Rilascio del visto ai fini del ricongiungimento di coniugi cittadini di paesi terzi: ma serve il requisito della conoscenza elementare della lingua?

Tale requisito introdotto in Germania nel 2007 non è compatibile né con la clausola di standstill dell’Accordo di associazione con la Turchia né con la direttiva sul ricongiungimento familiare, in quanto occorre tenere conto dell’interesse dei figli minori e dell’insieme delle circostanze rilevanti in concreto.

Lo afferma l’avvocato generale presso la Corte di Giustizia nelle sue conclusioni nella causa C-138/13 dell’30 aprile 2014. La questione. La controversia riguarda la materia del ricongiungimento dei coniugi cittadini di paesi terzi. In particolare, dal 2007 la Germania subordina, in linea di massima, il rilascio di un visto alla condizione che il coniuge che intenda beneficiare del ricongiungimento sia in grado di esprimersi in tedesco almeno in modo semplice, anche per iscritto. Tale nuova condizione mira a facilitare l’integrazione dei nuovi arrivati in Germania e a contrastare i matrimoni forzati. La vicenda. La fattispecie riguarda una cittadina turca residente in Turchia, la quale da 4 anni intende raggiungere suo marito in Germania. Questi, parimenti cittadino turco, dal 1998 vive in Germania, dove dirige una s.r.l. di cui è l’azionista maggioritario e dove è titolare di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato. Prima di sposarsi civilmente nel 2007, i due coniugi avevano già contratto matrimonio religioso. La coppia ha avuto quattro figli e nel gennaio 2012 l’ambasciata tedesca in Turchia ha nuovamente negato alla signora, per il fatto di essere analfabeta e di non possedere pertanto le necessarie conoscenze linguistiche, il rilascio di un visto a titolo di ricongiungimento familiare. La signora ha quindi presentato ricorso dinanzi al tribunale amministrativo di Berlino. Tale giudice chiede alla Corte di Giustizia se il requisito linguistico, introdotto in Germania nel 2007, sia compatibile con il diritto dell’Unione e, in particolare, con la clausola di standstill contenuta nel Protocollo addizionale, firmato il 23 novembre 1970 a Bruxelles e concluso a nome della Comunità dal regolamento CEE n. 2760/72 del Consiglio, relativo alle misure da adottare nel corso della fase transitoria dell’associazione creata con l’Accordo tra la Comunità economica europea e la Turchia. Questa clausola vieta l’introduzione di nuove restrizioni alla libertà di stabilimento, rispetto a quelle esistenti al momento dell’entrata in vigore della clausola per lo Stato membro interessato. Per meglio comprendere la fattispecie al centro della controversia oggetto delle conclusioni dell’avvocato generale risulta opportuno ricordare che la clausola di standstill vieta che cittadini turchi che si siano avvalsi della libertà di stabilimento ai sensi dell’Accordo di associazione siano soggetti a nuove misure che, alla stregua del requisito linguistico controverso nella fattispecie, hanno per oggetto o per effetto di rendere più difficile l’ingresso del loro coniuge nel territorio dello Stato membro a titolo di ricongiungimento familiare. Per l’avvocato generale la mancanza di un ricongiungimento familiare dissuade lo straniero di stabilirsi nell’UE. Infatti l’assenza, per un cittadino turco, della prospettiva concreta di un ricongiungimento familiare sul territorio dello Stato membro in cui è stabilito o intende stabilirsi al fine di esercitare la sua attività autonoma è in grado di ostacolare o, quantomeno, di rendere meno attraente l’esercizio, da parte sua, della libertà di stabilimento di cui all’Accordo di associazione. In mancanza di tale prospettiva, un tale cittadino potrebbe sia essere dissuaso dall’andare a stabilirsi nel territorio dell’Unione qualora il vincolo familiare sia già presente , sia essere spinto ad interrompere la sua attività e a lasciare tale territorio nell’ipotesi in cui il vincolo si sia creato dopo la sua partenza . In entrambi i casi sarebbe obbligato a scegliere tra la sua attività e il mantenimento dell’unità familiare. È giustificato il requisito della conoscenza della lingua? Per quanto riguarda la questione se il requisito della lingua possa essere giustificato dalla lotta contro i matrimoni forzati, l’avvocato generale ritiene che tale requisito sia in ogni caso sproporzionato. Esso è infatti in grado di ritardare all’infinito il ricongiungimento familiare nel territorio dello Stato membro interessato e, salvo un numero ridotto di eccezioni definite in maniera esaustiva, si applica indipendentemente da una valutazione dell’insieme delle circostanze rilevanti del caso di specie. In tal senso, un visto può in particolare essere rilasciato qualora il coniuge che chiede il ricongiungimento non sia in grado, a causa di una malattia o di un’inabilità fisica, mentale o psicologica, di dimostrare che dispone di conoscenze elementari del tedesco. L’obbligo di partecipare a corsi di lingua favorirebbe l’integrazione. Secondo il governo tedesco, obbligare il coniuge che intende beneficiare del ricongiungimento a partecipare a corsi d’integrazione e di lingua successivamente al suo arrivo sarebbe meno efficace, al fine di impedire l’esclusione sociale delle vittime di matrimoni forzati, rispetto al fatto di subordinare il suo ingresso alla previa acquisizione di conoscenze linguistiche. L’avvocato generale, tuttavia, respinge tale tesi. Egli ritiene infatti che l’obbligo di partecipare a corsi d’integrazione e di lingua indurrebbe le persone coinvolte ad uscire dal loro contesto familiare, favorendo così il loro contatto con la società tedesca. I familiari che esercitino una costrizione su tali persone sarebbero costretti a consentire un tale contatto, che altrimenti potrebbe essere concretamente ostacolato nonostante le elementari conoscenze linguistiche che la persona possa avere. Inoltre, il fatto di intrattenere relazioni regolari con gli organismi e le persone responsabili dell’organizzazione di siffatti corsi potrebbe contribuire a creare le condizioni favorevoli a una richiesta d’aiuto spontanea da parte delle vittime e agevolare l’identificazione e la denuncia alle autorità competenti delle situazioni che richiedono il loro intervento. La coniuge turca si può opporre al diniego di rilascio del visto. L’avvocato generale conclude dichiarando che, tenuto conto della nuova restrizione apportata alla libertà di stabilimento di suo marito, la signora turca è legittimata ad opporsi all’applicazione nei suoi confronti del requisito linguistico imposto dalla Germania. La direttiva sul ricongiungimento familiare osta a che il rilascio di un visto a titolo di ricongiungimento familiare sia subordinato alla prova che il coniuge conosca la lingua. Il Tribunale amministrativo di Berlino chiede, inoltre, se la direttiva sul ricongiungimento familiare, in forza della quale gli Stati membri hanno il diritto di richiedere che i potenziali beneficiari del ricongiungimento familiare si conformino a determinate misure di integrazione, impedisca che il diritto di fare ingresso in Germania del coniuge di un cittadino di un paese terzo che soggiorna regolarmente in tale Stato sia subordinato alla dimostrazione di una conoscenza di base della lingua tedesca. Tenuto conto della risposta che propone di dare alla prima questione relativa alla clausola di standstill , l’avvocato generale non ritiene necessario rispondere a tale questione più generale. Tuttavia, per il caso in cui la Corte non seguisse la soluzione da lui proposta, propone di rispondere dichiarando che la direttiva osta a che il rilascio di un visto a titolo di ricongiungimento familiare sia subordinato, come nel caso di specie, alla prova che il coniuge che chiede il ricongiungimento possiede conoscenze elementari della lingua dello Stato membro interessato, ove non esista alcuna possibilità di concedere esenzioni sulla base di un esame individuale. Occorre considerare le difficoltà dell’individuo ad acquisire la conoscenza della lingua. Tale verifica dovrebbe essere effettuata tenendo conto dell’interesse dei figli minori e dell’insieme delle circostanze rilevanti del caso di specie. È opportuno pertanto considerare e tenere conto della disponibilità e dell’accessibilità in particolare in termini di costi dell’insegnamento e del materiale, nello Stato di residenza del coniuge che intende beneficiare del ricongiungimento, necessari ad acquisire il livello linguistico richiesto, nonché delle difficoltà, anche di carattere temporaneo, incontrate dal coniuge, connesse al suo stato di salute o alla sua situazione personale quali l’età, l’analfabetismo, l’handicap e il livello di istruzione .

Avvocato Generale, conclusioni 30 aprile 2014, causa C-138/13 * Accordo di associazione CEE ‑ Turchia – Protocollo addizionale – Articolo 41, paragrafo 1 – Normativa nazionale che modifica le condizioni di ingresso nel territorio nazionale ai fini del ricongiungimento familiare del coniuge di un cittadino turco che ha esercitato la libertà di stabilimento – Direttiva 2003/86/CE – Articolo 7, paragrafo 2 – Normativa nazionale che richiede la prova di conoscenze linguistiche di base per il coniuge che desidera fare ingresso nel territorio nazionale ai fini del ricongiungimento familiare 1. Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare l’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale, firmato il 23 novembre 1970 a Bruxelles e concluso, approvato e confermato a nome della Comunità dal regolamento CEE n. 2760/72 del Consiglio, del 19 dicembre 1972 2 in prosieguo il Protocollo addizionale , relativo alle misure da adottare nel corso della fase transitoria dell’associazione creata con l’Accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica di Turchia, firmato il 12 settembre 1963 ad Ankara dalla Repubblica di Turchia, da una parte, nonché dagli Stati membri della CEE e dalla Comunità, dall’altra, e concluso, approvato e confermato a nome di quest’ultima con la decisione 64/732/CEE del Consiglio, del 23 dicembre 1963 3 in prosieguo l’ Accordo di associazione , nonché l’articolo 7, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare 4 . La suddetta domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Naime Dogan e la Repubblica federale di Germania in merito al rigetto, da parte delle autorità tedesche, della sua domanda di rilascio di un visto ai fini del ricongiungimento familiare. I – Contesto normativo A – Il diritto dell’Unione 1. L’Accordo di associazione e il Protocollo addizionale 2. Ai sensi del suo articolo 2, paragrafo 1, l’Accordo di associazione ha lo scopo di promuovere un rafforzamento continuo ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra le parti contraenti, tenendo pienamente conto della necessità di assicurare un più rapido sviluppo dell’economia turca ed il miglioramento del livello di occupazione e del tenore di vita del popolo turco. Secondo l’articolo 13 di tale accordo [l]e Parti contraenti convengono d’ispirarsi agli articoli da [43 CE] a [46 CE] incluso e all’articolo [48 CE] per eliminare tra loro le restrizioni alla libertà di stabilimento . 3. Conformemente al suo articolo 62, il Protocollo addizionale costituisce parte integrante dell’Accordo di associazione. L’articolo 41, paragrafo 1, di tale protocollo dispone che [l]e parti contraenti si astengono dall’introdurre tra loro nuove restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi . 2. La direttiva 2003/86 4. Ai sensi del suo articolo 1, lo scopo della direttiva 2003/86 è quello di fissare le condizioni dell’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri . Ai sensi del suo articolo 4, paragrafo 1, subordinatamente alle condizioni stabilite al capo IV di tale direttiva nonché al suo articolo 16, gli Stati membri autorizzano l’ingresso e il soggiorno dei membri della famiglia nucleare, tra i quali il coniuge del soggiornante. 5. L’articolo 7 della suddetta direttiva, inserito nel capo IV, intitolato Condizioni richieste per l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare , è formulato come segue 1. Al momento della presentazione della domanda di ricongiungimento familiare, lo Stato membro interessato può chiedere alla persona che ha presentato la richiesta di dimostrare che il soggiornante dispone a di un alloggio b di un’assicurazione contro le malattie c di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari . 2. Gli Stati membri possono chiedere ai cittadini di paesi terzi di soddisfare le misure di integrazione, conformemente alla legislazione nazionale. In riferimento ai rifugiati e/o ai loro familiari di cui all’articolo 12, le misure di integrazione di cui al primo comma possono essere applicate soltanto dopo che alle persone interessate sia stato accordato il ricongiungimento familiare . 6. Ai sensi dell’articolo 17 della direttiva 2003/86, gli Stati membri [i]n caso di rigetto di una domanda, di ritiro o di mancato rinnovo del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di allontanamento nei confronti del soggiornante o dei suoi familiari, prendono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari della persona e la durata del suo soggiorno nello Stato membro, nonché l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d’origine . B – Il diritto tedesco 7. Come risulta dalla decisione di rinvio, il rilascio del visto richiesto dalla sig.ra Dogan è disciplinato dalle disposizioni della legge tedesca in materia di soggiorno, di lavoro e di integrazione degli stranieri nel territorio federale Gesetz über den Aufenthalt, die Erwerbstätigkeit und die Integration von Ausländern im Bundesgebiet in prosieguo la legge sul soggiorno degli stranieri , novellata dalla comunicazione del 25 febbraio 2008 5 , da ultimo modificata dall’articolo 2 della legge del 21 gennaio 2013 6 . Sotto la rubrica Obiettivo della legge ambito di applicazione , l’articolo 1 della suddetta legge, al suo paragrafo 2, punto 1 , dispone quanto segue La presente legge non si applica agli stranieri 1 il cui status è disciplinato dalla legge relativa alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione [Gesetz über die allgemeine Freizügigkeit von Unionsbürgen], salvo disposizione normativa contraria, . 8. Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 8 Una conoscenza elementare della lingua tedesca corrisponde al livello A1 del quadro europeo comune di riferimento per le lingue raccomandazione del comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa n. R 98 6, del 17 marzo 1998, relativa al quadro comune di riferimento per le lingue . 9. L’articolo 4, rubricato Necessità di un permesso di soggiorno al paragrafo 1, punto 1 , prevede che, [p]er accedere e soggiornare nel territorio della Repubblica federale, gli stranieri devono possedere un permesso di soggiorno a meno che un diritto di soggiorno non sussista ai sensi dell’Accordo del 12 settembre 1963 che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia . Il permesso di soggiorno è rilasciato sotto forma di visto ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, punti 1 e 3, della presente legge . 10. Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, [p]er i soggiorni di lungo periodo è necessario il possesso di un visto per il territorio federale visto nazionale rilasciato prima dell’ingresso. . 11. L’articolo 27, paragrafo 1, dispone che [a]l fine della tutela del matrimonio e della famiglia, sancita all’articolo 6 della Costituzione tedesca Grundgesetz , il permesso di soggiorno a tempo determinato può essere rilasciato e prorogato per stabilire o preservare la comunità di vita familiare nel territorio federale a vantaggio dei membri della famiglia straniera ricongiungimento familiare . 12. Sotto la rubrica Ricongiungimento dei coniugi , l’articolo 30, paragrafo 1, prima frase, punto 2, prevede che [d]eve essere rilasciato un permesso di soggiorno a tempo determinato al coniuge di uno straniero qualora il coniuge possa comunicare in modo elementare in tedesco . La seconda frase, punto 1, dello stesso paragrafo dispone che [p]uò essere rilasciato il permesso di soggiorno a tempo determinato, nonostante quanto disposto dal punto 2 della prima frase, qualora lo straniero possieda un permesso di soggiorno ai sensi degli articoli da 19 a 21 della presente legge [permesso di soggiorno per determinate attività lucrative] e il matrimonio fosse già stato contratto quando lo straniero ha spostato il suo centro d’interesse nel territorio federale . Infine, la terza frase, punto 2, prevede che [p]uò essere rilasciato il permesso di soggiorno a tempo determinato, nonostante quanto disposto dal punto 2 della prima frase, qualora il coniuge, a causa di una malattia o di un’inabilità fisica, mentale o psicologica, non sia in grado di dimostrare che dispone delle conoscenze elementari del tedesco . 13. Dall’ordinanza di rinvio risulta che l’articolo 30, paragrafo 1, prima frase, punto 2, della legge sul soggiorno degli stranieri è stato introdotto con la legge del 19 agosto 2007 di trasposizione delle direttive dell’Unione europea in materia di diritto di soggiorno e d’asilo Gesetz zur Umsetzung aufenhalts und asylrechtlicher Richtlinien der Europäischen Union 7 . II – Procedimento principale e questioni pregiudiziali 14. La ricorrente, cittadina turca residente in tale paese, chiede un visto ai fini del ricongiungimento familiare con suo marito, anch’esso cittadino turco, che vive in Germania dal 1998, dove gestisce una società a responsabilità limitata di cui è azionista maggioritario e dove dispone, dal 2002, di un permesso di soggiorno a tempo determinato divenuto, in seguito, un permesso di soggiorno a tempo indeterminato. Prima di sposarsi con rito civile nel 2007, la ricorrente e il sig. Dogan avevano già contratto matrimonio religioso dinanzi ad un imam, unione da cui sono nati in totale quattro figli nel corso degli anni dal 1988 al 1993. 15. Il 18 gennaio 2011, la ricorrente ha chiesto all’ambasciata tedesca ad Ankara il rilascio di un visto ai fini del ricongiungimento familiare dei coniugi e dei figli, per sé e, in un primo tempo, per due dei suoi figli. A tal fine, ha allegato una certificazione dell’istituto Goethe relativa ad un test di lingua di livello A1 che essa avrebbe svolto il 28 settembre 2010 e superato con la valutazione sufficiente 62 punti su 100 . Il risultato nella parte scritta è stato di 14,11 punti su 25. 16. Considerando che la ricorrente, che è analfabeta, ha superato il test scegliendo a caso le risposte di un questionario a risposta multipla e imparando e ripetendo a memoria tre frasi standard, l’ambasciata tedesca ha respinto la domanda con decisione del 23 marzo 2011, in mancanza di dimostrazione della conoscenza della lingua tedesca. La ricorrente non ha contestato la suddetta decisione, ma il 26 luglio 2011 ha presentato, presso la stessa ambasciata, una nuova domanda di rilascio di un visto ai fini del ricongiungimento familiare solo per se stessa, domanda che, ancora una volta, è stata respinta dall’ambasciata con decisione del 31 ottobre 2011. In seguito alla domanda di riesame presentata il 15 novembre 2011 dalla ricorrente tramite un avvocato, l’ambasciata tedesca ad Ankara ha annullato la decisione iniziale e l’ha sostituita con una decisione del 24 gennaio 2012, che ugualmente respinge la domanda in ragione del fatto che la ricorrente non dispone delle conoscenze linguistiche necessarie poiché è analfabeta. 17. La ricorrente ha presentato ricorso nei confronti della decisione del 24 gennaio 2012 dinanzi al giudice del rinvio. Quest’ultimo ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali 1 Se l’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale del 23 novembre 1970 all’Accordo che crea un’associazione tra la CEE e la Turchia del 12 settembre 1963, relativo alla fase transitoria dell’associazione in prosieguo il Protocollo addizionale osti a una norma di diritto interno, introdotta solo successivamente alla sua entrata in vigore, in base alla quale il primo ingresso nella Repubblica federale di Germania di un familiare di un cittadino turco che goda del regime di cui all’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale, è subordinato alla sua previa dimostrazione della capacità di comunicare in modo elementare in tedesco. 2 Se l’articolo 7, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare GU L 251, pag. 12 osti alla norma di diritto interno indicata nella prima questione . III – Analisi A – Sulla prima questione pregiudiziale 18. Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se una norma di diritto interno, adottata successivamente all’entrata in vigore del Protocollo addizionale, che subordina l’ingresso nel territorio dello Stato membro interessato, ai fini del ricongiungimento familiare, del coniuge di un cittadino turco stabilito in tale Stato membro alla dimostrazione che esso disponga di una conoscenza elementare della lingua ufficiale del suddetto Stato membro, costituisca una nuova restrizione ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, del suddetto protocollo. 19. Secondo una giurisprudenza costante, tale disposizione enuncia, in termini chiari, precisi e incondizionati, una clausola non equivoca di standstill che implica un obbligo che si risolve giuridicamente in una semplice astensione 8 e [può] essere invocat[a] dinanzi ai giudici nazionali da cittadini turchi ai quali [è] applicabil[e] al fine di escludere l’applicazione della normativa interna in contrasto con ess[a] 9 . Quanto alla sua portata, la Corte ha precisato che, sebbene la suddetta clausola non sia di per sé tale da far sorgere in capo ad un cittadino turco un diritto di stabilimento o un diritto di soggiorno direttamente derivanti della normativa dell’Unione, essa tuttavia è di ostacolo all’adozione, da parte di uno Stato membro, di qualsiasi nuova misura avente per oggetto o per effetto di sottoporre lo stabilimento e, correlativamente, il soggiorno di tale cittadino nel suo territorio a condizioni più restrittive di quelle che erano applicabili al momento dell’entrata in vigore del Protocollo addizionale nei confronti dello Stato membro considerato 10 . Nello stesso senso, la Corte ha riconosciuto che, benché non abbia come conseguenza di concedere ai cittadini turchi un diritto d’ingresso sul territorio di uno Stato membro dal momento che quest’ultimo, allo stato attuale del diritto dell’Unione, rimane disciplinato dal diritto interno l’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale deve essere applicat[o] anche alla normativa relativa alla prima ammissione dei cittadini turchi in uno Stato membro sul territorio del quale essi intendono avvalersi della libertà di stabilimento ai sensi dell’Accordo di associazione 11 . La clausola in esso contenuta opera, pertanto, non come norma sostanziale, rendendo inapplicabile il diritto sostanziale pertinente al quale si sostituirebbe, ma come una norma di natura quasi procedurale, che stabilisce, ratione temporis, quali sono le disposizioni della normativa di uno Stato membro alla luce delle quali occorre valutare la situazione di un cittadino turco che intende avvalersi della libertà di stabilimento in [tale] Stato membro 12 . In tal senso, l’articolo 41, paragrafo 1, del suddetto protocollo si presenta come il necessario corollario degli artt. 13 e 14 dell’Accordo di associazione, del quale costituisce lo strumento indispensabile per realizzare la progressiva abolizione degli ostacoli nazionali alle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi 13 . 20. Nella fattispecie, sebbene sia pacifico che il sig. Dogan benefici della clausola enunciata dall’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale, in quanto esercita sul territorio dell’Unione un’attività autonoma, si pone al contrario la questione se tale clausola si applichi anche alla moglie, che ha chiesto un visto ai fini del ricongiungimento familiare e non intende fare ingresso nel territorio tedesco al fine di esercitarvi un’attività di cui alla suddetta disposizione. 21. La Commissione europea suggerisce una risposta affermativa, sostenendo che la sig.ra Dogan è legittimata a valersi della suddetta clausola in quanto membro della famiglia del sig. Dogan ai sensi dell’articolo 13 della decisione n. 1/80 del consiglio di associazione, del 19 settembre 1980, relativa allo sviluppo dell’associazione in prosieguo la decisione n. 1/80 . Secondo la Commissione, ai sensi della norma di convergenza d’interpretazione tra l’articolo 41 del Protocollo addizionale e l’articolo 13 della decisione n. 1/80, che enuncia una clausola di standstill analoga 14 , l’interpretazione che la Corte dà di tale ultima disposizione si può estendere alla prima. Orbene, essa ricorda che, nella sentenza pronunciata nelle cause Toprak e Oguz 15 , la Corte ha precisato che l’articolo 13 della decisione n. 1/80 si applica non solo ai regimi che trattano delle condizioni di accesso all’impiego dei lavoratori turchi, ma anche a quelli che riguardano il diritto dei coniugi stranieri in materia di ricongiungimento familiare. 22. Il ragionamento seguito dalla Commissione non mi pare convincente. È vero che, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, l’articolo 13 della decisione n. 1/80 e l’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale, benché abbiano un ambito di applicazione distinto e non possano trovare applicazione congiuntamente, presentano tuttavia un significato identico 16 , che perseguono lo stesso obiettivo e che la portata dell’obbligo di standstill da essi previsto va estesa in via analogica ad ogni nuovo ostacolo all’esercizio della libertà di stabilimento, della libera prestazione di servizi o della libera circolazione dei lavoratori, che consista in un aggravamento dei presupposti esistenti a una certa data 17 . D’altronde, è esattamente sulla base di tale convergenza di obiettivi che la Corte ha dichiarato, nonostante le differenze di formulazione tra le due disposizioni, che l’articolo 13 della decisione n. 1/80 si applica non solo alle misure direttamente connesse all’accesso all’impiego ma, come anche l’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale, anche alle norme che disciplinano la prima ammissione e il soggiorno dei lavoratori turchi 18 . È altrettanto vero che, come risulta dalla sua formulazione, l’articolo 13 della decisione n. 1/80 si applica non solo ai lavoratori turchi, ma anche ai loro familiari e che, quanto a questi ultimi, la Corte, nella sentenza Abatay e a., ha affermato che la suddetta decisione non subordina all’esercizio di un’attività lavorativa il loro accesso al territorio di uno Stato membro a titolo di riunificazione familiare con un lavoratore turco già legittimamente presente nel detto Stato 19 . 23. Tuttavia, come è stato correttamente sottolineato dai governi tedesco e danese nelle loro osservazioni, dalla sentenza Toprak e Oguz risulta che solo qualora la normativa in materia di ricongiungimento familiare oggetto del procedimento principale 20 riguardasse la situazione dei lavoratori turchi, quali i sigg. Toprak e Oguz, sarebbe stato opportuno farla rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della decisione n. 1/80 21 . Una siffatta posizione è coerente con l’obiettivo perseguito da tale disposizione, nonché dall’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale, di impedire che le autorità nazionali introducano nuovi ostacoli all’esercizio, rispettivamente, della libera circolazione dei lavoratori, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi. 24. Orbene, i cittadini turchi, quali la sig.ra Dogan, che chiedono di essere ammessi nel territorio di uno Stato membro unicamente ai fini del ricongiungimento familiare e non per esercitarvi una delle libertà economiche previste dall’Accordo di associazione, non potrebbero invocare la violazione di un tale obiettivo nei loro confronti. 25. Certamente, l’articolo 7 della decisione n. 1/80, a talune condizioni, conferisce diritti autonomi ai familiari dei lavoratori turchi inseriti nel regolare mercato del lavoro 22 allo scopo di creare condizioni favorevoli al ricongiungimento familiare nello Stato membro ospitante 23 . Tuttavia, nell’economia dell’Accordo di associazione, un tale scopo non è che uno strumento che mira ad agevolare la realizzazione degli obiettivi dell’associazione, vale a dire, segnatamente, la progressiva diffusione delle libertà di circolazione dei lavoratori, di stabilimento e della libera prestazione dei servizi ai sensi degli articoli 12, 13 e 14 del suddetto accordo. Ne consegue che da una lettura in combinato disposto degli articoli 7 e 13 della decisione n. 1/80 non si potrebbe concludere che i familiari di un lavoratore turco che hanno chiesto di fare ingresso nel territorio di uno Stato membro ai fini del ricongiungimento familiare e non al fine di esercitarvi un’attività dipendente possano invocare la clausola di standstill per opporsi all’applicazione nei loro confronti di una normativa quale quella oggetto del procedimento principale che è in grado di impedire o, quantomeno, di rendere più difficile l’acquisizione da parte loro dei diritti che potrebbero derivare dall’articolo 7 della decisione n. 1/80. 26. Precisato ciò, si tratta, in questa fase, di esaminare se la sig.ra Dogan, benché non abbia fruito e non intenda fruire delle libertà economiche di cui all’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale, possa valersi della clausola di standstill prevista da tale articolo per opporsi all’applicazione nei suoi confronti di un provvedimento nazionale in grado di costituire una nuova restrizione all’esercizio delle suddette libertà da parte del proprio coniuge. 27. Preliminarmente ricordo che, nella causa Abatay e a., la Corte ha già avuto l’occasione di riconoscere il diritto di un cittadino turco di invocare il beneficio dell’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale, benché non fosse direttamente interessato da tale disposizione. Nella fattispecie, si trattava di camionisti turchi dipendenti di un’impresa stabilita in Turchia che prestava legalmente servizi all’interno di uno Stato membro. Essi si opponevano all’applicazione nei loro confronti di condizioni per l’esercizio della loro attività dipendente introdotte dalla Repubblica federale di Germania dopo l’entrata in vigore del Protocollo addizionale. Basandosi su un’applicazione analogica della sentenza Clean Car Autoservice 24 , la Corte ha sostanzialmente riconosciuto che, poiché i dipendenti di un prestatore di servizi sono indispensabili per consentire a quest’ultimo di fornire le sue prestazioni, il diritto di un datore di lavoro stabilito in Turchia di effettuare prestazioni di servizi in uno Stato membro alle condizioni previste all’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale deve necessariamente essere affiancato dal diritto dei suoi dipendenti di eseguire gli incarichi loro affidati nell’ambito delle suddette prestazioni alle stesse condizioni 25 . 28. È opportuno dunque stabilire se la misura oggetto del procedimento principale, che riguarda le condizioni alle quali è sottoposto il ricongiungimento familiare, comporti una restrizione indiretta, come nel caso esaminato dalla Corte nella citata causa Abatay e a., alla libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale. Al contrario, il suo carattere nuovo ai sensi di tale disposizione non è in discussione. 29. A tal proposito, occorre innanzitutto considerare che dalla formulazione dell’articolo 13 dell’Accordo di associazione, nonché dall’obiettivo dell’associazione CEE‑Turchia, risulta che i principi ammessi nell’ambito degli articoli da 52 a 56 del trattato CE divenuti gli articoli da 43 CE a 47 CE e poi da 49 TFUE a 53 TFUE devono essere applicati, nella misura possibile, ai cittadini turchi. Tale principio interpretativo, inizialmente sancito dalla Corte nell’ambito dell’articolo 12 dell’Accordo di associazione, poi confermato nell’ambito del suo articolo 14 26 è applicabile altresì al suo articolo 13, che contiene una norma analoga alle due summenzionate disposizioni. Come andrò meglio a chiarire in seguito, lungi dall’essere rimesso in discussione dalle sentenze pronunciate dalla Corte nelle cause Ziebell e Demirkan 27 , il suddetto principio è stato espressamente confermato dall’ultima di tali decisioni. 30. È opportuno poi ricordare che, secondo la giurisprudenza, devono essere considerate come restrizioni alla libertà di stabilimento, ai sensi dell’articolo 49 TFUE, tutte le misure che impediscono, ostacolano o rendono meno attraente l’esercizio di tale libertà da parte dei cittadini dell’Unione 28 . Orbene, conformemente al principio esposto al precedente paragrafo 29, tale stessa definizione deve, a mio avviso, essere tenuta presente qualora si tratti di stabilire il contenuto e la portata della nozione di restrizione di cui all’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale. Pertanto, tale disposizione, che cristallizza la normativa alla quale è sottoposta, in un dato momento, la situazione di un cittadino turco che intende fare uso della libertà di stabilimento ai sensi dell’Accordo di associazione, si oppone a qualsiasi deterioramento di tale situazione che possa impedire, ostacolare o rendere meno attraente l’esercizio di tale libertà. 31. Come sostiene la Commissione nelle sue osservazioni, l’assenza, per un cittadino turco, della prospettiva concreta di un ricongiungimento familiare sul territorio dello Stato membro dove è stabilito o intende stabilirsi al fine di esercitare la sua attività autonoma è in grado di ostacolare o, quantomeno, di rendere meno attraente l’esercizio, da parte sua, della libertà di stabilimento di cui all’Accordo di associazione. In mancanza della suddetta prospettiva, un tale cittadino potrebbe, infatti, tanto essere dissuaso dall’andare a stabilirsi nel territorio dell’Unione, qualora il vincolo familiare sia già presente, quanto essere spinto ad interrompere la sua attività e a lasciare il territorio, qualora tale vincolo si sia creato dopo la sua partenza. Nei due casi sarebbe obbligato a scegliere tra la sua attività e il mantenimento dell’unità familiare. 32. A tal proposito, ricordo che tanto il legislatore comunitario, a partire dai primi testi di esecuzione delle disposizioni del trattato, quanto la Corte hanno riconosciuto l’esistenza di un legame di principio tra il mantenimento dell’integrità della vita familiare e il pieno godimento delle libertà fondamentali 29 a condizioni che garantiscano il rispetto della libertà e della dignità dei lavoratori migranti 30 . In tal senso, una violazione della prima è in grado di costituire un ostacolo al pieno esercizio delle seconde 31 . 33. Orbene, benché né l’Accordo di associazione né il Protocollo addizionale o gli atti adottati dal consiglio di associazione prevedano un diritto al ricongiungimento familiare, il legame esistente tra l’esercizio delle libertà economiche di cui al suddetto accordo e l’integrazione familiare impone, a mio avviso, che una misura di uno Stato membro che introduce una nuova condizione all’ingresso nel territorio nazionale del coniuge di un cittadino turco che ha fruito o intende fruire della libertà di stabilimento ai sensi del suddetto accordo con riferimento a quelle esistenti al momento dell’entrata in vigore del Protocollo addizionale per tale Stato membro ricada nell’ambito di applicazione della clausola di standstill prevista dall’articolo 41, paragrafo 1, del suddetto protocollo. 34. Una siffatta conclusione trova conferma nell’obiettivo della suddetta clausola, più volte ricordato dalla Corte, che è quello di creare condizioni favorevoli alla realizzazione progressiva della libertà di stabilimento tra gli Stati membri e la Repubblica di Turchia 32 attraverso il divieto di qualsiasi nuova misura che avrebbe lo scopo o l’effetto di sottoporre lo stabilimento dei cittadini turchi in uno Stato membro a condizioni più restrittive di quelle che derivavano dalle norme ad essi applicabili alla data di entrata in vigore del Protocollo addizionale nei confronti dello Stato membro considerato 33 . Peraltro, tenuto conto della potenzialità dissuasiva delle misure che riguardano le condizioni alle quali è sottoposto il ricongiungimento familiare, non merita accoglimento l’argomento dei governi tedesco e olandese, secondo il quale l’impatto di una norma quale quella oggetto del procedimento principale sull’esercizio della libertà di stabilimento ai sensi dell’Accordo di associazione è troppo distante ed ipotetico per poter rilevare ai fini dell’applicazione della clausola di standstill prevista all’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale. 35. Non si oppongono all’interpretazione proposta le recenti sentenze pronunciate dalla Corte nelle citate cause Ziebell e Demirkan. 36. Nella prima di tali sentenze, la Corte ha escluso dall’ambito dell’Accordo di associazione la direttiva 2004/38 34 , respingendo, di conseguenza, l’argomento avanzato dal sig. Ziebell, secondo il quale l’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , di tale direttiva, che regola la tutela contro l’allontanamento di cui beneficiano i cittadini dell’UE, doveva servire da riferimento per determinare il senso e la portata dell’eccezione al diritto di soggiorno fondata su ragioni di ordine pubblico enunciate all’articolo 14, paragrafo 1, della decisione n. 1/80. La conclusione alla quale è pervenuta la Corte era sostanzialmente fondata sulla constatazione che, contrariamente alla direttiva, che mira ad agevolare l’esercizio del diritto primario e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri che il Trattato conferisce direttamente ai cittadini dell’Unione , l’Accordo di associazione persegue una finalità esclusivamente economica 35 . 37. Il caso di specie si distingue nettamente da quello della causa Ziebell. Nella fattispecie non si tratta di riconoscere all’associazione con la Repubblica di Turchia un oggetto e una finalità che le sono estranei, bensì di garantire la piena realizzazione di quelli che le sono propri, vale a dire, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’Accordo di associazione, promuovere un rafforzamento continuo ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra le Parti, tenendo pienamente conto della necessità di assicurare un più rapido sviluppo dell’economia turca ed il miglioramento del livello dell’occupazione e del tenore di vita del popolo turco . La trasposizione nell’ambito di applicazione dell’Accordo, tramite l’articolo 13 dello stesso, della nozione di ostacolo all’esercizio della libertà di stabilimento, come interpretata e applicata dalla Corte, rientra in tale logica. 38. Nella citata sentenza Demirkan la Corte ha escluso che la nozione di libera prestazione dei servizi di cui all’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale possa essere interpretata nel senso che essa include anche la libertà per i cittadini turchi, destinatari di servizi, di recarsi in uno Stato membro per fruire ivi di una prestazione di servizi. Per giungere ad una siffatta conclusione, la Corte, sulla base della sentenza Ziebell, ha constatato che tra l’Accordo di associazione nonché il suo Protocollo addizionale, da un lato, e il Trattato, dall’altro, sussistono differenze dovute, in particolare, al nesso esistente tra la libera prestazione dei servizi e la libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione e che [l]o sviluppo delle libertà economiche per consentire una libera circolazione delle persone di ordine generale, che sia paragonabile a quella applicabile, ai sensi dell’articolo 21 TFUE, ai cittadini dell’Unione, non è oggetto dell’Accordo di associazione 36 . Secondo la Corte, la libera prestazione passiva dei servizi, derivante dal processo di creazione di un mercato interno concepito come uno spazio senza frontiere al proprio interno, è intimamente connessa al principio generale di libera circolazione delle persone che sottende alla creazione di un siffatto spazio. Al contrario, indipendentemente dal fatto che il tramite sia la libertà di stabilimento oppure la libera prestazione dei servizi, è solo in quanto costituente il corollario dell’esercizio di un’attività economica che la clausola di standstill” [prevista all’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale] può riguardare le condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini turchi nel territorio degli Stati membri 37 . 39. Nella fattispecie non si tratta di trasporre nell’ambito dell’Accordo di associazione un concetto, quale la prestazione passiva di servizi, che racchiude in sé il riconoscimento di un principio generale di libera circolazione delle persone, bensì una nozione, quella di ostacolo all’esercizio della libertà di stabilimento, che consente di definire i contorni di tale libertà e di favorire, imponendo obblighi di astensione alle autorità competenti delle parti contraenti, la sua piena realizzazione conformemente agli obiettivi dell’associazione. Una siffatta operazione si colloca nel solco di una linea giurisprudenziale ben consolidata della Corte che, come ho già rilevato in precedenza, non è smentita ma, al contrario, confermata dalla sentenza Demirkan 38 . 40. Il governo tedesco sostiene che, anche supponendo che la misura oggetto del procedimento principale possa essere qualificata come restrizione ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale, essa sarebbe tuttavia giustificata dall’obiettivo di contrastare i matrimoni forzati. Secondo tale governo, l’acquisizione delle conoscenze linguistiche di base anteriormente all’ingresso nel territorio dello Stato membro ospitante favorirebbe l’integrazione del coniuge nella società di tale Stato, aumenterebbe le sue possibilità di sviluppare una vita sociale autonoma, riducendo allo stesso tempo l’influenza della famiglia acquisita, e gli consentirebbe, all’occorrenza, di rivolgersi alle autorità competenti al fine di ottenere tutela. È necessario osservare che, in generale, l’istruzione è un fattore dissuasivo, poiché rende meno facilmente manipolabili potenziali vittime dei matrimoni forzati. 41. Nella sentenza Demir 39 , la Corte ha precisato che una restrizione ai sensi dell’articolo 13 della decisione n. 1/80 è vietata a meno che essa rientri nelle limitazioni di cui all’articolo 14 di tale decisione [ 40 ] o sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale, sia idonea a garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e non vada al di là di quanto necessario per ottenerlo . In virtù della convergenza di interpretazioni delle clausole di standstill previste all’articolo 13 della decisione n. 1/80 e all’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale, ricordata al precedente paragrafo 22, la stessa eccezione è applicabile nell’ambito di tale ultima disposizione. 42. Orbene, anche supponendo, come sostiene il governo tedesco, che l’obiettivo della lotta contro i matrimoni forzati possa essere invocato da quest’ultimo quale motivo imperativo di interesse generale che giustifica restrizioni ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale e che la misura oggetto del procedimento principale sia adeguata per il perseguimento di un siffatto obiettivo, nutro tuttavia dubbi relativamente al suo carattere proporzionato. Una misura in grado di ritardare in modo indefinito il ricongiungimento familiare nel territorio dello Stato membro interessato e che, salvo un numero ridotto di eccezioni definite in maniera esaustiva, si applica indipendentemente da una valutazione dell’insieme delle circostanze pertinenti di ciascuna fattispecie, non presenta, a mio avviso, un tale carattere. Peraltro, non condivido l’opinione del governo tedesco, secondo il quale misure alternative, per esempio l’obbligo di partecipare a corsi d’integrazione e di lingua successivamente all’ingresso nel territorio tedesco, non sarebbero altrettanto efficaci quanto la preventiva acquisizione di conoscenze linguistiche al fine di evitare l’esclusione sociale delle vittime dei matrimoni forzati. Al contrario, un siffatto obbligo indurrebbe tali persone ad uscire dal loro contesto familiare, favorendo così il loro contatto con la società tedesca. I loro familiari che esercitano una costrizione su di esse sarebbero, per quanto li riguarda, costretti a consentire un tale contatto che, in assenza di un simile obbligo, potrebbe essere concretamente ostacolato, e ciò nonostante il fatto che la persona in questione disponga di una conoscenza elementare del tedesco. Inoltre, il fatto di intrattenere relazioni regolari con gli organismi e le persone responsabili dell’organizzazione dei suddetti corsi potrebbe contribuire a creare le condizioni favorevoli a una richiesta d’aiuto spontanea da parte delle vittime, nonché agevolare l’identificazione e la denuncia alle autorità competenti delle situazioni che richiedono il loro intervento. 43. Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alla prima questione pregiudiziale posta dal Verwaltungsgericht Berlino dichiarando che l’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale deve essere interpretato nel senso che il divieto che ne consegue, per gli Stati membri, di introdurre nuove restrizioni alla libertà di stabilimento ricomprende altresì misure, quali quelle oggetto del procedimento principale, che siano state introdotte successivamente all’entrata in vigore, nello Stato membro interessato, del suddetto protocollo e che hanno per oggetto o per effetto di rendere più difficile l’ingresso nel territorio di tale Stato membro, ai fini del ricongiungimento familiare, del coniuge di un cittadino turco che abbia fruito della libertà di stabilimento ai sensi dell’accordo di associazione. B – Sulla seconda questione pregiudiziale 44. Dal momento che la seconda questione è rilevante solo in caso di risposta negativa alla prima, la esaminerò brevemente nei seguenti paragrafi, solo in via subordinata e nell’ipotesi che la Corte non aderisca alla soluzione da me prospettata in relazione alla prima questione. 45. Con la seconda questione, il giudice del rinvio in sostanza mira a sapere se l’articolo 7, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2003/86 debba essere interpretato nel senso che osta alla normativa oggetto del procedimento principale, che subordina il diritto di accesso in Germania del coniuge di un cittadino di un paese terzo soggiornante regolarmente in tale Stato membro alla dimostrazione di una conoscenza di base della lingua tedesca. 46. L’articolo 7, paragrafo, 2, primo comma, della direttiva 2003/86 prevede che gli Stati membri hanno il diritto di chiedere ai potenziali beneficiari del ricongiungimento familiare di soddisfare le misure di integrazione. Secondo il governo tedesco, la condizione relativa alla conoscenza elementare della lingua tedesca, che persegue il doppio obiettivo di agevolare l’integrazione dei nuovi arrivati in Germania e di contrastare i matrimoni forzati, costituisce una misura di integrazione ammissibile sulla base di tale disposizione. 47. In via preliminare, ricordo che il diritto al rispetto della vita familiare ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali in prosieguo la CEDU rientra tra i diritti fondamentali che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, sono tutelati nell’ordinamento giuridico dell’Unione. Tale diritto, che è altresì sancito all’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali in prosieguo la Carta , ricomprende anche il diritto al ricongiungimento familiare 41 e implica per gli Stati membri obblighi che possono essere di carattere negativo, qualora uno di essi sia tenuto a non espellere un soggetto, ovvero di carattere positivo, quando l’obbligo sia quello di consentire ad un soggetto di fare ingresso e di risiedere sul proprio territorio 42 . Pertanto, benché né la CEDU né la Carta garantiscano, quale diritto fondamentale a favore di uno straniero, alcun diritto di entrare o risiedere nel territorio di un paese determinato, l’esclusione di una persona da un paese in cui vivono i suoi congiunti può rappresentare un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita familiare come tutelato da tali atti 43 . 48. Precisato ciò, è opportuno innanzitutto rilevare che, da una lettura a contrario dell’articolo 7, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2003/86, deriva che, nel caso di persone che non hanno lo status di rifugiato o che non sono familiari di un rifugiato 44 , possono essere imposte misure di integrazione anche prima dell’ingresso nel territorio dello Stato membro interessato. Nella fattispecie, dal momento che nessuno dei coniugi Dogan ha lo status di rifugiato, le autorità tedesche erano legittimate ad imporre alla sig.ra Dogan che essa si conformasse, nel rispetto del diritto nazionale, a misure di integrazione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2003/86 prima del suo ingresso nel territorio tedesco. 49. È opportuno chiarire di seguito l’esatta portata della nozione di misure di integrazione . 50. A tal proposito, ricordo, in via preliminare, che, nella sentenza Chakroun, la Corte, da una parte, ha affermato che, nel sistema della direttiva 2003/86, l’autorizzazione al ricongiungimento è la regola generale e le disposizioni che consentono di apportarvi limiti devono essere interpretate restrittivamente e, dall’altra, ha precisato che la discrezionalità riconosciuta agli Stati membri da tali disposizioni non deve essere impiegata dagli stessi in modo da pregiudicare l’obiettivo della direttiva, che è quello di agevolare il ricongiungimento familiare, e il suo effetto utile 45 . Tali criteri interpretativi, affermati nei confronti dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c , della direttiva 2003/86, che prevede che gli Stati membri possono sottoporre il ricongiungimento alla prova che il soggiornante dispone di risorse stabili e regolari sufficienti , devono guidare anche l’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 2, della stessa direttiva e, in generale, di ogni restrizione al diritto al ricongiungimento familiare. 51. Precisato ciò, la nozione di misure di integrazione deve essere considerata parallelamente a quella di condizioni di integrazione , che non si trova nella direttiva 2003/86, ma che era senza dubbio presente nell’intenzione del legislatore. Infatti, nella direttiva 2003/109/CE 46 , contemporanea e relativa ad un ambito assai prossimo a quello della direttiva 2003/86, il Consiglio dell’Unione europea ha introdotto una clausola l’attuale articolo 15, paragrafo 3 , secondo la quale gli Stati membri possono richiedere a cittadini di paesi terzi di soddisfare le misure di integrazione per poter esercitare il diritto di soggiornare in uno Stato dell’Unione diverso dallo Stato nel quale hanno acquisito lo status di soggiornanti di lungo periodo. Orbene, dall’esame dei lavori preparatori della direttiva 2003/109 risulta che, all’interno del Consiglio, alcune delegazioni nazionali avevano proposto di sostituire, all’articolo 15, il termine misure con il termine condizioni tuttavia, dal momento che la maggioranza degli Stati era contraria, il testo definitivo ha mantenuto l’espressione misure di integrazione , vale a dire la stessa formulazione che si ritrova nell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/86 47 . Al contrario, l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2003/19 consente agli Stati membri di subordinare l’acquisizione dello statuto di soggiornante di lungo periodo a condizioni di integrazione , la cui soddisfazione esclude la possibilità di imporre, successivamente, le misure di integrazione previste dall’articolo 15 48 . 52. Le due nozioni di misure e di condizioni di integrazione devono dunque essere considerate come ben distinte, e certamente non come sinonimi. Tale constatazione non è tuttavia sufficiente per stabilire quale sia, concretamente, la differenza tra le due. Sebbene né la direttiva 2003/86 né la direttiva 2003/109 diano indicazioni esplicite a tal proposito, è tuttavia chiaro che le misure di integrazione devono essere considerate meno gravose rispetto alle condizioni di integrazione . Ciò deriva tanto dall’analisi linguistica delle due espressioni quanto dal fatto che, secondo la direttiva 2003/109, come ho già detto, il fatto di aver dovuto soddisfare condizioni di integrazione , ai sensi dell’articolo 5, dispensa automaticamente il soggiornante di lungo periodo da un eventuale obbligo di sottoporsi a misure di integrazione sulla base dell’articolo 15. 53. Nello stesso senso depone una lettura sistematica dell’articolo 7 della direttiva 2003/86. Il paragrafo 1 di tale articolo elenca una serie di condizioni relative alla situazione del soggiornante, delle quali la persona che ha presentato la domanda di ricongiungimento familiare può essere tenuta a fornire la prova. Al contrario, una siffatta prova non è richiesta quanto alle misure adottate ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo. Orbene, se il legislatore avesse avuto l’intenzione di sottoporre tali misure allo stesso regime previsto al paragrafo 1, non avrebbe avuto alcun bisogno di inserire un nuovo paragrafo, ma avrebbe potuto semplicemente aggiungere un punto al paragrafo precedente. In altri termini, le misure di integrazione di cui al paragrafo 2 non possono perseguire il fine di selezionare le persone che potranno esercitare il loro diritto al ricongiungimento, poiché la selezione è il fine dei criteri e delle condizioni previste al paragrafo 1. Al contrario, le misure di integrazione del paragrafo 2 devono avere essenzialmente il fine di agevolare l’integrazione negli Stati membri. 54. La nozione di misure di integrazione deve altresì essere distinta da, e non può coincidere con, il criterio di integrazione che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2003/86, può essere imposto, a talune condizioni, se il ricongiungimento è richiesto per un minore che abbia superato i 12 anni. Benché la direttiva non precisi la portata di tale criterio , appare chiaro che, ancora una volta, ci si trova in presenza di una nozione che evoca un’idea di condizione preliminare che deve essere dimostrata dall’interessato, benché di tipo diverso rispetto a quelle indicate nell’articolo 7, paragrafo 1 49 . 55. Nelle sue osservazioni dinanzi alla Corte, il Regno dei Paesi Bassi sostiene che la versione olandese della direttiva 2003/86, all’articolo 7, paragrafo 2, impiega un termine integratievoorwaarden caratterizzato da una sfumatura differente rispetto alle altre versioni linguistiche, che implica un’idea di condizione che non si ritrova, per esempio, nelle versioni francese, italiana misure di integrazione , tedesca Integrationsmaßnahmen e inglese integration measures . Si ritrova la stessa terminologia all’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2003/109 tuttavia, e tale elemento mi sembra decisivo, nelle altre versioni linguistiche di tale ultima disposizione non si parla di misure maatrelegen ma di condizioni 50 . In altre parole, la versione olandese dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/86 non coincide perfettamente con le altre, che sembrano deporre a favore dell’idea che gli Stati possono prendere iniziative per l’integrazione, piuttosto che imporre delle condizioni, e, in una certa misura, sembra rappresentare un caso isolato. In ogni caso, anche se si dovesse considerare la versione olandese della direttiva compatibile con l’idea dell’imposizione di condizioni agli aventi diritto al ricongiungimento preliminarmente al loro ingresso, da una giurisprudenza costante deriva che il carattere difforme di una specifica versione linguistica di una disposizione di diritto dell’Unione non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione di questa disposizione, e che nemmeno si può attribuire alla versione linguistica in questione un carattere prioritario rispetto alle altre. Inoltre, la disposizione di cui trattasi deve essere intesa in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui fa parte 51 . 56. Dalle considerazioni che precedono deriva che le misure di integrazione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, primo comma della direttiva 2003/86 non possono erigersi a condizioni per il ricongiungimento familiare. Tale conclusione non comporta tuttavia che tali misure, qualora siano destinate a trovare applicazione prima dell’ingresso delle persone interessate nel territorio dello Stato membro interessato, debbano limitarsi ad imporre delle semplici obbligazioni di mezzi . Infatti, l’espressione misure di integrazione è sufficientemente ampia da ricomprendere anche obbligazioni di risultato , a condizione tuttavia che esse siano proporzionate all’obiettivo di integrazione di cui all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/86 52 e che l’effetto utile della stessa non sia compromesso. 57. Secondo la Corte, l’articolo 17 della direttiva 2003/86, che prevede che in caso di rigetto di una domanda di ricongiungimento gli Stati membri prendono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari della persona e la durata del suo soggiorno nello Stato membro, nonché l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d’origine , impone un’ individualizzazione dell’esame delle domande di ricongiungimento 53 . L’obiettivo essenziale di un siffatto esame individuale è quello di preservare al massimo l’effetto utile della direttiva e di evitare di pregiudicare il suo obiettivo principale, che è quello di consentire la realizzazione del ricongiungimento familiare. Pertanto, la direttiva 2003/86 osta, in via di principio, a qualsiasi normativa nazionale che consenta di rifiutare l’esercizio del diritto al ricongiungimento sulla base di una serie di condizioni predeterminate, senza la possibilità di una valutazione caso per caso sulla base delle circostanze concrete della fattispecie. 58. Così stando le cose, è necessario constatare che la direttiva 2003/86 non regola in maniera esaustiva il contenuto della valutazione che deve essere effettuata all’atto dell’esame di una domanda di ricongiungimento. Benché taluni principi e taluni elementi risultino senza dubbio dal suo testo e dai suoi obiettivi, per esempio l’esigenza di prendere in dovuta considerazione l’ interesse superiore del minore , enunciata all’articolo 5, paragrafo 5, l’obbligo di tenere conto dei fattori elencati all’articolo 17 e, più in generale, l’indicazione in favore della tutela della vita familiare, in definitiva spetta al giudice nazionale valutare, sulla base del diritto interno, la legittimità delle decisioni delle autorità competenti, alla luce delle norme e dei principi di diritto dell’Unione 54 . 59. Sebbene, in via di principio, spetti al legislatore nazionale stabilire le modalità concrete che consentono di valutare le eventuali difficoltà di ordine materiale o personale che la persona interessata potrebbe incontrare al fine di ottemperare alle misure di integrazione imposte 55 , quest’ultimo deve tuttavia fare attenzione a non pregiudicare l’obiettivo e l’effetto utile della direttiva 2003/86. Non sarebbe conforme a questa una normativa nazionale che escludesse di prendere in considerazione in alcun modo tali difficoltà o che non consentisse di valutarle caso per caso alla luce dell’insieme degli elementi rilevanti. Pertanto, ammettere la possibilità di subordinare l’ingresso nello Stato membro interessato al superamento di un esame per il quale non vi siano possibilità concrete di prepararsi, per esempio, per la mancanza di qualsivoglia forma di supporto o di insegnamento organizzati da tale Stato nello Stato di residenza dell’interessato, o in caso di indisponibilità o di inaccessibilità del materiale, segnatamente in termini di prezzo, equivarrebbe in pratica a rendere impossibile l’esercizio del diritto al ricongiungimento previsto dalla direttiva. Allo stesso modo, non rispetterebbe l’effetto utile di questa una normativa che non consentisse di tenere conto delle difficoltà, anche di carattere temporaneo, legate allo stato di salute del familiare interessato o alle sue condizioni individuali, quali l’età, l’analfabetismo, l’handicap e il livello di istruzione. 60. Sebbene la normativa tedesca oggetto del procedimento principale preveda che possa essere esonerato dall’obbligo di dimostrare di disporre di una conoscenza elementare del tedesco il coniuge che non è in grado di fornire una siffatta prova in ragione di una malattia o di un’inabilità fisica, mentale o psicologica, al contrario tale normativa non prevede la possibilità, al fine di decidere in relazione ad una siffatta esenzione, di prendere in considerazione altre condizioni individuali del coniuge nell’ambito di una valutazione effettuata alla luce dell’insieme delle circostanze di ciascuna fattispecie, né di tenere conto dei fattori elencati all’articolo 17 della direttiva. Nella fattispecie, la possibilità concreta per la ricorrente nel procedimento principale di soddisfare le condizioni imposte dalla legge tedesca, almeno entro un termine ragionevole 56 , appare molto debole. Infatti, dal fascicolo risulta che la dimostrazione del livello richiesto di conoscenza della lingua tedesca rende obbligatoriamente necessaria la previa alfabetizzazione della sig.ra Dogan. Orbene, una situazione di riconosciuto analfabetismo, tenuto conto in particolare dell’età della persona interessata, delle sue condizioni economiche e della condizione sociale cui appartiene, può costituire un ostacolo difficilmente superabile. Pertanto, subordinare l’autorizzazione al ricongiungimento familiare del coniuge alla sua previa alfabetizzazione può, a seconda delle circostanze, risultare sproporzionato rispetto all’obiettivo di integrazione perseguito dalle misure adottate ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/86 e vanificare il suo effetto utile. 61. In conclusione, suggerisco alla Corte di rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 7, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2003/86 osta alla normativa di uno Stato membro, quale quella oggetto del procedimento principale, che subordina il rilascio di un visto ai fini del ricongiungimento familiare al coniuge di un cittadino straniero che soddisfa le condizioni previste dall’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva alla dimostrazione che il suddetto coniuge dispone di conoscenze elementari della lingua di tale Stato membro, senza prevedere la possibilità di concedere esenzioni sulla base di un esame individuale della domanda di ricongiungimento condotto ai sensi dell’articolo 17 della suddetta direttiva ed effettuato tenendo conto degli interessi dei minori e dell’insieme delle circostanze rilevanti della fattispecie. Tra tali circostanze figurano, segnatamente, da una parte, la disponibilità, nello Stato di residenza del suddetto coniuge, dell’insegnamento e del materiale necessario ad acquisire il livello di conoscenze linguistiche richiesto nonché la loro accessibilità, in particolare in termini di costo, e, dall’altra parte, le eventuali difficoltà, anche di carattere temporaneo, connesse al suo stato di salute o alla sua situazione personale, quali l’età, l’analfabetismo, l’handicap e il livello di istruzione. IV – Conclusione 62. Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere nei seguenti termini le questioni proposte dal Verwaltungsgericht Berlino L’articolo 41, paragrafo 1, del Protocollo addizionale, firmato il 23 novembre 1970 a Bruxelles e concluso, approvato e confermato a nome della Comunità dal regolamento CEE n. 2760/72 del Consiglio, del 19 dicembre 1972, relativo alle misure da adottare nel corso della fase transitoria dell’associazione creata con l’Accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica di Turchia, firmato il 12 settembre 1963 ad Ankara dalla Repubblica di Turchia, da una parte, nonché dagli Stati membri della CEE e della Comunità, dall’altra, e concluso, approvato e confermato a nome di quest’ultima con la decisione 64/732/CEE del Consiglio del 23 dicembre 1963 deve essere interpretato nel senso che il divieto che ne consegue, per gli Stati membri, di introdurre nuove restrizioni alla libertà di stabilimento ricomprende altresì misure, quali quelle oggetto del procedimento principale, che siano state introdotte successivamente all’entrata in vigore, nello Stato membro interessato, del suddetto protocollo e che hanno per oggetto o per effetto di rendere più difficile l’ingresso nel territorio di tale Stato membro ai fini del ricongiungimento familiare del coniuge di un cittadino turco che abbia fruito della libertà di stabilimento ai sensi dell’Accordo di associazione. L’articolo 7, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare, osta alla normativa di uno Stato membro, quale quella oggetto del procedimento principale, che subordina il rilascio di un visto ai fini del ricongiungimento familiare al coniuge di un cittadino straniero che soddisfa le condizioni previste all’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva alla dimostrazione che il suddetto coniuge dispone di conoscenze elementari della lingua di tale Stato membro, senza prevedere la possibilità di concedere esenzioni sulla base di un esame individuale della domanda di ricongiungimento condotto ai sensi dell’articolo 17 della suddetta direttiva ed effettuato tenendo conto degli interessi dei minori e dell’insieme delle circostanze rilevanti della fattispecie. Tra tali circostanze figurano, segnatamente, da una parte, la disponibilità, nello Stato di residenza del suddetto coniuge, dell’insegnamento e del materiale necessario ad acquisire il livello di conoscenze linguistiche richiesto nonché la loro accessibilità, in particolare in termini di costo, e, dall’altra parte, le eventuali difficoltà, anche di carattere temporaneo, connesse al suo stato di salute o alla sua situazione personale, quali l’età, l’analfabetismo, l’handicap e il livello di istruzione . fonte http //curia.europa.eu/