Linee guida dell’UE su ne bis in idem, manipolazione del mercato ed insider trading

L’art. 14 § .1 Direttiva 2003/6/CE, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato abusi di mercato , letto alla luce dell’art. 50 Carta di Nizza, va interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale in forza della quale un procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale non può essere proseguito a seguito di una sentenza penale definitiva di assoluzione che ha statuito che i fatti che possono costituire una violazione della normativa sugli abusi di informazioni privilegiate, sulla base dei quali era stato parimenti avviato tale procedimento, non erano provati.

L’art. 50 Carta di Nizza, poi, dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, che consente di celebrare un procedimento riguardante una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale nei confronti di una persona per condotte illecite che integrano una manipolazione del mercato, per le quali è già stata pronunciata una condanna penale definitiva a suo carico, nei limiti in cui tale condanna, tenuto conto del danno causato alla società dal reato commesso, sia idonea a reprimere tale reato in maniera efficace, proporzionata e dissuasiva. Il principio del ne bis in idem garantito da questa norma conferisce ai soggetti dell’ordinamento un diritto direttamente applicabile nell’ambito di una controversia come quella oggetto del procedimento principale. È quanto stabilito dalle EU C 2018 192 e 193 C-596,597 e 537/16 del 20 marzo 2018 che integrano e completano la EU C 2018 197 . I casi. In entrambi i casi la S.C. ha sollevato dubbi sulla violazione del ne bis in idem relativamente al proseguimento di processi amministrativi impugnazioni di sanzioni inflitte dalla Consob dopo una sentenza penale definitiva e, alla luce di questo principio, sulla compatibilità della normativa sull’abuso di informazioni privilegiate e sulla manipolazione del mercato col diritto dell’UE. Quadro normativo e prassi della CEDU e della CGUE. Gli artt. 184, 187- bis , 185 e 187- ter d.lgs. n. 58/98 Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, TUF così come novellato dalla l. n. 62/05, disciplinano rispettivamente l’abuso di informazioni privilegiate insider trading e la manipolazione del mercato gli artt. 187 da decies a terdecies regolano i rapporti tra azione penale ed amministrativa ed i poteri della Consob nell’azione penale può costituirsi parte civile etc. . L’art. 654 c.p.p. prevede che la sentenza penale irrevocabile condanna od assoluzione abbia efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa . Il divieto di ne bis in idem è disciplinato dall’art. 50 Carta di Nizza che è sovrapponibile all’art. 4 protocollo 7 Cedu. La prassi prevalente della CEDU in materia di questi reati e, più in generale di reati tributari e fiscali, è chiara nel riconoscere in questo doppio binario sanzionatorio una deroga al divieto, contestando in alcuni casi anche la violazione del principio di presunzione d’innocenza Grande Stevens ed altri c. Italia e speciale a cura di Minnella Kiiveri c. Finlandia, Sismanidis e Sistaridis c. Grecia e Johannesson ed a. c. Islanda nelle rassegne del 13/2/15, 10/6/16 e 1/9/17 contra A.e B. c. Finlandia [GC] sui procedimenti misti nella rassegna del 18/11/16 . Questi principi sono conformi alla prassi della CGUE EU C 2017 264 nella rassegna del 7/4/17 . Insider trading, ne bis in idem e compatibilità col diritto dell’UE. L’obbligo, imposto agli Stati dall’art. 14 § .1 Direttiva 2003/6 di prevedere sanzioni amministrative effettive, proporzionate e dissuasive non esclude l’autorità di cosa giudicata della sentenza penale ex art. 654 c.p.p. nei confronti di un procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa vertente sui medesimi fatti di cui detta sentenza ha statuito che non risultano provati . Questa valutazione fa salva la possibilità ex art. 4 § .2 protocollo 7 Cedu di eventuale riapertura del processo penale, se fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura antecedente sono in grado di inficiare la sentenza penale pronunciata . Ergo vista questa grande rilevanza, negli ordinamenti interni ed in quello giuridico dell’UE, del principio dell’autorità di cosa giudicata queste norme sono compatibili col diritto dell’UE. È invece incompatibile col ne bis in idem proseguire un procedimento di sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale dopo una sentenza penale definitiva che ha acclarato l’assenza di detta infrazione eccede quanto manifestatamente necessario per conseguire il fine di proteggere l’integrità dei mercati finanziari dell’UE e la fiducia del pubblico negli strumenti finanziari. Ne bis in idem e manipolazione del mercato. C’è una violazione del ne bis in idem per quanto sopra detto. In questo caso, però, sembra che le norme siano incompatibili col diritto dell’UE per violazione del principio di proporzionalità, poichè autorizzano ad avviare un procedimento amministrativo di natura penale per i medesimi fatti che hanno già costituito l’oggetto di una condanna penale la sanzione penale sembra essere idonea a reprimere essa stessa l’infrazione in maniera efficace, proporzionata e dissuasiva . Infine esse sembrano non garantire che l’insieme delle sanzioni sia proporzionato alla gravità dell’illecito.

Corte di Giustizia Grande Sezione, sentenza 20 marzo 2018, cause riunite C-596/16 e C-597/16 * Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2003/6/CE – Abuso di informazioni privilegiate – Sanzioni – Normativa nazionale che applica una sanzione amministrativa ed una sanzione penale per gli stessi fatti – Autorità di cosa giudicata di una sentenza penale definitiva in un procedimento amministrativo – Sentenza penale definitiva che pronuncia l’assoluzione in un procedimento per abuso di informazioni privilegiate – Effettività delle sanzioni – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 50 – Principio del ne bis in idem – Natura penale della sanzione amministrativa – Esistenza di uno stesso reato – Articolo 52, paragrafo 1 – Limitazioni apportate al principio del ne bis in idem – Presupposti Sentenza 1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in prosieguo la Carta e della direttiva 2014/57/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alle sanzioni penali applicabili in caso di abusi di mercato direttiva abusi di mercato GU 2014, L 173, pag. 179 . 2 Tali domande sono state presentate nel contesto di due controversie che vedono contrapposti, per la prima, il sig. E. D.p. alla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, Italia in prosieguo la Consob , per la seconda, la Consob al sig. A. Z., riguardo alla legittimità di sanzioni amministrative pecuniarie irrogate per abuso di informazioni privilegiate. Contesto normativo La CEDU 3 L’articolo 4 del Protocollo n. 7 annesso alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 in prosieguo la CEDU , prevede, sotto il titolo Ne bis in idem , quanto segue 1. Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge ed alla procedura penale di tale Stato. 2. Le disposizioni del paragrafo precedente non impediscono la riapertura del processo, conformemente alla legge e alla procedura penale dello Stato interessato, se fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura antecedente sono in grado di inficiare la sentenza intervenuta. 3. Non è autorizzata alcuna deroga al presente articolo ai sensi dell’articolo 15 della convenzione . Diritto dell’Unione 4 L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato abusi di mercato GU 2003, L 96, pag. 16 , stabilisce quanto segue Gli Stati membri vietano alle persone di cui al secondo comma che dispongono di informazioni privilegiate di utilizzare tali informazioni acquisendo o cedendo, o cercando di acquisire o cedere, per conto proprio o per conto terzi, direttamente o indirettamente, gli strumenti finanziari cui le informazioni si riferiscono. Il primo comma si applica a chiunque possieda tali informazioni c per il fatto di avere accesso a tali informazioni a motivo del suo lavoro, della sua professione e delle sue funzioni, ovvero d in virtù delle proprie attività criminali . 5 L’articolo 3 di detta direttiva così dispone Gli Stati membri vietano alle persone soggette ai divieti di cui all’articolo 2 a di comunicare informazioni privilegiate a un’altra persona se non nell’ambito del normale esercizio del loro lavoro, della loro professione o delle loro funzioni b di raccomandare ad un’altra persona di acquisire o cedere o di indurre un’altra persona ad acquisire o cedere, in base a informazioni privilegiate, strumenti finanziari a cui tali informazioni si riferiscono . 6 L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6 recita quanto segue Fatto salvo il diritto degli Stati membri di imporre sanzioni penali, gli Stati membri sono tenuti a garantire, conformemente al loro ordinamento nazionale, che possano essere adottate le opportune misure amministrative o irrogate le opportune sanzioni amministrative a carico delle persone responsabili del mancato rispetto delle disposizioni adottate in attuazione della presente direttiva. Gli Stati membri sono tenuti a garantire che tali misure siano efficaci, proporzionate e dissuasive . Diritto italiano 7 L’articolo 184 del decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58 – Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52 supplemento ordinario alla GURI n. 71, del 26 marzo 1998 , come modificato dalla legge del 18 aprile 2005, n. 62 – Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004 supplemento ordinario alla GURI n. 76, del 27 aprile 2005 in prosieguo il TUF , intitolato Abuso di informazioni privilegiate , dispone quanto segue 1. È punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro ventimila a euro tre milioni chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di organi di amministrazione, direzione o controllo dell’emittente, della partecipazione al capitale dell’emittente, ovvero dell’esercizio di un’attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio a acquista, vende o compie altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime b comunica tali informazioni ad altri, al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio c raccomanda o induce altri, sulla base di esse, al compimento di taluna delle operazioni indicate nella lettera a . 2. La stessa pena di cui al comma 1 si applica a chiunque essendo in possesso di informazioni privilegiate a motivo della preparazione o esecuzione di attività delittuose compie taluna delle azioni di cui al medesimo comma 1. 3. Il giudice può aumentare la multa fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato quando, per la rilevante offensività del fatto, per le qualità personali del colpevole o per l’entità del prodotto o del profitto conseguito dal reato, essa appare inadeguata anche se applicata nel massimo. . 8 L’articolo 187 bis del TUF, ivi inserito dalla legge n. 62/2005 menzionata al punto precedente, è intitolato Abuso di informazioni privilegiate e recita quanto segue 1. Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro centomila a euro quindici milioni chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di organi di amministrazione, direzione o controllo dell’emittente, della partecipazione al capitale dell’emittente, ovvero dell’esercizio di un’attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio a acquista, vende o compie altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime b comunica informazioni ad altri, al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio c raccomanda o induce altri, sulla base di esse, al compimento di taluna delle operazioni indicate nella lettera a . 2. La stessa pena di cui al comma 1 si applica a chiunque essendo in possesso di informazioni privilegiate a motivo della preparazione o esecuzione di attività delittuose compie taluna delle azioni di cui al medesimo comma 1. 4. La sanzione prevista al comma 1 si applica anche a chiunque, in possesso di informazioni privilegiate, conoscendo o potendo conoscere in base ad ordinaria diligenza il carattere privilegiato delle stesse, compie taluno dei fatti ivi descritti. 5. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dai commi 1, 2 e 4 sono aumentate fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dall’illecito quando, per le qualità personali del colpevole ovvero per l’entità del prodotto o del profitto conseguito dall’illecito, esse appaiono inadeguate anche se applicate nel massimo. . 9 I rapporti tra il procedimento penale e i procedimenti amministrativo e di opposizione sono disciplinati dagli articoli da 187 decies a 187 terdecies del TUF. Il menzionato articolo 187 decies, intitolato Rapporti con la magistratura , così recita 1. Quando ha notizia di uno dei reati previsti dal capo II il pubblico ministero ne informa senza ritardo il Presidente della [Consob]. 2. Il Presidente della [Consob] trasmette al pubblico ministero, con una relazione motivata, la documentazione raccolta nello svolgimento dell’attività di accertamento nel caso in cui emergano elementi che facciano presumere la esistenza di un reato. La trasmissione degli atti al pubblico ministero avviene al più tardi al termine dell’attività di accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui al presente titolo, capo III. 3. La [Consob] e l’autorità giudiziaria collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, al fine di agevolare l’accertamento delle violazioni di cui al presente titolo anche quando queste non costituiscono reato . 10 A termini dell’articolo 187 undecies del TUF, intitolato Facoltà della [Consob] nel procedimento penale 1. Nei procedimenti per i reati previsti dagli articoli 184 e 185, la Consob esercita i diritti e le facoltà attribuiti dal codice di procedura penale agli enti e alle associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato. 2. La [Consob] può costituirsi parte civile e richiedere, a titolo di riparazione dei danni cagionati dal reato all’integrità del mercato, una somma determinata dal giudice, anche in via equitativa, tenendo comunque conto dell’offensività del fatto, delle qualità personali del colpevole e dell’entità del prodotto o del profitto conseguito dal reato . 11 Ai sensi dell’articolo 187 duodecies, primo comma, del TUF Il procedimento amministrativo di accertamento e il procedimento di opposizione non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento dipende la relativa definizione . 12 L’articolo 654 del codice di procedura penale in prosieguo il CPP così dispone Nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa . Procedimenti principali e questioni pregiudiziali 13 Con decisione del 7 novembre 2012, la Consob irrogava sanzioni amministrative pecuniarie ai sigg. D.p. e Z. ai sensi dell’articolo 187 bis, commi 1 e 4, del TUF. 14 A termini di detta decisione, i sigg. D.p. e Z. avrebbero compiuto, nel 2008, diversi abusi di informazioni privilegiate. In particolare avrebbero acquistato, il 14 e il 17 ottobre 2008, 2 375 azioni della Permasteelisa SpA facendo uso di informazioni privilegiate relative a un progetto di acquisizione del controllo di detta società, informazioni di cui il sig. Z. sarebbe venuto a conoscenza in ragione del suo impiego e delle funzioni esercitate nell’ambito della Deloitte Financial Advisory Services SpA, delle quali il sig. D.p. non avrebbe potuto ignorare il carattere privilegiato. 15 I sigg. D.p. e Z. contestavano detta decisione dinanzi alla Corte d’appello di Milano Italia . Con sentenze del 4 aprile e del 23 agosto 2013, detto giudice, rispettivamente, rigettava il ricorso introdotto dal sig. D.p. e accoglieva quello proposto dal sig. Z 16 Il sig. D.p. e la Consob proponevano ricorso avverso, rispettivamente, la prima e la seconda delle menzionate sentenze dinanzi alla Corte suprema di cassazione Italia . Il sig. D.p. faceva valere di essere stato oggetto di un procedimento penale dinanzi al Tribunale di Milano Italia per i medesimi fatti che gli erano stati censurati dalla Consob e che detto giudice, con sentenza definitiva pronunciata successivamente alle sentenze della Corte d’appello di Milano, lo aveva assolto in base al rilievo secondo cui i fatti costitutivi dell’infrazione non erano dimostrati. Quanto al sig. Z., resistente nel procedimento relativo all’impugnazione in cassazione della Consob, si è parimenti avvalso di tale sentenza di assoluzione. 17 Dopo aver rilevato che detta sentenza di assoluzione verteva, effettivamente, sui medesimi fatti per i quali la Consob ha irrogato, con decisione del 7 novembre 2012, le sanzioni amministrative pecuniarie oggetto del procedimento principale, il giudice del rinvio sottolinea che, ai sensi dell’articolo 654 del CPP, quanto statuito in questa stessa sentenza di assoluzione relativamente all’assenza di infrazioni ha efficacia di giudicato nel giudizio amministrativo. Tuttavia, detto giudice considera che le controversie di cui è adito non possano essere risolte sulla sola base della normativa nazionale, in considerazione del rango superiore dell’articolo 4 del protocollo n. 7 alla CEDU e dell’articolo 50 della Carta rispetto a detta normativa. 18 Orbene, per quanto riguarda l’articolo 4 del protocollo n. 7 alla CEDU, il giudice del rinvio ritiene che il fatto che il medesimo abuso di operazioni privilegiate possa essere sanzionato, in forza degli articoli 184 e 187 bis del TUF, al contempo, con sanzioni penali e con sanzioni amministrative pecuniarie potrebbe condurre ad una violazione del principio del ne bis in idem garantito da detto articolo 4, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, segnatamente nella sentenza del 4 marzo 2014, Grande Stevens e a. c. Italia ECLI CE ECHR 2014 0304JUD001864010 . Infatti, dette sanzioni amministrative pecuniarie, in considerazione della loro qualificazione giuridica nel diritto nazionale, della loro natura e della loro gravità, possederebbero natura penale. Inoltre, il cumulo dei procedimenti e delle sanzioni penali e amministrative oggetto del procedimento principale riguarderebbe la medesima infrazione, intesa come riferita a fatti identici. 19 Quanto all’articolo 50 della Carta, il giudice del rinvio si chiede se esso vieti anche un siffatto cumulo di procedimenti e di sanzioni. Infatti, in forza dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6, gli Stati membri sarebbero tenuti a reprimere l’abuso di informazioni privilegiate con sanzioni amministrative efficaci, proporzionate e dissuasive. Pertanto, in forza di tale disposizione, le autorità nazionali competenti dovrebbero valutare il carattere efficace, proporzionato e dissuasivo di una sanzione amministrativa che si cumula con una sanzione penale. 20 Orbene, nella sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson C 617/10, EU C 2013 105, punti 34 e 36 , la Corte avrebbe statuito, da una parte, che l’articolo 50 della Carta osta a che, dopo l’irrogazione di una sanzione fiscale definitiva che possiede natura penale ai sensi di detto articolo, si possa procedere penalmente per gli stessi fatti nei confronti della stessa persona, ma, d’altra parte, che spetterebbe al giudice nazionale determinare se le rimanenti sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive. In considerazione di questa giurisprudenza, il giudice del rinvio si chiede se l’articolo 50 della Carta debba essere interpretato nel senso che esso autorizza la prosecuzione di un procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria in esito a una sentenza penale definitiva, avente autorità di cosa giudicata, che ha constatato l’insussistenza dell’infrazione, ove tale procedimento possa risultare necessario per adempiere l’obbligo di prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive. 21 Secondo detto giudice, se è pur vero che l’effettività, il primato e l’unità del diritto dell’Unione possono giustificare un cumulo di procedimenti e di sanzioni, una siffatta giustificazione viene meno ove il giudice penale competente abbia statuito, con sentenza definitiva, che i fatti da cui dipende l’esistenza delle due infrazioni in oggetto, penale e amministrativa, non sono provati. Inoltre, il fatto, in quest’ultima ipotesi, di proseguire il procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria implicherebbe il rischio di un conflitto tra sentenze e potrebbe, in tal modo, mettere in questione l’autorità di cosa giudicata di cui è dotata la sentenza penale definitiva. Tuttavia, le modalità di attuazione del principio dell’autorità di cosa giudicata dovrebbero rispettare il principio di effettività. 22 Alla luce di quanto esposto, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali 1 Se l’articolo 50 della [Carta] vada interpretato nel senso che in presenza di un accertamento definitivo dell’insussistenza della condotta che ha integrato l’illecito penale sia precluso, senza necessità di procedere ad alcun ulteriore apprezzamento da parte del giudice nazionale, l’avvio o la prosecuzione per gli stessi fatti di un ulteriore procedimento che sia finalizzato all’irrogazione di sanzioni che per la loro natura e gravità siano da qualificarsi penali. 2 Se il giudice nazionale, nel valutare l’efficacia, proporzionalità e dissuasività delle sanzioni, ai fini del riscontro della violazione del principio del ne bis in idem di cui all’articolo 50 della [Carta], debba tener conto dei limiti di pena posti dalla direttiva [2014/57] . 23 Con ordinanza del presidente della Corte del 23 dicembre 2016, le cause C 596/16 e C 597/16 sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento, nonché della sentenza. Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima questione 24 In limine, occorre rilevare che, se è pur vero che la prima questione riguarda l’interpretazione dell’articolo 50 della Carta, il giudice del rinvio si interroga, segnatamente, quanto alla compatibilità dell’articolo 654 del CPP con l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6 e il diritto fondamentale garantito da detto articolo 50. Secondo detto giudice, un’interpretazione in forza della quale detto articolo 14, paragrafo 1, imporrebbe, nonostante il principio del ne bis in idem, di proseguire un procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria anche a seguito di una sentenza penale definitiva di assoluzione dotata dell’autorità di cosa giudicata potrebbe mettere in questione il principio dell’autorità di cosa giudicata, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 654 del CPP. 25 Ciò considerato, occorre intendere che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6, letto alla luce dell’articolo 50 della Carta, vada interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in forza della quale un procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria non può essere proseguito a seguito di una sentenza penale definitiva di assoluzione che ha statuito che i fatti che possono costituire una violazione della normativa sugli abusi di informazioni privilegiate, sulla base dei quali era stato parimenti avviato tale procedimento, non erano provati. 26 A tal riguardo, occorre rilevare che l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6, letto in combinato disposto con gli articoli 2 e 3 della direttiva medesima, impone agli Stati membri di prevedere sanzioni amministrative effettive, proporzionate e dissuasive per le violazioni del divieto di abuso di informazioni privilegiate. Se è pur vero che la Corte ha statuito che l’articolo 14, paragrafo 1, di detta direttiva si limita a imporre agli Stati membri l’obbligo di prevedere sanzioni amministrative che presentino siffatte caratteristiche, senza imporre agli Stati membri di prevedere anche sanzioni penali nei confronti degli autori di abusi di informazioni privilegiate v., in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2009, Spector Photo Group e Van Raemdonck, C 45/08, EU C 2009 806, punto 42 , cionondimeno gli Stati membri possono anche legittimamente prevedere un cumulo di sanzioni penali e amministrative, sia pure nel rispetto dei limiti che risultano dal diritto dell’Unione e, segnatamente, dei limiti derivanti dal principio del ne bis in idem, garantito dall’articolo 50 della Carta, posto che questi ultimi si impongono, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, di quest’ultima, in sede di attuazione del diritto medesimo. 27 Tuttavia, l’applicazione di sanzioni amministrative effettive, proporzionate e dissuasive, prevista dall’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6 nell’ipotesi di violazione del divieto di abusi di informazioni privilegiate, presuppone che le autorità nazionali competenti accertino fatti che dimostrino l’esistenza, nella fattispecie in esame, di un’operazione tale da giustificare l’irrogazione di una sanzione amministrativa. 28 Orbene, come risulta dall’ordinanza di rinvio, nel contesto delle controversie oggetto del procedimento principale si è acclarato, in esito a un procedimento penale in contraddittorio, con sentenza penale definitiva avente autorità di cosa giudicata, che gli elementi costitutivi di un abuso di informazioni privilegiate non risultavano provati. 29 In tale contesto si pone pertanto la questione se l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6 osti a una disposizione nazionale, quale l’articolo 654 del CPP, che estende al procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria l’autorità di cosa giudicata di tali affermazioni in punto di fatto, operate nel contesto del procedimento penale. 30 A tal riguardo, occorre rilevare che né detto articolo 14, paragrafo 1, né alcun’altra disposizione della direttiva 2003/6 precisano gli effetti di una sentenza penale definitiva di assoluzione sul procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria. 31 Inoltre, in considerazione della rilevanza del principio dell’autorità di cosa giudicata sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali, la Corte ha statuito che il diritto dell’Unione non impone di disapplicare le norme procedurali interne che attribuiscono forza di giudicato a una pronuncia giurisdizionale v., in tal senso, per quanto riguarda il principio di effettività, sentenze del 10 luglio 2014, Impresa Pizzarotti, C 213/13, EU C 2014 2067, punti 58 e 59, nonché del 6 ottobre 2015, Târşia, C 69/14, EU C 2015 662, punti 28 e 29 . 32 Nella fattispecie, nessuna circostanza particolare dei procedimenti principali, come descritti nel fascicolo di cui dispone la Corte, giustifica un approccio diverso da quello accolto dalla giurisprudenza menzionata al punto precedente. A tal riguardo occorre rilevare che, se è pur vero che l’articolo 654 del CPP estende gli effetti di cosa giudicata risultanti da un procedimento penale al procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, dai termini di detta disposizione, quali precisati nell’ordinanza di rinvio, si evince che l’autorità di cosa giudicata si limita alle affermazioni in punto di fatto operate in una sentenza penale pronunciata in esito a un procedimento in contraddittorio. 33 Orbene, ai sensi dell’articolo 187 undecies del TUF, la Consob dispone della facoltà di partecipare al procedimento penale, segnatamente costituendosi come parte civile, ed è inoltre tenuta, ai sensi dell’articolo 187 decies del TUF, a trasmettere alle autorità giudiziarie la documentazione raccolta nell’esercizio della sua attività di controllo. Alla luce di tali elementi, risulta che la Consob può effettivamente accertare che una sentenza penale di condanna o, come nel caso dei procedimenti principali, di assoluzione sia pronunciata tenendo conto di tutti gli elementi di prova di cui dispone detta autorità ai fini dell’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’articolo 187 bis del TUF. 34 Pertanto, l’autorità di cosa giudicata che una disposizione nazionale conferisce alle affermazioni in punto di fatto di una siffatta sentenza penale nei confronti del procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa non osta a che violazioni della normativa sugli abusi di informazioni privilegiate possano essere accertate e sanzionate in modo effettivo nell’ipotesi in cui, a termini di tale sentenza penale, i fatti in causa siano provati. 35 Nell’ipotesi opposta, l’obbligo, prescritto agli Stati membri dall’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6, di prevedere sanzioni amministrative effettive, proporzionate e dissuasive, alla luce di quanto ricordato nel precedente punto 31, non potrebbe portare a escludere l’autorità di cosa giudicata che una sentenza penale di assoluzione possiede in forza di una disposizione nazionale quale l’articolo 654 del CPP, nei confronti di un procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa vertente sui medesimi fatti di cui detta sentenza ha statuito che non risultano provati. Una tale valutazione fa salva la possibilità, prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, del protocollo n. 7 alla CEDU, di eventuale riapertura del processo penale, se fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura antecedente sono in grado di inficiare la sentenza penale pronunciata. 36 In tale contesto, l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6 non osta a una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale. 37 Tale interpretazione trova sostegno nel testo dell’articolo 50 della Carta. 38 A tal riguardo, dalle ordinanze di rinvio si evince che i fatti censurati ai sigg. D.p. e Z. nel contesto del procedimenti intesi all’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria oggetto del procedimento principale sono gli stessi fatti in base ai quali sono state avviate le azioni penali nei loro confronti dinanzi al Tribunale di Milano. Inoltre, le sanzioni amministrative pecuniarie oggetto del procedimento principale, secondo le indicazioni che risultano dal fascicolo di cui dispone la Corte, possono raggiungere, ai sensi dell’articolo 187 bis del TUF, un importo di dieci volte superiore al prodotto o al profitto dell’infrazione. Risulta, in tal modo, che esse perseguono una finalità repressiva e presentano un elevato grado di severità e, pertanto, una natura penale ai sensi dell’articolo 50 della Carta v., in tal senso, sentenza pronunciata in data odierna, Garlsson Real Estate, C 537/16, punti 34 e 35 , ciò che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare. 39 Occorre aggiungere che, secondo lo stesso disposto del menzionato articolo 50, la tutela conferita dal principio del ne bis in idem non si limita alla situazione in cui l’interessato sia stato oggetto di una condanna penale, ma si estende anche a quella in cui lo stesso sia stato definitivamente assolto. 40 Risulta così che, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, la prosecuzione di un procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale, fondata sui medesimi fatti, sia costitutiva di una limitazione del diritto fondamentale garantito dall’articolo 50 della Carta v., per analogia, sentenze pronunciate in data odierna, Menci, C 524/15, punto 39, e Garlsson Real Estate, C 537/16, punto 41 . 41 Una siffatta limitazione del principio del ne bis in idem può, tuttavia, giustificarsi sul fondamento dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta v., in tal senso, sentenze del 27 maggio 2014, Spasic, C 129/14 PPU, EU C 2014 586, punti 55 e 56, nonché sentenze pronunciate in data odierna, Menci, C 524/15, punto 40, e Garlsson Real Estate, C 537/16, punto 42 . 42 A tal riguardo, occorre rilevare che l’obiettivo di proteggere l’integrità dei mercati finanziari e la fiducia del pubblico negli strumenti finanziari è tale da giustificare un cumulo di azioni come quello previsto dalla normativa nazionale oggetto del procedimento principale, ove tali azioni e sanzioni siano intese, in vista del conseguimento di detto obiettivo, a fini complementari aventi ad oggetto, eventualmente, aspetti diversi del medesimo comportamento costitutivo dell’infrazione in oggetto v., in tal senso, sentenza pronunciata in data odierna, Garlsson Real Estate, C 537/16, punto 46 . 43 Tuttavia, la prosecuzione di un procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale, come quello oggetto del procedimento principale, in esito alla definizione del procedimento penale è assoggettata al rigoroso rispetto del principio di proporzionalità v., in tal senso, sentenza pronunciata in data odierna, Garlsson Real Estate, C 537/16, punto 48 . A tal riguardo, si deve rilevare che, a differenza della situazione sfociata nella sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson C 617/10, EU C 2013 105 , in cui il procedimento penale era stato avviato dopo l’irrogazione di una sanzione fiscale, i procedimenti principali sollevano la questione se un procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale possa essere proseguito nel caso in cui la sentenza penale definitiva di assoluzione abbia accertato che i fatti che possono costituire una violazione della normativa sugli abusi di informazioni privilegiate, sulla base dei quali era stato anche avviato detto procedimento, non risultavano provati. 44 Orbene, in una situazione come quelle oggetto del procedimento principale, la prosecuzione di un procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale eccederebbe manifestamente quanto necessario per conseguire l’obiettivo di cui al punto 42 della presente sentenza, una volta che esiste una sentenza penale definitiva di assoluzione che dichiara l’assenza degli elementi costitutivi dell’infrazione che l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6 è inteso a sanzionare. 45 Infatti, alla luce di una siffatta considerazione, dotata dell’autorità di cosa giudicata anche rispetto a detto procedimento, la prosecuzione di quest’ultimo risulta sprovvista di qualsivoglia fondamento. L’articolo 50 della Carta osta, pertanto, in un tale contesto, alla prosecuzione di un procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale, come quelle oggetto del procedimento principale, ferma restando la possibilità, ricordata nel precedente punto 35, di un’eventuale riapertura del processo penale, se fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura antecedente sono in grado di inficiare la sentenza penale pronunciata. 46 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6, letto alla luce dell’articolo 50 della Carta, va interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale in forza della quale un procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale non può essere proseguito a seguito di una sentenza penale definitiva di assoluzione che ha statuito che i fatti che possono costituire una violazione della normativa sugli abusi di informazioni privilegiate, sulla base dei quali era stato parimenti avviato tale procedimento, non erano provati. Sulla seconda questione 47 Tenuto conto della risposta data alla prima questione, non occorre procedere alla soluzione della seconda. Sulle spese 48 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte Grande Sezione dichiara L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato abusi di mercato , letto alla luce dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, va interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale in forza della quale un procedimento inteso all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale non può essere proseguito a seguito di una sentenza penale definitiva di assoluzione che ha statuito che i fatti che possono costituire una violazione della normativa sugli abusi di informazioni privilegiate, sulla base dei quali era stato parimenti avviato tale procedimento, non erano provati. * Fonte curia.europea.eu

Corte di Giustizia Grande Sezione, sentenza 20 marzo 2018, causa C-537/16 * Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2003/6/CE – Manipolazione del mercato – Sanzioni – Normativa nazionale che prevede una sanzione amministrativa e una sanzione penale per gli stessi fatti – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 50 – Principio del ne bis in idem – Natura penale della sanzione amministrativa – Esistenza di uno stesso reato – Articolo 52, paragrafo 1 – Limitazioni apportate al principio del ne bis in idem – Presupposti Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in prosieguo la Carta , letto alla luce dell’articolo 4 del protocollo n. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 in prosieguo la CEDU . 2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che contrappone la Garlsson Real Estate SA, in liquidazione, il sig. S. R. e la Magiste International SA alla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa Italia in prosieguo la Consob , in merito alla legittimità di una sanzione amministrativa pecuniaria che è stata loro inflitta per violazioni della normativa in materia di manipolazione del mercato. Contesto normativo La CEDU 3 L’articolo 4 del protocollo n. 7 della CEDU, intitolato Diritto di non essere giudicato o punito due volte , così dispone 1. Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge e alla procedura penale di tale Stato. 2. Le disposizioni del paragrafo precedente non impediscono la riapertura del processo, conformemente alla legge e alla procedura penale dello Stato interessato, se fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura antecedente sono in grado di inficiare la sentenza intervenuta. 3. Non è autorizzata alcuna deroga al presente articolo ai sensi dell’articolo 15 della Convenzione . Diritto dell’Unione 4 A norma dell’articolo 5 della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato abusi di mercato GU 2003, L 96, pag. 16 , gli Stati membri vietano a qualsiasi persona fisica o giuridica di porre in essere manipolazioni del mercato. I comportamenti che integrano una manipolazione del mercato sono definiti all’articolo 1, punto 2, di detta direttiva. 5 Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva medesima Fatto salvo il diritto degli Stati membri di imporre sanzioni penali, gli Stati membri sono tenuti a garantire, conformemente al loro ordinamento nazionale, che possano essere adottate le opportune misure amministrative o irrogate le opportune sanzioni amministrative a carico delle persone responsabili del mancato rispetto delle disposizioni adottate in attuazione della presente direttiva. Gli Stati membri sono tenuti a garantire che tali misure siano efficaci, proporzionate e dissuasive . Diritto italiano 6 L’articolo 185 del decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58 – Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52 supplemento ordinario alla GURI n. 71, del 26 marzo 1998 , come modificato dalla legge del 18 aprile 2005, n. 62 – Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004 supplemento ordinario alla GURI n. 76, del 27 aprile 2005 in prosieguo il TUF , intitolato Manipolazione del mercato , così dispone 1. Chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro ventimila a euro cinque milioni. 2. Il giudice può aumentare la multa fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato quando, per la rilevante offensività del fatto, per le qualità personali del colpevole o per l’entità del prodotto o del profitto conseguito dal reato, essa appare inadeguata anche se applicata nel massimo . 7 L’articolo 187 ter del TUF, intitolato Manipolazione del mercato , è formulato come segue 1. Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro ventimila a euro cinque milioni chiunque, tramite mezzi di informazione, compreso Internet o ogni altro mezzo, diffonde informazioni, voci o notizie false o fuorvianti che forniscano o siano suscettibili di fornire indicazioni false ovvero fuorvianti in merito agli strumenti finanziari. 3. Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria di cui al comma 1 chiunque pone in essere c operazioni od ordini di compravendita che utilizzano artifizi od ogni altro tipo di inganno o di espediente 5. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dai commi precedenti sono aumentate fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dall’illecito quando, per le qualità personali del colpevole, per l’entità del prodotto o del profitto conseguito dall’illecito ovvero per gli effetti prodotti sul mercato, esse appaiono inadeguate anche se applicate nel massimo. . 8 L’articolo 187 decies del TUF, intitolato Rapporti con la magistratura , enuncia quanto segue 1. Quando ha notizia di uno dei reati previsti dal capo II il pubblico ministero ne informa senza ritardo il Presidente della [Consob]. 2. Il Presidente della [Consob] trasmette al pubblico ministero, con una relazione motivata, la documentazione raccolta nello svolgimento dell’attività di accertamento nel caso in cui emergano elementi che facciano presumere la esistenza di un reato. La trasmissione degli atti al pubblico ministero avviene al più tardi al termine dell’attività di accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui al presente titolo, capo III. 3. La [Consob] e l’autorità giudiziaria collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, al fine di agevolare l’accertamento delle violazioni di cui al presente titolo anche quando queste non costituiscono reato. . 9 L’articolo 187 duodecies, comma 1, del TUF, intitolato Rapporti tra procedimento penale e procedimento amministrativo e di opposizione , dispone quanto segue Il procedimento amministrativo di accertamento e il procedimento di opposizione non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento dipende la relativa definizione . 10 Ai sensi dell’articolo 187 terdecies del TUF, intitolato Esecuzione delle pene pecuniarie e delle sanzioni pecuniarie nel processo penale Quando per lo stesso fatto è stata applicata a carico del reo o dell’ente una sanzione amministrativa pecuniaria , la esazione della pena pecuniaria e della sanzione pecuniaria dipendente da reato è limitata alla parte eccedente quella riscossa dall’Autorità amministrativa . Procedimento principale e questioni pregiudiziali 11 Con decisione del 9 settembre 2007, la Consob ha inflitto una sanzione amministrativa pecuniaria di importo pari a EUR 10,2 milioni al sig. R. nonché alla Magiste International e alla Garlsson Real Estate, obbligate in solido al pagamento di tale somma. 12 Secondo tale decisione, il sig. R., durante il periodo esaminato nel procedimento principale, ha posto in essere manipolazioni tese a richiamare l’attenzione sui titoli di RCS MediaGroup SpA e, in tal modo, a sostenere le quotazioni dei suddetti titoli a fini personali. La Consob ha ritenuto che queste condotte avessero determinato un anomalo andamento di detti titoli e integrassero quindi una manipolazione del mercato ai sensi dell’articolo 187 ter, comma 3, lettera c , del TUF. 13 La sanzione amministrativa pecuniaria discussa nel procedimento principale è stata contestata dal sig. R. nonché dalla Magiste International e dalla Garlsson Real Estate dinanzi alla Corte d’appello di Roma Italia . Con sentenza del 2 gennaio 2009, tale giudice ha parzialmente accolto il ricorso riducendo la sanzione amministrativa pecuniaria a EUR 5 milioni. Avverso detta sentenza tutte le parti del procedimento principale hanno presentato ricorso dinanzi alla Corte suprema di cassazione Italia . 14 Le condotte descritte al punto 12 della presente sentenza hanno inoltre dato luogo a procedimenti penali nei confronti del sig. R., conclusisi con la sua condanna, con sentenza di patteggiamento del Tribunale di Roma Italia datata 10 dicembre 2008, a una pena di quattro anni e sei mesi di reclusione sulla base dell’articolo 185 del TUF. Tale pena è stata successivamente ridotta a tre anni, poi estinta per indulto. Detta sentenza è divenuta definitiva. 15 In tale contesto, il giudice del rinvio osserva che, nell’ordinamento giuridico italiano, il principio del ne bis in idem non si applica ai rapporti tra sanzioni penali e sanzioni amministrative. 16 Tale giudice nutre tuttavia dubbi circa la compatibilità, dopo la sentenza del Tribunale di Roma del 10 dicembre 2008, del procedimento riguardante la sanzione amministrativa pecuniaria di cui trattasi nel procedimento principale con l’articolo 50 della Carta, letto alla luce dell’articolo 4 del protocollo n. 7 della CEDU. 17 Infatti, secondo detto giudice, mentre tale sentenza è assimilata, nell’ordinamento giuridico italiano, a una sentenza penale di condanna, la sanzione amministrativa pecuniaria di cui al procedimento principale inflitta in forza dell’articolo 187 ter del TUF è di natura penale ai sensi dell’articolo 4 del protocollo n. 7 della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sua sentenza del 4 marzo 2014, Grande Stevens e a. c. Italia CE ECHR 2014 0304JUD 001864010 . Il giudice del rinvio osserva che le condotte contestate al sig. R. nell’ambito del suddetto procedimento amministrativo sono le stesse sulla base delle quali gli è stata inflitta la sanzione penale. 18 Avendo ritenuto che l’applicazione dell’articolo 187 ter del TUF nell’ambito del procedimento principale sollevasse questioni sulla costituzionalità di tale disposizione, il giudice del rinvio si è rivolto alla Corte costituzionale Italia . 19 Con sentenza del 12 maggio 2016, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità, con la motivazione che il giudice del rinvio non aveva chiarito, in via preliminare, i rapporti tra il principio del ne bis in idem sancito all’articolo 4 del protocollo n. 7 della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, e il medesimo principio come applicato nel contesto degli abusi di mercato a norma del diritto dell’Unione. Inoltre, si porrebbe la questione circa l’applicabilità diretta del principio del ne bis in idem, come garantito dal diritto dell’Unione, al regime interno di uno Stato membro. 20 Alla luce di tali considerazioni, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali 1 Se la previsione dell’art. 50 [della Carta], interpretato alla luce dell’art. 4 prot. n. 7 CEDU, della relativa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della normativa nazionale, osti alla possibilità di celebrare un procedimento amministrativo avente ad oggetto un fatto condotta illecita di manipolazione del mercato per cui il medesimo soggetto abbia riportato condanna penale irrevocabile 2 Se il giudice nazionale possa applicare direttamente i principi unionali in relazione al principio del ne bis in idem”, in base all’art. 50 [della Carta], interpretato alla luce dell’art. 4 prot. n. 7 CEDU, della relativa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della normativa nazionale . Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima questione 21 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 50 della Carta, letto alla luce dell’articolo 4 del protocollo n. 7 della CEDU, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, che consente di celebrare un procedimento riguardante una sanzione amministrativa pecuniaria nei confronti di una persona per condotte illecite che integrano una manipolazione del mercato, per le quali è già stata pronunciata una condanna penale definitiva a suo carico. 22 In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6, in combinato disposto con l’articolo 5 della stessa, gli Stati membri impongono, fatto salvo il loro diritto di infliggere sanzioni penali, misure o sanzioni amministrative efficaci, proporzionate e dissuasive a carico delle persone responsabili di manipolazioni del mercato. 23 Secondo quanto indicato nell’ordinanza di rinvio, l’articolo 187 ter del TUF è stato adottato al fine di recepire nel diritto italiano tali disposizioni della direttiva 2003/6. Il procedimento amministrativo discusso nel procedimento principale e la sanzione amministrativa pecuniaria prevista a detto articolo 187 ter, inflitta al sig. R., costituiscono quindi un’attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. Pertanto, essi devono, in particolare, rispettare il diritto fondamentale di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato, sancito all’articolo 50 della stessa. 24 Inoltre, sebbene, come confermato dall’articolo 6, paragrafo 3, TUE, i diritti fondamentali riconosciuti dalla CEDU facciano parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali e sebbene l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta disponga che i diritti in essa contemplati corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU abbiano lo stesso significato e la stessa portata di quelli conferiti dalla suddetta Convenzione, quest’ultima non costituisce, fintantoché l’Unione europea non vi abbia aderito, un atto giuridico formalmente integrato nell’ordinamento giuridico dell’Unione sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C 617/10, EU C 2013 105, punto 44, nonché del 15 febbraio 2016, N., C 601/15 PPU, EU C 2016 84, punto 45 e giurisprudenza ivi citata . 25 Secondo le spiegazioni relative all’articolo 52 della Carta, il paragrafo 3 del suddetto articolo intende assicurare la necessaria coerenza tra la Carta e la CEDU, senza che ciò pregiudichi l’autonomia del diritto dell’Unione e della Corte di giustizia dell’Unione europea sentenze del 15 febbraio 2016, N., C 601/15 PPU, EU C 2016 84, punto 47, e del 14 settembre 2017, K., C 18/16, EU C 2017 680, punto 50 e giurisprudenza ivi citata . 26 Di conseguenza, l’esame della questione sollevata deve essere condotto alla luce dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta e, in particolare, del suo articolo 50 v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2017, Orsi e Baldetti, C 217/15 e C 350/15, EU C 2017 264, punto 15 e giurisprudenza ivi citata . 27 L’articolo 50 della Carta stabilisce che [n]essuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge . Pertanto, il principio del ne bis in idem vieta un cumulo sia di procedimenti penali sia di sanzioni di natura penale ai sensi di detto articolo per i medesimi fatti e nei confronti della stessa persona v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C 617/10, EU C 2013 105, punto 34 . Sulla natura penale dei procedimenti e delle sanzioni 28 Per quanto riguarda la valutazione della natura penale di procedimenti e di sanzioni come quelli di cui al procedimento principale, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, sono rilevanti tre criteri. Il primo consiste nella qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, il secondo nella natura dell’illecito e il terzo nel grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere v., in tal senso, sentenze del 5 giugno 2012, Bonda, C 489/10, EU C 2012 319, punto 37, e del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C 617/10, EU C 2013 105, punto 35 . 29 Se è vero che spetta al giudice del rinvio valutare, alla luce di tali criteri, se i procedimenti e le sanzioni penali e amministrativi di cui al procedimento principale rivestano natura penale ai sensi dell’articolo 50 della Carta, la Corte, pronunciandosi su un rinvio pregiudiziale, può tuttavia fornire precisazioni tese a guidare il giudice nazionale nella sua interpretazione v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2014, Mahdi, C 146/14 PPU, EU C 2014 1320, punto 79 e giurisprudenza ivi citata . 30 Nel caso di specie, occorre anzitutto precisare che la qualificazione penale, alla luce dei criteri richiamati al punto 28 della presente sentenza, dei procedimenti penali e della pena della reclusione, menzionati al punto 14 della presente sentenza, di cui il sig. R. è stato oggetto, non è in discussione. Si pone invece la questione circa la natura penale o meno, ai sensi dell’articolo 50 della Carta, della sanzione amministrativa pecuniaria e del procedimento amministrativo discussi nel procedimento principale. 31 A tale riguardo, quanto al primo criterio richiamato al punto 28 della presente sentenza, risulta dal fascicolo a disposizione della Corte che il diritto nazionale qualifica il procedimento che ha condotto all’irrogazione di quest’ultima sanzione come procedimento amministrativo. 32 Tuttavia, l’applicazione dell’articolo 50 della Carta non si limita ai soli procedimenti e sanzioni qualificati come penali dal diritto nazionale, ma si estende – indipendentemente da tale qualificazione – a procedimenti e sanzioni che devono essere considerati di natura penale sulla base degli altri due criteri indicati al suddetto punto 28. 33 Quanto al secondo criterio, relativo alla natura dell’illecito, esso implica che si verifichi se la sanzione di cui trattasi persegua, in particolare, una finalità repressiva v. sentenza del 5 giugno 2012, Bonda, C 489/10, EU C 2012 319, punto 39 . Ne consegue che una sanzione avente finalità repressiva presenta natura penale ai sensi dell’articolo 50 della Carta, e che la mera circostanza che essa persegua parimenti una finalità preventiva non è idonea a privarla della sua qualificazione di sanzione penale. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 64 delle sue conclusioni, rientra nella natura stessa delle sanzioni penali che esse tendano sia alla prevenzione sia alla repressione di comportamenti illeciti. Per contro, una misura che si limiti a risarcire il danno causato dall’illecito in questione non riveste natura penale. 34 Nella fattispecie, l’articolo 187 ter del TUF prevede che chiunque abbia commesso manipolazioni del mercato sia punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da ventimila a cinque milioni di euro, sanzione che in talune circostanze, come risulta dal comma 5 di tale articolo, può essere aumentata fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dall’illecito. Inoltre, il governo italiano ha precisato, nelle sue osservazioni presentate alla Corte, che l’applicazione di tale sanzione comporta sempre la confisca del prodotto o del profitto ottenuto grazie all’illecito e dei beni utilizzati per commetterlo. Risulta quindi che tale sanzione non ha soltanto lo scopo di risarcire il danno causato dall’illecito, ma persegue anche una finalità repressiva – il che del resto corrisponde alla valutazione del giudice del rinvio – e presenta, pertanto, natura penale. 35 Per quanto riguarda il terzo criterio, occorre rilevare che una sanzione amministrativa pecuniaria che può raggiungere l’importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito con le manipolazioni di mercato presenta un grado di gravità elevato, tale da corroborare la tesi secondo cui tale sanzione riveste natura penale ai sensi dell’articolo 50 della Carta, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare. Sull’esistenza di uno stesso reato 36 Dai termini stessi dell’articolo 50 della Carta emerge che esso vieta di perseguire o condannare la stessa persona più di una volta per lo stesso reato v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2017, Orsi e Baldetti, C 217/15 e C 350/15, EU C 2017 264, punto 18 . Come indicato dal giudice del rinvio nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, i diversi procedimenti e sanzioni di natura penale di cui al procedimento principale riguardano la stessa persona, vale a dire il sig. R 37 Secondo la giurisprudenza della Corte, il criterio rilevante al fine di valutare l’esistenza di uno stesso reato è quello dell’identità dei fatti materiali, intesi come esistenza di un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro, che hanno condotto all’assoluzione o alla condanna definitiva dell’interessato v., per analogia, sentenze del 18 luglio 2007, Kraaijenbrink, C 367/05, EU C 2007 444, punto 26 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 16 novembre 2010, Mantello, C 261/09, EU C 2010 683, punti 39 e 40 . L’articolo 50 della Carta vieta quindi di infliggere, per fatti identici, più sanzioni di natura penale a seguito di procedimenti differenti svolti a tal fine. 38 Inoltre, la qualificazione giuridica, in diritto nazionale, dei fatti e dell’interesse giuridico tutelato non sono rilevanti ai fini dell’accertamento dell’esistenza di uno stesso reato, poiché la portata della tutela conferita all’articolo 50 della Carta non può variare da uno Stato membro all’altro. 39 Nel caso di specie, il giudice del rinvio rileva che sono le stesse condotte, consistenti in manipolazioni tese a richiamare l’attenzione del pubblico sui titoli di RCS Mediagroup, ad essere state addebitate al sig. R. tanto nel procedimento penale che ha portato alla sua condanna penale definitiva quanto nel procedimento riguardante la sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale di cui al procedimento principale. 40 Sebbene, come sostenuto dalla Consob nelle sue osservazioni scritte, l’irrogazione di una sanzione penale al termine di un procedimento penale, come quella discussa nel procedimento principale, richieda, a differenza della suddetta sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale, un elemento soggettivo, occorre rilevare che la circostanza secondo cui l’irrogazione di tale sanzione penale dipende da un elemento costitutivo aggiuntivo rispetto alla sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale non è, di per sé sola, tale da mettere in discussione l’identità dei fatti materiali interessati. Con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, la sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale e il procedimento penale discussi nel procedimento principale sembrano quindi avere ad oggetto uno stesso reato. 41 Ciò considerato, risulta che la normativa nazionale di cui al procedimento principale consente di celebrare un procedimento riguardante una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale ai sensi dell’articolo 50 della Carta nei confronti di una persona, quale il sig. R., per condotte illecite che integrano una manipolazione del mercato per le quali è già stata pronunciata a suo carico una condanna penale definitiva. Orbene, un simile cumulo di procedimenti e di sanzioni costituisce una limitazione del diritto garantito da detto articolo 50. Sulla giustificazione della limitazione del diritto garantito dall’articolo 50 della Carta 42 Occorre ricordare che, nella sua sentenza del 27 maggio 2014, Spasic C 129/14 PPU, EU C 2014 586, punti 55 e 56 , la Corte ha dichiarato che una limitazione del principio del ne bis in idem garantito dall’articolo 50 della Carta può essere giustificata sulla base dell’articolo 52, paragrafo 1, della medesima. 43 Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, primo periodo, della Carta, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla stessa Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. A termini del secondo periodo del suddetto paragrafo, nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni a tali diritti e libertà solo qualora siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. 44 Nel caso di specie, è pacifico che la possibilità di cumulare procedimenti e sanzioni penali nonché procedimenti e sanzioni amministrativi di natura penale è prevista dalla legge. 45 Inoltre, una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale rispetta il contenuto essenziale dell’articolo 50 della Carta, in quanto consente un cumulo siffatto di procedimenti e di sanzioni solo a condizioni tassativamente fissate, garantendo in tal modo che il diritto sancito a detto articolo 50 non sia messo in discussione in quanto tale. 46 Per quanto riguarda la questione se la limitazione del principio del ne bis in idem risultante da una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale risponda a un obiettivo di interesse generale, risulta dal fascicolo a disposizione della Corte che tale normativa mira a tutelare l’integrità dei mercati finanziari dell’Unione e la fiducia del pubblico negli strumenti finanziari. Alla luce dell’importanza che la giurisprudenza della Corte attribuisce, al fine di realizzare tale obiettivo, alla lotta contro le violazioni del divieto di manipolazioni del mercato v., in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2009, Spector Photo Group e Van Raemdonck, C 45/08, EU C 2009 806, punti 37 e 42 , un cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale può essere giustificato qualora tali procedimenti e tali sanzioni perseguano, ai fini del conseguimento di un simile obiettivo, scopi complementari riguardanti, eventualmente, aspetti diversi del medesimo comportamento illecito interessato, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. 47 A tal riguardo, in materia di illeciti legati alle manipolazioni del mercato, sembra legittimo che uno Stato membro voglia, da un lato, scoraggiare e reprimere ogni violazione, intenzionale o meno, del divieto di manipolazione del mercato applicando sanzioni amministrative stabilite, se del caso, in maniera forfettaria e, dall’altro, scoraggiare e reprimere violazioni gravi di tale divieto, che sono particolarmente dannose per la società e che giustificano l’adozione di sanzioni penali più severe. 48 Con riferimento al rispetto del principio di proporzionalità, quest’ultimo esige che il cumulo di procedimenti e di sanzioni previsto da una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, non ecceda i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti da tale normativa, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati dalla stessa non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti v., in tal senso, sentenze del 25 febbraio 2010, Müller Fleisch, C 562/08, EU C 2010 93, punto 43 del 9 marzo 2010, ERG e a., C 379/08 e C 380/08, EU C 2010 127, punto 86, nonché del 19 ottobre 2016, EL EM 2001, C 501/14, EU C 2016 777, punti 37 e 39 e giurisprudenza ivi citata . 49 A tale riguardo, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6, in combinato disposto con l’articolo 5 della medesima, gli Stati membri dispongono di una libertà di scelta delle sanzioni applicabili nei confronti dei responsabili di manipolazioni del mercato v., in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2009, Spector Photo Group e Van Raemdonck, C 45/08, EU C 2009 806, punti 71 e 72 . In mancanza di armonizzazione del diritto dell’Unione in materia, gli Stati membri sono pertanto legittimati a prevedere sia un regime in cui violazioni del divieto di manipolazioni del mercato possono essere oggetto di procedimenti e sanzioni una sola volta, sia un regime che autorizza un cumulo di procedimenti e di sanzioni. Ciò considerato, la proporzionalità di una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, non può essere messa in dubbio per il solo fatto che lo Stato membro di cui trattasi abbia optato per la possibilità di un cumulo siffatto, a pena di privare detto Stato membro di tale libertà di scelta. 50 Ciò precisato, si deve rilevare che una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che prevede una tale possibilità di cumulo è idonea a realizzare l’obiettivo di cui al punto 46 della presente sentenza. 51 Quanto al suo carattere strettamente necessario, una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale deve, in primo luogo, prevedere norme chiare e precise che consentano a un soggetto di comprendere quali atti e omissioni possano costituire oggetto di un tale cumulo di procedimenti e di sanzioni. 52 Nella fattispecie, come emerge dagli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte, la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, in particolare l’articolo 187 ter del TUF, stabilisce le condizioni alle quali la diffusione di informazioni false e il compimento di operazioni simulate, suscettibili di fornire indicazioni false o fuorvianti in merito a strumenti finanziari, possono dar luogo all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale. Conformemente all’articolo 187 ter e alle condizioni di cui all’articolo 185 del TUF, condotte del genere possono inoltre, se concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari, essere punite con la reclusione o con la multa. 53 Pertanto, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, risulta che la normativa nazionale oggetto del procedimento principale prevede, in modo chiaro e preciso, in quali circostanze le manipolazioni del mercato possano essere oggetto di un cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale. 54 Inoltre, una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, deve garantire che gli oneri risultanti, per gli interessati, da un tale cumulo siano limitati allo stretto necessario per realizzare l’obiettivo indicato al punto 46 della presente sentenza. 55 Per quanto riguarda, da un lato, il cumulo di procedimenti di natura penale che, come emerge dagli elementi contenuti nel fascicolo, sono condotti in modo indipendente, il requisito ricordato al punto precedente implica l’esistenza di norme che assicurino un coordinamento volto a ridurre allo stretto necessario l’onere supplementare che un simile cumulo comporta per gli interessati. 56 Dall’altro, il cumulo di sanzioni di natura penale deve accompagnarsi a norme che consentano di garantire che la severità dell’insieme delle sanzioni inflitte corrisponda alla gravità del reato di cui trattasi, obbligo, questo, che deriva non solo dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, ma anche dal principio di proporzionalità delle pene sancito all’articolo 49, paragrafo 3, della stessa. Tali norme devono prevedere l’obbligo per le autorità competenti, in caso di irrogazione di una seconda sanzione, di assicurarsi che la severità dell’insieme delle sanzioni inflitte non ecceda la gravità del reato accertato. 57 Nel caso di specie, vero è che l’obbligo di cooperazione e di coordinamento tra il pubblico ministero e la Consob previsto all’articolo 187 decies del TUF può ridurre l’onere derivante, per l’interessato, dal cumulo di un procedimento riguardante una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale e di un procedimento penale per condotte illecite che integrano una manipolazione del mercato. Tuttavia va sottolineato che, nel caso in cui sia stata pronunciata una condanna penale in forza dell’articolo 185 del TUF al termine di un procedimento penale, la celebrazione del procedimento riguardante la sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale eccede quanto è strettamente necessario per il conseguimento dell’obiettivo di cui al punto 46 della presente sentenza, qualora tale condanna penale sia idonea a reprimere l’infrazione commessa in modo efficace, proporzionato e dissuasivo. 58 A tale riguardo, dagli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte e riassunti al punto 52 della presente sentenza risulta che le manipolazioni del mercato, che possono costituire oggetto di una condanna penale in forza dell’articolo 185 del TUF, devono presentare una certa gravità e che le pene che possono essere inflitte in forza di tale disposizione comprendono la reclusione nonché una multa, il cui spazio edittale corrisponde a quello previsto per la sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale di cui all’articolo 187 ter del TUF. 59 Ciò considerato, risulta che il fatto di proseguire un procedimento di sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale ai sensi di tale articolo 187 ter eccederebbe quanto strettamente necessario per conseguire l’obiettivo di cui al punto 46 della presente sentenza, nei limiti in cui la condanna penale pronunciata in via definitiva, tenuto conto del danno causato alla società dal reato commesso, sia idonea a reprimere tale reato in maniera efficace, proporzionata e dissuasiva, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. 60 Si deve aggiungere, con riferimento al cumulo di sanzioni autorizzato dalla normativa discussa nel procedimento principale, che quest’ultima sembra limitarsi a prevedere, all’articolo 187 terdecies del TUF, che quando per lo stesso fatto sono state applicate una multa e una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale, l’esazione della prima è limitata alla parte eccedente l’importo della seconda. Orbene, dal momento che l’articolo 187 terdecies sembra avere ad oggetto solamente il cumulo di pene pecuniarie, e non il cumulo di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale e di una pena della reclusione, risulta che detto articolo non garantisce che la severità dell’insieme delle sanzioni inflitte sia limitata a quanto strettamente necessario rispetto alla gravità del reato in questione. 61 Pertanto, emerge che una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale, che permette, dopo una condanna penale divenuta definitiva, alle condizioni indicate al punto precedente, la celebrazione di un procedimento riguardante una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale, eccede quanto strettamente necessario per conseguire l’obiettivo di cui al punto 46 della presente sentenza, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare. 62 Tale conclusione non è rimessa in discussione dalla circostanza che la pena definitiva pronunciata in applicazione dell’articolo 185 del TUF può, se del caso, estinguersi successivamente per effetto di un indulto, come sembra avvenuto nel procedimento principale. Infatti, dall’articolo 50 della Carta emerge che la protezione conferita dal principio del ne bis in idem deve applicarsi alle persone che sono state assolte o condannate con sentenza penale definitiva, comprese, quindi, quelle alle quali è stata inflitta, con una sentenza siffatta, una sanzione penale successivamente estintasi per indulto. Pertanto, una circostanza del genere è irrilevante per valutare il carattere strettamente necessario di una normativa nazionale come quella discussa nel procedimento principale. 63 Alla luce di tutte le precedenti considerazioni, occorre rispondere alla questione posta dichiarando che l’articolo 50 della Carta dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, che consente di celebrare un procedimento riguardante una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale nei confronti di una persona per condotte illecite che integrano una manipolazione del mercato, per le quali è già stata pronunciata una condanna penale definitiva a suo carico, nei limiti in cui tale condanna, tenuto conto del danno causato alla società dal reato commesso, sia idonea a reprimere tale reato in maniera efficace, proporzionata e dissuasiva. Sulla seconda questione 64 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il principio del ne bis in idem garantito dall’articolo 50 della Carta conferisca ai soggetti dell’ordinamento un diritto direttamente applicabile nell’ambito di una controversia come quella oggetto del procedimento principale. 65 Secondo costante giurisprudenza, le disposizioni di diritto primario che impongono obblighi precisi e categorici, che non richiedono, per la loro applicazione, alcun intervento ulteriore delle autorità dell’Unione o nazionali, attribuiscono direttamente diritti ai soggetti dell’ordinamento v., in tal senso, sentenze del 1° luglio 1969, Brachfeld e Chougol Diamond, 2/69 e 3/69, EU C 1969 30, punti 22 e 23, nonché del 20 settembre 2001, Banks, C 390/98, EU C 2001 456, punto 91 . 66 Orbene, il diritto che il menzionato articolo 50 conferisce ai soggetti dell’ordinamento non è accompagnato, secondo i termini stessi del medesimo, da alcuna condizione ed è quindi direttamente applicabile nell’ambito di una controversia come quella principale. 67 A questo proposito, occorre ricordare che la Corte ha già riconosciuto l’efficacia diretta dell’articolo 50 della Carta affermando, al punto 45 della sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson C 617/10, EU C 2013 105 , che, nell’esaminare la compatibilità di norme di diritto interno con i diritti garantiti dalla Carta, il giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito di propria competenza, le norme del diritto dell’Unione ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale. 68 Occorre pertanto rispondere alla seconda questione dichiarando che il principio del ne bis in idem garantito dall’articolo 50 della Carta conferisce ai soggetti dell’ordinamento un diritto direttamente applicabile nell’ambito di una controversia come quella oggetto del procedimento principale. Sulle spese 69 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte Grande Sezione dichiara 1 L’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, che consente di celebrare un procedimento riguardante una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale nei confronti di una persona per condotte illecite che integrano una manipolazione del mercato, per le quali è già stata pronunciata una condanna penale definitiva a suo carico, nei limiti in cui tale condanna, tenuto conto del danno causato alla società dal reato commesso, sia idonea a reprimere tale reato in maniera efficace, proporzionata e dissuasiva. 2 Il principio del ne bis in idem garantito dall’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea conferisce ai soggetti dell’ordinamento un diritto direttamente applicabile nell’ambito di una controversia come quella oggetto del procedimento principale. * Fonte curia.europea.eu