Potere ai dirigenti, sempre!

L'ordinanza di rilascio dell'immobile per il venir meno dei presupposti è di competenza del dirigente e non del sindaco. Anche se la legge regionale dispone diversamente. Il principio di separazione funzionale, che costituisce uno dei cardini della riforma dell’Amministrazione locale avviata negli anni novanta con la Legge n. 142/1990 e proseguita con le cd. Leggi Bassanini”, ha trovato compiuto riconoscimento nel Testo Unico degli Enti locali n. 267/2000 e nella riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione.

È questo quanto affermato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 830/14, depositata il 20 febbraio scorso. La fattispecie. Come chiarito più volte dalla giurisprudenza, anche della medesima Sezione, all'interno del sistema di cui al d.lgs. n. 267/2000, esiste una netta separazione di ruoli tra organi di governo locale e relativa dirigenza, dove ai primi spettano i compiti di indirizzo la fissazione delle linee generali cui attenersi e degli scopi da perseguire e alla seconda quelli di gestione. In particolare, è stato da ultimo osservato che ai dirigenti è attribuita tutta la gestione, amministrativa, finanziaria e tecnica, comprensiva dell'adozione di tutti i provvedimenti, anche discrezionali, incluse le autorizzazioni e concessioni e quindi anche i loro simmetrici atti negativi , e sugli stessi dirigenti incombe la diretta ed esclusiva responsabilità della correttezza amministrativa della medesima gestione Cons. Stato, Sez. V, n. 3024/2013 . Tra gli atti di competenza del dirigente,quindi, rientra senz’altro anche l’ordinanza di rilascio per cui è causa, trattandosi di provvedimento di natura chiaramente gestionale. Né a diversa conclusione, a giudizio del Giudice, si poteva pervenire nel caso di specie, invocando quanto previsto dall’art. 30 L.R. n. 18/97, ovvero soltanto per il fatto che l'alloggio era occupato da famigliari e non dall'originario assegnatario. Separazione funzionale. Infatti, posto che il principio di separazione funzionale è stato riconosciuto quale principio fondamentale ed addirittura generale del nostro ordinamento, in quanto corollario del principio di imparzialità di cui all’art. 97 Cost., la legge regionale antecedente che disponga in contrasto con tale principio generale non può che allo stesso cedere, alla stregua dei consolidati criteri di ordine costituzionale che regolano i rapporti intercorrenti tra le fonti del diritto. Del resto, l’art. 4, comma 4, d.lgs. n. 165/2001, espressamente dispone al riguardo che le Amministrazioni adeguano i propri ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall'altro , per cui non v’è dubbio che la richiamata disposizione regionale abbia carattere recessivo rispetto alla sopravvenuta normativa statale di principio disciplinante la materia.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 19 novembre 2013 – 20 febbraio 2014, n. 830 Presidente Torsello – Estensore Bianchi Fatto In data 1.07.1993 il Signor Alfredo Galiano, assegnatario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, stipulava con l’Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Salerno IACP , contratto di locazione relativamente ad un appartamento sito in Comune di Mercato di S. Severino, per abitarvi con il proprio nucleo famigliare. Separatosi da Antonia Carratù, l’appartamento de quo veniva assegnato dal Tribunale di Salerno alla moglie ed al figlio Domenico, unico dei quattro figli convivente e non ancora autonomo. A seguito di controlli esperiti lo IACP, ritenuto che l’alloggio fosse indebitamente occupato da Carmela Galiano una dei figli della Signora Carratù e dal di lei marito Vito Galluzzo e che i legittimi assegnatari abitassero in altro appartamento, notificava atto di diffida prot. n. 2429 del 19.05.2010, invitando i primi a rilasciare l’immobile. Tale provvedimento era impugnato dai Signori Antonia Carratù, Domenico Galiano, Carmela Galiano e Vito Galluzzo dinnanzi al Tar Campania – Salerno. Si costituiva lo IACP, chiedendo il rigetto del gravame. Successivamente, con atto di motivi aggiunti, veniva gravata anche l’ordinanza di rilascio prot. n. 795/A del 28.10.2010, adottata dal Comune di Mercato S. Severino su segnalazione dell’Istituto. Visto il deposito documentale in corso di causa da parte dello IACP, i ricorrenti proponevano ulteriore ricorso per motivi aggiunti, gravando atti prima non noti, siccome non richiamati dagli atti già impugnati. Il Tar adito, con sentenza n. 80/2012, ritenuta la propria giurisdizione all’esito di specifico contraddittorio sul punto, respingeva il ricorso ed i successivi motivi aggiunti. Avverso la predetta sentenza i Signori Antonia Carratù, Domenico Galiano, Carmela Galiano e Vito Galluzzo hanno quindi interposto l’odierno appello , chiedendone l’integrale riforma. Deducono, a tal fine, che 1. il Tar avrebbe omesso l’esame delle censure contenute nell’atto di motivi aggiunti da ultimo notificato ed errato nel ritenere che i vizi dedotti con il primo atto di motivi aggiunti costituissero una mera riproposizione di quelli già sollevati con il ricorso introduttivo 2. la diffida prevista dall’art. 30 della L.R. n. 18/1997 non equivarrebbe, a differenza di quanto sostenuto dal primo giudice, alla comunicazione di avvio del procedimento 3. anche ad ammettere che l’ordinanza di rilascio costituisca provvedimento vincolato, ad ogni modo sarebbe mancato uno specifico accertamento sulla sussistenza dei presupposti posti a fondamento del provvedimento stesso 4. sarebbe errato ritenere che la Signora Carratù avrebbe dovuto ottenere specifica autorizzazione per ospitare terzi nell’alloggio 5. il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che gli atti impugnati non coinvolgano la Signora Carratù ed il figlio Domenico, omettendo di considerare che ai Signori Galluzzo e Galiano è stato ordinato di rilasciare l’immobile libero da persone o cose, riconsegnando le chiavi 6. il Sindaco del Comune di Mercato S. Severino sarebbe incompetente all’adozione dell’ordinanza di rilascio, non potendo nella specie trovare applicazione l’invocato art. 30 della L.R. 18/1997. Si è costituito lo IACP, riproponendo l’eccezione di difetto di giurisdizione e chiedendo nel merito il rigetto dell’appello. Alla pubblica udienza del 19 novembre 2013, la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1.Va preliminarmente esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo già respinta in prime cure, che lo IACP ha reiterato nell’odierna sede di appello. 1.1. L’eccezione è inammissibile. 1.2 Ed invero, avendo il Tar affrontato espressamente la questione risolvendola nel senso della sussistenza della giurisdizione amministrativa ma nulla muterebbe anche nel caso in cui la questione fosse stata solo implicitamente affrontata, visto il disposto dell’art. 9 c.p.a. , l’Amministrazione avrebbe dovuto proporre appello incidentale, al fine di impedire che si formasse sul punto il giudicato interno in termini, Cons. Stato, Sez. V, 17 luglio 2013, n. 3888 . Pertanto, nell’assenza di tale specifico e formale atto, il rilievo riproposto con semplice memoria si appalesa inammissibile. 1.3. Al riguardo, peraltro, il Collegio non ritiene sussistenti i presupposti per sollevare la questione di costituzionalità dell’art. 9 c.p.a. , come richiesto dall’amministrazione, trattandosi di norma già prevista a livello ordinamentale dall’art. 329, comma 2, c.p.c. e pacificamente ritenuta conforme ai principi costituzionali. 2. Nel merito, riveste carattere assorbente la censura dedotta col sesto motivo d’appello. Tramite questa i ricorrenti assumono l’erroneità della gravata sentenza, laddove non ha riconosciuto l’incompetenza del Sindaco ad emanare l’ordinanza di rilascio per cui è causa ritenendo, in accoglimento della tesi sostenuta dallo IACP, che tale competenza sussista ex lege stante l’univoca previsione di cui all’art. 30 della L.R. Campania n. 18/97”. 2.1. Il rilievo è fondato. 2.2. Ed invero, osserva il Collegio come il principio di separazione funzionale, che costituisce uno dei cardini della riforma dell’Amministrazione locale avviata negli anni novanta con la Legge n. 142/1990 e proseguita con le cd. Leggi Bassanini”, abbia trovato compiuto riconoscimento nel Testo Unico degli Enti locali n. 267/2000 e nella riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione. Come chiarito più volte dalla giurisprudenza anche della Sezione, all'interno del sistema di cui al d.lgs. n. 267/2000, esiste una netta separazione di ruoli tra organi di governo locale e relativa dirigenza, dove ai primi spettano i compiti di indirizzo la fissazione delle linee generali cui attenersi e degli scopi da perseguire e alla seconda quelli di gestione. In particolare, è stato da ultimo osservato che ai dirigenti è attribuita tutta la gestione, amministrativa, finanziaria e tecnica, comprensiva dell'adozione di tutti i provvedimenti, anche discrezionali, incluse le autorizzazioni e concessioni e quindi anche i loro simmetrici atti negativi , e sugli stessi dirigenti incombe la diretta ed esclusiva responsabilità della correttezza amministrativa della medesima gestione” Cons. Stato, Sez. V, 3 giugno 2013, n. 3024 . Tra gli atti di competenza del dirigente,quindi, rientra senz’altro anche l’ordinanza di rilascio per cui è causa, trattandosi di provvedimento di natura chiaramente gestionale. Né a diversa conclusione può pervenirsi nel caso di specie, invocando quanto previsto dall’art. 30 della L.R. 18/97. Infatti, posto che il principio di separazione funzionale è stato riconosciuto quale principio fondamentale ed addirittura generale del nostro ordinamento, in quanto corollario del principio di imparzialità di cui all’art. 97 Cost., la legge regionale antecedente che disponga in contrasto con tale principio generale non può che allo stesso cedere, alla stregua dei consolidati criteri di ordine costituzionale che regolano i rapporti intercorrenti tra le fonti del diritto. Del resto, l’art. 4, comma 4, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, espressamente dispone al riguardo che le Amministrazioni adeguano i propri ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall'altro”, per cui non v’è dubbio che la richiamata disposizione regionale abbia carattere recessivo rispetto alla sopravvenuta normativa statale di principio disciplinante la materia. Erroneamente, quindi,il Tar ha ritenuto che il Sindaco fosse competente all’adozione dell’ordinanza per cui è causa, in ragione della richiamata normativa regionale nella specie viceversa non applicabile 3.Conclusivamente, assorbito quant’altro, l’appello si appalesa fondato nei sensi sopra precisati e, come tale, da accogliere. 4. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della gravata sentenza, accoglie il ricorso proposto in primo grado ed annulla gli atti tramite questo impugnati. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.