Controllo giudiziario per impresa destinataria di informativa antimafia: occorre accertare l’occasionalità dell’infiltrazione mafiosa

Per l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del controllo giudiziario, a seguito dell’interdittiva antimafia, è richiesta la verifica dell’occasionalità dell’assoggettamento dell’attività economica alle condizioni di agevolazioni mafiose, ai fini del recupero delle imprese infiltrate dalle organizzazioni criminali.

Una società di capitali viene colpita dall’ interdittiva antimafia , impugnata dinanzi al giudice amministrativo. La stessa, in persona del suo legale rappresentante chiedeva, ai sensi dell’art. 34- bis del c.d. Codice Antimafia d. lgs n. 159/2011 l’applicazione del controllo giudiziario . L’eventuale ammissione alla misura di prevenzione dell’autorità giudiziaria avrebbe sospeso gli effetti dell’interdittiva prefettizia. Il Tribunale di Napoli rigettava la richiesta, e la Corte territoriale confermava il decreto di rigetto. Sull’occasionalità dell’agevolazione mafiosa. Avverso tale provvedimento la società interponeva ricorso per cassazione deducendo nei relativi motivi anzitutto la violazione di legge perché la finalità dell’istituto sia quella di riconoscere tutela prevalente all’interesse alla salvaguardia della continuità produttiva e gestionale dell’impresa. Per la ricorrente l’interpretazione seguita dalla Corte d’Appello avrebbe ristretto il perimetro applicativo della misura di prevenzione patrimoniale in quanto non sarebbe richiesta, nel controllo giudiziario su istanza di parte, a differenza di quella richiesta dal PM o disposta d’ufficio, la verifica del presupposto dell’occasionalità dell’agevolazione mafiosa, essendo tale presupposto già assorbito nella necessaria precondizione dell’applicazione della misura interdittiva antimafia prefettizia pena il palese conflitto di giurisdizione, per la necessaria pendenza dell’impugnazione dinanzi al giudice amministrativo del provvedimento prefettizio . Richiesta la remissione alle Sezioni Unite. In sostanza, il giudice, nel verificare i presupposti di accesso al controllo giudiziario, non dovrebbe verificare l’assenza del pericolo di infiltrazione mafiosa visto che – come affermato da un arresto di legittimità prima sezione n. 29487/2019 e dalla relazione della Commissione Fiandaca – si attribuisce al controllo giudiziario la finalità di tutelare il prevalente interesse alla realizzazione di opere di rilevanza pubblica . Sotto tale profilo si chiede di rimettere gli atti al Massimo Consesso perché l’esegesi seguita e contrastata in sede di ricorso si pone in contrasto con alcuni valori di rango costituzionale, in primis quello della libertà d’impresa, ai sensi dell’art. 41 Cost Legami con il contesto mafioso stabili od occasionali? Si censurano, nel secondo motivo di ricorso, le argomentazioni in ordine alla valutazione sulla stabilità e non occasionalità dei legami esistenti tra la società ricorrente con il contesto mafioso non essendo stati individuati elementi di collegamento dell’azienda con gruppi criminali. La sentenza n. 23330/21 dichiara inammissibili le censure del secondo motivo di gravame, sia perché sollecitano un riesame del merito non consentito in sede di legittimità , sia perché si limitano, in ogni caso, a prospettare una lettura alternativa a quella del giudice di merito che non ha ritenuto l’agevolazione mafiosa meramente occasionale”. Sulle finalità del controllo giudiziario. Il primo motivo viene dichiarato manifestamente infondato in quanto non esiste alcun automatismo nella sua applicazione essendo rimessa al giudice della prevenzione la valutazione della sussistenza dei relativi presupposti. Come chiarito dalle Sezioni Unite Ricchiuto n. 46898/2019 il giudice della misura di prevenzione patrimoniale deve accertare il grado di assoggettamento dell’attività economica alle descritte condizioni di intimidazione mafiosa e la attitudine di esse alla agevolazione di persone pericolose. Tale accertamento non si scolora del tutto nemmeno in caso di domanda di parte privata, che sia raggiunta da interdittiva antimafia, dovendosi verificare l’occasionalità o meno dell’agevolazione perché nei casi di situazioni più compromesse possono portare al rigetto della domanda per accogliere quella, della parte avversa, della più gravosa misura dell’amministrazione giudiziaria o di altra ablativa. Il controllo giudiziario comporta, infatti, una minore ingerenza rispetto all'amministrazione giudiziaria e mira ad esercitare la vigilanza in ordine al recupero di una gestione dell'azienda improntata alla libera concorrenza, al di fuori del condizionamento delle infiltrazioni mafiose. Occasionalità dinamica”. I giudici di legittimità, nel ricostruire tale il contesto testuale e sistemico dell’art. 34-bis del codice antimafia, ricordano la sua giurisprudenza ha precisato che la verifica dell’occasionalità dell’infiltrazione mafiosa non deve essere finalizzata ad acquisire un dato statico consistente nella cristallizzazione della realtà preesistente ma deve essere funzionale a un giudizio prognostico circa l’emendabilità della situazione rilevata sez. VI, n. 1590/2021 . Il punto di incontro tra il controllo giudiziario e l’interdittiva antimafia. Così ricostruito il tessuto normativo delle misure tendenti al recupero delle imprese infiltrate dalle organizzazioni criminali, gli ermellini tracciano il punto di incontro tra la misura di prevenzione amministrativa dell’interdittiva antimafia e la misura di prevenzione patrimoniale dell’autorità giudiziaria. Esso si colloca nell’ambito di quelle situazioni di contiguità mafiosa più sfumate e meno gravi , ponendosi solo entro questi limiti, attraverso l’applicazione del controllo giudiziario effettivamente salvaguardarsi l’interesse pubblico alla continuità dell’impresa, sospendendo l’efficacia di quei divieti di qualunque attività nei rapporti d’impresa con la pubblica amministrazione contratti, concessioni o sovvenzioni pubblici , e anche quelli tra privati autorizzazioni , qualora si reputi che tale rimedio sia sufficiente a scongiurare il pericolo dell’infiltrazione mafiosa e ad emendare l’azienda da tale situazione di rischio. Ricorso inammissibile. Alla luce di tale percorso argomentativo, il ricorso viene ritenuto inammissibile in quanto il dato normativo – contrariamente a quanto sostenuto dalla società ricorrente – subordina l’applicazione del controllo giudiziario, anche quando sia stato preceduto dall’interdittiva antimafia, dell’occasionalità del pericolo di infiltrazione mafiosa dell’impresa e dell’adeguatezza e proporzionalità della misura rispetto alle finalità di recupero dell’impresa.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 maggio – 15 giugno 2021, n. 23330 Presidente Mogini - Relatore Amoroso Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Napoli, sezione misure di prevenzione, con il provvedimento impugnato ha confermato il decreto di rigetto emesso dal Tribunale di Napoli in data 27 novembre 2018 dell’istanza avanzata D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, ex art. 34-bis, comma 6, c.d. Codice Antimafia , dalla detta società per l’applicazione nei suoi confronti della misura del controllo giudiziario a seguito dell’interdittiva antimafia emessa a suo carico ed oggetto di impugnazione davanti al giudice amministrativo. 2. Con il proprio ricorso, la ricorrente ha impugnato il decreto di rigetto della istanza di sottoposizione della società La Fattoria S.r.l. alla misura di prevenzione del controllo giudiziario, regolata dall’art. 34-bis del citato Codice antimafia, deducendo i motivi di seguito indicati. 2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge sotto il profilo della errata interpretazione della normativa di riferimento, dovendosi ritenere che la finalità dell’istituto sia quella di riconoscere tutela prevalente all’interesse alla salvaguardia della continuità produttiva e gestionale dell’impresa, attraverso il riconoscimento al titolare di una impresa destinataria di informazione antimafia interdittiva di cui all’art. 84, comma 4, del cit. Codice antimafia, di farsi promotore per l’applicazione di detta misura, previa impugnazione davanti al giudice amministrativo del provvedimento interdittivo del prefetto, consentendone di sospenderne gli effetti grazie alla gestione controllata dell’impresa da parte dell’A.G., realizzata ex art. 34-bis, comma 2, lett. b , attraverso la nomina di un giudice delegato ed un amministratore giudiziario. In particolare si censura l’interpretazione seguita dalla Corte di appello che ne avrebbe ridotto l’ambito di operatività, senza tenere conto del predetto interesse volto ad assicurare la continuità dell’impresa con la conseguente tutela della dignità del lavoro, subordinandone l’applicazione alla verifica della sussistenza di altri presupposti, non previsti dalla norma ed individuati nella occasionalità del pericolo di infiltrazione mafiosa dell’impresa, intesa come assenza di legami con il fenomeno mafioso, e nella adeguatezza della misura rispetto alla valutazione del prevalente interesse pubblico ad impedire che imprese condizionate dalla mafia o comunque legate ad interessi mafiosi, possano eludere, attraverso l’applicazione di detto istituto, i divieti correlati all’adozione di una informazione antimafia interdittiva. Si obietta che la misura del controllo giudiziario su istanza di parte ex art. 34-bis, comma 6, si differenzia da quella su richiesta del pubblico ministero o disposta di ufficio ex art. 34-bis, comma 1, perché non richiede la verifica del presupposto del requisito della occasionalità dell’agevolazione mafiosa, essendo tale presupposto già assorbito nella necessaria precondizione della applicazione della misura interdittiva antimafia prefettizia, che non può essere oggetto di una nuova valutazione giudiziaria, determinandosi altrimenti un palese conflitto di giurisdizione, per la necessaria pendenza dell’impugnazione davanti al giudice amministrativo del provvedimento prefettizio. Al contrario di quanto affermato nel provvedimento impugnato, le verifiche che il giudice della prevenzione è chiamato ad operare ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, nella fase genetica dell’applicazione dell’istituto non devono riguardare, al di là dell’avvenuta emissione ed impugnazione della informazione interdittiva, l’assenza del pericolo di infiltrazione mafiosa, posto che tale aspetto può e deve essere oggetto di approfondimento nel corso della misura, con eventuale revoca del provvedimento, lì dove l’azienda sia ritenuta immune da pericolo di contaminazioni, o con l’aggravamento della misura. Viene richiamato al riguardo anche il recente orientamento di legittimità espresso nella sentenza n. 29487 del 2019 della Prima Sezione che avrebbe recepito l’impostazione seguita dalla ricorrente, e si invoca una interpretazione coerente anche con la relazione della Commissione Fiandaca che attribuisce all’istituto del controllo giudiziario su base volontaria, ove richiesto da impresa raggiunta da interdittiva prefettizia, la finalità di tutelare il prevalente interesse alla realizzazione di opere di rilevanza pubblica . Si invoca la rimessione degli atti alle Sezioni Unite per la decisione sulla questione della verifica del presupposto dell’occasionalità dell’agevolazione mafiosa con riguardo al controllo giudiziario volontario , poiché l’interpretazione che ne impone la verifica si pone in contrasto con la legge in una materia di particolare importanza per i valori costituzionali implicati, in primis quello della libertà d’impresa ai sensi dell’art. 41 Cost 2.2. Con il secondo motivo si censurano le ulteriori argomentazioni nel merito della valutazione operata con riguardo alla stabilità e non occasionalità dei legami esistenti tra la società La Fattoria S.r.l. con il contesto mafioso, considerati ostativi alla applicazione del controllo giudiziario. In particolare si obietta che non sono stati individuati elementi di collegamento dell’azienda con gruppi criminali, nè influenze esterne sulle scelte aziendali, nè anomalie nei flussi finanziaria in entrata e in uscita, e che in ogni caso a voler riconoscere una valenza agli elementi valorizzati si rimarrebbe sempre nell’ambito della occasionalità e quindi di legami o condizionamenti suscettibili di essere meglio valutati attraverso la sottoposizione dell’azienda al controllo giudiziario. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è manifestamente infondato. Con riferimento alle censure circa la finalità dell’istituto in esame si deve ribadire che non ricorre alcun automatismo nella sua applicazione essendo rimessa al giudice della prevenzione la valutazione della sussistenza dei relativi presupposti, come correttamente affermato nel decreto impugnato. La questione è stata già affrontata in modo costante nella giurisprudenza di legittimità ed anche le Sezioni Unite nella sentenza n. 46898 del 26/09/2019, Ricchiuto, Rv. 277156, avevano già preso posizione affrontando più specificamente il tema del mezzo di impugnazione, affermando che Non vi è alcun dubbio che con riferimento all’istituto di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34 e a quello del controllo giudiziario a richiesta della parte pubblica o disposto di ufficio sia doveroso il preliminare accertamento da parte del giudice delle condizioni oggettive descritte nelle norme di riferimento e cioè il grado di assoggettamento dell’attività economica alle descritte condizioni di intimidazione mafiosa e la attitudine di esse alla agevolazione di persone pericolose pure indicate nelle fattispecie. Con riferimento, poi, alla domanda della parte privata, che sia raggiunta da interdittiva antimafia, di accedere al controllo giudiziario, tale accertamento . non scolora del tutto, dovendo pur sempre il tribunale adito accertare i presupposti della misura, necessariamente comprensivi della occasionalità della agevolazione dei soggetti pericolosi, come si desume dal rilievo che l’accertamento della insussistenza di tale presupposto ed eventualmente di una situazione più compromessa possono comportare il rigetto della domanda e magari l’accoglimento di quella, di parte avversa, relativa alla più gravosa misura della amministrazione giudiziaria o di altra ablativa . È stato poi ulteriormente precisato che la verifica dell’occasionalità dell’infiltrazione mafiosa, che il tribunale è tenuto a compiere per disporre il controllo giudiziario ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 34-bis, non deve essere finalizzata ad acquisire un dato statico, consistente nella cristallizzazione della realtà preesistente, ma deve essere funzionale a un giudizio prognostico circa l’emendabilità della situazione rilevata, mediante gli strumenti di controllo previsti dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis, commi 2 e 3, Sez. 6, n. 1590 del 14/10/2020, Senesi S.p.a., Rv. 280341 . Tale conclusione è supportata sia dal dato testuale e sia da una ragione di funzionalità del sistema. Va ricordato che il comma 6 dell’art. 34-bis richiede al Tribunale di verificare la sussistenza dei presupposti che non possono limitarsi a quelli dell’ammissibilità dell’istanza - esistenza di una interdittiva prefettizia e impugnativa dinanzi al giudice amministrativo - atteso che l’accesso al controllo giudiziario non può rappresentare un espediente per rimuovere gli effetti dell’interdittiva antimafia, soggetta alla verifica giurisdizionale di competenza del giudice amministrativo, tenuto conto che l’ammissione al controllo giudiziario sospende gli effetti della interdittiva prefettizia. Il controllo giudiziario è una misura di prevenzione patrimoniale giudiziaria, che, per la sua minore invasività nell’amministrazione dell’impresa, presuppone rispetto alle altre misure patrimoniali una minor grado di pericolosità di infiltrazione mafiosa. Nei casi di maggiore pericolo di infiltrazione mafiosa non può trovare, infatti, applicazione la misura del controllo giudiziario ma altre più penetranti misure, come il sequestro, la confisca o quella dell’amministrazione giudiziaria prevista dall’art. 34. Si è osservato, infatti, che tenuto conto delle diverse misure di prevenzione giudiziarie previste dall’ordinamento, non avrebbe senso l’inserimento del comma 6 nel tessuto normativo dell’art. 34 bis, ove l’iniziativa dell’imprenditore, ritenuto contiguo alla mafia, potesse orientare la scelta della misura di prevenzione, senza che fosse consentito al giudice della prevenzione di valutarne l’adeguatezza al caso concreto. Secondo la relazione finale della Commissione Fiandaca, l’istituto si pone effettivamente l’obiettivo di promuovere il recupero delle imprese infiltrate dalle organizzazioni criminali, nell’ottica di bilanciare in maniera più equilibrata gli interessi che si contrappongono in questa materia. Ma il punto di incontro tra la misura di prevenzione amministrativa dell’interdittiva antimafia e la misura di prevenzione di competenza della A.G. si colloca nell’ambito di quelle situazioni di contiguità mafiosa più sfumate e meno gravi, potendosi solo entro questi limiti, attraverso l’applicazione del controllo giudiziario effettivamente salvaguardarsi l’interesse pubblico alla continuità dell’impresa, sospendendo l’efficacia dei divieti di qualunque attività nei rapporti d’impresa con la pubblica amministrazione contratti, concessioni o sovvenzioni pubblici , e anche quelli tra privati autorizzazioni , qualora si reputi che tale rimedio sia sufficiente a scongiurare il pericolo dell’infiltrazione mafiosa e ad emendare l’azienda da tale situazione di rischio. Del resto anche il precedente di legittimità richiamato dal ricorrente Sez. 1, n. 29487 del 07/05/2019, Aniello, Rv. 276303 subordina l’applicazione del controllo giudiziario su richiesta pur sempre alla verifica della rispondenza o meno della misura richiesta alle finalità di recupero dell’impresa, essendosi precisato che l’analisi delle fonti cognitive disponibili non deve portare, nell’immediato, a riconoscere come sussistente una delle ipotesi tipiche di pericolosità di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 4 a carico del soggetto gestore dell’attività aziendale posto che, in tal caso, la misura del controllo risulterebbe ictu oculi inadeguata, ed in tale direzione è da ritenersi sia finalizzata la previsione della preliminare interlocuzione con la Procura Distrettuale competente . Mentre la posticipazione della verifica del grado di contaminazione mafiosa alla fase posteriore all’accoglimento dell’istanza, sebbene effettivamente prospettata è stata però affermata in termini dubitativi e perplessi, non essendo un tema decisivo per la questione della competenza per territorio affrontata in quella sentenza essendosi affermato che competente a decidere sulla domanda di applicazione del controllo giudiziario, proposta dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva non è il tribunale del luogo di emissione del provvedimento amministrativo interdittivo, bensì quello del luogo di manifestazione esteriore della pericolosità dei soggetti con cui la compagine aziendale è entrata in contatto . 3. Le ulteriori censure dedotte nel secondo motivo di ricorso sono inammissibili, perché sollecitano un riesame del merito non consentito in sede di legittimità, attraverso la valutazione degli elementi acquisiti neppure oggetto di impugnazione in sede di appello. Il Tribunale ha dato conto con scrupolosa e attenta valutazione dei dati acquisiti, delle ragioni per le quali non ha ritenuto che nella specie potesse ravvisarsi una contiguità lieve, indicata come assenza di terzietà dell’impresa ed inadeguatezza della misura, sostanzialmente riconducibile nell’ambito del presupposto normativo della agevolazione meramente occasionale . Le argomentazioni del ricorrente volte a prospettare una diversa ricostruzione dei fatti, implicano una lettura alternativa a quella motivatamente fatta propria dal giudice di merito preclusa in sede di ricorso per cassazione, ammissibile in questa materia solo per violazione di legge. 4. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila Euro. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.