Il mandato d’arresto europeo, le procedure di consegna e la tutela dei diritti fondamentali

Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri di adire la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nell’ambito di controversie poste alla loro attenzione, in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. In particolare, con le tre sentenze in esame la Corte si è concentrata sull’applicazione delle eccezioni che possono riscontrarsi in merito all’esecuzione della consegna per assicurare la tutela dei diritti fondamentali.

Sul punto è intervenuta la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con tre sentenze, precisamente la sentenza C-216/18 ECLI EU C 2018 586 , la sentenza C-220/18 ECLI EU C 2018 589 e la sentenza C-268/17 ECLI EU C 2018 602 depositate il 25 luglio. La tutela del diritto all’equo processo. Nella causa C-216/18 venuta al suo esame, la Corte di Giustizia è chiamata in via pregiudiziale dalla Suprema Corte Irlandese prima di decidere se dare seguito alla richiesta di consegna di un cittadino polacco, oggetto di tre mandati di arresto europei emessi dai giudici polacchi ai fini dell’esercizio dell’azione penale per traffico illecito di stupefacenti. In particolare la Corte irlandese si domanda se, nel caso di specie, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, investita di una domanda di consegna che potrebbe portare ad una violazione del diritto fondamentale del ricercato a un equo processo, debba accertare, sia che esiste un rischio reale di violazione di tale diritto in ragione di carenze del sistema giudiziario polacco, sia che l’interessato è esposto a un siffatto rischio. Interviene così la Corte di Giustizia sostenendo che se, dopo aver esaminato l’insieme di tali elementi, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione ritiene esservi un rischio reale che la persona interessata subisca, nello Stato membro emittente, una violazione del suo diritto fondamentale a un giudice indipendente e, quindi, del contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo, tale autorità deve astenersi dal dare seguito al mandato d’arresto europeo di cui è oggetto tale persona . Le condizioni carcerarie. Nella causa C-220/18, un cittadino ungherese è stato perseguito penalmente in Ungheria per una serie di reati per i quali il Tribunale ungherese ha emesso un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esecuzione della pena in Ungheria. A partire dal novembre 2017 questi è in stato di arresto provvisorio in Germania ai fini dell’estradizione. In tal caso, la Corte di Giustizia interviene con l’assunto che la condizione di detenzione e la possibilità che si possa avere un trattamento in carcere inumano, che deve condurre a un divieto di consegna, va accertata attraverso la verifica della singola situazione nell’istituto penitenziario in cui la persona sarà detenuta e non in via generale. Il testimone nelle indagini preliminari. Infine nell’ultima causa presa in esame, C-268/17, un cittadino ungherese, presidente del c.d.a. di una società ungherese e oggetto di un’azione penale in Croazia, è sospettato di aver accettato di versare una cospicua somma di denaro ad un soggetto che ricopre un’alta carica in Croazia, in cambio della conclusione di un accordo tra la società ungherese e il governo croato. Dopo l’avvio delle indagini preliminari le autorità croate hanno chiesto alle autorità ungheresi di fornire loro assistenza giuridica internazionale, le quali hanno avviato a loro volta delle indagini preliminari nei confronti del cittadino, in qualità di testimone nell’ambito dell’indagine. Chiamata la Corte di Giustizia, essa dichiara che l’esecuzione di un mandato di arresto europeo non può essere rifiutata invocando una decisione del p.m. che ha posto fine alle indagini preliminari contro ignoti, nel corso delle quali la persona oggetto di tale mandato d’arresto è stata sentita soltanto in veste di testimone, senza che sia stata esercitata un’azione penale a suo carico e senza che tale decisione sia stata adottata nei confronti di detta persona .

Corte di Giustizia, Sezione Prima, sentenza 25 luglio 2018, causa C-220/18 * Sentenza 1 La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in prosieguo la Carta nonché dell’articolo 1, paragrafo 3, dell’articolo 5 e dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584/JAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri GU 2002, L 190, pag. 1 , come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 GU 2009, L 81, pag. 24 in prosieguo la decisione quadro . 2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito dell’esecuzione, in Germania, di un mandato d’arresto europeo emesso il 31 ottobre 2017 dal Nyiregyházai Járásbíróság Tribunale distrettuale di Nyiregyhéza, Ungheria nei confronti di ML ai fini dell’esecuzione, in Ungheria, di una pena privativa della libertà. Contesto normativo Diritto dell’Unione La Carta 3 Ai sensi dell’articolo 4 della Carta, rubricato Proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti . 4 Le spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali GU 2007, C 303, pag. 17 precisano che [i]l diritto di cui all’articolo 4 corrisponde a quello garantito dall’articolo 3 della [Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 in prosieguo la CEDU” ], la cui formulazione è identica . Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3 della Carta, esso ha pertanto significato e portata identici a quelli del suddetto articolo . 5 L’articolo 47 della Carta, rubricato Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale , prevede quanto segue Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. . 6 L’articolo 51 della Carta, rubricato Ambito di applicazione , al suo paragrafo 1 dispone come segue Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. . 7 L’articolo 52 della Carta, rubricato Portata e interpretazione dei diritti e dei principi , al suo paragrafo 3 enuncia Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla [CEDU], il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa . Decisione quadro 8 I considerando da 5 e 7 della decisione quadro sono del seguente tenore 5 [L]’introduzione di un nuovo sistema semplificato di consegna delle persone condannate o sospettate, al fine dell’esecuzione delle sentenze di condanna in materia penale o per sottoporle all’azione penale, consente di eliminare la complessità e i potenziali ritardi inerenti alla disciplina attuale in materia di estradizione. 6 Il mandato d’arresto europeo previsto nella presente decisione quadro costituisce la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo ha definito il fondamento della cooperazione giudiziaria. 7 Poiché l’obiettivo di sostituire il sistema multilaterale di estradizione creato sulla base della convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957 non può essere sufficientemente realizzato unilateralmente dagli Stati membri e può dunque, a causa della dimensione e dell’effetto, essere realizzato meglio a livello dell’Unione, il Consiglio può adottare misure, nel rispetto del principio di sussidiarietà menzionato all’articolo 2 [UE] e all’articolo 5 [CE]. La presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo . 9 L’articolo 1 della decisione quadro, rubricato Definizione del mandato d’arresto europeo ed obbligo di darne esecuzione , prevede quanto segue 1. Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà. 2. Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro. 3. L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 [UE] non può essere modificat[o] per effetto della presente decisione quadro . 10 Gli articoli 3, 4 e 4 bis della decisione quadro espongono i motivi di non esecuzione obbligatoria e facoltativa del mandato d’arresto europeo. In particolare, ai sensi dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo se il mandato d’arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno . 11 Ai sensi dell’articolo 5 della decisione quadro, rubricato Garanzie che lo Stato emittente deve fornire in casi particolari L’esecuzione del mandato d’arresto europeo da parte dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione può essere subordinata dalla legge dello Stato membro di esecuzione ad una delle seguenti condizioni 2 se il reato in base al quale il mandato d’arresto europeo è stato emesso è punibile con una pena o una misura di sicurezza privative della libertà a vita, l’esecuzione di tale mandato può essere subordinata alla condizione che lo Stato membro emittente preveda nel suo ordinamento giuridico una revisione della pena [inflitta] – su richiesta o al più tardi dopo 20 anni – oppure l’applicazione di misure di clemenza alle quali la persona ha diritto in virtù della legge o della prassi dello Stato membro emittente, affinché la pena o la misura in questione non siano eseguite. 3 Se la persona oggetto del mandato d’arresto europeo ai fini di un’azione penale è cittadino o residente dello Stato membro di esecuzione, la consegna può essere subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro emittente . 12 L’articolo 6 della decisione quadro, rubricato Determinazione delle autorità giudiziarie competenti , al suo paragrafo 1 enuncia Per autorità giudiziaria emittente si intende l’autorità giudiziaria dello Stato membro emittente che, in base alla legge di detto Stato, è competente a emettere un mandato d’arresto europeo . 13 L’articolo 7 della decisione quadro, rubricato Ricorso all’autorità centrale , prevede quanto segue Ciascuno Stato membro può designare un’autorità centrale o, quando il suo ordinamento giuridico lo prevede, delle autorità centrali per assistere le autorità giudiziarie competenti . 14 L’articolo 15 della decisione quadro, rubricato Decisione sulla consegna , dispone come segue 1. L’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide la consegna della persona nei termini e alle condizioni stabilite dalla presente decisione quadro. 2. L’autorità giudiziaria dell’esecuzione che non ritiene le informazioni comunicatele dallo Stato membro emittente sufficienti per permetterle di prendere una decisione sulla consegna, richiede urgentemente le informazioni complementari necessarie segnatamente in relazione agli articoli 3, 4, 5 e 8 e può stabilire un termine per la ricezione delle stesse, tenendo conto dell’esigenza di rispettare i termini fissati all’articolo 17. 3. L’autorità giudiziaria emittente può, in qualsiasi momento, trasmettere tutte le informazioni supplementari utili all’autorità giudiziaria dell’esecuzione . 15 L’articolo 17 della decisione quadro, rubricato Termini e modalità della decisione di esecuzione del mandato di arresto europeo , prevede quanto segue 1. Un mandato d’arresto europeo deve essere trattato ed eseguito con la massima urgenza. 2. Nei casi in cui il ricercato acconsente alla propria consegna, la decisione definitiva sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo dovrebbe essere presa entro 10 giorni dalla comunicazione del consenso. 3. Negli altri casi, la decisione definitiva sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo dovrebbe essere presa entro 60 giorni dall’arresto del ricercato. 4. In casi particolari, se il mandato d’arresto europeo non può essere eseguito entro i termini di cui ai paragrafi 2 o 3, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione ne informa immediatamente l’autorità giudiziaria emittente e ne indica i motivi. In questi casi i termini possono essere prorogati di 30 giorni. 5. Fintanto che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non prende una decisione definitiva sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo, essa si accerterà che siano soddisfatte le condizioni materiali necessarie per la consegna effettiva. 7. Se, in circostanze eccezionali, uno Stato membro non è in grado di rispettare i termini stabiliti dal presente articolo, esso ne informa l’Eurojust, indicando i motivi del ritardo. Inoltre, uno Stato membro che ha subito ritardi ripetuti nell’esecuzione dei mandati d’arresto da parte di un altro Stato membro ne informa il Consiglio affinché sia valutata l’attuazione della presente decisione quadro a livello degli Stati membri . Diritto tedesco 16 La decisione quadro è stata recepita nell’ordinamento giuridico tedesco dagli articoli da 78 a 83 k del Gesetz über die internationale Rechtshilfe in Strafsachen legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale del 23 dicembre 1982, come modificata dall’Europäisches Haftbefehlsgesetz legge sul mandato d’arresto europeo , del 20 luglio 2006 BGBl. 2006 I, pag. 1721 in prosieguo l’ IRG . 17 A norma dell’articolo 29, paragrafo 1, dell’IRG, l’Oberlandesgericht Tribunale superiore del Land, Germania si pronuncia, dietro richiesta del pubblico ministero, sulla legittimità dell’estradizione qualora l’imputato non abbia acconsentito all’estradizione. La decisione è resa mediante ordinanza, conformemente all’articolo 32 dell’IRG. 18 L’articolo 73 dell’IRG recita In mancanza di una richiesta in tal senso, l’assistenza giudiziaria e la trasmissione di informazioni sono illegittime se contrastano con principi essenziali dell’ordinamento giuridico tedesco. In caso di richiesta in base alle parti ottava, nona e decima, l’assistenza giudiziaria è illegittima se contrasta con i principi sanciti dall’articolo 6 TUE . Procedimento principale e questioni pregiudiziali 19 Il 2 agosto 2017, il Nyiregyházai Járásbíróság Tribunale distrettuale di Nyiregyhéza, Ungheria ha emesso un mandato d’arresto europeo nei confronti di ML, cittadino ungherese, ai fini di sottoporlo ad azione penale per percosse e lesioni, danneggiamento, truffa semplice e furto con scasso, commessi a Nyiregyhéza Ungheria tra il mese di febbraio e il mese di luglio 2016. 20 Il 16 agosto 2017, il Ministero della Giustizia ungherese ha trasmesso detto mandato d’arresto europeo alla Generalstaatsanwaltschaft Bremen pubblico ministero di Brema, Germania . 21 Con sentenza del 14 settembre 2017, il Nyiregyházai Járásbíróság Tribunale distrettuale di Nyiregyhéza, Ungheria ha condannato ML in contumacia a una pena privativa della libertà di un anno e otto mesi. 22 Con lettera del 20 settembre 2017, il Ministero della Giustizia ungherese ha informato il pubblico Ministero di Brema, in risposta ad una richiesta di quest’ultimo, che, in caso di consegna, ML sarebbe stato dapprima detenuto nell’istituto penitenziario di Budapest Ungheria per la durata della procedura di consegna, e, successivamente, nell’istituto penitenziario regionale di Szombathely Ungheria . Il Ministero ha garantito inoltre che ML non avrebbe subito alcun trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’articolo 4 della Carta, a causa della detenzione prevista in Ungheria. Esso ha aggiunto che una tale garanzia poteva essere fornita anche nel caso di trasferimento di ML in un altro istituto penitenziario. 23 Il 31 ottobre 2017, il Nyíregyházi Járásbíróság Tribunale distrettuale di Nyíregyháza ha emesso un nuovo mandato d’arresto europeo nei confronti di ML ai fini, questa volta, dell’esecuzione della condanna alla pena privativa della libertà inflitta dal medesimo Tribunale il 14 settembre 2017. 24 Il 23 novembre 2017, lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen Tribunale superiore del Land, Brema, Germania ha disposto l’arresto provvisorio a fini estradizionali di ML nell’ambito dell’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso il 2 agosto 2017. A partire da tale data, ML è detenuto nell’istituto penitenziario di Bremen-Oslebshausen Germania . 25 Il 12 dicembre 2017, l’Amtsgericht Bremen Tribunale circoscrizionale di Brema, Germania ha disposto nei confronti di ML l’arresto provvisorio a fini estradizionali sulla base del mandato d’arresto europeo emesso il 31 ottobre 2017, in attesa della sua eventuale consegna alle autorità ungheresi. ML non acconsentiva alla propria consegna. 26 Con ordinanza del 19 dicembre 2017, lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen Tribunale superiore del Land, Brema ha disposto il mantenimento dell’arresto provvisorio di ML a fini estradizionali sulla base di detto mandato d’arresto. Tuttavia, allo scopo di valutare la regolarità della consegna alla luce delle condizioni di detenzione esistenti negli istituti penitenziari ungheresi, detto Tribunale riteneva necessario ottenere ulteriori informazioni. 27 Nella sua decisione del 9 gennaio 2018, detto Tribunale ha dichiarato a tal riguardo che, sulla base delle informazioni di cui dispone, l’esecuzione della pena inflitta a ML nell’istituto penitenziario di Szombathely non sollevava obiezioni. Tuttavia, dato che, nella sua lettera del 20 settembre 2017, il Ministero della Giustizia ungherese aveva accennato alla possibilità di un trasferimento ad altri istituti penitenziari, detto Tribunale aveva ritenuto necessario inviare a quest’ultimo una richiesta di informazioni contenente un elenco di 78 domande sulle condizioni di detenzione delle persone nell’istituto penitenziario di Budapest nonché in altri istituti verso i quali ML potrebbe essere trasferito. 28 Il 10 gennaio 2018, il pubblico ministero di Brema ha trasmesso siffatta richiesta al Ministero della Giustizia ungherese. 29 Il 12 gennaio 2018, in risposta a tale domanda, quest’ultimo ha indicato che il legislatore nazionale, mediante la legge n. CX adottata il 25 ottobre 2016, recante modifica, in particolare, della legge n. CCXL del 2013 sull’esecuzione delle pene e delle misure penali, di talune misure coercitive e del trattenimento amministrativo in prosieguo la legge del 2016 , ha introdotto, da un lato, un mezzo di ricorso che permette ai detenuti di contestare la legittimità delle condizioni della loro detenzione e, dall’altro, una nuova modalità di detenzione, detta di reinserimento . Nell’ambito di quest’ultimo, i detenuti che non hanno ancora integralmente scontato la pena privativa della libertà loro inflitta, possono ottenere che la detenzione sia commutata in arresti domiciliari. Il Ministero della Giustizia ungherese ha aggiunto inoltre che, dal 2015, la creazione di oltre 1 000 nuovi posti negli istituti penitenziari aveva contribuito a ridurre il sovraffollamento delle carceri. 30 In un messaggio di posta elettronica del 1° febbraio 2018, inviato al pubblico ministero di Brema, un funzionario del Ministero della Giustizia ungherese ha indicato che, fatte salve circostanze ostative, ML sarà accolto nel penitenziario di Budapest per un periodo da una a tre settimane, allo scopo di consentire l’adozione nei suoi confronti di misure non meglio specificate aventi ad oggetto l’esecuzione della consegna. 31 Con ordinanza del 12 febbraio 2018, lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen Tribunale superiore del Land, Brema ha chiesto alle autorità ungheresi di fornire, entro il 28 febbraio 2018, informazioni sulle condizioni nelle quali le persone sono detenute, da un lato, nell’istituto penitenziario di Budapest, e, dall’altro, negli altri istituti penitenziari dove ML potrebbe essere trasferito. Detto Tribunale ha chiesto altresì di conoscere gli elementi sulla base dei quali possa verificare le condizioni alle quali le persone sono ivi detenute. 32 Il 15 febbraio 2018, il pubblico ministero di Brema ha trasmesso siffatta richiesta al Ministero della Giustizia ungherese. 33 Il 27 marzo 2018, il Ministero della Giustizia ungherese, di concerto con la Direzione generale per l’esecuzione delle pene, ha fornito nuovamente la garanzia che ML, durante la sua detenzione in Ungheria, non sarà sottoposto a trattamenti inumani o degradanti ai sensi dell’articolo 4 della Carta, a prescindere dall’istituto penitenziario nel quale sarà accolto. 34 Nella sua ordinanza di rinvio, lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen Tribunale superiore del Land, Brema ha rilevato che ML non ha un interesse meritevole di tutela a che la pena inflittagli venga eseguita in Germania. In effetti, dato che ML non conosce la lingua tedesca e che la sua compagna non ha né lavoro né diritto a prestazioni sociali in questo Stato membro, il fatto di scontare la sua pena nel territorio nazionale non può accrescere le sue possibilità di reinserimento sociale. ML dovrebbe quindi, in linea di principio, essere consegnato all’Ungheria. 35 Tuttavia, prima di adottare una decisione definitiva al riguardo, detto Tribunale ritiene di essere tenuto a verificare se gli elementi forniti dalle autorità ungheresi in risposta alle sue richieste di informazioni siano sufficienti ad escludere, nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 73 dell’IRG, e tenendo conto dell’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, dell’articolo 5 e dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro nonché dell’articolo 4 della Carta, l’esistenza di un rischio reale di trattamento inumano o degradante. 36 A tal fine, il giudice del rinvio si interroga, in primo luogo, sulla portata dell’esame che è tenuto ad effettuare, tenendo conto del fatto che ormai in Ungheria esiste un mezzo di ricorso che consente ai detenuti di contestare le loro condizioni di detenzione a fronte dei diritti fondamentali. Più in particolare, esso si chiede se tale mezzo di ricorso consenta di escludere ogni rischio reale di trattamento inumano o degradante qualora esistano – come risulta, in particolare, dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 10 marzo 2015, Varga e altri c. Ungheria CE ECHR 2015 0310JUD001409712, § § da 79 a 92 – prove dell’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate nelle condizioni di detenzione in Ungheria. A tal riguardo, detto giudice si interroga sulla rilevanza da riconoscere al fatto che la Corte europea dei diritti dell’uomo abbia recentemente considerato, nella sentenza del 14 novembre 2107, Domján c. Ungheria CE ECHR 2017 1114DEC000543317, § 22 , che non risulta dimostrato che il suddetto mezzo di ricorso non offrirà prospettive realistiche di miglioramento delle condizioni inadeguate in cui le persone sono detenute, al fine di rispettare i requisiti di cui all’articolo 3 della CEDU. 37 Nell’ipotesi in cui il medesimo mezzo di ricorso non fosse idoneo ad escludere il rischio che un detenuto subisca un trattamento inumano o degradante a causa delle sue condizioni di detenzione, il giudice del rinvio si interroga, in secondo luogo, sulla portata, alla luce delle informazioni e delle garanzie ottenute dalle autorità ungheresi, del suo eventuale obbligo di verificare le modalità e le condizioni di detenzione in tutti gli istituti penitenziari nei quali ML potrebbe essere detenuto. 38 A tal riguardo, il giudice del rinvio si chiede, anzitutto, se la verifica delle condizioni di detenzione debba estendersi a tutti gli istituti penitenziari nei quali ML potrebbe essere detenuto, in particolare a quelli utilizzati a titolo provvisorio o temporaneo, oppure se detta verifica possa limitarsi a quelli dove, in base alle informazioni fornite dalle autorità dello Stato membro emittente, è probabile che ML sarà detenuto per la parte sostanziale della sua pena. Infatti, se detto giudice è in grado di escludere qualsiasi rischio di trattamento inumano o degradante nell’istituto penitenziario di Szombathely, le informazioni comunicate dalle autorità ungheresi sarebbero insufficienti per compiere una simile constatazione riguardo all’istituto penitenziario di Budapest nonché agli altri istituti verso i quali le predette autorità si sono riservate la possibilità di un successivo trasferimento di ML. Inoltre, il giudice del rinvio si interroga sulla portata e sui criteri dell’esame da effettuare a tal riguardo. Segnatamente, si chiede se è tenuto a prendere in considerazione la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, quale risultante dalla sua sentenza del 20 ottobre 2016, Muršić c. Croazia CE ECHR 2016 1020JUD000733413 . 39 Inoltre, nel caso in cui le autorità giudiziarie dell’esecuzione dovessero esaminare tutti gli istituti penitenziari dove ML potrebbe essere detenuto, il giudice del rinvio si chiede, in primis, se possa accontentarsi delle dichiarazioni generali fornite dalle autorità ungheresi, secondo le quali ML non sarà esposto a un rischio di trattamenti inumani o degradanti, oppure se possa subordinare la consegna di ML unicamente alla condizione che costui non sarà esposto a siffatti trattamenti. In caso contrario, il giudice del rinvio si chiede, in primo luogo, quale importanza debba attribuire al fatto che le autorità ungheresi hanno indicato che la detenzione di ML a titolo transitorio non supererà le tre settimane, posto che tale affermazione è formulata facendo salve circostanze ostative . Dall’altro lato, si chiede se possa prendere in considerazione informazioni riguardo alle quali non sia possibile verificare se provengano dalla stessa autorità giudiziaria dell’emissione, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1 della decisione quadro, oppure da un’autorità centrale che agisce su richiesta dell’autorità giudiziaria emittente, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, di tale decisione quadro. 40 In tale contesto, lo Hanseatisches Oberlandesgericht in Bremen Tribunale superiore del Land, Brema ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali 1 Quale rilievo abbia, nell’ambito dell’interpretazione [dell’articolo 1, paragrafo 3, dell’articolo 5 e dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro, letti in combinato disposto con il divieto di trattamenti inumani o degradanti sancito all’articolo 4 della Carta], il fatto che nello Stato membro emittente ci siano mezzi di ricorso per la tutela dei reclusi con riguardo alle loro condizioni di detenzione. a Ove siano dedotte alle autorità giudiziarie dell’esecuzione prove dell’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate delle condizioni di detenzione nello Stato membro emittente che colpiscono determinati gruppi di persone oppure determinati istituti penitenziari, se, nel rispetto delle norme summenzionate, già per la disponibilità di siffatti mezzi di ricorso debba essere escluso un rischio concreto di trattamento inumano o degradante della persona di cui è chiesta la consegna in caso di sua estradizione, il quale osti all’ammissibilità di quest’ultima, senza che sia necessario un ulteriore esame delle concrete condizioni di detenzione. b Se sia rilevante a tal riguardo la circostanza che, in ordine a detti mezzi di ricorso, la Corte europea dei diritti dell’uomo non abbia rinvenuto elementi a favore del fatto che tali rimedi non offrano ai reclusi prospettive realistiche di miglioramento delle condizioni di detenzione inadeguate. 2 Qualora la risposta alla questione pregiudiziale sub 1 dovesse essere nel senso che l’esistenza di tali mezzi di ricorso per la tutela dei reclusi non sia idonea ad escludere un rischio concreto di trattamento inumano o degradante della persona di cui è chiesta la consegna senza un ulteriore esame delle concrete condizioni di detenzione nello Stato membro emittente da parte delle autorità giudiziarie dell’esecuzione a Se le norme summenzionate debbano essere interpretate in modo tale che l’esame delle condizioni di detenzione nello Stato membro emittente da parte delle autorità giudiziarie dell’esecuzione si estenda a tutti gli istituti penitenziari o altre strutture carcerarie in cui la persona di cui è chiesta la consegna potrebbe essere eventualmente accolto. Se ciò trovi applicazione anche qualora si tratti di detenzione in determinati istituti penitenziari a titolo provvisorio oppure a fini di trasferimento. Oppure se l’esame possa limitarsi a quell’istituto penitenziario in cui la persona di cui è chiesta la consegna, in base a quanto indicato dalle autorità dello Stato membro emittente, dovrebbe essere probabilmente accolto per la maggior parte del periodo. b Se sia a tal proposito necessario di volta in volta un esame completo delle rispettive condizioni di detenzione volto ad accertare sia la superficie dello spazio individuale per detenuto sia le altre condizioni della reclusione. Se occorra tener conto della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di cui alla decisione Muršić/Croazia del 20 ottobre 2016, n. 2016/13 [CE ECHR 2016 1020JUD000733413] nella valutazione delle condizioni di detenzione così accertate. 3 Qualora anche la risposta alla questione pregiudiziale sub 2 fosse nel senso che occorre riconoscere un’estensione degli obblighi di esame delle autorità giudiziarie dell’esecuzione a tutti gli istituti penitenziari [verso i quali l’interessato potrebbe essere trasferito] a Se l’esame delle condizioni di detenzione di ciascun istituto penitenziario da parte delle autorità giudiziarie dell’esecuzione possa non risultare necessario nel caso in cui lo Stato membro emittente garantisca, in generale, che la persona di cui è chiesta la consegna non correrà il rischio di un trattamento inumano o degradante. b Oppure se, invece di un esame delle condizioni di detenzione di ciascun istituto penitenziario in questione, la decisione delle autorità giudiziarie dell’esecuzione circa l’ammissibilità dell’estradizione possa essere condizionata al fatto che l’imputato non venga sottoposto ad un siffatto trattamento. 4 Qualora anche la risposta alla questione pregiudiziale sub 3 fosse nel senso che le garanzie e le condizioni non sono idonee a rendere superfluo l’esame delle condizioni di detenzione di ciascun istituto penitenziario [verso il quale l’interessato potrebbe essere trasferito] nello Stato membro emittente da parte delle autorità giudiziarie dell’esecuzione a Se l’obbligo di esame delle autorità giudiziarie dell’esecuzione debba estendersi alle condizioni di detenzione di ciascuno dei possibili istituti penitenziari anche nel caso in cui le autorità giudiziarie dello Stato membro emittente comunichino che la durata della reclusione in un determinato istituto della persona di cui è chiesta la consegna sarà limitata ad un periodo massimo di tre settimane, fatto salvo però il verificarsi di circostanze ostative. b Se ciò trovi applicazione anche nel caso in cui le autorità giudiziarie dell’esecuzione non possano sapere se tali dati siano stati dichiarati dall’autorità giudiziaria emittente ovvero se essi provengano da una delle autorità centrali dello Stato membro emittente le quali si siano attivate a seguito di richiesta di assistenza da parte dell’autorità giudiziaria emittente . Sul procedimento pregiudiziale d’urgenza 41 Il giudice del rinvio ha chiesto di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto dall’articolo 107, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte. 42 A sostegno di tale richiesta, detto giudice ha indicato che la persona interessata è privata della libertà dal 23 novembre 2017 a titolo dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso dalle autorità giudiziarie ungheresi. Inoltre, detto giudice ritiene che, se fosse tenuto ad esaminare le condizioni di detenzione negli istituti penitenziari di transito o negli altri istituti dove tale persona potrebbe essere successivamente trasferita, esso dovrebbe inferirne che la consegna richiesta è illegittima, a meno di essere in grado di escludere qualsiasi rischio di trattamento inumano o degradante. Di conseguenza, sarebbe altresì tenuto a revocare l’arresto provvisorio a fini estradizionali. 43 A tale riguardo, occorre constatare, in primo luogo, che il presente rinvio pregiudiziale verte sull’interpretazione della decisione quadro, la quale rientra nei settori disciplinati dal titolo V della terza parte del Trattato FUE, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. A tale rinvio può dunque essere applicato il procedimento pregiudiziale d’urgenza. 44 In secondo luogo, quanto al criterio relativo all’urgenza, occorre, sulla scorta della giurisprudenza costante della Corte, prendere in considerazione la circostanza che la persona interessata sia attualmente privata della libertà e che il suo mantenimento in detenzione dipenda dalla soluzione della controversia principale. Inoltre, la situazione di tale persona dev’essere valutata così come essa si presenta alla data dell’esame della domanda diretta ad ottenere che al rinvio pregiudiziale sia applicato il procedimento d’urgenza sentenza del 22 dicembre 2017, Ardic, -571/17 PPU, EU C 2017 1026, punto 58 e giurisprudenza ivi citata . 45 Orbene, nel caso di specie, da un lato, è pacifico che, a tale data, la persona interessata, trovandosi in stato di detenzione, fosse privata della libertà. Dall’altro, come risulta dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio, il mantenimento in detenzione di quest’ultima dipende dall’esito del procedimento principale. Difatti, la misura di detenzione cui tale persona è sottoposta è stata ordinata nell’ambito dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso nei suoi confronti. Ne consegue che la decisione di detto giudice sulla sua eventuale consegna alle autorità ungheresi è in funzione delle risposte che la Corte darà alle presenti questioni pregiudiziali. 46 Alla luce di tali circostanze, la Prima Sezione della Corte ha deciso, il 17 aprile 2018, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, di accogliere la richiesta del giudice del rinvio di trattare il presente rinvio pregiudiziale con procedimento d’urgenza. Sulle questioni pregiudiziali 47 Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 3, l’articolo 5 e l’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro debbano essere interpretati nel senso che, qualora disponga di elementi comprovanti l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate delle condizioni di detenzione all’interno degli istituti penitenziari dello Stato membro emittente, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione possa escludere l’esistenza di un rischio reale che la persona interessata da un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà sia oggetto di un trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’articolo 4 della Carta, per il solo motivo che tale persona dispone, nello Stato membro emittente, di un mezzo di ricorso che le permette di contestare le sue condizioni di detenzione, e, in caso di risposta negativa, se detta autorità sia allora tenuta ad esaminare le condizioni di detenzione esistenti all’interno di tutti gli istituti penitenziari nei quali tale persona potrebbe eventualmente essere detenuta, ivi incluso a titolo temporaneo o transitorio, oppure soltanto le condizioni di detenzione esistenti nell’istituto dove, secondo le informazioni a disposizione di detta autorità, è probabile che essa sarà detenuta per la parte sostanziale della sua pena. Detto giudice chiede, inoltre, se le medesime disposizioni debbano essere interpretate nel senso che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione debba esaminare l’insieme delle condizioni di detenzione e se, nell’ambito di siffatto esame, questa autorità possa prendere in considerazione talune informazioni fornite da autorità dello Stato membro emittente diverse dall’autorità giudiziaria emittente, quali, in particolare, la garanzia che la persona interessata non sarà sottoposta a un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta. Osservazioni preliminari 48 Per rispondere alle questioni sollevate, occorre rammentare che il diritto dell’Unione poggia sulla premessa fondamentale secondo cui ciascuno Stato membro condivide con tutti gli altri Stati membri, e riconosce che questi condividono con esso, una serie di valori comuni sui quali l’Unione si fonda, così come precisato all’articolo 2 TUE. Tale premessa implica e giustifica l’esistenza della fiducia reciproca tra gli Stati membri nel riconoscimento di tali valori e, dunque, nel rispetto del diritto dell’Unione che li attua [sentenza odierna, Minister for Justice and Equality Carenze del sistema giudiziario , -216/18 PPU, punto 35 e giurisprudenza ivi citata]. 49 Tanto il principio della fiducia reciproca tra gli Stati membri quanto il principio del mutuo riconoscimento, che si fonda a sua volta sulla fiducia reciproca tra questi ultimi, rivestono un’importanza fondamentale nel diritto dell’Unione, dato che consentono la creazione e il mantenimento di uno spazio senza frontiere interne. Più specificamente, il principio della fiducia reciproca impone a ciascuno di tali Stati, segnatamente per quanto riguarda lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, di ritenere, tranne che in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, più in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo [sentenza odierna, Minister for Justice and Equality Carenze del sistema giudiziario , -216/18 PPU, punto 36 e giurisprudenza ivi citata]. 50 Quando attuano il diritto dell’Unione, gli Stati membri possono quindi essere tenuti, in forza di tale diritto, a presumere il rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri, con la conseguenza che risulta loro preclusa la possibilità non solo di esigere da un altro Stato membro un livello di tutela nazionale dei diritti fondamentali più elevato di quello garantito dal diritto dell’Unione, ma anche, salvo in casi eccezionali, di verificare se tale altro Stato membro abbia effettivamente rispettato, in un caso concreto, i diritti fondamentali garantiti dall’Unione [sentenza odierna, Minister for Justice and Equality Carenze del sistema giudiziario , -216/18 PPU, punto 37 e giurisprudenza ivi citata]. 51 Emerge dal considerando 6 della decisione quadro che il mandato d’arresto europeo da essa previsto costituisce la prima concretizzazione, nel settore del diritto penale, del principio di riconoscimento reciproco. [sentenza odierna, Minister for Justice and Equality Carenze del sistema giudiziario , -216/18 PPU, punto 38]. 52 Come risulta, in particolare, dall’articolo 1, paragrafi 1 e 2, e dai considerando 5 e 7, della decisione quadro, quest’ultima è intesa a sostituire il sistema multilaterale di estradizione fondato sulla convenzione europea di estradizione, del 13 dicembre 1957, con un sistema di consegna tra le autorità giudiziarie delle persone condannate o sospettate, ai fini dell’esecuzione di sentenze o dell’esercizio di azioni penali, sistema quest’ultimo che è basato sul principio del riconoscimento reciproco [sentenza odierna, Minister for Justice and Equality Carenze del sistema giudiziario , -216/18 PPU, punto 39 e giurisprudenza ivi citata]. 53 La decisione quadro è quindi diretta, mediante l’instaurazione di un nuovo sistema semplificato e più efficace di consegna delle persone condannate o sospettate di aver violato la legge penale, a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria allo scopo di contribuire a realizzare l’obiettivo assegnato all’Unione di diventare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia fondandosi sull’elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri [sentenza odierna, Minister for Justice and Equality Carenze del sistema giudiziario , -216/18 PPU, punto 40 e giurisprudenza ivi citata]. 54 Nel settore disciplinato dalla decisione quadro, il principio di riconoscimento reciproco, che costituisce, come risulta in particolare dal considerando 6 della stessa, il fondamento della cooperazione giudiziaria in materia penale, trova applicazione all’articolo 1, paragrafo 2, di tale decisione quadro, che sancisce la regola secondo cui gli Stati membri sono tenuti a dare esecuzione a ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della medesima decisione quadro. Le autorità giudiziarie dell’esecuzione possono, dunque, in via di principio, rifiutare di eseguire un siffatto mandato solo per i motivi di non esecuzione, tassativamente elencati, previsti dalla decisione quadro e possono subordinare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo esclusivamente a una delle condizioni tassativamente previste all’articolo 5 di tale decisione quadro. Di conseguenza, mentre l’esecuzione del mandato d’arresto europeo costituisce il principio, il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che deve essere oggetto di interpretazione restrittiva [sentenza odierna, Minister for Justice and Equality Carenze del sistema giudiziario , -216/18 PPU, punto 41 e giurisprudenza ivi citata]. 55 Così, la decisione quadro enuncia espressamente i motivi di non esecuzione obbligatoria articolo 3 e facoltativa articoli 4 e 4 bis del mandato d’arresto europeo, nonché le garanzie che lo Stato membro emittente deve fornire in casi particolari articolo 5 [sentenza odierna, Minister for Justice and Equality Carenze del sistema giudiziario , -216/18 PPU, punto 42 e giurisprudenza ivi citata]. 56 Cionondimeno, la Corte ha ammesso che limitazioni ai principi di riconoscimento e di fiducia reciproci tra Stati membri possano essere apportate in circostanze eccezionali [sentenza odierna, Minister for Justice and Equality Carenze del sistema giudiziario , -216/18 PPU, punto 43 e giurisprudenza ivi citata]. 57 In tale contesto, la Corte ha riconosciuto, a determinate condizioni, la facoltà per l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di porre fine alla procedura di consegna istituita dalla decisione quadro qualora una siffatta consegna rischi di comportare un trattamento inumano o degradante del ricercato, ai sensi dell’articolo 4 della Carta [sentenza odierna, Minister for Justice and Equality Carenze del sistema giudiziario , -216/18 PPU, punto 44 e giurisprudenza ivi citata]. 58 A tal fine, la Corte si è fondata, da un lato, sull’articolo 1, paragrafo 3, di tale decisione quadro, che prevede che quest’ultima non può comportare la modifica dell’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti agli articoli 2 e 6 TUE e, dall’altro, sul carattere assoluto del diritto fondamentale garantito dall’articolo 4 della Carta [sentenza odierna, Minister for Justice and Equality Carenze del sistema giudiziario , -216/18 PPU, punto 45 e giurisprudenza ivi citata]. 59 Così, se l’autorità giudiziaria dello Stato membro d’esecuzione dispone di elementi che attestano un rischio reale di trattamento inumano o degradante delle persone detenute nello Stato membro emittente, tenuto conto del livello di tutela dei diritti fondamentali garantito dal diritto dell’Unione e, in particolare, dall’articolo 4 della Carta, essa è tenuta a valutare l’esistenza di tale rischio quando deve decidere sulla consegna della persona colpita da un mandato d’arresto europeo alle autorità dello Stato membro emittente. Invero, l’esecuzione di un siffatto mandato non può condurre a un trattamento inumano o degradante di tale persona sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 88 . 60 A tal fine, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve, anzitutto, fondarsi su elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati sulle condizioni di detenzione all’interno degli istituti penitenziari dello Stato membro emittente che dimostrino la presenza di carenze vuoi sistemiche o generalizzate, vuoi che colpiscono determinati gruppi di persone, vuoi ancora che colpiscono determinati istituti penitenziari. Tali elementi possono risultare, in particolare, da decisioni giudiziarie internazionali, quali le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, da decisioni giudiziarie dello Stato membro emittente, nonché da decisioni, relazioni e altri documenti predisposti dagli organi del Consiglio d’Europa o appartenenti al sistema delle Nazioni Unite sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 89 . 61 Tuttavia, l’accertamento dell’esistenza di un rischio reale di trattamento inumano o degradante a causa delle condizioni generali di detenzione nello Stato membro emittente non può condurre, di per sé, al rifiuto di dare esecuzione a un mandato d’arresto europeo. Infatti, la mera esistenza di elementi che attestano carenze vuoi sistemiche o generalizzate, vuoi che colpiscono determinati gruppi di persone, vuoi ancora che colpiscono determinati istituti penitenziari nello Stato membro emittente, non comporta necessariamente che, in un caso concreto, la persona interessata sia sottoposta a un trattamento inumano o degradante in caso di consegna alle autorità di tale Stato membro sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punti 91 e 93 . 62 Quindi, per garantire il rispetto dell’articolo 4 della Carta nel caso specifico di una persona oggetto del mandato d’arresto europeo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, a fronte di elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati comprovanti l’esistenza di siffatte carenze, è tenuta, in seguito, a verificare in modo concreto e preciso se, nelle circostanze della fattispecie, sussistano motivi gravi e comprovati di ritenere che, dopo la sua consegna al suddetto Stato membro, tale persona correrà un rischio reale di essere ivi sottoposta a un trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’articolo in parola, a causa delle condizioni nelle quali sarà detenuta nello Stato membro emittente sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punti 92 e 94 . 63 A tal fine, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro, detta autorità deve chiedere all’autorità giudiziaria dello Stato membro emittente di fornire con urgenza ogni informazione complementare necessaria riguardante le condizioni alle quali si prevede di detenere la persona interessata all’interno di tale Stato membro. Siffatta richiesta può anche riguardare l’esistenza, nello Stato membro emittente, di eventuali procedimenti e meccanismi nazionali o internazionali di controllo delle condizioni di detenzione collegati, ad esempio, a visite negli istituti penitenziari, che consentano di valutare lo stato attuale delle condizioni di detenzione in tali istituti sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punti 95 e 96 . 64 L’autorità giudiziaria emittente è tenuta a fornire tali informazioni all’autorità giudiziaria dell’esecuzione sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 97 . 65 Se, tenuto conto delle informazioni fornite in forza dell’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro, nonché di ogni altra informazione in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione, quest’ultima constata che sussiste, rispetto alla persona oggetto del mandato d’arresto europeo, un rischio reale di trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta, l’esecuzione del mandato in parola deve essere rinviata ma non può essere abbandonata sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 98 . 66 Per contro, nell’ipotesi in cui le informazioni ricevute dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione da parte dell’autorità giudiziaria emittente inducano ad escludere l’esistenza di un rischio reale che la persona interessata sia oggetto di un trattamento inumano o degradante nello Stato membro emittente, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve adottare, entro i termini fissati dalla decisione quadro, la propria decisione sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo, fatta salva la possibilità per la persona interessata, una volta consegnata, di esperire nell’ordinamento giuridico dello Stato membro emittente i mezzi di ricorso che gli permettono di contestare, se del caso, la legittimità delle sue condizioni di detenzione in un istituto penitenziario di tale Stato membro sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 103 . 67 Nel caso di specie, il giudice del rinvio ritiene di disporre di elementi comprovanti l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate nelle condizioni di detenzione in Ungheria. Infatti, secondo detto giudice, dalla sentenza della Corte EDU del 10 marzo 2015, Varga e altri c. Ungheria CE ECHR 2015 0310JUD001409712, § § da 79 a 92 risulta che, poiché tale Stato membro sperimenta una situazione di sovraffollamento delle carceri, sussiste un rischio che le persone ivi detenute subiscano un trattamento inumano o degradante. Il giudice del rinvio considera che, alla data della pronuncia della decisione di rinvio, tale situazione perdurerebbe, in quanto, secondo le autorità ungheresi, sarebbero stati creati 1 000 posti negli istituti penitenziari, mentre il numero di posti mancanti sarebbe di 5 500. Peraltro, secondo detto giudice, è difficile valutare l’incidenza effettiva sulla riduzione del sovraffollamento delle carceri in Ungheria della possibilità di commutare la detenzione in arresti domiciliari, introdotta dalla legge del 2016. 68 Nelle sue osservazioni scritte e in sede di udienza, l’Ungheria ha contestato l’esistenza di tali carenze relative alle condizioni di detenzione sul suo territorio. Tale Stato membro ritiene che il giudice del rinvio riconosca a torto un’importanza smisurata alla sentenza della Corte EDU del 10 marzo 2015,Varga e altri c. Ungheria CE ECHR 2015 0310JUD001409712 , senza tener conto dei fatti successivi alla pronuncia di tale sentenza. In particolare, detto giudice non avrebbe preso in considerazione né i miglioramenti apportati alla vita carceraria, né le modifiche legislative ai fini dell’ottemperanza alla suddetta sentenza o alle più recenti decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo. 69 A tal riguardo, occorre tuttavia sottolineare che, nell’ambito del presente rinvio, la Corte non è interrogata in merito all’esistenza di carenze sistematiche o generalizzate delle condizioni di detenzione in Ungheria. 70 Difatti, tramite le sue questioni, il giudice del rinvio, fondandosi sulla premessa dell’esistenza di simili carenze, mira, in sostanza, a determinare, alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti da 61 a 66 della presente sentenza, se i vari elementi d’informazione che gli sono stati trasmessi dalle autorità dello Stato membro emittente siano tali da consentirgli di escludere l’esistenza di un rischio reale che la persona interessata sia sottoposta, nel suddetto Stato membro, a un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta. 71 Occorre pertanto rispondere a tali questioni partendo dalla premessa su cui si è fondato il giudice del rinvio, sotto la sua esclusiva responsabilità, e della quale è tenuto a verificare l’esattezza tenendo conto di dati debitamente aggiornati, come è stato rilevato al punto 60 della presente sentenza, alla luce, in particolare, dell’attuazione, a partire dal 1° gennaio 2017, delle disposizioni della legge del 2016, dato che queste ultime sono potenzialmente in grado di rimettere in discussione tale premessa. Sull’esistenza di un mezzo di ricorso nello Stato membro emittente avente ad oggetto la legittimità delle condizioni di detenzione alla luce dei diritti fondamentali 72 È pacifico che, con la legge del 2016, l’Ungheria ha istituito, a partire dal 1° gennaio 2017, un mezzo di ricorso che permette ai detenuti di contestare, nell’ambito di un ricorso giurisdizionale, la legittimità delle loro condizioni di detenzione alla luce dei diritti fondamentali. 73 Come fanno valere tutti i soggetti interessati che hanno partecipato al presente procedimento, un simile mezzo di ricorso, benché idoneo a costituire un ricorso giurisdizionale effettivo, ai sensi dell’articolo 47 della Carta, non può, di per sé, essere sufficiente per escludere l’esistenza di un rischio reale che la persona interessata subisca un trattamento inumano o degradante nello Stato membro emittente, ai sensi dell’articolo 4 della suddetta Carta. 74 In effetti, benché un simile sindacato giurisdizionale a posteriori delle condizioni di detenzione nello Stato membro emittente costituisca uno sviluppo importante tale da contribuire ad incoraggiare le autorità di quest’ultimo a migliorare dette condizioni e, di conseguenza, tale da poter essere preso in considerazione dalle autorità giudiziarie dell’esecuzione durante la valutazione complessiva delle previste condizioni di detenzione di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo ai fini di decidere sulla consegna di quest’ultima, esso non è, di per sé, idoneo ad eliminare il rischio che tale persona sia sottoposta, in seguito alla sua consegna, a un trattamento contrario all’articolo 4 della Carta a causa delle sue condizioni di detenzione. 75 Pertanto, anche se lo Stato membro emittente prevede mezzi di ricorso volti a verificare la legittimità delle condizioni di detenzione alla luce dei diritti fondamentali, le autorità giudiziarie dell’esecuzione restano obbligate a procedere ad un esame individuale della situazione di ciascuna persona interessata, al fine di assicurarsi che la loro decisione sulla consegna di tale persona non esporrà quest’ultima, a causa delle predette condizioni, a un rischio reale di essere sottoposta ad un trattamento inumano o degradante ai sensi di tale disposizione. 76 Questa interpretazione non si pone affatto in contraddizione con quanto è stato giudicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza del 14 novembre 2017, Domján c. Ungheria CE ECHR 2017 1114DEC000543317 . Infatti, in tale sentenza, la Corte europea dei diritti dell’uomo, da un lato, si è limitata a constatare che, poiché i ricorsi introdotti dalla legge del 2016 garantiscono, in via di principio, una effettiva correzione delle violazioni della CEDU derivanti dal sovraffollamento delle carceri e da altre condizioni di detenzione inadeguate in Ungheria, il ricorso introdotto dinanzi ad essa in quella causa doveva essere respinto in quanto irricevibile fintanto che non fossero stati esauriti i suddetti ricorsi di diritto interno. Dall’altro lato, essa ha precisato che si riservava il diritto di riesaminare l’effettività di tali ricorsi alla luce della loro applicazione pratica. Sulla portata dell’esame delle condizioni di detenzione nello Stato membro emittente Sugli istituti penitenziari da esaminare 77 Sulla scorta della giurisprudenza richiamata ai punti da 61 a 66 della presente sentenza, le autorità giudiziarie dell’esecuzione chiamate a decidere sulla consegna di una persona che è oggetto di un mandato d’arresto europeo devono valutare, in modo concreto e preciso, se, nelle circostanze di specie, esista un rischio reale che nello Stato membro emittente tale persona sarà sottoposta a un trattamento inumano o degradante. 78 Ne consegue che l’esame che tali autorità sono tenute ad effettuare, alla luce del suo carattere concreto e preciso, non può vertere sulle condizioni generali di detenzione esistenti all’interno di tutti gli istituti penitenziari di quest’ultimo Stato membro nei quali la persona interessata potrebbe essere incarcerata. 79 A tale riguardo, si deve sottolineare che la possibilità per le autorità giudiziarie dell’esecuzione, conformemente all’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro, di chiedere urgentemente le informazioni complementari necessarie, qualora non ritengano le informazioni comunicatele dallo Stato membro emittente sufficienti per permettere loro di adottare una decisione sulla consegna, è una soluzione di extrema ratio, applicabile ai soli casi eccezionali nei quali l’autorità giudiziaria dell’esecuzione ritenga di non disporre di tutti gli elementi formali necessari ai fini dell’adozione urgente della sua decisione sulla consegna v., in tal senso, sentenza del 23 gennaio 2018, Piotrowski, -367/16, EU C 2018 27, punti 60 e 61 . 80 Tale disposizione non può dunque essere utilizzata dalle autorità giudiziarie dell’esecuzione per chiedere, in modo sistematico, alle autorità dello Stato membro emittente informazioni generali concernenti le condizioni di detenzione degli istituti penitenziari nei quali una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo potrebbe essere incarcerata. 81 Del resto, una siffatta domanda finirebbe, nella maggior parte dei casi, con il chiedere informazioni su tutti gli istituti penitenziari situati nel territorio dello Stato membro emittente, dato che una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo potrebbe, di norma, essere detenuta in qualsiasi istituto penitenziario situato nel territorio di quest’ultimo. Orbene, in generale non è possibile, nella fase di esecuzione di un mandato d’arresto europeo, identificare tutti gli istituti penitenziari nei quali tale persona sarà effettivamente detenuta, giacché un trasferimento da un istituto ad un altro potrebbe essere giustificato dal sopravvenire di circostanze imprevedibili, o addirittura estranee alla persona interessata. 82 Tali considerazioni sono corroborate dall’obiettivo perseguito dalla decisione quadro, il quale, come risulta già dal punto 53 della presente sentenza, consiste, mediante l’instaurazione di un sistema semplificato e più efficace di consegna tra autorità giudiziarie delle persone condannate o sospettate di aver violato la legge penale, a facilitare e ad accelerare le consegne. 83 Infatti, tale obiettivo è sotteso, in particolare, alla disciplina dei termini per l’emanazione delle decisioni relative al mandato d’arresto europeo, che gli Stati membri devono rispettare e la cui importanza è espressa in diverse disposizioni della decisione quadro, tra le quali, in particolare, il suo articolo 17 v., in tal senso, sentenza del 23 gennaio 2018, Piotrowski, -367/16, EU C 2018 27, punti 55 e 56 . 84 Ebbene, l’obbligo per le autorità giudiziarie dell’esecuzione di esaminare le condizioni di detenzione esistenti all’interno di tutti gli istituti penitenziari nei quali la persona interessata potrebbe essere detenuta nello Stato membro emittente è manifestamente eccessivo. Esso è peraltro impossibile da realizzare entro i termini previsti dall’articolo 17 della decisione quadro. Un simile esame sarebbe infatti tale da differire in modo sostanziale la consegna della persona interessata e, pertanto, da privare di ogni effetto utile il funzionamento del sistema del mandato d’arresto europeo. 85 Ne conseguirebbe un rischio di impunità della persona ricercata e ciò tanto più qualora, come nel procedimento principale, che riguarda l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione abbia constatato che non risultano soddisfatte le condizioni di applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro, il quale permette allo Stato membro di esecuzione di impegnarsi ad eseguire esso stesso tale pena conformemente al suo diritto interno, allo scopo, in particolare, di accrescere le opportunità di reinserimento sociale della persona interessata v., in particolare, sentenza del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge, -42/11, EU C 2012 517, punto 32 e giurisprudenza ivi citata . 86 Orbene, una siffatta impunità sarebbe incompatibile con l’obiettivo perseguito tanto dalla decisione quadro v., in tal senso, sentenza del 29 giugno 2017, Popławski, -579/15, EU C 2017 503, punto 23 quanto dall’articolo 3, paragrafo 2, TUE, nel cui ambito s’inscrive tale decisione quadro, e secondo il quale l’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, nonché la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, -182/15, EU C 2016 630, punti 36 e 37 . 87 Di conseguenza, in considerazione della fiducia reciproca che deve sussistere tra gli Stati membri, sulla quale si fonda il sistema del mandato d’arresto europeo, e tenuto conto, in particolare, dei termini per l’esecuzione di un tale mandato impartiti alle autorità giudiziarie dell’esecuzione dall’articolo 17 della decisione quadro, dette autorità sono tenute unicamente ad esaminare le condizioni di detenzione negli istituti penitenziari nei quali, secondo le informazioni di cui esse dispongono, sia concretamente previsto che tale persona sarà detenuta, anche in via temporanea o transitoria. La conformità, alla luce dei diritti fondamentali, delle condizioni di detenzione esistenti negli altri istituti penitenziari dove detta persona potrebbe eventualmente essere incarcerata in seguito rientra, sulla scorta della giurisprudenza ricordata al punto 66 della presente sentenza, nella sola competenza degli organi giurisdizionali dello Stato membro emittente. 88 Nel caso di specie, anche se tali informazioni non sono state fornite dall’autorità giudiziaria emittente, è incontestato fra tutti i soggetti che hanno partecipato al presente procedimento che la persona interessata, in caso di consegna alle autorità ungheresi, sarà detenuta inizialmente nell’istituto penitenziario di Budapest per un periodo da una a tre settimane, prima di essere trasferita nell’istituto penitenziario di Szombathely, ma non è stato escluso che la stessa possa essere successivamente trasferita verso un altro istituto penitenziario. 89 Ciò posto, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve controllare le condizioni di detenzione della persona interessata soltanto in tali due istituti penitenziari. Sull’esame delle condizioni di detenzione 90 In assenza di regole minime, nel diritto dell’Unione, relative alle condizioni di detenzione, si deve ricordare che, come già constatato nella sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi et Căldăraru -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 90 , l’articolo 3 della CEDU fa gravare sulle autorità dello Stato sul cui territorio viene eseguita una detenzione un obbligo positivo consistente nell’assicurare che ogni detenuto sia incarcerato in condizioni che garantiscano il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongano l’interessato ad uno stato di sconforto né ad una prova d’intensità che ecceda l’inevitabile livello di sofferenza inerente alla detenzione e che, tenuto conto delle esigenze pratiche della reclusione, la salute e il benessere del detenuto siano assicurati adeguatamente Corte EDU, 25 aprile 2017, Rezmiveș e altri c. Romania, CE ECHR 2017 0425JUD00614672, § 72 . 91 A tal riguardo, al fine di rientrare nell’articolo 3 della CEDU, un maltrattamento deve raggiungere una soglia minima di gravità, che dipende dall’insieme dei dati della causa, in particolare dalla durata del trattamento e dai suoi effetti fisici o psichici nonché, in certi casi, dal sesso, dall’età e dallo stato di salute della vittima Corte EDU, 20 ottobre 2016, Muršić c. Croazia, CE ECHR 2016 0904JUD000014010, § § 97 e 122 . 92 Tenuto conto dell’importanza attribuita al fattore spaziale nella valutazione globale delle condizioni di detenzione, il fatto che lo spazio personale di cui dispone un detenuto sia inferiore a 3 m² in una cella collettiva fa nascere una forte presunzione di violazione dell’articolo 3 della CEDU Corte EDU, 20 ottobre 2016, Muršić c. Croazia, CE ECHR 2016 0904JUD000014010, § 124 . 93 Tale forte presunzione di violazione dell’articolo 3 della CEDU può, di norma, essere superata solo se in primo luogo, le riduzioni dello spazio personale in rapporto al minimo obbligatorio di 3 m2 sono brevi, occasionali e minori in secondo luogo, esse si accompagnano a una libertà di movimento sufficiente fuori della cella e ad attività fuori cella adeguate, e, in terzo luogo, l’istituto offre, in linea generale, condizioni di detenzione dignitose e la persona interessata non è sottoposta ad altri elementi ritenuti circostanze aggravanti delle cattive condizioni di detenzione Corte EDU, 20 ottobre 2016, Muršić c. Croazia, CE ECHR 2016 0904JUD000014010, § 138 . 94 Nel caso di specie, a parere del giudice del rinvio stesso, le informazioni a sua disposizione in merito alle condizioni di detenzione nell’istituto penitenziario di Szombathely, nel quale è pacifico che la persona interessata dovrebbe scontare la parte sostanziale della pena privativa della libertà che le è stata inflitta in Ungheria, inducono ad escludere l’esistenza di un rischio reale che essa sia oggetto di un trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’articolo 4 della Carta, ciò che nessuno degli interessati che hanno partecipato al presente procedimento ha, del resto, contestato. 95 Pertanto, spetta all’autorità giudiziaria dell’esecuzione verificare se la persona interessata sarebbe, invece, esposta a un simile rischio nell’istituto penitenziario di Budapest. 96 Non è decisivo, a tal riguardo, il fatto che la detenzione in tale istituto sia prevista solo per la durata della procedura di consegna e non dovrebbe pertanto eccedere, secondo le informazioni fornite dalle autorità dello Stato membro emittente, in via di principio, le tre settimane. 97 È vero che dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulta che la durata di un periodo di detenzione può, come risulta già dai punti 91 e 93 della presente sentenza, essere un fattore rilevante ai fini della valutazione della gravità della sofferenza o dell’umiliazione subite da un detenuto a causa delle cattive condizioni di detenzione Corte EDU, 20 ottobre 2016, Muršić c. Croazia, CE ECHR 2016 0904JUD000014010, § 131 . 98 Tuttavia, la brevità relativa di un periodo di detenzione, di per sé, non sottrae automaticamente il trattamento controverso all’ambito di applicazione dell’articolo 3 della CEDU qualora altri elementi siano sufficienti per farlo rientrare nell’ambito di tale disposizione. 99 Inoltre, se la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che, quando il detenuto dispone di uno spazio inferiore a 3 m², un periodo di detenzione di qualche giorno può essere assimilato a un breve periodo, un periodo di circa 20 giorni, come quello considerato nel procedimento principale dalle autorità dello Stato membro emittente, che non è, per di più, neppure escluso che possa essere prolungato nel caso di sopravvenienza di circostanze ostative non altrimenti specificate, non può essere considerato come un periodo breve Corte EDU, 20 ottobre 2016, Muršić c. Croazia, CE ECHR 2016 0904JUD000014010, § § 146, 152 e 154 . 100 Ne consegue che il carattere temporaneo o transitorio di una detenzione in siffatte condizioni non è idoneo, di per sé solo, ad escludere qualsiasi rischio reale di trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta. 101 Pertanto, come è già stato constatato al punto 63 della presente sentenza, se l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non ritiene le informazioni a sua disposizione sufficienti per permetterle di adottare una decisione sulla consegna, essa può chiedere urgentemente all’autorità giudiziaria emittente, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro, di fornire le informazioni complementari da essa ritenute necessarie, in modo da ottenere chiarimenti in merito alle condizioni di detenzione concrete e precise della persona interessata nell’istituto penitenziario di cui trattasi. 102 Nel caso di specie, dagli elementi presentati alla Corte risulta che le autorità ungheresi non hanno fornito risposte alle 78 domande trasmesse il 10 gennaio 2018, in attuazione dell’ordinanza del giudice del rinvio del 9 gennaio 2018, dal pubblico ministero di Brema, e relative alle condizioni di detenzione esistenti nell’istituto penitenziario di Budapest nonché in qualsiasi altro istituto in cui la persona interessata potrebbe, eventualmente, essere incarcerata. 103 Se alcune di queste domande, prese singolarmente, sono rilevanti ai fini dell’esame delle concrete e precise condizioni di detenzione della persona interessata in relazione agli elementi indicati al punto 93 della presente sentenza, risulta tuttavia evidente che, come pure sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 76 delle sue conclusioni, dette domande, per numero e portata, comprendenti ogni istituto penitenziario in cui la persona interessata potrebbe essere incarcerata, e per contenuto, che copre aspetti della detenzione senza evidente rilevanza ai fini del suddetto esame, quali, fra l’altro, la pratica di un culto, la possibilità di fumare, le modalità di lavaggio dei vestiti nonché l’installazione di barre o di persiane alle finestre delle celle, renderebbero praticamente impossibile qualsiasi risposta utile da parte delle autorità dello Stato membro emittente, tenuto conto, in particolare, dei termini molto brevi previsti all’articolo 17 della decisione quadro per l’esecuzione di un mandato di arresto europeo. 104 Una richiesta di questo tipo, che finisce col paralizzare il funzionamento del mandato d’arresto europeo, non è compatibile con l’obbligo di leale cooperazione sancito all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, TUE, sul quale deve essere improntato il dialogo tra le autorità giudiziarie dell’esecuzione e le autorità giudiziarie emittenti, in particolare, nell’ambito della comunicazione di informazioni di cui all’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della decisione quadro. 105 In udienza, il pubblico ministero di Brema ha affermato in proposito di non aver mai ricevuto una risposta a questo tipo di richieste di informazioni, che il giudice del rinvio indirizzerebbe sistematicamente alle autorità di tre Stati membri emittenti, tra cui l’Ungheria. Esso ha precisato che una prassi di questo tipo ha per conseguenza che, in assenza di decisioni di approvazione delle consegne da parte di tale giudice, ormai nessun mandato d’arresto europeo emesso da un’autorità giudiziaria di uno di questi tre Stati membri viene più eseguito da tale pubblico ministero. 106 Ciò precisato, consta che, in risposta alla richiesta del 10 gennaio 2018, le autorità ungheresi hanno fornito al pubblico ministero di Brema, nelle loro lettere del 20 settembre 2017 e del 27 marzo 2018, la garanzia che la persona interessata non sarà sottoposta, a causa della sua detenzione in Ungheria, ad alcun trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta, a prescindere dall’istituto nel quale sarà incarcerata. 107 Occorre quindi esaminare se, e in quale misura, una simile garanzia possa essere presa in considerazione dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione ai fini dell’adozione della sua decisione sulla consegna della persona interessata. Sulla presa in considerazione delle rassicurazioni fornite dalle autorità dello Stato membro emittente 108 Si deve ricordare che l’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro autorizza espressamente l’autorità giudiziaria dell’esecuzione che non ritenga le informazioni comunicatele dallo Stato membro emittente sufficienti per permetterle di adottare una decisione sulla consegna, a chiedere urgentemente le informazioni complementari necessarie. Inoltre, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, della decisione quadro, l’autorità giudiziaria emittente può, in qualsiasi momento, trasmettere tutte le informazioni supplementari utili all’autorità giudiziaria dell’esecuzione. 109 Inoltre, in forza del principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, TUE, l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, -182/15, EU C 2016 630, punto 42 . 110 Conformemente a tali disposizioni, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione e l’autorità giudiziaria emittente possono, rispettivamente, chiedere informazioni o fornire garanzie in merito alle condizioni concrete e precise nelle quali la persona interessata sarà detenuta nello Stato membro emittente. 111 La garanzia fornita dalle autorità competenti dello Stato membro emittente circa il fatto che la persona interessata non sarà sottoposta ad un trattamento inumano o degradante a causa delle sue concrete e precise condizioni di detenzione a prescindere dall’istituto penitenziario in cui sarà incarcerata nello Stato membro emittente è un elemento che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può ignorare. In effetti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 64 delle sue conclusioni, la violazione di una simile garanzia, poiché è idonea a vincolare il suo autore, potrebbe essere fatta valere, in caso di sua violazione, dinanzi alle autorità giudiziarie dello Stato membro emittente. 112 Qualora tale garanzia sia stata apportata o, quanto meno, approvata dall’autorità giudiziaria emittente, ove necessario, previa richiesta di assistenza all’autorità centrale o a una delle autorità centrali dello Stato membro emittente ai sensi dell’articolo 7 della decisione quadro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, tenuto conto della fiducia reciproca che deve sussistere tra le autorità giudiziarie degli Stati membri, e sulla quale si fonda il sistema del mandato d’arresto europeo, deve fidarsi della prima, perlomeno in assenza di qualsivoglia elemento preciso che permetta di ritenere che le condizioni di detenzione esistenti all’interno di un determinato istituto penitenziario siano contrarie all’articolo 4 della Carta. 113 Nel caso di specie, la garanzia fornita dal Ministero della Giustizia ungherese il 20 settembre 2017, e reiterata il 27 marzo 2018, circa il fatto che la persona interessata non sarà sottoposta ad alcun trattamento inumano o degradante a causa delle sue condizioni di detenzione in Ungheria non è stata, tuttavia, né fornita né approvata dall’autorità giudiziaria emittente, come espressamente confermato dal governo ungherese durante l’udienza. 114 Dal momento che non promana da un’autorità giudiziaria, il contenuto di una simile garanzia deve essere determinato procedendo a una valutazione globale dell’insieme degli elementi a disposizione dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione. 115 Orbene, a tal proposito, si deve osservare che la garanzia fornita dal Ministero della Giustizia ungherese risulta corroborata dalle informazioni di cui dispone il pubblico ministero di Brema. Infatti, in risposta ai quesiti della Corte, quest’ultima ha affermato, in udienza, che tali elementi, risultanti, in particolare, dell’esperienza acquisita durante le procedure di consegna attuate prima della pronuncia della sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198 , gli permettono di considerare che le condizioni di detenzione nell’istituto penitenziario di Budapest, attraverso il quale transita chiunque sia oggetto di un mandato d’arresto europeo emesso dalle autorità ungheresi, non sono in contrasto con l’articolo 4 della Carta. 116 Ciò posto, la consegna della persona interessata alle autorità ungheresi sembra consentita nel rispetto dell’articolo 4 della Carta, tuttavia la verifica di tale circostanza compete al giudice del rinvio. 117 In considerazione di tutto quanto precede, alle questioni sollevate occorre rispondere nel senso che l’articolo 1, paragrafo 3, l’articolo 5 e l’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro devono essere interpretati nel senso che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, qualora disponga di elementi comprovanti l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate delle condizioni di detenzione all’interno degli istituti penitenziari dello Stato membro emittente, dei quali compete al giudice del rinvio verificare l’esattezza tenendo conto di tutti i dati aggiornati disponibili – l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può escludere l’esistenza di un rischio reale che la persona interessata da un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà sia oggetto di un trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’articolo 4 della Carta, per il solo motivo che tale persona disponga, nello Stato membro emittente, di un mezzo di ricorso che le permette di contestare le sue condizioni di detenzione, sebbene l’esistenza di un simile mezzo di ricorso possa essere presa in considerazione da parte della medesima autorità al fine di adottare una decisione sulla consegna della persona interessata – l’autorità giudiziaria dell’esecuzione è tenuta unicamente ad esaminare le condizioni di detenzione negli istituti penitenziari nei quali è probabile, secondo le informazioni a sua disposizione, che la suddetta persona sarà detenuta, anche in via temporanea o transitoria – l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve verificare, a tal fine, solo le condizioni di detenzione concrete e precise della persona interessata che siano rilevanti al fine di stabilire se essa correrà un rischio reale di trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta – l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può prendere in considerazione talune informazioni fornite da autorità dello Stato membro emittente diverse dall’autorità giudiziaria emittente, quali, in particolare, la garanzia che la persona interessata non sarà sottoposta a un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta. Sulle spese 118 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte Prima Sezione dichiara L’articolo 1, paragrafo 3, l’articolo 5 e l’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, devono essere interpretati nel senso che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, qualora disponga di elementi comprovanti l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate delle condizioni di detenzione all’interno degli istituti penitenziari dello Stato membro emittente, dei quali compete al giudice del rinvio verificare l’esattezza tenendo conto di tutti i dati aggiornati disponibili – l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può escludere l’esistenza di un rischio reale che la persona interessata da un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà sia oggetto di un trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, per il solo motivo che tale persona disponga, nello Stato membro emittente, di un mezzo di ricorso che le permette di contestare le sue condizioni di detenzione, sebbene l’esistenza di un simile mezzo di ricorso possa essere presa in considerazione da parte della medesima autorità al fine di adottare una decisione sulla consegna della persona interessata – l’autorità giudiziaria dell’esecuzione è tenuta unicamente ad esaminare le condizioni di detenzione negli istituti penitenziari nei quali è probabile, secondo le informazioni a sua disposizione, che la suddetta persona sarà detenuta, anche in via temporanea o transitoria – l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve verificare, a tal fine, solo le condizioni di detenzione concrete e precise della persona interessata che siano rilevanti al fine di stabilire se essa correrà un rischio reale di trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può prendere in considerazione talune informazioni fornite da autorità dello Stato membro emittente diverse dall’autorità giudiziaria emittente, quali, in particolare, la garanzia che la persona interessata non sarà sottoposta a un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. * Fonte curia.eu

Corte di Giustizia, Grande Sezione, sentenza 25 luglio 2018, causa C-216/18 * Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri GU 2002, L 190, pag. 1 , come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 GU 2009, L 81, pag. 24 in prosieguo la decisione quadro 2002/584 . 2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito dell’esecuzione, in Irlanda, di mandati d’arresto europei emessi dai giudici polacchi nei confronti di LM in prosieguo l’ interessato . Contesto normativo Il Trattato UE 3 L’articolo 7 TUE dispone quanto segue 1. Su proposta motivata di un terzo degli Stati membri, del Parlamento europeo o della Commissione europea, il Consiglio, deliberando alla maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare che esiste un evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2. Prima di procedere a tale constatazione il Consiglio ascolta lo Stato membro in questione e può rivolgergli delle raccomandazioni, deliberando secondo la stessa procedura. Il Consiglio verifica regolarmente se i motivi che hanno condotto a tale constatazione permangono validi. 2. Il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità su proposta di un terzo degli Stati membri o della Commissione europea e previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare l’esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2, dopo aver invitato tale Stato membro a presentare osservazioni. 3. Qualora sia stata effettuata la constatazione di cui al paragrafo 2, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può decidere di sospendere alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall’applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale Stato membro in seno al Consiglio. Nell’agire in tal senso, il Consiglio tiene conto delle possibili conseguenze di una siffatta sospensione sui diritti e sugli obblighi delle persone fisiche e giuridiche. Lo Stato membro in questione continua in ogni caso ad essere vincolato dagli obblighi che gli derivano dai trattati. . La Carta 4 Il titolo VI della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in prosieguo la Carta , denominato Giustizia , comprende l’articolo 47, rubricato Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale , che dispone quanto segue Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. 5 Le spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali GU 2007, C 303, pag. 17 precisano, quanto all’articolo 47, secondo comma, della Carta, che tale disposizione corrisponde all’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 in prosieguo la CEDU . 6 L’articolo 48 della Carta, intitolato Presunzione di innocenza e diritti della difesa dispone quanto segue 1. Ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. 2. Il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato . La decisione quadro 2002/584 7 I considerando da 5 a 8, 10 e 12 della decisione quadro 2002/584 sono del seguente tenore 5 [L]’introduzione di un nuovo sistema semplificato di consegna delle persone condannate o sospettate, al fine dell’esecuzione delle sentenze di condanna in materia penale o per sottoporle all’azione penale, consente di eliminare la complessità e i potenziali ritardi inerenti alla disciplina attuale in materia di estradizione. 6 Il mandato d’arresto europeo previsto nella presente decisione quadro costituisce la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo ha definito il fondamento della cooperazione giudiziaria. 7 Poiché l’obiettivo di sostituire il sistema multilaterale di estradizione creato sulla base della convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957 non può essere sufficientemente realizzato unilateralmente dagli Stati membri e può dunque, a causa della dimensione e dell’effetto, essere realizzato meglio a livello dell’Unione, il Consiglio può adottare misure, nel rispetto del principio di sussidiarietà menzionato all’articolo 2 [UE] e all’articolo 5 [CE]. La presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. 8 Le decisioni relative all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo devono essere sottoposte a un controllo sufficiente, il che implica che l’autorità giudiziaria dello Stato membro in cui la persona ricercata è stata arrestata dovrà prendere la decisione relativa alla sua consegna. 10 Il meccanismo del mandato d’arresto europeo si basa su un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri. L’attuazione di tale meccanismo può essere sospesa solo in caso di grave e persistente violazione da parte di uno Stato membro dei principi sanciti all’articolo 6, paragrafo 1, [UE divenuto, in seguito a modifica, articolo 2 TUE], constatata dal Consiglio [europeo] in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, [UE divenuto, in seguito a modifica, articolo 7, paragrafo 2, TUE], e con le conseguenze previste al paragrafo 2 dello stesso articolo [divenuto, in seguito a modifica, articolo 7, paragrafo 3, TUE]. 12 La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi sanciti dall’articolo 6 [UE] e contenuti nella [Carta], segnatamente il capo VI. Nessun elemento della presente decisione quadro può essere interpretato nel senso che non sia consentito rifiutare di procedere alla consegna di una persona che forma oggetto di un mandato d’arresto europeo qualora sussistano elementi oggettivi per ritenere che il mandato d’arresto europeo sia stato emesso al fine di perseguire penalmente o punire una persona a causa del suo sesso, della sua razza, religione, origine etnica, nazionalità, lingua, opinione politica o delle sue tendenze sessuali oppure che la posizione di tale persona possa risultare pregiudicata per uno di tali motivi. . 8 L’articolo 1 di tale decisione quadro, intitolato Definizione del mandato d’arresto europeo ed obbligo di darne esecuzione , prevede quanto segue 1. Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà. 2. Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro. 3. L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 [UE] non può essere modificat[o] per effetto della presente decisione quadro . 9 Gli articoli 3, 4 e 4 bis di detta decisione quadro indicano i motivi di non esecuzione obbligatoria e facoltativa del mandato d’arresto europeo. 10 Intitolato Ricorso all’autorità centrale , l’articolo 7 della stessa decisione quadro così prevede 1. Ciascuno Stato membro può designare un’autorità centrale o, quando il suo ordinamento giuridico lo prevede, delle autorità centrali per assistere le autorità giudiziarie competenti. 2. Uno Stato membro può, se l’organizzazione del proprio sistema giudiziario interno lo rende necessario, affidare alla alle propria proprie autorità centrale centrali la trasmissione e la ricezione amministrativa dei mandati d’arresto europei e della corrispondenza ufficiale ad essi relativa. Lo Stato membro che voglia avvalersi delle facoltà descritte nel presente articolo comunica al Segretariato generale del Consiglio le informazioni relative all’autorità centrale alle autorità centrali designata e . Dette indicazioni sono vincolanti per tutte le autorità dello Stato membro emittente . 11 L’articolo 15 della stessa decisione quadro, intitolato Decisione sulla consegna , prevede quanto segue 1. L’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide la consegna della persona nei termini e alle condizioni stabilite dalla presente decisione quadro. 2. L’autorità giudiziaria dell’esecuzione che non ritiene le informazioni comunicatele dallo Stato membro emittente sufficienti per permetterle di prendere una decisione sulla consegna, richiede urgentemente le informazioni complementari necessarie segnatamente in relazione agli articoli 3, 4, 5 e 8 e può stabilire un termine per la ricezione delle stesse, tenendo conto dell’esigenza di rispettare i termini fissati all’articolo 17. . Diritto irlandese 12 La decisione quadro 2002/584 è stata recepita nell’ordinamento giuridico irlandese mediante lo European Arrest Warrant Act 2003 legge del 2003 sul mandato d’arresto europeo . 13 L’articolo 37, paragrafo 1, della legge del 2003 sul mandato d’arresto europeo prevede Nessuno sarà consegnato in base alla presente legge ove a la sua consegna sia incompatibile con gli obblighi gravanti sullo Stato in forza i della [CEDU], o ii dei protocolli della [CEDU] b la sua consegna integri una violazione di una disposizione della Costituzione . Procedimento principale e questioni pregiudiziali 14 Il 1º febbraio 2012, il 4 giugno 2012 e il 26 settembre 2013, le autorità giudiziarie polacche hanno emesso tre mandati d’arresto europei in prosieguo i MAE nei confronti dell’interessato, ai fini del suo arresto e della sua consegna a dette autorità giudiziarie per l’esercizio di azioni penali, segnatamente per traffico illecito di stupefacenti e di sostanze psicotrope. 15 Il 5 maggio 2017 l’interessato è stato arrestato in Irlanda, in base a tali MAE, e condotto dinanzi al giudice del rinvio, la High Court Alta Corte, Irlanda . Egli ha informato tale giudice che non acconsentiva alla propria consegna alle autorità giudiziarie polacche ed è stato incarcerato in attesa di una decisione sulla sua consegna a tali autorità. 16 A sostegno della sua opposizione alla consegna, l’interessato deduce, segnatamente, che tale consegna lo esporrebbe a un rischio reale di flagrante diniego di giustizia in violazione dell’articolo 6 della CEDU. Al riguardo, l’interessato sostiene, in particolare, che le recenti riforme legislative del sistema giudiziario nella Repubblica di Polonia lo privano del suo diritto a un equo processo. Tali riforme pregiudicherebbero in maniera sostanziale le fondamenta della fiducia reciproca tra l’autorità emittente il mandato d’arresto europeo e l’autorità dell’esecuzione di tale mandato, circostanza che rimetterebbe in discussione il funzionamento del meccanismo del mandato d’arresto europeo. 17 L’interessato si fonda, in particolare, sulla proposta motivata della Commissione, del 20 dicembre 2017, presentata a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sull’Unione europea sullo Stato di diritto in Polonia [COM 2017 835 final] in prosieguo la proposta motivata e sui documenti a cui questa fa riferimento. 18 Nella proposta motivata, la Commissione illustra anzitutto in maniera dettagliata il contesto e la genesi delle riforme legislative, tratta, poi, due particolari motivi di preoccupazione, ossia, da un lato, l’assenza di controllo di costituzionalità indipendente e legittimo e, dall’altro, i rischi di violazione dell’indipendenza dei giudici ordinari, e invita, infine, il Consiglio a constatare l’esistenza di un rischio evidente di violazione grave da parte della Repubblica di Polonia dei valori di cui all’articolo 2 TUE nonché a rivolgere a tale Stato membro le raccomandazioni necessarie a tal riguardo. 19 La proposta motivata riprende peraltro le constatazioni della Commissione per la democrazia attraverso il diritto del Consiglio d’Europa vertenti sulla situazione nella Repubblica di Polonia e sugli effetti delle recenti riforme legislative sul sistema giudiziario di tale Stato membro. 20 Da ultimo, la proposta motivata indica le gravi preoccupazioni espresse a tal riguardo, nel periodo precedente l’adozione di tale proposta, da varie istituzioni e vari organismi internazionali ed europei come il Comitato dei diritti dell’uomo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, il Consiglio europeo, il Parlamento europeo, la Rete europea dei Consigli di giustizia nonché, a livello nazionale, dal Sąd Najwyższy Corte suprema, Polonia , dal Trybunał Konstytucyjny Corte costituzionale, Polonia , dal Rzecznik Praw Obywatelskich Mediatore, Polonia , dalla Krajowa Rada Sądownictwa Consiglio nazionale della magistratura, Polonia e da associazioni di giudici e avvocati. 21 Sulla base delle informazioni contenute nella proposta motivata e delle constatazioni della Commissione per la democrazia attraverso il diritto del Consiglio d’Europa vertenti sulla situazione nella Repubblica di Polonia e sugli effetti delle recenti riforme legislative sul sistema giudiziario di tale Stato membro, il giudice del rinvio giunge alla conclusione che, a causa dell’effetto combinato delle riforme legislative realizzate nella Repubblica di Polonia dal 2015 riguardanti, segnatamente, il Trybunał Konstytucyjny Corte costituzionale , il Sąd Najwyższy Corte suprema , il Consiglio nazionale della magistratura, l’organizzazione dei giudici ordinari, la Scuola nazionale della magistratura e il pubblico ministero, in tale Stato membro è stato violato lo Stato di diritto. Il giudice del rinvio fonda tale conclusione sulla constatazione di mutamenti ritenuti particolarmente significativi, come – le modifiche del ruolo costituzionale di tutela dell’indipendenza della magistratura affidato al Consiglio nazionale della magistratura, abbinate alle nomine illegali al Trybunał Konstytucyjny Corte costituzionale da parte del governo polacco e al rifiuto di quest’ultimo di pubblicare determinate decisioni – il fatto che il ministro della Giustizia sia ormai il procuratore generale, che possa svolgere un ruolo attivo nell’azione penale e che rivesta un ruolo disciplinare nei confronti dei presidenti dei tribunali, la qual circostanza ha potenzialmente un effetto dissuasivo su tali presidenti, incidendo, conseguentemente, sull’amministrazione della giustizia – il fatto che il Sąd Najwyższy Corte suprema subisca le conseguenze di pensionamenti d’ufficio e delle nomine future, e che le nomine politiche saranno largamente preponderanti nella nuova composizione del Consiglio nazionale della magistratura, e – il fatto che l’integrità e l’efficacia del Trybunał Konstytucyjny Corte costituzionale siano state notevolmente perturbate in quanto non vi sono garanzie che le leggi in Polonia rispettino la Costituzione polacca, circostanza di per sé sufficiente a incidere sull’insieme del sistema della giustizia penale. 22 In tali circostanze, il giudice del rinvio considera che, in ragione dell’incompatibilità dei poteri ampi e incontrollati del sistema giudiziario nella Repubblica di Polonia con quelli concessi in uno Stato democratico retto dal principio dello Stato di diritto, esiste un rischio reale che l’interessato sia trattato arbitrariamente nel corso del processo a suo carico nello Stato membro emittente. Pertanto, la consegna dell’interessato comporterebbe una violazione dei suoi diritti sanciti all’articolo 6 della CEDU e dovrebbe, quindi, essere rifiutata, conformemente al diritto irlandese e all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, in combinato disposto con il considerando 10 di quest’ultima. 23 A tal riguardo, il giudice del rinvio rileva che, nella sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198 , la Corte ha statuito, nell’ambito di una consegna che avrebbe potuto comportare una violazione dell’articolo 3 della CEDU, che, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione accerti carenze sistemiche o generalizzate nelle tutele dello Stato membro emittente, tale autorità deve valutare, in modo concreto e preciso, se esistano motivi seri e comprovati per ritenere che la persona interessata corra un rischio reale di essere sottoposta a un trattamento inumano o degradante in tale Stato membro. In tale sentenza, la Corte avrebbe altresì stabilito una procedura in due fasi che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione dovrebbe applicare in siffatte circostanze. Tale autorità dovrebbe, anzitutto, accertare l’esistenza di carenze generalizzate o sistemiche nelle tutele offerte nello Stato membro emittente e, in seguito, chiedere all’autorità giudiziaria di quest’ultimo ogni informazione complementare necessaria in merito alle tutele del soggetto interessato. 24 Orbene, il giudice del rinvio si chiede se, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione abbia constatato che il valore comune dello Stato di diritto sancito all’articolo 2 TUE è stato violato dallo Stato membro emittente, e che tale violazione sistemica dello Stato di diritto costituisce, per sua natura, un difetto fondamentale del sistema giudiziario, sia ancora applicabile la necessità di valutare, in modo concreto e preciso, conformemente alla sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198 , l’esistenza di motivi seri e comprovati per ritenere che la persona interessata sia esposta a un rischio di violazione del suo diritto a un equo processo, come sancito all’articolo 6 della CEDU, oppure se, in tali circostanze, si possa facilmente ritenere che un’autorità emittente non potrebbe mai fornire alcuna specifica garanzia di un processo equo per tale persona, data la natura sistemica della violazione dello Stato di diritto, cosicché l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può essere tenuta ad accertare l’esistenza di siffatti motivi. 25 Alla luce di quanto precede, la High Court Alta Corte ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali 1 Se, nonostante le conclusioni cui è pervenuta la Corte di giustizia nella sentenza [del 5 aprile 2016,] Aranyosi e Căldăraru [ -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198 ], quando un giudice nazionale accerta l’esistenza di prove concludenti attestanti l’incompatibilità delle condizioni nello Stato membro emittente con il diritto fondamentale a un equo processo, poiché il sistema giudiziario stesso di detto Stato membro non opera più in un contesto di Stato di diritto, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sia tenuta a compiere ulteriori valutazioni, in modo concreto e preciso, in merito all’esposizione del singolo interessato al rischio di un processo iniquo nel caso in cui il suo processo si svolga all’interno di un sistema che non opera più in un contesto di Stato di diritto. 2 Se, qualora il criterio che deve essere applicato imponga una valutazione specifica del rischio concreto per la persona ricercata di essere esposta a un flagrante diniego di giustizia e il giudice nazionale abbia accertato la sussistenza di una violazione sistemica dello Stato di diritto, il giudice nazionale, quale autorità giudiziaria dell’esecuzione, sia tenuto a rivolgersi all’autorità giudiziaria emittente per ottenere qualsiasi ulteriore informazione necessaria che possa consentirgli di escludere la sussistenza del rischio di un processo iniquo e, in caso affermativo, quali garanzie sarebbero necessarie con riferimento a un processo equo . Sul procedimento d’urgenza 26 Il giudice del rinvio ha chiesto di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte. 27 A sostegno di tale domanda, il giudice del rinvio ha richiamato, in particolare, il fatto che l’interessato sia attualmente privato della libertà, in attesa della decisione sulla propria consegna alle autorità polacche, e che la risposta alle questioni sollevate sarà determinante per adottare una siffatta decisione. 28 A tale riguardo, occorre constatare, in primo luogo, che il presente rinvio pregiudiziale verte sull’interpretazione della decisione quadro 2002/584, la quale rientra nei settori di cui al titolo V della terza parte del Trattato FUE, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Di conseguenza, tale rinvio è idoneo a essere sottoposto al procedimento pregiudiziale d’urgenza. 29 In secondo luogo, quanto al criterio relativo all’urgenza, occorre, secondo giurisprudenza costante della Corte, prendere in considerazione la circostanza che l’interessato è attualmente privato della libertà e che il suo mantenimento in detenzione dipende dalla soluzione della controversia principale. Inoltre, la situazione dell’interessato dev’essere valutata quale si presenta alla data dell’esame della domanda diretta ad ottenere che al rinvio pregiudiziale sia applicato il procedimento d’urgenza sentenza del 10 agosto 2017, Zdziaszek, -271/17 PPU, EU C 2017 629, punto 72 e giurisprudenza citata . 30 Orbene, nella fattispecie, da un lato è pacifico che, a tale data, l’interessato si trovava in detenzione. Dall’altro, il suo mantenimento in detenzione dipende dall’esito del procedimento principale, dal momento che la misura detentiva cui è sottoposto è stata disposta, secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio, nel contesto dell’esecuzione dei MAE. 31 Alla luce di tali circostanze, in data 12 aprile 2018 la Prima Sezione della Corte ha deciso, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, di accogliere la richiesta del giudice del rinvio di trattare il presente rinvio pregiudiziale con procedimento d’urgenza. 32 È stato inoltre deciso di rinviare la causa dinanzi alla Corte affinché fosse attribuita alla Grande Sezione. Sulle questioni pregiudiziali 33 In limine, risulta dalla motivazione della decisione di rinvio e dal riferimento alla sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198 , che figura nel testo stesso della prima questione, che le questioni sollevate dal giudice del rinvio vertono sulle condizioni che consentono all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di astenersi, sul fondamento dell’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, dal dare corso a un mandato d’arresto europeo a causa del rischio di violazione, in caso di consegna del ricercato all’autorità giudiziaria emittente, del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice indipendente, come sancito all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, che, come risulta dal punto 5 della presente sentenza, corrisponde all’articolo 47, secondo comma, della Carta. 34 Pertanto, si deve ritenere che, con le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione chiamata a decidere sulla consegna di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esercizio dell’azione penale disponga di elementi, come quelli contenuti in una proposta motivata della Commissione, adottata a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, TUE, idonei a dimostrare l’esistenza di un rischio reale di violazione del diritto fondamentale a un processo equo garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, a causa di carenze sistemiche o generalizzate riguardanti l’indipendenza del potere giudiziario dello Stato membro emittente, detta autorità deve verificare, in modo concreto e preciso, se esistano motivi seri e comprovati per ritenere che l’interessato corra un rischio di tal genere in caso di consegna a quest’ultimo Stato. In caso di risposta positiva, il giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare le condizioni che una siffatta verifica deve soddisfare. 35 Per rispondere alle questioni sollevate, occorre rammentare che il diritto dell’Unione poggia sulla premessa fondamentale secondo cui ciascuno Stato membro condivide con tutti gli altri Stati membri, e riconosce che questi condividono con esso, una serie di valori comuni sui quali l’Unione si fonda, così come precisato all’articolo 2 TUE. Tale premessa implica e giustifica l’esistenza della fiducia reciproca tra gli Stati membri nel riconoscimento di tali valori e, dunque, nel rispetto del diritto dell’Unione che li attua sentenza del 6 marzo 2018, Achmea, -284/16, EU C 2018 158, punto 34 e giurisprudenza citata . 36 Tanto il principio della fiducia reciproca tra gli Stati membri quanto il principio del mutuo riconoscimento, che si fonda a sua volta sulla fiducia reciproca tra questi ultimi v., in tal senso, sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, -270/17 PPU, EU C 2017 628, punto 49 e giurisprudenza citata , rivestono un’importanza fondamentale nel diritto dell’Unione, dato che consentono la creazione e il mantenimento di uno spazio senza frontiere interne. Più specificamente, il principio della fiducia reciproca impone a ciascuno di tali Stati, segnatamente per quanto riguarda lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, di ritenere, tranne che in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, più in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo sentenza del 10 novembre 2016, Poltorak, -452/16 PPU, EU C 2016 858, punto 26 e giurisprudenza citata . 37 Quando attuano il diritto dell’Unione, gli Stati membri possono quindi essere tenuti, in forza di tale diritto, a presumere il rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri, con la conseguenza che risulta loro preclusa la possibilità non solo di esigere da un altro Stato membro un livello di tutela nazionale dei diritti fondamentali più elevato di quello garantito dal diritto dell’Unione, ma anche, salvo in casi eccezionali, di verificare se tale altro Stato membro abbia effettivamente rispettato, in un caso concreto, i diritti fondamentali garantiti dall’Unione [parere 2/13 Adesione dell’Unione alla CEDU , del 18 dicembre 2014, EU C 2014 2454, punto 192]. 38 Emerge dal considerando 6 della decisione quadro 2002/584 che il mandato d’arresto europeo di cui a tale decisione quadro costituisce la prima concretizzazione, nel settore del diritto penale, del principio di riconoscimento reciproco. 39 Come risulta, in particolare, dal suo articolo 1, paragrafi 1 e 2, nonché dai suoi considerando 5 e 7, la decisione quadro 2002/584 è intesa a sostituire il sistema multilaterale di estradizione fondato sulla convenzione europea di estradizione, del 13 dicembre 1957, con un sistema di consegna tra le autorità giudiziarie delle persone condannate o sospettate, ai fini dell’esecuzione di sentenze o dell’esercizio di azioni penali, sistema quest’ultimo che è basato sul principio del riconoscimento reciproco sentenza del 10 novembre 2016, Kovalkovas, -477/16 PPU, EU C 2016 861, punto 25 e giurisprudenza citata . 40 La decisione quadro 2002/584 è quindi diretta, mediante l’instaurazione di un nuovo sistema semplificato e più efficace di consegna delle persone condannate o sospettate di aver violato la legge penale, a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria allo scopo di contribuire a realizzare l’obiettivo assegnato all’Unione di diventare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia fondandosi sull’elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri sentenza del 10 novembre 2016, Poltorak, -452/16 PPU, EU C 2016 858, punto 25 e giurisprudenza citata . 41 Nel settore disciplinato dalla decisione quadro 2002/584, il principio di riconoscimento reciproco, che costituisce, come risulta in particolare dal considerando 6 della stessa, il fondamento della cooperazione giudiziaria in materia penale, trova applicazione all’articolo 1, paragrafo 2, di tale decisione quadro, che sancisce la regola secondo cui gli Stati membri sono tenuti a dare esecuzione a ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della medesima decisione quadro. Le autorità giudiziarie dell’esecuzione possono, dunque, in via di principio, rifiutare di eseguire un siffatto mandato solo per i motivi di non esecuzione tassativamente elencati dalla decisione quadro 2002/584 e possono subordinare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo esclusivamente a una delle condizioni tassativamente previste all’articolo 5 di tale decisione quadro. Di conseguenza, mentre l’esecuzione del mandato d’arresto europeo costituisce il principio, il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che deve essere oggetto di interpretazione restrittiva v., in tal senso, sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, -270/17 PPU, EU C 2017 628, punti 49 e 50 e giurisprudenza citata . 42 Così, la decisione quadro 2002/584 enuncia espressamente i motivi di non esecuzione obbligatoria articolo 3 e facoltativa articoli 4 e 4 bis del mandato d’arresto europeo, nonché le garanzie che lo Stato membro emittente deve fornire in casi particolari articolo 5 v. sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, -270/17 PPU, EU C 2017 628, punto 51 . 43 Cionondimeno, la Corte ha ammesso che limitazioni ai principi di riconoscimento e di fiducia reciproci tra Stati membri possano essere apportate in circostanze eccezionali v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 82 e giurisprudenza citata . 44 In tale contesto, la Corte ha riconosciuto, a determinate condizioni, la facoltà per l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di porre fine alla procedura di consegna istituita dalla decisione quadro 2002/584 qualora una siffatta consegna rischi di comportare un trattamento inumano o degradante del ricercato, ai sensi dell’articolo 4 della Carta v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 104 . 45 A tal fine, la Corte si è fondata, da un lato, sull’articolo 1, paragrafo 3, di tale decisione quadro, che prevede che quest’ultima non può comportare la modifica dell’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti agli articoli 2 e 6 TUE e, dall’altro, sul carattere assoluto del diritto fondamentale garantito dall’articolo 4 della Carta v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punti 83 e 85 . 46 Nel caso di specie, basandosi sulla proposta motivata e sui documenti a cui questa si riferisce, l’interessato si è opposto alla propria consegna alle autorità giudiziarie polacche, facendo valere, in particolare, che una siffatta consegna lo esporrebbe a un rischio reale di flagrante diniego di giustizia a causa della carenza di indipendenza dei giudici dello Stato membro emittente derivante dall’attuazione delle recenti riforme legislative del sistema giudiziario in tale Stato membro. 47 Pertanto, occorre anzitutto verificare se, al pari di un rischio reale di violazione dell’articolo 4 della Carta, un rischio reale di violazione del diritto fondamentale dell’interessato a un giudice indipendente e, quindi, del suo diritto fondamentale a un equo processo, come enunciato all’articolo 47, secondo comma, della Carta, consenta all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di astenersi, a titolo eccezionale, dal dare seguito a un mandato d’arresto europeo, in base all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584. 48 A tal riguardo, si deve sottolineare che il requisito dell’indipendenza dei giudici attiene al contenuto essenziale del diritto fondamentale a un equo processo, che riveste importanza cardinale quale garanzia della tutela dell’insieme dei diritti derivanti al singolo dal diritto dell’Unione e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati membri enunciati all’articolo 2 TUE, segnatamente, del valore dello Stato di diritto. 49 L’Unione è, infatti, un’Unione di diritto in cui i singoli hanno il diritto di contestare in sede giurisdizionale la legittimità di ogni decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione di un atto dell’Unione nei loro confronti sentenza del 27 febbraio 2018, AssociaÇ ão Sindical dos Juízes Portugueses, -64/16, EU C 2018 117, punto 31 e giurisprudenza citata . 50 Conformemente all’articolo 19 TUE, che concretizza il valore dello Stato di diritto affermato all’articolo 2 TUE, compete ai giudici nazionali e alla Corte garantire la piena applicazione del diritto dell’Unione in tutti gli Stati membri nonché la tutela giurisdizionale dei diritti spettanti ai soggetti dell’ordinamento in forza di detto diritto v., in tal senso, sentenze del 27 febbraio 2018, AssociaÇ ão Sindical dos Juízes Portugueses, -64/16, EU C 2018 117, punto 32 e giurisprudenza citata, nonché del 6 marzo 2018, Achmea, -284/16, EU C 2018 158, punto 36 e giurisprudenza citata . 51 L’esistenza stessa di un controllo giurisdizionale effettivo destinato ad assicurare il rispetto del diritto dell’Unione è intrinseca ad uno Stato di diritto sentenza del 27 febbraio 2018, AssociaÇ ão Sindical dos Juízes Portugueses, -64/16, EU C 2018 117, punto 36 e giurisprudenza citata . 52 Ne consegue che ogni Stato membro deve garantire che gli organi rientranti, in quanto giurisdizione , nel senso definito dal diritto dell’Unione, nel suo sistema di rimedi giurisdizionali nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione soddisfino i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva sentenza del 27 febbraio 2018, AssociaÇ ão Sindical dos Juízes Portugueses, -64/16, EU C 2018 117, punto 37 . 53 Orbene, affinché sia garantita tale tutela, è di primaria importanza preservare l’indipendenza di detti organi, come confermato dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, che menziona l’accesso a un giudice indipendente tra i requisiti connessi al diritto fondamentale a un ricorso effettivo sentenza del 27 febbraio 2018, AssociaÇ ão Sindical dos Juízes Portugueses, -64/16, EU C 2018 117, punto 41 . 54 L’indipendenza dei giudici nazionali è essenziale, in particolare, per il buon funzionamento del sistema di cooperazione giudiziaria costituito dal meccanismo del rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 267 TFUE, in quanto, conformemente alla costante giurisprudenza della Corte, tale meccanismo può essere attivato unicamente da un organo, incaricato di applicare il diritto dell’Unione, che soddisfi, segnatamente, tale criterio di indipendenza sentenza del 27 febbraio 2018, AssociaÇ ão Sindical dos Juízes Portugueses, -64/16, EU C 2018 117, punto 43 . 55 Nei limiti in cui, come rilevato al punto 40 della presente sentenza, la decisione quadro 2002/584 è volta a instaurare un sistema semplificato di consegna tra autorità giudiziarie per assicurare la libera circolazione delle decisioni giudiziarie in materia penale nello spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, la salvaguardia dell’indipendenza di tali autorità è essenziale anche nell’ambito del meccanismo del mandato d’arresto europeo. 56 La decisione quadro 2002/584 si basa infatti sul principio secondo cui le decisioni in materia di mandato d’arresto europeo beneficiano di tutte le garanzie proprie delle decisioni giudiziarie, in particolare di quelle risultanti dai diritti fondamentali e dai principi giuridici fondamentali di cui all’articolo 1, paragrafo 3, di detta decisione quadro. Ciò comporta che non soltanto la decisione relativa all’esecuzione del mandato d’arresto europeo ma anche quella concernente l’emissione di un siffatto mandato siano adottate da un’autorità giudiziaria che soddisfi i requisiti inerenti a una tutela giurisdizionale effettiva – tra cui la garanzia di indipendenza – in modo che l’intera procedura di consegna tra Stati membri prevista dalla decisione quadro 2002/584 sia esercitata sotto controllo giudiziario v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2016, Kovalkovas, -477/16 PPU, EU C 2016 861, punto 37 e giurisprudenza citata . 57 Per di più, occorre osservare che, nell’ambito dell’esercizio dell’azione penale o dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza privative della libertà, o ancora nel contesto del procedimento penale di merito, i quali non rientrano nell’ambito di applicazione della decisione quadro 2002/584 e del diritto dell’Unione, gli Stati membri restano soggetti all’obbligo di rispettare i diritti fondamentali sanciti dalla CEDU o dal loro diritto nazionale, compresi il diritto a un equo processo e le garanzie che ne derivano v., in tal senso, sentenza del 30 maggio 2013, F, -168/13 PPU, EU C 2013 358, punto 48 . 58 L’alto grado di fiducia tra gli Stati membri su cui poggia il meccanismo del mandato d’arresto europeo si fonda, dunque, sulla premessa secondo cui i giudici penali degli altri Stati membri, che, a seguito dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, dovranno esercitare l’azione penale o condurre il procedimento di esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, nonché il procedimento penale di merito, soddisfano i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva, tra cui figurano, segnatamente, l’indipendenza e l’imparzialità di detti giudici. 59 Occorre, quindi, considerare che l’esistenza di un rischio reale che la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo subisca, in caso di consegna all’autorità giudiziaria emittente, una violazione del suo diritto fondamentale a un giudice indipendente e, pertanto, del contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo, garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, autorizza l’autorità giudiziaria dell’esecuzione ad astenersi, a titolo eccezionale, dal dare seguito a tale mandato d’arresto europeo, in base all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584. 60 Pertanto, qualora, come nel procedimento principale, la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo faccia valere, per opporsi alla propria consegna all’autorità giudiziaria emittente, l’esistenza di carenze sistemiche o, quanto meno, generalizzate che, a suo avviso, sono idonee a incidere sull’indipendenza del potere giudiziario nello Stato membro emittente e a pregiudicare così il contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione è tenuta a valutare, quando deve decidere in merito alla consegna dell’interessato alle autorità di detto Stato membro, l’esistenza di un rischio reale che egli subisca una violazione di tale diritto fondamentale v., per analogia, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 88 . 61 A tal fine, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, in una prima fase, deve valutare, in base a elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati riguardanti il funzionamento del sistema giudiziario nello Stato membro emittente v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi et Căldăraru, -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 89 , l’esistenza di un rischio reale di violazione del diritto fondamentale a un equo processo, connesso a una mancanza di indipendenza dei giudici di detto Stato membro, a causa di carenze sistemiche o generalizzate in quest’ultimo Stato. Le informazioni contenute in una proposta motivata recentemente rivolta dalla Commissione al Consiglio in base all’articolo 7, paragrafo 1, TUE costituiscono elementi di particolare rilevanza ai fini di tale valutazione. 62 Una siffatta valutazione deve essere effettuata tenendo conto del livello di tutela del diritto fondamentale garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta v., per analogia, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 88 e giurisprudenza citata . 63 A tal riguardo, quanto al requisito d’indipendenza dei giudici, che attiene al contenuto essenziale di tale diritto, si deve rammentare che tale requisito è intrinseco alla funzione giurisdizionale e implica due aspetti. Il primo aspetto, di carattere esterno, presuppone che l’organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo gerarchico o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, con la conseguenza di essere quindi tutelato dagli interventi o dalle pressioni esterne idonei a compromettere l’indipendenza del giudizio dei suoi membri e a influenzare le loro decisioni v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2018, AssociaÇ ão Sindical dos Juízes Portugueses, -64/16, EU C 2018 117, punto 44 e giurisprudenza citata . 64 Tale indispensabile libertà da siffatti elementi esterni richiede talune garanzie idonee a tutelare le persone che svolgono la funzione giurisdizionale, come l’inamovibilità sentenza del 19 settembre 2006, Wilson, -506/04, EU C 2006 587, punto 51 e giurisprudenza citata . Il fatto che queste ultime percepiscano una retribuzione di livello adeguato all’importanza delle funzioni che esercitano costituisce parimenti una garanzia inerente all’indipendenza dei giudici sentenza del 27 febbraio 2018, AssociaÇ ão Sindical dos Juízes Portugueses, -64/16, EU C 2018 117, punto 45 . 65 Il secondo aspetto, di carattere interno, si ricollega alla nozione di imparzialità e riguarda l’equidistanza dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi riguardo all’oggetto di quest’ultima. Tale aspetto richiede il rispetto dell’oggettività e l’assenza di qualsiasi interesse nella soluzione della controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica sentenza del 19 settembre 2006, Wilson, -506/04, EU C 2006 587, punto 52 e giurisprudenza citata . 66 Tali garanzie di indipendenza e di imparzialità presuppongono l’esistenza di regole, relative in particolare alla composizione dell’organo, alla nomina, alla durata delle funzioni nonché alle cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo rispetto a elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti. Per considerare soddisfatta la condizione relativa all’indipendenza dell’organo interessato, la giurisprudenza esige, in particolare, che i casi di revoca dei membri di tale organo siano determinati da espresse disposizioni di legge sentenza del 9 ottobre 2014, TDC, -222/13, EU C 2014 2265, punto 32 e giurisprudenza citata . 67 Il requisito di indipendenza richiede inoltre che il regime disciplinare di coloro che hanno una funzione giurisdizionale presenti le garanzie necessarie per evitare qualsiasi rischio di utilizzo di un siffatto regime come sistema di controllo politico del contenuto delle decisioni giudiziarie. A tal riguardo, l’emanazione di norme che definiscono, segnatamente, sia i comportamenti che integrano illeciti disciplinari sia le sanzioni concretamente applicabili, che prevedono l’intervento di un organo indipendente conformemente a una procedura che garantisca appieno i diritti consacrati agli articoli 47 e 48 della Carta, in particolare i diritti della difesa, e che sanciscono la possibilità di contestare in sede giurisdizionale le decisioni degli organi disciplinari costituisce un insieme di garanzie essenziali ai fini della salvaguardia dell’indipendenza del potere giudiziario. 68 Se, alla luce dei requisiti richiamati ai punti da 62 a 67 della presente sentenza, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione accerta che esiste, nello Stato membro emittente, un rischio reale di violazione del contenuto essenziale del diritto fondamentale a un equo processo a causa di carenze sistemiche o generalizzate riguardanti il potere giudiziario di tale Stato membro, tali da compromettere l’indipendenza dei giudici di detto Stato, tale autorità deve, in un secondo momento, valutare, in modo concreto e preciso, se, nelle circostanze del caso di specie, esistano motivi seri e comprovati per ritenere che, in seguito alla sua consegna allo Stato membro emittente, il ricercato corra tale rischio v., per analogia, nell’ambito dell’articolo 4 della Carta, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punti 92 e 94 . 69 Tale valutazione concreta è altresì necessaria quando, come nel caso di specie, da un lato, lo Stato membro emittente è stato oggetto di una proposta motivata della Commissione, adottata ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, TUE, diretta ad ottenere che il Consiglio constati l’esistenza di un evidente rischio di violazione grave da parte di detto Stato membro dei valori di cui all’articolo 2 TUE, quali quello dello Stato di diritto, a causa, in particolare, di attentati all’indipendenza dei giudici nazionali e, dall’altro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione ritiene, in particolare sulla base di una siffatta proposta, di disporre di elementi idonei a dimostrare l’esistenza di carenze sistemiche, in relazione a tali valori, sul piano del potere giudiziario di tale Stato membro. 70 Emerge infatti dal considerando 10 della decisione quadro 2002/584 che l’attuazione del meccanismo del mandato d’arresto europeo può essere sospesa solo in caso di grave e persistente violazione da parte di uno Stato membro dei principi sanciti all’articolo 2 TUE, constatata dal Consiglio europeo in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 2, TUE, con le conseguenze previste al paragrafo 3 dello stesso articolo. 71 Risulta, dunque, dalla formulazione stessa di detto considerando che spetta al Consiglio europeo constatare una violazione, nello Stato membro emittente, dei principi sanciti all’articolo 2 TUE, tra cui quello dello Stato di diritto, ai fini della sospensione, nei confronti dello Stato membro, dell’applicazione del meccanismo del mandato d’arresto europeo. 72 Pertanto, soltanto in presenza di una decisione del Consiglio europeo che constati, alle condizioni di cui all’articolo 7, paragrafo 2, TUE, una violazione grave e persistente nello Stato membro emittente dei principi sanciti all’articolo 2 TUE, come quelli inerenti allo Stato di diritto, seguita dalla sospensione da parte del Consiglio dell’applicazione della decisione quadro 2002/584 nei confronti di tale Stato membro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sarebbe tenuta a rifiutare automaticamente l’esecuzione di ogni mandato d’arresto europeo emesso da detto Stato membro, senza dover svolgere alcuna valutazione concreta del rischio reale, corso dall’interessato, di lesione del contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo. 73 Pertanto, fintantoché una siffatta decisione non sia adottata dal Consiglio europeo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può astenersi, sulla base dell’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, dal dare seguito a un mandato d’arresto europeo emesso da uno Stato membro che sia stato oggetto di una proposta motivata a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, TUE, soltanto in circostanze eccezionali in cui detta autorità accerti, in esito una valutazione concreta e precisa del caso di specie, che vi sono motivi seri e comprovati per ritenere che la persona oggetto di tale mandato d’arresto europeo corra, a seguito della sua consegna all’autorità giudiziaria emittente, un rischio reale di violazione del suo diritto fondamentale a un giudice indipendente e, pertanto, del contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo. 74 Nell’ambito di una tale valutazione, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve, segnatamente, esaminare in quale misura le carenze sistemiche o generalizzate riguardanti l’indipendenza dei giudici dello Stato membro emittente, attestate dagli elementi a sua disposizione, siano idonee ad avere un impatto a livello dei giudici di tale Stato membro competenti a conoscere dei procedimenti cui sarà sottoposto il ricercato. 75 Se da tale esame risulta che dette carenze sono idonee a incidere su tali giudici, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve ancora valutare, alla luce delle specifiche preoccupazioni espresse dalla persona interessata e delle informazioni eventualmente fornite da quest’ultima, se esistano motivi seri e comprovati per ritenere che detta persona corra un rischio reale di violazione del suo diritto fondamentale a un giudice indipendente e, pertanto, del contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo, tenuto conto della sua situazione personale nonché della natura del reato per cui è perseguita e delle circostanze di fatto poste alla base del mandato d’arresto europeo. 76 Inoltre, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve chiedere all’autorità giudiziaria emittente, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, ogni informazione complementare che reputi necessaria per la valutazione dell’esistenza di un siffatto rischio. 77 Nell’ambito di un tale dialogo tra l’autorità giudiziaria dell’esecuzione e l’autorità giudiziaria emittente, quest’ultima può, se del caso, fornire all’autorità giudiziaria dell’esecuzione qualsiasi elemento oggettivo, in merito alle eventuali modifiche riguardanti le condizioni di tutela nello Stato membro emittente della garanzia di indipendenza giudiziaria, che sia idoneo ad escludere l’esistenza di tale rischio per la persona interessata. 78 Nel caso in cui le informazioni che l’autorità giudiziaria emittente, dopo avere richiesto, ove necessario, l’assistenza dell’autorità centrale o di una delle autorità centrali dello Stato membro emittente, ai sensi dell’articolo 7 della decisione quadro 2002/584 v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, -404/15 e -659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 97 , ha comunicato all’autorità giudiziaria dell’esecuzione non inducano quest’ultima a escludere l’esistenza di un rischio reale che la persona interessata subisca, in detto Stato membro, una violazione del suo diritto fondamentale a un giudice indipendente e, quindi, del contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve astenersi dal dare seguito al mandato d’arresto europeo di cui è oggetto tale persona. 79 Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, chiamata a decidere sulla consegna di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esercizio di un’azione penale, disponga di elementi, come quelli contenuti in una proposta motivata della Commissione adottata a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, TUE, idonei a dimostrare l’esistenza di un rischio reale di violazione del diritto fondamentale a un equo processo garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, a causa di carenze sistemiche o generalizzate riguardanti l’indipendenza del potere giudiziario dello Stato membro emittente, detta autorità deve verificare in modo concreto e preciso se, alla luce della situazione personale di tale persona, nonché della natura del reato per cui è perseguita e delle circostanze di fatto poste alla base del mandato d’arresto europeo, e tenuto conto delle informazioni fornite dallo Stato membro emittente, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, di tale decisione quadro, vi siano motivi seri e comprovati di ritenere che, in caso di consegna a quest’ultimo Stato, detta persona corra un siffatto rischio. Sulle spese 80 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte Grande Sezione dichiara L’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, deve essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, chiamata a decidere sulla consegna di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esercizio di un’azione penale, disponga di elementi, come quelli contenuti in una proposta motivata della Commissione europea, adottata a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, TUE, idonei a dimostrare l’esistenza di un rischio reale di violazione del diritto fondamentale a un equo processo garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, a causa di carenze sistemiche o generalizzate riguardanti l’indipendenza del potere giudiziario dello Stato membro emittente, detta autorità deve verificare in modo concreto e preciso se, alla luce della situazione personale di tale persona, nonché della natura del reato per cui è perseguita e delle circostanze di fatto poste alla base del mandato d’arresto europeo, e tenuto conto delle informazioni fornite dallo Stato membro emittente, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, come modificata, vi siano motivi seri e comprovati di ritenere che, in caso di consegna a quest’ultimo Stato, detta persona corra un siffatto rischio. * Fonte curia.eu

Corte di Giustizia, Sezione Quinta, sentenza 25 luglio 2018, causa C-268/17 * Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 2, dell’articolo 3, punto 2, e dell’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri GU 2002, L 190, pag. 1 , come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 GU 2009, L 81, pag. 24 in prosieguo la decisione quadro 2002/584 . 2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento riguardante l’emissione di un mandato d’arresto europeo in prosieguo il MAE nei confronti di AY, cittadino ungherese, da parte dello Županijski sud u Zagrebu Tribunale di comitato di Zagabria, Croazia . Contesto normativo 3 L’articolo 1 della decisione quadro 2002/584 prevede quanto segue 1. Il [MAE] è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà. 2. Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni [MAE] in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro. 3. L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea non può essere modificata per effetto della presente decisione quadro . 4 L’articolo 2 di tale decisione quadro, intitolato Campo d’applicazione del [MAE] , ai suoi paragrafi 1 e 2, così dispone 1. Il [MAE] può essere emesso per dei fatti puniti dalle leggi dello Stato membro emittente con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privative della libertà della durata massima non inferiore a dodici mesi oppure, se è stata disposta la condanna a una pena o è stata inflitta una misura di sicurezza, per condanne pronunciate di durata non inferiore a quattro mesi. 2. Danno luogo a consegna in base al [MAE], alle condizioni stabilite dalla presente decisione quadro e indipendentemente dalla doppia incriminazione per il reato, i reati seguenti, quali definiti dalla legge dello Stato membro emittente, se in detto Stato membro il massimo della pena o della misura di sicurezza privative della libertà per tali reati è pari o superiore a tre anni – corruzione, . 5 L’articolo 3 di detta decisione quadro, intitolato Motivi di non esecuzione obbligatoria del [MAE] , prevede quanto segue L’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione in prosieguo autorità giudiziaria dell’esecuzione” rifiuta di eseguire il [MAE] nei casi seguenti 2 se in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro della condanna . 6 L’articolo 4 della decisione quadro 2002/584, intitolato Motivi di non esecuzione facoltativa del [MAE] , così dispone L’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il [MAE] 3 se le autorità giudiziarie dello Stato membro dell’esecuzione hanno deciso di non esercitare l’azione penale per il reato oggetto del [MAE] oppure di porvi fine, o se la persona ricercata ha formato oggetto in uno Stato membro di una sentenza definitiva per gli stessi fatti che osta all’esercizio di ulteriori azioni . Procedimento principale e questioni pregiudiziali 7 AY, cittadino ungherese e presidente del consiglio di amministrazione di una società ungherese, è stato rinviato a giudizio in Croazia il 31 marzo 2014 per corruzione attiva. Secondo l’imputazione dell’Ured za suzbijanje korupcije i organiziranog kriminaliteta ufficio per la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, Croazia gli è contestato di avere fatto illegittimamente versare una significativa somma di denaro a un alto funzionario politico croato per ottenere in cambio la conclusione di un contratto. 8 Le indagini preliminari a carico di AY sono state avviate, in Croazia, il 10 giugno 2011. Al momento dell’adozione della decisione di avvio di tali indagini, è stato chiesto alla competente autorità ungherese di fornire un’assistenza giuridica internazionale interrogando AY in qualità di indagato e consegnandogli un invito a comparire. 9 Le autorità croate hanno più volte reiterato tale richiesta mediante commissione rogatoria. Tuttavia, l’Ungheria non vi ha dato seguito sulla base del rilievo che la sua esecuzione avrebbe pregiudicato gli interessi nazionali ungheresi. Di conseguenza, le indagini preliminari croate sono state sospese nel mese di dicembre 2012. 10 Ciò nondimeno, sulla base dei dati comunicati dalle autorità croate, il procuratore generale dell’Ungheria ha avviato, il 14 luglio 2011, indagini preliminari fondate sull’esistenza di ragionevoli motivi per sospettare che fosse stato commesso un reato consistente in fatti di corruzione attiva in ambito internazionale, previsto dal codice penale ungherese. Il giudice del rinvio indica che tali indagini sono state chiuse, con decisione dell’ufficio centrale delle indagini preliminari ungherese del 20 gennaio 2012, poiché gli atti commessi non costituivano reato ai sensi del diritto ungherese. 11 Dette indagini preliminari non sono state avviate nei confronti di AY in qualità di indagato, bensì unicamente in relazione al reato a carico di ignoti. In tale contesto, AY è stato sentito soltanto in qualità di testimone. Inoltre, non è stato sentito l’alto funzionario politico croato a cui era stata versata la somma di denaro. 12 Il 1° ottobre 2013, dopo l’adesione della Repubblica di Croazia all’Unione europea e prima dell’avvio di indagini preliminari in Croazia, l’ufficio per la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata ha emesso un MAE nei confronti di AY. 13 L’esecuzione di tale MAE è stata negata con decisione della Fővárosi Törvényszék Corte della capitale, Ungheria , del 7 ottobre 2013, sulla base del rilievo che le informazioni disponibili consentivano di stabilire che era già stato intentato un procedimento penale in Ungheria in base ai medesimi fatti su cui si fondava il MAE e che detto procedimento si era concluso. 14 Dopo il rifiuto di esecuzione del MAE, AY è stato localizzato in Germania e in Austria, ma tali due Stati membri hanno dichiarato di aver deciso di non dare seguito all’avviso di ricerca internazionale emesso tramite l’Interpol, poiché la sua esecuzione era idonea a integrare una violazione del principio del ne bis in idem. Successivamente, il segretariato dell’Interpol ha deciso di cancellare l’avviso di ricerca internazionale spiccato contro AY e di negare alla Repubblica di Croazia l’utilizzo dei canali dell’Interpol a motivo dell’esistenza di un rischio di violazione del principio del ne bis in idem e per le ragioni di sicurezza internazionale dedotte dall’Ungheria. 15 Dopo il rinvio a giudizio di AY in Croazia, è stato emesso un nuovo MAE il 15 dicembre 2015, questa volta dalla sezione competente per i MAE del giudice del rinvio, che non è stato tuttavia eseguito dall’Ungheria. 16 Il 27 gennaio 2017 il giudice del rinvio ha nuovamente comunicato tale MAE alla competente autorità ungherese. Al riguardo tale giudice ha precisato che, dato che era stato già avviato davanti al medesimo un procedimento penale a carico di AY e che il MAE era stato inizialmente emesso dal pubblico ministero nella fase precedente all’apertura di tale procedimento, le circostanze nello Stato membro emittente erano mutate. 17 Dal momento che, dopo l’invio di tale secondo MAE, erano trascorsi 60 giorni senza risposta, il giudice del rinvio si è rivolto al membro croato di Eurojust. Tale giudice ha indicato che, dopo essere intervenuto, tale membro gli ha trasmesso il parere della competente autorità ungherese, in cui era precisato che quest’ultima riteneva di non essere obbligata a dare seguito al MAE emesso, sul quale si era già pronunciata durante la fase istruttoria del procedimento penale in Croazia. Pertanto, essa non sarebbe stata nemmeno vincolata dai termini per l’esame previsti nella decisione quadro 2002/584. Veniva inoltre indicato che in Ungheria non esistevano rimedi giuridici che autorizzavano l’arresto di AY o l’avvio di una nuova procedura di esecuzione del secondo MAE emesso in Croazia il 15 dicembre 2015. Un identico parere della competente autorità giudiziaria ungherese è stato trasmesso al giudice del rinvio il 4 aprile 2017. 18 In tali circostanze, il giudice del rinvio, da un lato, solleva dubbi in merito all’interpretazione dei motivi di non esecuzione di cui all’articolo 3, punto 2, e all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584. Tale giudice considera, infatti, che è la persona ricercata a formare l’oggetto del MAE, con la conseguenza che una decisione, invocata quale motivo di non esecuzione del MAE, deve riferirsi alla persona ricercata nella sua veste di indagato o di imputato. Qualora la persona ricercata sia stata sentita quale testimone nel corso del procedimento all’origine di tale decisione, quest’ultima non può costituire il fondamento di un rifiuto dell’esecuzione del MAE. Di conseguenza, la decisione di chiusura delle indagini preliminari in Ungheria, le quali non erano dirette nei confronti di AY, non potrebbe giustificare un rifiuto di consegna. 19 Dall’altro lato, detto giudice ritiene necessario adire la Corte per conoscere quali siano gli obblighi dello Stato membro dell’esecuzione, qualora un MAE sia stato emesso più volte da diverse autorità competenti, nel corso di fasi antecedenti e successive all’avvio di un procedimento penale. 20 Pertanto, lo Županijski sud u Zagrebu Tribunale di comitato di Zagabria, Croazia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali 1 Se l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro [2002/584] debba essere interpretato nel senso che il fatto di non avviare un’azione penale per il reato oggetto di un [MAE] o di porvi fine si riferisca unicamente al reato che formi oggetto del [MAE] ovvero se tale disposizione debba essere intesa nel senso che la rinuncia all’azione penale o il ritiro delle accuse debba altresì riguardare la persona ricercata in qualità di indagato/imputato nell’ambito dell’azione penale medesima. 2 Se uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 4, punto 3, della decisione quadro [2002/584], possa negare di dare esecuzione ad un [MAE] emesso, qualora l’autorità giudiziaria di un altro Stato membro abbia deciso, vuoi di non avviare un’azione penale per il reato oggetto del [MAE], vuoi di porvi fine, nel caso in cui, nell’ambito di tale azione penale, la persona ricercata sia interessata in veste di testimone e non in veste di indagato/imputato. 3 Se la decisione di porre fine ad un’istruttoria nell’ambito della quale la persona ricercata non possedesse lo status di indagato, essendo stata sentita in qualità di testimone, costituisca, per l’altro Stato membro, un motivo per non dar seguito al [MAE] emesso, conformemente all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro [2002/584]. 4 Quale sia il collegamento tra il motivo obbligatorio di diniego di consegna di cui all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro nel caso in cui in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro [ ]” e il motivo facoltativo di rifiuto di consegna previsto all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro nel caso in cui la persona ricercata ha formato oggetto in uno Stato membro di una sentenza definitiva per gli stessi fatti che osta all’esercizio di ulteriori azioni. 5 Se l’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro [2002/584] debba essere interpretato nel senso che lo Stato di esecuzione è tenuto ad adottare una decisione in merito ad ogni [MAE] che gli venga trasmesso, e ciò anche qualora esso abbia già statuito su un precedente [MAE] emesso dall’altra autorità giudiziaria contro la stessa persona ricercata nell’ambito dello stesso procedimento penale e qualora il nuovo [MAE] venga emesso a seguito di un mutamento di circostanze nello Stato di emissione del [MAE] decisione di rinvio a giudizio – avvio del procedimento penale, criterio più rigoroso in materia di indizi della commissione del reato, nuova autorità giudiziaria/nuovo giudice competente . Procedimento dinanzi alla Corte 21 Il giudice del rinvio ha chiesto di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte. A sostegno della sua domanda, tale giudice ha precisato, segnatamente, che la persona ricercata potrebbe essere arrestata e che è stata pronunciata una misura di custodia cautelare nei suoi confronti. 22 In data 1° giugno 2017, la Quinta Sezione, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, ha deciso di non accogliere tale domanda. Tuttavia, in considerazione delle circostanze della causa principale, il presidente della Corte, con decisione del 9 giugno 2017, ha disposto che la causa venga decisa in via prioritaria ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura. Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale 23 AY contesta la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale sulla base del rilievo che le risposte alle questioni sollevate non sarebbero rilevanti ai fini del procedimento contumaciale diretto nei suoi confronti in Croazia. Oggetto delle questioni è l’interrogativo se altri Stati membri fossero e siano tenuti a eseguire il primo e il secondo MAE emesso a suo carico. Orbene, non sarebbe necessario che siano definite tali questioni affinché il giudice del rinvio possa pronunciare la sua decisione sull’imputazione. 24 Occorre rammentare, a tale riguardo, che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della cooperazione tra quest’ultima e i giudici nazionali istituita all’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, investito della controversia e tenuto ad assumere la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire sentenza del 12 ottobre 2017, Sleutjes, -278/16, EU C 2017 757, punto 21 e giurisprudenza citata . 25 Da ciò consegue che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione proposte dal giudice nazionale nell’ambito del contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto da parte della Corte di una domanda presentata da un giudice nazionale è possibile soltanto se appare in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte sentenza del 12 ottobre 2017, Sleutjes, -278/16, EU C 2017 757, punto 22 e giurisprudenza citata . 26 Nel caso di specie, dal fascicolo di causa presentato alla Corte non emerge in maniera evidente che la situazione in oggetto corrisponde a una di queste ipotesi. Infatti, dinanzi al giudice del rinvio sono attualmente pendenti due distinti procedimenti riguardanti AY, vale a dire un procedimento penale in contumacia dinanzi alla camera di deliberazione di tale giudice e un procedimento riguardante l’emissione di un MAE davanti alla camera competente in materia. Orbene, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale s’inserisce nell’ambito di quest’ultimo procedimento. 27 A tal riguardo, il giudice del rinvio precisa di adire la Corte al fine di adottare, in base alle risposte fornite alle questioni sollevate, una decisione di revoca del MAE emesso nei confronti di AY. Pertanto, non è possibile sostenere che le questioni proposte non hanno alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento pendente dinanzi al giudice del rinvio né che il problema è di natura ipotetica. 28 In ogni caso, la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale non è messa in questione dalla circostanza che le questioni sollevate vertono sugli obblighi dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione, mentre il giudice del rinvio è l’autorità giudiziaria di emissione del MAE. Invero, l’emissione di un MAE ha quale conseguenza il possibile arresto della persona ricercata e, pertanto, pregiudica la libertà personale di quest’ultima. Orbene, la Corte ha dichiarato che, nel caso di una procedura riguardante un MAE, la garanzia dei diritti fondamentali spetta, in primo luogo, allo Stato membro emittente sentenza del 23 gennaio 2018, Piotrowski, -367/16, EU C 2018 27, punto 50 . 29 Pertanto, per assicurare la tutela di tali diritti – la quale può condurre un’autorità giudiziaria ad adottare una decisione di revoca del MAE che ha emesso – occorre che una siffatta autorità disponga della facoltà di adire la Corte in via pregiudiziale. 30 Si deve, dunque, rilevare che, nel procedimento principale, il mantenimento in vigore del MAE di cui trattasi o l’adozione di una decisione di revoca dello stesso dipende dalla questione se la decisione quadro 2002/584 debba essere interpretata nel senso che l’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione possa o, eventualmente, debba, in circostanze come quelle di cui al caso di specie, non adottare alcuna decisione rispetto al MAE che le sia stato trasmesso o rifiutarne l’esecuzione. 31 Di conseguenza, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile. Sulle questioni pregiudiziali Sulla quinta questione 32 Con la sua quinta questione, che è opportuno esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione sia tenuta ad adottare una decisione rispetto a ogni MAE trasmessole, anche nel caso in cui, in tale Stato membro, sia stato già statuito su un precedente MAE riguardante la stessa persona e vertente sui medesimi fatti e in cui, tuttavia, il secondo MAE sia stato emesso soltanto in ragione del rinvio a giudizio, nello Stato membro emittente, della persona ricercata. 33 Come emerge dalla formulazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, gli Stati membri sono obbligati a eseguire ogni MAE, in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della decisione quadro. Salvo circostanze eccezionali, le autorità giudiziarie dell’esecuzione possono dunque rifiutarsi di eseguire un siffatto mandato solo nei casi, esclusivamente elencati, di non esecuzione previsti da tale decisione quadro e possono subordinare l’esecuzione del MAE esclusivamente a una delle condizioni da essa tassativamente previste. Detta decisione quadro enuncia, dunque, espressamente i motivi di non esecuzione obbligatoria articolo 3 e facoltativa articoli 4 e 4 bis del MAE v. sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, -270/17 PPU, EU C 2017 628, punti 50 e 51 . 34 In tale contesto, l’articolo 15, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584 prevede che [l]’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide la consegna della persona nei termini e alle condizioni stabilite dalla presente decisione quadro . Inoltre, l’articolo 17, paragrafi 1 e 6, della decisione quadro dispone che [u]n [MAE] deve essere trattato ed eseguito con la massima urgenza e che [q]ualsiasi rifiuto di eseguire un [siffatto mandato] deve essere motivato . Ancora, l’articolo 22 della decisione quadro enuncia che [l]’autorità giudiziaria dell’esecuzione notifica immediatamente all’autorità giudiziaria emittente la decisione riguardante il seguito dato al [MAE] . 35 Di conseguenza, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 38 delle sue conclusioni, un’autorità giudiziaria dell’esecuzione che non si pronuncia in seguito all’emissione di un MAE e non trasmette quindi alcuna decisione all’autorità giudiziaria di emissione dello stesso viene meno agli obblighi che le incombono in forza di dette disposizioni della decisione quadro 2002/584. 36 Pertanto, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione è tenuta ad adottare una decisione rispetto a ogni MAE trasmessole, anche nel caso in cui, in tale Stato membro, sia stato già statuito su un precedente MAE riguardante la stessa persona e vertente sui medesimi fatti e in cui, tuttavia, il secondo MAE sia stato emesso soltanto in ragione del rinvio a giudizio, nello Stato membro emittente, della persona ricercata. Sulle questioni dalla prima alla quarta 37 Con le sue questioni dalla prima alla quarta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, punto 2, e l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584 debbano essere interpretati nel senso che una decisione del pubblico ministero, come quella dell’ufficio centrale delle indagini preliminari ungherese di cui trattasi nel procedimento principale, che ha posto fine a indagini preliminari avviate contro ignoti, nel corso delle quali la persona oggetto di un MAE è stata sentita soltanto in veste di testimone, possa essere invocata per rifiutare l’esecuzione di tale MAE in base all’una o all’altra di tali disposizioni. Sull’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 38 L’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 prevede un motivo di non esecuzione obbligatoria, in forza del quale l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve rifiutare di eseguire il MAE qualora sia informata che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti in uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in base alle leggi dello Stato membro della condanna. 39 Tale disposizione mira a evitare che una persona sia nuovamente perseguita o giudicata penalmente per gli stessi fatti sentenza del 16 novembre 2010, Mantello, -261/09, EU C 2010 683, punto 40 e rispecchia il principio del ne bis in idem, sancito all’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, secondo il quale nessuno può essere perseguito o condannato penalmente due volte per lo stesso reato. 40 Una delle condizioni a cui è subordinato il rifiuto di esecuzione del MAE è che la persona ricercata sia stata giudicata con sentenza definitiva . 41 A tal riguardo, occorre precisare che, sebbene l’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 si riferisca, nella sua formulazione, a una sentenza , tale disposizione è altresì applicabile a decisioni emesse da un’autorità incaricata di amministrare la giustizia penale nell’ordinamento giuridico nazionale interessato, che chiudono definitivamente il procedimento penale in uno Stato membro, benché tali decisioni siano adottate senza l’intervento di un giudice e non assumano la forma di una sentenza v., per analogia, sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski, -486/14, EU C 2016 483, punto 39 e giurisprudenza citata . 42 Secondo la giurisprudenza della Corte, si considera che una persona ricercata è stata oggetto di una sentenza definitiva per gli stessi fatti, ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584, nel caso in cui, in esito a un procedimento penale, l’azione penale si sia definitivamente estinta o, ancora, qualora le autorità giudiziarie di uno Stato membro abbiano emanato una decisione di definitivo proscioglimento dell’imputato per i fatti contestatigli sentenza del 16 novembre 2010, Mantello, -261/09, EU C 2010 683, punto 45 e giurisprudenza citata . 43 La pronuncia di una sentenza definitiva ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584, presuppone quindi l’esistenza di un’azione penale anteriore, esercitata nei confronti della persona ricercata v., in tal senso, sentenze del 16 novembre 2010, Mantello, -261/09, EU C 2010 683, punti 46 e 47 del 5 giugno 2014, M, -398/12, EU C 2014 1057, punti 31 e 32, nonché del 29 giugno 2016, Kossowski, -486/14, EU C 2016 483, punti 34 e 35 . 44 Inoltre, il principio del ne bis in idem si applica soltanto alle persone giudicate con sentenza definitiva in uno Stato membro v. sentenza del 28 settembre 2006, Gasparini e a., -467/04, EU C 2006 610, punto 37 . Esso non si estende, invece, alle persone che sono state esclusivamente sentite nell’ambito di indagini preliminari, come i testimoni. 45 Nel caso di specie, emerge dal fascicolo presentato alla Corte che l’istruttoria svolta in Ungheria in seguito alla commissione rogatoria croata, che è stata chiusa con la decisione dell’ufficio centrale delle indagini preliminari ungherese del 20 gennaio 2012, è stata avviata contro ignoti. Essa non è stata condotta nei confronti di AY quale indagato o imputato, dato che la competente autorità ungherese ha sentito tale persona sono in veste di testimone. Pertanto, in assenza di un’azione penale nei suoi confronti, non è possibile ritenere che AY sia stato giudicato con sentenza definitiva, ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584. 46 Di conseguenza, una decisione del pubblico ministero, come quella dell’ufficio centrale delle indagini preliminari ungherese di cui al procedimento principale, che ha posto fine a indagini nel corso delle quali la persona oggetto di un MAE è stata sentita soltanto in veste di testimone, non può essere invocata per rifiutare l’esecuzione di tale MAE in base all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584. Sull’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584 47 L’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584 prevede tre motivi di non esecuzione facoltativi. 48 In base al primo motivo di non esecuzione di cui all’articolo 4, punto 3, di tale decisione quadro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il MAE se le autorità giudiziarie dello Stato membro dell’esecuzione hanno deciso di non esercitare l’azione penale per il reato oggetto del MAE. 49 Orbene, la decisione dell’ufficio centrale delle indagini preliminari ungherese di cui al procedimento principale non verte su una rinuncia all’esercizio dell’azione penale, sicché tale motivo di non esecuzione è irrilevante in circostanze come quelle di cui al caso di specie. 50 Ai sensi del secondo motivo di non esecuzione previsto all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584, l’esecuzione del MAE può essere rifiutata se, nello Stato membro dell’esecuzione, le autorità giudiziarie hanno deciso di porre fine all’azione penale per il reato oggetto del MAE. 51 Al riguardo, occorre rilevare che l’articolo 4, punto 3, prima parte, della decisione quadro 2002/584, che indica tale motivo di non esecuzione, si riferisce esclusivamente al reato oggetto del [MAE] e non alla persona ricercata. 52 Si deve altresì rammentare che, poiché il rifiuto di un MAE costituisce l’eccezione, i motivi di non esecuzione di un siffatto mandato devono essere oggetto di interpretazione restrittiva v. sentenza del 23 gennaio 2018, Piotrowski, -367/16, EU C 2018 27, punto 48 e giurisprudenza citata . 53 Orbene, come fatto valere dalla Commissione, un’interpretazione secondo cui l’esecuzione di un MAE potrebbe essere rifiutata, sulla base del secondo motivo di non esecuzione di cui all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584, qualora tale mandato verta su fatti identici a quelli già oggetto di una precedente decisione, indipendentemente dall’identità della persona nei cui confronti è stata esercitata l’azione penale, sarebbe manifestamente troppo ampia e comporterebbe un rischio di elusione dell’obbligo di eseguire un MAE. 54 Infatti, come emerge dall’articolo 1, paragrafo 1, di tale decisione quadro, il MAE è una decisione giudiziaria in vista dell’arresto e della consegna di una persona ricercata. Pertanto, un MAE non è emesso soltanto a fronte di un reato, ma riguarda necessariamente una persona determinata. 55 Inoltre, tale motivo di non esecuzione non ha lo scopo di tutelare una persona dall’eventualità di doversi sottoporre a ulteriori accertamenti, per gli stessi fatti, in più Stati membri v., per analogia, sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski, -486/14, EU C 2016 483, punto 45 e giurisprudenza citata . 56 Invero, la decisione quadro 2002/584 si inserisce nel contesto dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, in cui è assicurata, da un lato, la libera circolazione delle persone, associata, dall’altro, a misure appropriate, segnatamente, in materia di prevenzione della criminalità e di lotta contro tale fenomeno v., per analogia, sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski, -486/14, EU C 2016 483, punto 46 . 57 Pertanto, il secondo motivo di non esecuzione previsto all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato alla luce della necessità di promuovere la prevenzione della criminalità e di lottare contro tale fenomeno v., per analogia, sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski, -486/14, EU C 2016 483, punto 47 . 58 Orbene, si deve constatare che, in circostanze come quelle di cui al caso di specie, nelle quali, da un lato, sono state condotte indagini preliminari contro ignoti e non nei confronti della persona ricercata mediante il MAE, e, dall’altro, la decisione che ha posto fine a tali indagini non è stata adottata nei confronti di quest’ultima, non vi è stato alcun coinvolgimento di tale persona, nell’azione penale di cui all’articolo 4, punto 3, prima parte, della decisione quadro 2002/584, che giustifichi il rifiuto di esecuzione del MAE. 59 Tale interpretazione è suffragata dalla genesi della decisione quadro 2002/584, considerato che emerge dalla proposta iniziale della Commissione COM[2001] 522 def., pag. 18 che l’articolo 4, punto 3, prima parte, di tale decisione quadro riflette l’articolo 9, seconda frase, della Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957. A mente di tale disposizione [l’estradizione] potrà essere rifiutata se le autorità competenti della Parte richiesta hanno deciso di non aprire un perseguimento penale o di chiuderne uno già avviato per gli stessi fatti . A tal riguardo, la relazione esplicativa di tale Convenzione precisa che la disposizione in parola si riferisce al caso di un individuo che è stato oggetto di una decisione che osta o pone fine all’esercizio dell’azione penale v. pag. 9 della relazione esplicativa della Convenzione europea di estradizione [Parigi, 13.XII.1957, serie dei trattati europei – n. 24] . 60 Pertanto, in circostanze come quelle indicate al punto 58 della presente sentenza, detta decisione non può essere invocata per rifiutare l’esecuzione di un MAE, sulla base del secondo motivo di non esecuzione di cui all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584. 61 Da ultimo, in forza del terzo motivo di non esecuzione previsto all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il MAE se la persona ricercata ha formato oggetto in uno Stato membro di una sentenza definitiva per gli stessi fatti che osta all’esercizio di ulteriori azioni. 62 Al riguardo, è sufficiente rilevare che tale motivo di non esecuzione non può trovare applicazione in una situazione come quella di cui alla presente fattispecie, poiché non sono soddisfatte le condizioni di applicazione dello stesso. 63 Pertanto, alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alle questioni dalla prima alla quarta, dichiarando che l’articolo 3, punto 2, e l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584 devono essere interpretati nel senso che una decisione del pubblico ministero, come quella dell’ufficio centrale delle indagini preliminari ungherese di cui al procedimento principale, che ha posto fine a indagini preliminari avviate contro ignoti, nel corso delle quali la persona oggetto di un MAE è stata sentita soltanto in veste di testimone, senza che sia stata esercitata l’azione penale contro tale persona e senza che detta decisione sia stata adottata nei suoi confronti, non può essere invocata per rifiutare l’esecuzione di tale MAE in base all’una o all’altra di tali disposizioni. Sulle spese 64 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte Quinta Sezione dichiara L’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, deve essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione è tenuta ad adottare una decisione rispetto a ogni mandato d’arresto europeo trasmessole, anche nel caso in cui, in tale Stato membro, sia stato già statuito su un precedente mandato d’arresto europeo riguardante la stessa persona e vertente sui medesimi fatti e in cui, tuttavia, il secondo mandato d’arresto europeo sia stato emesso soltanto in ragione del rinvio a giudizio, nello Stato membro emittente, della persona ricercata. 2 L’articolo 3, punto 2, e l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, devono essere interpretati nel senso che una decisione del pubblico ministero, come quella dell’ufficio centrale delle indagini preliminari ungherese di cui al procedimento principale, che ha posto fine a indagini preliminari avviate contro ignoti, nel corso delle quali la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo è stata sentita soltanto in veste di testimone, senza che sia stata esercitata l’azione penale contro tale persona e senza che detta decisione sia stata adottata nei suoi confronti, non può essere invocata per rifiutare l’esecuzione di tale mandato d’arresto europeo in base all’una o all’altra di tali disposizioni. * Fonte curia.eu