Nonostante il legislatore sia intervenuto per semplificare la vita dell’avvocato che intende chiedere il pagamento dei propri onorari, la strada per arrivare alla meta rimane sempre – ahimé – complessa e ricca di insidie.
Il caso deciso dalla sentenza del Tribunale di Avellino, in composizione collegiale, del 30 ottobre 2020 sembra confermare l’impressione della complessità processuale dell’azione con la quale l’avvocato chiede la tutela del proprio compenso. E ciò peraltro in un caso in cui l’avvocato – direi nel pieno rispetto del principio deontologico di non aggravare la posizione del debitore – aveva agito nei confronti del suo cliente con un unico ricorso, ma proponendo più domande ex articolo 104 c.p.c Il punto critico, infatti, come vedremo, sono state le regole di “competenza” per una domanda era competente il “collegio” mentre per le altre due il giudice “monocratico” del medesimo tribunale ed il governo di quelle regole la cui applicazione nel caso di specie dimostra come la troppo facile e non dimostrata tesi che la responsabilità del numero dei giudizi sia da attribuire agli avvocati e secondo qualche tesi che, però, non risulta mai essere stata dimostrata al loro numero . La fattispecie. Nel caso di specie era accaduto che l’avvocato, una volta conclusi tutti i mandati, avesse chiesto la liquidazione dei compensi nei confronti del proprio cliente qui un Comune per un ricorso in Cassazione, un’opposizione a precetto dinanzi al Tribunale di Avellino e un giudizio di ottemperanza innanzi al Tar Salerno e poi a seguito di pronuncia di incompetenza dinanzi al TAR Napoli. La domanda cumulata ex articolo 104 c.p.c. era stata proposta – in ragione dell’articolo 14 d.lgs. 150/2011 - con le forme del ricorso ex articolo 702-bis c.p.c. davanti al Tribunale di Avellino in composizione collegiale, ma il Comune aveva eccepito per due delle domande l’incompetenza territoriale dal momento che soltanto uno era stato promosso davanti al tribunale di Avellino. Foro aggiuntivo. Orbene, secondo il Tribunale di Avellino occorre richiamare la sentenza delle Sezioni Unite numero 4485 del 2018 secondo cui la competenza di cui all’articolo 14 d.lgs. 150/2011 «configura un’ipotesi di competenza funzionale dell’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale è stata prestata l’attività professionale per i cui onorari si agisce in giudizio». Competenza funzionale e “aggiuntiva” ed infatti, secondo la ricostruzione offerta la norma non è «attributiva di una competenza esclusiva tale da escludere i fori alternativi, ma semplicemente attributiva di una competenza funzionale aggiuntiva». Applicando il principio al caso di specie, per il Tribunale ne ha tratto la conseguenza che – ferma la competenza per la liquidazione del giudizio svolto davanti al Tribunale di Avellino - «rispetto ai due ulteriori giudizi per i quali il ricorrente agisce sussiste la competenza del Tribunale adito [però, nda] quale giudice monocratico, sia ai sensi dell’articolo 18 c.p.c. con riferimento alla sede dell’ente convenuto sia ai sensi dell’articolo 20 c.p.c. con riferimento al luogo in cui è sorta l’obbligazione delibera di conferimento incarico ». Separazione delle cause. Ecco allora che il Tribunale di Avellino in composizione collegiale decide – con un separato provvedimento - di disporre la separazione dal giudizio con fissazione di udienza per la prosecuzione dinanzi al giudice adito in composizione monocratica con riferimento alla domanda di onorario relativa ai due giudizi che non si sono svolti davanti al Tribunale di Avellino. Un’osservazione facilitante il cumulo. Questa ricostruzione, però, fa sorgere una perplessità dal momento che il Tribunale di Avellino era territorialmente competente per tutte le domande, non avrebbe potuto il collegio decidere anche quelle davanti a lui già pendenti così adottando un principio di economia processuale? In fondo se le regole di competenza possono essere derogate, a maggior ragione, si può consentire il cumulo con la trattazione collegiale peraltro più garantista in luogo di quella monocratica specialmente ove non venga in rilievo e dalla sentenza non sembrava questo il caso una complessità della trattazione delle ulteriori domande che questa sì a legislazione vigente avrebbe portato alla separazione e ciò anche argomentando ex articolo 702-ter comma 4 con riferimento alla domanda riconvenzionale . Anzi, l’art 281 novies c.p.c. sembra andare proprio in questa direzione disciplinando proprio l’ipotesi di connessione tra cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione collegiale e cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione monocratica. Del resto, non varrebbe a giustificare la non operatività della norma la constatazione che la connessione che qui veniva in rilievo era debole in quanto meramente soggettiva ex articolo 104 c.p.c Credo, infatti, che quelle esigenze cui la giurisprudenza ricorre assai spesso per interpretare le norme processuali e, cioè, la ragionevole durata del processo e l’economia processuale ben giustificano la possibilità di trattare davanti al giudice collegiale già adito le più cause connesse ex articolo 104 c.p.c. senza disporne la separazione a favore del giudice monocratico del medesimo Tribunale. Requisiti dell’incarico da parte della P.A. – Da ultimo, la sentenza consente di richiamare l’attenzione su alcuni requisiti dell’incarico difensivo conferito da una pubblica amministrazione. In primo luogo, secondo il Tribunale di Avellino il requisito del necessario preventivo impegno di spesa della delibera di conferimento dell’incarico con indicazione della copertura finanziaria, non si applica alle delibere di conferimento incarico per il patrocinio in giudizio. E ciò in base a quell’orientamento di legittimità tra cui Cass. numero 4446/20 secondo cui la nullità della delibera di conferimento incarico per difetto di impegno di spesa e della copertura finanziaria della stessa, «non può riguardare le delibere relative alla partecipazione degli enti a controversie giudiziarie sia perché è incerta l’incidenza del relativo onere economico, condizionato alla soccombenza, sia perché, nel bilancio dell’ente è di norma presente una voce generale nella quale possono essere inserite le prevedibili spese di lite». In secondo luogo, poi, in assenza di un accordo sul compenso la liquidazione degli onorari dovrà avvenire secondo quanto previsto dai parametri forensi a nulla valendo eventuale documentazione non sottoscritta dal difensore che il Comune abbia comunque inviato e in base alla quale il compenso avrebbe dovuto essere ridotto. In terzo luogo, quanto alla forma scritta del conferimento dell’incarico il Tribunale riconosce che essendo stati prodotti in atti il conferimento da parte del Sindaco e la procura ad litem, questi documenti sono «sufficienti ad integrare il requisito della forma scritta ad substantiam del contratto di patrocinio dell’ente».
Tribunale di Avellino, ordinanza 15 settembre 2020 Presidente de Tullio – Relatore Palladino Parte ricorrente ha richiesto il pagamento delle spettanze professionali per l’attività prestata nei seguenti giudizi a favore del Comune di Atripalda 1. ricorso in Cassazione avverso la sentenza Corte d’Appello Napoli numero 3740/2011, RG numero 3967/2013 2. opposizione a precetto dinanzi al Tribunale di Avellino numero 3576/2012 RG 3. costituzione in giudizio di ottemperanza innanzi al Tar Salerno e poi a seguito di pronuncia di incompetenza dinanzi al Tar Napoli Deduceva che in data 31.3.2019 essendosi concluso anche l’ultimo dei giudizi pendenti, quello in Cassazione, richiedeva il pagamento dei compensi al Comune resistente per complessivi Euro 26.884,37, accessori compresi. Attesa la risposta del Comune di Atripalda di corrispondere soli Euro 9500,00, proponeva il presente ricorso chiedendo la condanna al pagamento della somma di Euro 26.884,37 complessivi, oneri compresi. Si costituiva il Comune resistente che non contestava il conferimento degli incarichi, ed eccepiva l’incompetenza del giudice adito atteso che solo il giudizio di opposizione a precetto era stato incardinato dinanzi al Tribunale di Avellino la limitazione del compenso ad Euro 9000,00 complessivi, contenuta nelle convenzioni allegate alle determine di conferimento incarico, convenzioni che per quanto non sottoscritte dal ricorrente erano state a lui consegnate, con conseguente violazione degli obblighi di buona fede. Chiedeva accogliersi l’eccezione di incompetenza, nel merito il rigetto della domanda. Va preliminarmente vagliata l’eccezione di incompetenza. E’ pacifico che la competenza di cui all’articolo 14 D.Lgs. 150/2011 configura un’ipotesi di competenza funzionale dell’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale è stata prestata l’attività professionale per i cui onorari si agisce in giudizio ex multis Cass. SS.UU. numero 4485/2018 . Tuttavia, esclusa la competenza funzionale del Collegio per i giudizi non incardinati presso il Tribunale di Avellino, alla stregua dei principi espressi dalla sentenza delle SS.UU. sopra richiamata che non interpreta la norma quale attributiva di una competenza esclusiva tale da escludere i fori alternativi, ma semplicemente attributiva di una competenza funzionale aggiuntiva, ne deriva che rispetto ai due ulteriori giudizi per i quali il ricorrente agisce sussiste la competenza del Tribunale adito, quale giudice monocratico, sia ai sensi dell’articolo 18 c.p.c. con riferimento alla sede dell’ente convenuto Atripalda sia ai sensi dell’articolo 20 c.p.c. con riferimento al luogo in cui è sorta l’obbligazione delibera di conferimento incarico . Pertanto con riferimento alla domanda di onorario relativa ai detti giudizi va disposta la separazione dal presente giudizio con fissazione di udienza per la prosecuzione dinanzi al giudice adito in composizione monocratica. Va invece vagliata la fondatezza della domanda di onorario in relazione all’attività prestata nel giudizio numero 3576/2012, incardinato presso il Tribunale di Avellino. In primo luogo non riveste valore contrattuale, e quindi vincolante per entrambe le parti, né la delibera numero 112/2012 G.C. Atripalda nè l’estratto di determina numero 276/2012, entrambi comunicati al ricorrente ma senza l’allegazione di una bozza di convenzione per la firma del legale incaricato non allegata , risultando in atti le sole note di consegna di convenzione ma prive della convenzione allegata né vi è produzione da parte del Comune resistente di eventuale convenzione sottoscritta dal difensore successivamente alla determina di incarico. Resta pertanto sfornita di prova la pattuizione sulla corresponsione di un compenso ridotto. Quanto all’eccepito difetto di impegno di spesa, è orientamento consolidato quello secondo cui la nullità della delibera di conferimento incarico per difetto di impegno di spesa e della copertura finanziaria della stessa, non può riguardare le delibere relative alla partecipazione degli enti a controversie giudiziarie sia “perché è incerta l’incidenza del relativo onere economico, condizionato alla soccombenza, sia perché, nel bilancio dell’ente è di norma presente una voce generale nella quale possono essere inserite le prevedibili spese di lite “ ex multis ord. Cass. numero 4446 del 20.2.2020, sent. 1454/2015 . E’ pertanto pacifico che il detto requisito, del necessario preventivo impegno di spesa con indicazione della copertura finanziaria, non si applica alle delibere in oggetto, di conferimento incarico per il patrocinio in giudizio. Onere del ricorrente è fornire la prova dell’attività espletata, trattandosi di procedimento soggetto al normale regime dell’onere probatorio, in cui, pertanto, la liquidazione del dovuto va effettuata tenendo conto della sola attività documentata. Orbene, dalla documentazione prodotta dal ricorrente - in particolare dalla copia degli scritti difensivi, ed atti di causa - è possibile rilevare non solo il formale conferimento dell’incarico professionale ma anche lo svolgimento dell’attività prestata dal medesimo così come esposta nel ricorso. Quanto al formale conferimento dell’incarico è in atti l’atto di conferimento incarico del Sindaco e la procura ad litem, sufficienti ad integrare il requisito della forma scritta ad substantiam del contratto di patrocinio dell’ente. La Suprema Corte, con una giurisprudenza consolidata ed uniforme, ha precisato, in merito al requisito della forma scritta ad substantiam del contratto di patrocinio della PA, che “ il requisito della forma scritta ad substantiam è soddisfatto con il rilascio al difensore della procura ai sensi dell’articolo 83 c.p.c., atteso che l'esercizio della rappresentanza giudiziale tramite la redazione e la sottoscrizione dell'atto difensivo perfeziona, mediante l'incontro di volontà fra le parti, l'accordo contrattuale in forma scritta. La procura ad litem quando sia stata conferita per iscritto dal cliente ai sensi dell’articolo 83 c.p.c. ed è accettata dal professionista con il concreto esercizio della rappresentanza giudiziale tramite atto difensivo sottoscritto, perfeziona il contratto di patrocinio tra ente pubblico e professionista, del quale, infatti, sussistono tutti i requisiti necessari, vale a dire l'incontro di volontà tra ente pubblico e difensore, la funzione economico-sociale causa del negozio, l'oggetto nonchè la forma scritta, che, quale requisito proprio di tutti i contratti stipulati dalla P.A., risponde all'esigenza di identificarne il contenuto negoziale e di rendere possibili i controlli dell'autorità tutoria”. Cass. ord. 4446 del 20.2.2020, sent. N.15454/2015, 1830/2018 . Può, pertanto, ritenersi provata la prestazione di attività professionale nel giudizio numero 3576/2012 RG Tribunale Avellino che si concludeva , in data 22.12.2017 con sentenza di cessata materia del contendere ex articolo 281 sexies c.p.c. Non resta che effettuare la liquidazione delle competenze applicando le tariffe di cui al D.M. 55/2014. In applicazione dei suddetti principi si osserva che, con riferimento a tale giudizio - opposizione a precetto del valore di Euro 477.614,36 -, nel quale sono stati svolti oltre all’atto introduttivo anche le memorie ex articolo 183 c.p.c e una memoria conclusionale, oltre all’attività di udienza, appare equa la liquidazione degli onorari pari al valore tra il minimo ed il medio dello scaglione di riferimento 260.000,00 a Euro 520.000,00 pari ad Euro 9000,00 oltre accessori. Quanto agli interessi ed alla loro decorrenza, va richiamato l’orientamento della Suprema Corte per il quale, in tema di liquidazione di diritti ed onorari di avvocato e procuratore a carico del cliente, il debitore non può essere ritenuto in mora prima della liquidazione del debito, che avviene con l’ordinanza che conclude il procedimento di calcolo, in caso di controversia sul dovuto “Quando insorge controversia tra l' avvocato e il cliente, circa la determinazione del compenso per prestazioni professionali, il debitore non può essere ritenuto in mora prima della liquidazione del debito”, Corte Appello Roma 12 febbraio 2008 , sicché è solo da quella data, e nei limiti di quanto liquidato dal Giudice, che va riportata la decorrenza degli interessi così da ultimo Sez. 2, Sentenza numero 2954 del 16/02/2016 in senso conforme vedi anche Cass. Sez. 2, Sentenza numero 2431 del 02/02/2011 Cass. Civ., Sez. II, 29 maggio 1999, numero 5240 . Le spese di lite, liquidate come in dispositivo in base al decisum e considerando l’assenza di attività istruttoria, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda, così provvede condanna il Comune di Atripalda, in persona del Sindaco pt, al pagamento in favore del ricorrente della complessiva somma di Euro 9000,00, oltre spese generali 15%, iva e cap, ed oltre interessi legali dalla presente sentenza al saldo condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio, con attribuzione, che si liquidano in Euro 1700,00 oltre rimb. forf., iva e cpa come per legge. Provvede come da separata ordinanza in ordine alla prosecuzione del giudizio.