Transazione fiscale e giudice competente

L'Agenzia delle Entrate non accoglie una proposta di transazione fiscale nell’ambito di una procedura relativa alla richiesta di concordato rectius accordo di ristrutturazione la competenza a decidere in merito non è del Giudice amministrativo ma di quello tributario.

Il Consiglio di Stato, Sezione IV, con la sentenza n. 4021/16 del 28 settembre, ha confermato la tesi del TAR il quale aveva ritenuto che l'oggetto della transazione fiscale attiene a un rapporto tributario peraltro evidentemente non definito visto che si chiede proprio la dilazione/rateizzazione e, comunque, l’atto conclusivo adottato dall’Agenzia delle Entrate è pur sempre un atto di disposizione della pretesa tributaria, attinente quindi al rapporto tributario [ ]. Quanto alla riconducibilità dell’atto ad una delle categorie inserite nel citato art. 19, il Collegio ha ritenuto che il diniego in questione sia assimilabile a quello di cui alla lett. h dell'art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, che attribuisce al giudice tributario le controversie riguardanti gli atti di rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari trattandosi comunque di una possibilità agevolativa consentita dalla norma in esame di pagamento del debito tributario . La giurisdizione nella transazione fiscale. L'appellante ha sostenuto invece che la giurisdizione sarebbe del giudice amministrativo in quanto il rapporto tributario, non avendo carattere definitivo il richiamo alla lettera h dell’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992 sarebbe pertanto inconferente , lascerebbe all’Amministrazione finanziaria il potere discrezionale di valutare l’ipotesi di transazione per salvaguardare la pretesa del soddisfacimento del credito in presenza di una situazione, come quella della società ricorrente, di concordato ex art. 182- bis della legge fallimentare. In sostanza l’Amministrazione, nel caso di specie, eserciterebbe un potere discrezionale sindacabile dal Giudice Amministrativo. Ma quanto prospettato dalla società appellante non è stato condiviso dal Consiglio di Stato. La transazione fiscale, come disciplinata dall'art. 182- ter , costituisce una procedura inserita nell'ambito del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, ed ha ad oggetto la possibilità di pagamento in misura ridotta e/o dilazionata del credito tributario privilegiato, oltre che di quello chirografario. La possibilità di pervenire alla transazione fiscale da parte dell’Erario è condizionata tuttavia a valutazioni che non possono prescindere dalle ragioni del soddisfacimento della pretesa impositiva, dovendo comunque essere effettuato un giudizio valutativo circa il miglior grado di soddisfazione che la stessa pretesa troverebbe per il tramite della via transattiva rispetto all'eventuale fallimento, con conseguenti valutazioni di merito ed opportunità rispetto alle quali non è possibile l’esercizio di un sindacato del giudice amministrativo. La discrezionalità dell’Erario di disporre del proprio credito nel senso e nei limiti innanzi indicati non è connessa infatti all’esercizio di un potere pubblico autoritativo nel senso tradizionale del termine, quanto alla valutazione, del tutto economica, inerente alla pretesa tributaria e alla modalità di soddisfazione della medesima. L’imprenditore in crisi può proporre all’Agenzia Fiscale il pagamento parziale o dilazionato dei tributi, in deroga al generale principio di indisponibilità ed irrinunciablità del credito fiscale, ma la stessa Amministrazione finanziaria non è obbligata ad accettare la proposta. In sostanza, il debitore può accedere comunque al concordato preventivo, mentre la transazione fiscale, laddove l’Amministrazione la ritenga utile per la tutela dei propri crediti ciò a prescindere dalla questione sulla natura definitiva, nel senso della percezione, dei crediti stessi .Con la conseguenza che la giurisdizione spetta al giudice tributario.

Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 14 luglio – 28 settembre 2016, n. 4021 Presidente Griffi – Estensore D’Angelo Fatto e diritto 1.Con la sentenza in epigrafe il TAR ha declinato la propria giurisdizione sull’atto impugnato relativo alla non accettazione da parte dell’Agenzia delle Entrate di Lecce di una proposta di transazione fiscale della società Aligros nell’ambito di una procedura relativa alla richiesta di concordato rectius accordo di ristrutturazione . In particolare, il Tribunale ha ritenuto che l'oggetto della transazione fiscale attiene a un rapporto tributario peraltro evidentemente non definito visto che si chiede proprio la dilazione/rateizzazione e, comunque, l’atto conclusivo adottato dall’Agenzia delle Entrate è pur sempre un atto di disposizione della pretesa tributaria, attinente quindi al rapporto tributario . Quanto alla riconducibilità dell’atto ad una delle categorie inserite nel citato articolo 19, il Collegio ritiene che il diniego in questione sia assimilabile a quello di cui alla lett. h dell'articolo 19 del D.Lgs. n. 546/1992, che attribuisce al giudice tributario le controversie riguardanti gli atti di rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari trattandosi comunque di una possibilità agevolativa consentita dalla norma in esame di pagamento del debito tributario . In conclusione, sul ricorso in esame deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del Tribunale adito, competendo la cognizione della causa alla Commissione Tributaria territorialmente competente.” L'appellante sostiene invece che la giurisdizione sarebbe del giudice amministrativo in quanto il rapporto tributario, non avendo carattere definitivo il richiamo alla lettera h dell’articolo 19 del d. lgs. n. 546/1992 sarebbe pertanto inconferente , lascerebbe all’Amministrazione finanziaria il potere discrezionale di valutare l’ipotesi di transazione per salvaguardare la pretesa del soddisfacimento del credito in presenza di una situazione, come quella della società ricorrente, di concordato ex articolo 182 bis della legge fallimentare. In sostanza l’Amministrazione, nel caso di specie, eserciterebbe un potere discrezionale sindacabile dal Giudice Amministrativo. L’Agenzia delle Entrate e il Ministero dell’Economia e delle Finanze si sono costituiti in giudizio il 30 maggio 2016. L’Agenzia delle Entrate ha depositato una memoria il 1° luglio 2016. La causa è stata trattenuta in decisione nella camera di consiglio del 14 luglio 2016. 2. Quanto prospettato dalla società appellante non può essere condiviso. La transazione fiscale, come disciplinata dall'articolo 182-ter, costituisce una procedura inserita nell'ambito del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, ed ha ad oggetto la possibilità di pagamento in misura ridotta e/o dilazionata del credito tributario privilegiato, oltre che di quello chirografario. La possibilità di pervenire alla transazione fiscale da parte dell’Erario è condizionata tuttavia a valutazioni che non possono prescindere dalle ragioni del soddisfacimento della pretesa impositiva, dovendo comunque essere effettuato un giudizio valutativo circa il miglior grado di soddisfazione che la stessa pretesa troverebbe per il tramite della via transattiva rispetto all'eventuale fallimento, con conseguenti valutazioni di merito ed opportunità rispetto alle quali non è possibile l’esercizio di un sindacato del giudice amministrativo. La discrezionalità dell’Erario di disporre del proprio credito nel senso e nei limiti innanzi indicati non è connessa infatti all’esercizio di un potere pubblico autoritativo nel senso tradizionale del termine, quanto alla valutazione, del tutto economica, inerente alla pretesa tributaria e alla modalità di soddisfazione della medesima. L’imprenditore in crisi può proporre all’Agenzia Fiscale il pagamento parziale o dilazionato dei tributi, in deroga al generale principio di indisponibilità ed irrinunciablità del credito fiscale, ma la stessa Amministrazione finanziaria non è obbligata ad accettare la proposta. In sostanza, il debitore può accedere comunque al concordato preventivo, mentre la transazione fiscale può inserirsi in via del tutto eventuale nel relativo procedimento, laddove l’Amministrazione la ritenga utile per la tutela dei propri crediti ciò a prescindere dalla questione sulla natura definitiva, nel senso della percezione, dei crediti stessi . 3. Pertanto, va confermato il difetto di giurisdizione del giudice adito, in quanto la giurisdizione spetta al giudice tributario, e per l'effetto va respinto l'appello. Quanto alle spese, il Collegio ritiene di compensarle, tenuto conto della situazione dell’appellante. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.