alla dichiarazione di successione, da cui risulti che sono stati assolti gli obblighi di conservazione e protezione derivanti da tale vincolo tuttavia l'eventuale mancanza di tale attestazione puo' essere sanata, una volta in possesso dell'attestato, anche oltre il termine fissato per la presentazione della denuncia integrativa, non essendo prevista alcuna comminatoria di decadenza e tenuto conto che la emendabilita' e la retrattabilita' della dichiarazione sono sottratte al termine fissato per la presentazione della denuncia medesima ne discende il potere-dovere del giudice tributario di statuire in ordine alla esclusione o meno dall'attivo ereditario del bene effettivamente culturale per accertata osservanza delle condizioni all'uopo richieste dalla legge, atteso il diritto del contribuente, ex art. 53 Cost., a non essere assoggettato ad un prelievo fiscale maggiore di quello voluto dal legislatore Cass. n. 16873 del 2009 cfr., inoltre, Cass. n. 26449 del 2008 . Quanto al secondo motivo, costituisce orientamento ormai consolidato di questa Corte quello secondo cui, in tema di agevolazioni tributarie, l'esenzione dei beni culturali dall'imposta sulle successioni, prevista dal D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, artt. 12 e 13, non si comunica anche alle imposte ipotecaria e catastale, diversi essendo il fondamento dei tributi in questione e le ragioni dell'esenzione. Sebbene, infatti, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, artt. 2 e 10, individuino la base imponibile dell'imposta ipotecaria e catastale mediante rinvio alla disciplina dell'imposta di registro o dell'imposta sulle successioni, del cit. art. 2, comma 2, mostra di voler assoggettare comunque a tassazione il trasferimento inter vivos o mortis causa dei beni, facendo alternativo ricorso, in ipotesi di esenzione da una delle imposte parametro o di sua determinazione in misura fissa , al valore virtuale che i beni vengono ad assumere nell'ambito dell'imposta parametro, indipendentemente dall'esenzione o dalla sua determinazione in maniera fissa Cass. n. 3977 del 2007 e n. 5765 del 2010 e si vedano, inoltre, Cass. n. 26910 del 2006 e n. 10482 del 2003 . In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell'art. 375 cod. proc. civ., comma 1 e art. 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto il primo motivo e' manifestamente infondato ed il secondo manifestamente fondato che la relazione e' stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite che non sono state depositate conclusioni scritte ne' memorie. Considerato in diritto che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il primo motivo del ricorso deve essere rigettato, mentre va accolto il secondo motivo, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Sardegna. P.Q.M. La Corte rigetta il pruno motivo del ricorso, accoglie il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Sardegna.