La pregressa relazione sentimentale con la candidata, seppur risalente e conclusa, pregiudica l'indipendenza del commissario d'esame

L’avere intrattenuto, sia pure in passato, una relazione sentimentale con una candidata costituisce un presupposto non irragionevole per disporre la revoca della nomina di un commissario, in quanto circostanza ben diversa dall’ipotesi della mera collaborazione scientifica astrattamente idonea ad offuscarne l’immagine di indipendenza di giudizio e di terzietà.

E' quanto statuito dal Tar Lombardia, sez. I Milano, nella sentenza n. 2307 del 4 settembre 2014. La piccante vicenda. L'università di Milano indiceva una procedura comparativa per la copertura di n. 49 posti di ricercatore universitario. Il professor P.G. veniva nominato quale commissario per la copertura di un posto di ricercatore per il settore L-ANT/01 Preistoria e Protostoria . Avverso tale nomina, veniva proposta istanza di ricusazione, presentata da alcuni candidati, fondata su una presunta relazione sentimentale, intercorsa fra il professore ed un’altra candidata. A fronte di tale istanza, il professore veniva invitato a presentare chiarimenti, che venivano successivamente depositati e basati, soprattutto, sull'evidenziazione di un elemento di fatto la relazione sentimentale, non negata, era cessata da ben tredici anni. Nonostante tali chiarimenti, il Rettore accoglieva l'istanza di ricusazione e revocava la nomina a componente di commissione. Il provvedimento di revoca veniva motivato in relazione alle esigenze di pubblico interesse, sottese ad una severa tutela dell'indipendenza di valutazione e di terzietà, che deve caratterizzare ogni componente di commissione di pubblici concorsi o selezioni. Avverso tale provvedimento, presenta ricorso al Tar il professore, lamentando un'errata applicazione degli articolo 51 e 52 c.p.c. in tema di astensione e ricusazione. L'astensione e la ricusazione nel codice di procedura civile e nei pubblici concorsi. Sebbene la vigente legislazione ordinaria non contempli una specifica disciplina sulle cause di incompatibilità nei pubblici concorsi, per pacifica giurisprudenza, sono applicabili, per lo più analogicamente, tutte le norme previste a tutela dei fondamentali precetti di buon andamento ed imparzialità della Pubblica Amministrazione articolo 97 Cost. articolo 51 c.p.c. articolo 36 c.p.p. articolo 19 R.d. n. 12/1941, etc. . Precetti, in relazione alla cui essenziale importanza, la stessa Corte costituzionale fra le risalenti pronunce n. 333/1993 è intervenuta più volte, evidenziandone la stretta connessione funzionale con i valori di eguaglianza articolo 3 Cost. , di pari condizioni di tutti i cittadini nell’accesso ai pubblici uffici articolo 51 Cost. , di efficienza ed indipendenza dell’azione amministrativa artt. 97 e 98 Cost. . Segnatamente, per quanto concerne i rapporti tra i componenti delle commissioni di concorso ed i candidati, principio ormai consolidato è che deve farsi applicazione dell’articolo 51 c.p.c Siffatta disposizione è finalizzata a dare piena attuazione al principio, secondo cui ogni processo si svolge innanzi a un giudice terzo e imparziale articolo 111, comma 2, Cost. . Di conseguenza, in determinati casi, il giudice investito della decisione di una causa ha l’obbligo di astenersi dal giudizio. Il legislatore ha individuato questa ipotesi nei casi in cui il giudice abbia un interesse nella causa assegnatagli o in altra analoga, ovvero sia in rapporto di parentela, di commensalità abituale o di grave inimicizia con una delle parti. Ove ricorra una di tali ipotesi, il giudice ha l’obbligo di dichiararlo, al fine di essere sostituito da altro giudice. In aggiunta ai casi di astensione obbligatoria, è riconosciuta al giudice la facoltà di astenersi ogniqualvolta ricorrano gravi ragioni di convenienza , la cui valutazione è rimessa al capo dell’ufficio di appartenenza articolo 51, comma 2, c.p.c. . Il successivo articolo 52 c.p.c. stabilisce che, nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi, ciascuna delle parti può proporne la ricusazione, mediante ricorso contenente i motivi specifici ed i mezzi di prova. Trasportate tali disposizioni codicistiche nell'alveo dei concorsi pubblici, si ha che la ricorrenza di una causa di incompatibilità, ivi prevista, comporta l’obbligo di astensione del componente o dei componenti della commissione e, in caso di violazione di detto obbligo, l’illegittimità degli atti concorsuali ex multis CdS, sez. VI, n. 8/1999 . Fra l'altro, è stato significativamente statuito che, con riguardo ad un concorso per dirigente ricercatore presso il CNR, ove due membri della commissione risultavano legati da rapporti di coniugio, trova applicazione analogica l’articolo 19 della disciplina di ordinamento giudiziario R.d. n. 12/1941 . Precisamente, nella parte in cui si prescrive che i magistrati, che hanno tra di loro vincoli di parentela o di affinità fino al terzo grado, non possono fare parte della stessa corte o dello stesso tribunale o dello stesso ufficio giudiziario, non sembrando dubbio che la relazione di parentela o di coniugio esistente tra i commissari determina un potenziale condizionamento dell’autonomia di giudizio che deve presiedere all’esercizio della funzione valutativa CdS, sez. VI, n. 6912/2004 . La giurisprudenza amministrativa ha elaborato in materia un puntuale criterio sintomatico di incompatibilità . In base a tale criterio, sussiste l’incompatibilità quando i rapporti personali fra esaminatore ed esaminando siano tali da far sorgere il sospetto che il candidato sia stato giudicato non in base al risultato delle prove, bensì in virtù delle conoscenze personali ovvero quando sia accertata la sussistenza di rapporti personali diversi e più saldi di quelli che di regola intercorrono tra maestro ed allievo CdS, sez. VI, n. 8/1999 . E' intuitiva la chiara rilevanza ed importanza di tale criterio. In base ad esso, infatti, anche quando il legame che corre tra commissario e candidato non sia tale da essere ictu oculi riconducibile entro i casi tassativi di astensione obbligatoria, ai sensi del predetto articolo 51 c.p.c., sussisterà, comunque, l’incompatibilità se tale rapporto sarà idoneo a generare anche solo il sospetto di parzialità, cioè se esso esporrà a pericolo lesione potenziale e non effettiva il bene giuridico protetto dall’ordinamento, cioè l’imparzialità ed il buon andamento della Pubblica amministrazione. L'impostazione del Tar Milano. Il ricorso viene fondato, non solo sulla vetustà della relazione sentimentale da tempo conclusa, ma anche sulla presunta cattiva applicazione della già richiamata normativa codicistica. Si sostiene, infatti che è difficile comprendere come una relazione cessata da ormai tredici anni, difettando in termini di attualità , possa integrare le ipotesi di astensione, considerato che non potrebbe dirsi esistente un rapporto di convivenza peraltro mai esistito , né un rapporto di abituale commensalità. Ciò, sulla base della considerazione che le cause d’incompatibilità dei componenti della commissione esaminatrice sono tipiche e, stante il loro carattere eccezionale, di stretta interpretazione. Parimenti, la relazione sentimentale non configura automaticamente la sussistenza di gravi ragioni di convenienza . I giudici amministrativi lombardi non condividono le argomentazioni del ricorrente e respingono il ricorso, partendo da un chiaro elemento fattuale la relazione sentimentale, seppur pregressa e conclusa, non è stata contestata neppure dal ricorrente. Quindi, si tratta di valutare tale relazione, ai fini del corretto svolgimento della procedura selettiva. A tal proposito, il Tar evidenzia che, a fondamento del provvedimento di revoca, non vi sono tanto i già richiamati articoli del codice di procedura civile, quanto, e soprattutto, l'immanente potere di revoca, come anche disciplinato dall'articolo 21-quinquies l. n. 241/1990. Siffatto potere è normativamente correlato a sopravvenuti motivi d’interesse pubblico ovvero a mutamento della situazione di fatto o a nuova valutazione dell'interesse pubblico originario . Non vi è dubbio, ad avviso del Tar, che la sopravvenuta conoscenza della relazione sentimentale del commissario ha determinato l'esigenza di rivalutare l'originario assetto degli interessi. Precisamente, appare chiaro che siffatta relazione pregiudica la necessaria immagine di indipendenza di giudizio e di terzietà, che doverosamente deve sussistere per ogni commissario. Tale necessaria immagine non può essere intaccata in tutte quelle ipotesi in cui, per circostanze oggettive, vi è il concreto pericolo, seppur non la totale certezza, che possa essere compromessa la serenità di giudizio. La persistente notorietà all’interno dell’Università della relazione, fanno osservare i giudici, accresceva maggiormente l’esigenza di tutela dell’interesse alla trasparenza delle operazioni di valutazione, al fine di precludere ogni indebito sospetto di parzialità da parte della Commissione giudicatrice . Fra l'altro, tale assunto trova conferma in pregressa giurisprudenza, secondo la quale, in presenza di legami sospetti seppur risalenti, idonei a radicare il pericolo di parzialità, non è necessario comprovare che questi si possano concretizzare in un effettivo favore verso il candidato, essendo sufficiente a radicare l’incompatibilità anche il solo pericolo di una compromissione dell’imparzialità di giudizio CdS, sez. VI, n. 8/1999 . In tali casi, l’effetto invalidante della procedura si verifica sulla base del mero giudizio in astratto ed ex ante circa gli effetti potenzialmente distorsivi del sospetto del difetto di imparzialità, ricollegato alla situazione specificata dal Legislatore e dai principi generali cristallizzati dall’articolo 97 della Cost., senza che assuma rilievo alcuno il profilo fattuale ex post dell’esito inquinante in concreto sortito.

Tar Lombardia, sez. I Milano, sentenza 10 luglio – 4 settembre, n. 2307 Presidente Mariuzzo – Estensore Simeoli Fatto 1. Con ricorso depositato il 30 dicembre 2010, il Prof. Paolo Biagi ha dedotto - che, con provvedimento del Rettore dell’Università di Milano n. 4059 del 16.12.2009 era stata indetta la procedura di valutazione comparativa per la copertura di n. 49 posti di ricercatore universitario - di essere stato nominato quale commissario della procedura di valutazione comparativa a 1 posto di ricercatore settore L-ANT/01 Preistoria e Protostoria - che, in data 4 agosto 2010, aveva ricevuto una richiesta di chiarimenti in relazione alla istanza di ricusazione avanzata da alcuni candidati, fondata su una presunta relazione sentimentale intercorsa fra lo stesso e un’altra candidata - che nonostante le controdeduzioni presentate, con DR 4358 del 4.10.2010, notificato al ricorrente in data 11.10.2010, il Rettore aveva revocato la sua nomina - che tale atto sarebbe illegittimo sotto più profili. 1.1. Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, chiedendo il rigetto del ricorso. 1.2. Con ordinanza del 14 gennaio 2011 n. 127, la Sezione, motivando ampiamente l’insussistenza del fumus boni iuris, ha respinto l’istanza incidentale di sospensione cautelare, compensando le spese delle relativa fase. 1.3. Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza. Di seguito le motivazioni rese nella forma redazionale semplificata di cui all’art. 74 c.p.a. Diritto I. Il ricorrente affida le sue ragioni ai seguenti motivi di ricorso. § Nella fattispecie per cui è causa non ricorrerebbe alcuna delle ipotesi previste dall’art. 51, 1° comma, c.p.c., in quanto la presunta passata e datata relazione del ricorrente con una delle candidate non costituirebbe una legittima causa di ricusazione non si comprenderebbe, infatti, come una relazione cessata da ormai tredici anni possa integrare l’ipotesi di cui ai n. 1 e 2 del citato articolo, considerato che non potrebbe dirsi esistente un rapporto di convivenza peraltro mai esistito , né un rapporto di abituale commensalità le cause d’incompatibilità dei componenti della commissione esaminatrice sarebbero tipiche e, stante il loro carattere eccezionale, di stretta interpretazione. § Secondo la giurisprudenza, la ricusazione del giudice sarebbe possibile soltanto nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi, mentre non sarebbe proponibile nei casi in cui il Giudice, in presenza di gravi ragioni di convenienza, può richiedere al capo ufficio l'autorizzazione ad astenersi il medesimo limite dovrebbe operare anche nella fattispecie per cui è causa. § Il provvedimento risulterebbe viziato perché contraddittorio in particolare, nella parte in cui, pur riconoscendo che le circostanze di fatto appurate nel corso dell’istruttoria non sono riconducibili alle situazioni di incompatibilità di cui all’art. 51 c.p.c., 1° comma, conclude disponendo la revoca della nomina perché vi sono adeguate ragioni di interesse pubblico” e comunque non sarebbe motivato. § Neppure sussisterebbero le gravi ragioni di convenienza, ai sensi dell’art. 51, 2° comma, c.p.c., che legittimerebbero l’astensione difatti, la postulata incompatibilità non si fonderebbe su fatti o circostanze concrete ed attuali idonee ad affermare l’esistenza di un rapporto personale tale da far risultare compromessa o alterata l’imparzialità del ricorrente. § Le norme di settore non menzionerebbero l’organo cui spetta la delibazione di tale istanza, cosicché, dovendo ritenersi applicabile l’art. 53 del c.p.c., non sarebbe stato il Rettore, bensì il Consiglio di Facoltà competente a decidere sull'istanza di ricusazione. II. Tanto premesso, ritiene il Collegio che, in disparte l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla difesa erariale atteso che l’impugnato Decreto Rettorale n. 4358 del 4.10.2010 sarebbe pervenuto a conoscenza del Prof. Paolo Biagi in data 7.10.2010, essendo stato allegato alla nota rettorale prot. 37313 del 4.10.2010, mentre il ricorso introduttivo risulterebbe notificato all’Università solo in data 10 dicembre 2010 , il ricorso sia infondato nel merito. II.1. Come già sopra evidenziato, le istanze di ricusazione pervenute all’Amministrazione Universitaria e dirette nei confronti del Prof. Paolo Biagi da parte dei dottori Marta Rapi, Francesca Roncoroni, Angelo Eugenio Fossati e Stefania Casini erano tutte fondate sulla circostanza della sussistenza di una relazione sentimentale tra il ricorrente e altra candidata la dott.ssa Elisabetta Starnini . Il ricorrente, non ha negato neppure nel presente giudizio di aver intrattenuto tale relazione sentimentale, sia pure precisando che detto rapporto si sarebbe interrotto da oltre 13 anni. II.2. Orbene, come rilevato in sede cautelare, benché il ricorrente contesti la ricorrenza, nel caso di specie, delle ipotesi disciplinate dall’art. 51 c.p.c. affermando, altresì, l’insussistenza di ragioni di convenienza ed opportunità suscettibili di sorreggere il provvedimento impugnato sotto il profilo della motivazione, è dirimente osservare che l’Amministrazione ben poteva revocare il provvedimento di nomina precedentemente adottato anche al di fuori delle ipotesi di incompatibilità previste dall’art. 51 c.p.c., ovvero in virtù del potere alla medesima riconosciutole dall’art. 21 quinques della L. n. 241/1990 Cons. St., Sez. VI, 7 dicembre 2009, n. 7660 . Quest’ultima disposizione, che notoriamente fonda il generale potere di revoca dei provvedimenti per sopravvenuti motivi d’interesse pubblico ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, è espressamente richiamato nel provvedimento impugnato. Del resto, il canone per cui, le Commissioni giudicatrici, nei concorsi pubblici anche universitari, devono garantire, nella loro composizione, trasparenza, obiettività e terzietà di giudizio, discende dai principi generali e costituzionali vigenti in subiecta materia. II.3. Nella specie, l’avere intrattenuto sia pure in passato una relazione sentimentale con una candidata costituisce un presupposto non irragionevole per disporre la revoca della nomina di un commissario, in quanto circostanza ben diversa dall’ipotesi della mera collaborazione scientifica astrattamente idonea ad offuscarne l’immagine di indipendenza di giudizio e di terzietà. L’ordinamento amministrativo, infatti, con tale genere di misure mira ad evitare tutte quelle ipotesi in cui, per circostanze oggettive, vi è il concreto pericolo ma non necessariamente la certezza, attesa la natura formale della tutela che possa essere compromessa la serenità di giudizio e la natura formale dell’accertamento. La persistente notorietà all’interno dell’Università della suddetta vicenda, poi, accresceva maggiormente l’esigenza di tutela dell’interesse alla trasparenza delle operazioni di valutazione, al fine di precludere ogni indebito sospetto di parzialità da parte della Commissione giudicatrice. II.4. Per gli stessi motivi appena esposti, è pure infondata la censura di difetto di motivazione, avendo l’impugnato decreto evidenziato le ragioni che hanno determinato l’amministrazione ad esercitare il potere di revoca della nomina del ricorrente a componente della Commissione giudicatrice. II.5. Da ultimo, quanto al vizio d’incompetenza, si osserva che, secondo la normativa di settore, le istanze di ricusazione si propongono al Rettore, implicitamente investendo il medesimo organo anche del potere di assumere le necessarie decisioni art. 9 del D.L. n. 120/1995, art. 3, comma 16, del D.P.R. n. 117/200 e art. 7 del bando i Consigli di Facoltà, del resto, non hanno alcuna competenza a deliberare sulle istanze di ricusazione, come risulta dall'art. 25 dello Statuto cfr. all. 17 del resistente . III. Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma, pur tenendo conto nella liquidazione che la difesa erariale ha depositato memoria solo nella fase cautelare. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sez. I , definitivamente pronunciando - respinge il ricorso nei termini di cui in motivazione - condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’amministrazione resistente che si liquidano in € 1.200,00.