Espulsione a rischio, significativa la convivenza con la sorella anche in mancanza di colloqui in carcere

Riprende vigore la richiesta presentata da un uomo originario del Marocco. Fondamentale il richiamo al legame e alla convivenza con la sorella che è cittadina italiana. Irrilevante, secondo i Giudici, il fatto che la donna non si sia mai recata in carcere per un colloquio col fratello.

A rischio l’ espulsione dallo Stato – come sanzione alternativa alla detenzione – se lo straniero ha un legame e una convivenza con la sorella cittadina italiana. Irrilevante, secondo i giudici, il fatto che la donna non si sia mai recata in carcere per un colloquio col fratello Cassazione, sentenza n. 15114/21, sez. I Penale, depositata il 21 aprile . Pomo della discordia è il decreto con cui il magistrato di sorveglianza ordinanza l’espulsione dallo Stato di un uomo, originario del Marocco. Il provvedimento è una sanzione alternativa alla detenzione e viene condiviso anche dal tribunale di sorveglianza. Impossibile, secondo il Tribunale, ipotizzare una condizione ostativa all’espulsione, poiché lo straniero, ancorché fratello di una cittadina italiana, non aveva con lei una relazione di convivenza, intesa quale stabile legame connotato da duratura e significativa comunanza di vita . A sostegno di questa visione, poi, anche il fatto che la donna non si è mai recata in carcere ad effettuare colloqui col fratello. A ridare una speranza allo straniero provvedono i Giudici della Cassazione. In prima battuta viene sottolineato che il Tribunale di sorveglianza ha errato nell’identificare la convivenza con il legame stabile tra due persone, connotato da duratura e significativa comunanza di vita. Questa definizione, tratta dalla giurisprudenza civilistica, ben si attaglia alla convivenza more uxorio , che non è tuttavia la forma di convivenza direttamente contemplata dalla normativa che in materia di condizioni ostative all’espulsione fa piuttosto riferimento a qualunque forma di convivenza che tragga titolo, oltre che dal coniugio, dal rapporto di parentela preso in considerazione, che è quello entro il secondo grado . I magistrati aggiungono poi che convivenze siffatte, dipendenti dalla parentela, non presentano l’intensa connotazione pretesa dal Tribunale di sorveglianza dall’ordinanza impugnata, mentre una coabitazione, che tragga titolo dal rapporto di parentela rilevante, basta ad integrare la fattispecie legale, purché se ne accerti la effettività secondo congrui indici di apprezzabilità esterna . In questo quadro sono insufficienti le risultanze anagrafiche , ma, precisano i Giudici, è privo di senso il richiamo all’ assenza di colloqui in carcere tra fratello e sorella. Possibile, quindi, per lo straniero, evitare l’espulsione – su questo punto dovrà nuovamente pronunciarsi il Tribunale di sorveglianza –, anche tenendo presente che già un’informativa della Questura ha accertato l’esistenza della convivenza dell’uomo con la sorella cittadina italiana.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 febbraio – 21 aprile 2021, n. 15114 Presidente Bricchetti – Relatore Centofanti Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Torino confermava, in sede di opposizione ai sensi dell’art. 16, comma 6, T.U. imm., l’anteriore decreto del Magistrato di sorveglianza di Novara, che aveva ordinato l’espulsione dallo Stato di Mourad K. a titolo di sanzione alternativa alla detenzione. Secondo il Tribunale, non ricorreva la condizione ostativa all’espulsione di cui all’art. 19, comma 2, lett. c , T.U. imm., in quanto K. , ancorché fratello di cittadina italiana, non aveva con lei una relazione di convivenza , intesa quale stabile legame connotato da duratura e significativa comunanza di vita , come testimoniato dal fatto che la donna non si era mai recata in carcere ad effettuare colloqui. Il solo dubbio sull’esistenza del requisito di convivenza sarebbe stato peraltro sufficiente, per il medesimo Tribunale, a giustificare la reiezione dell’opposizione, essendo il condannato onerato della relativa prova. 2. L’interessato ricorre per cassazione, con rituale ministero difensivo. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione. Il Tribunale di sorveglianza avrebbe errato nell’escludere il rapporto di convivenza tra sé e la sorella e, in ogni caso, avrebbe omesso di valutare una serie di elementi rilevanti ai fini del giudizio ad esso affidato, quali il rapporto parentale, la durata del soggiorno in Italia, l’assenza di legami con il Paese di origine. Con il secondo motivo il ricorrente parimenti deduce violazione di legge e vizio della motivazione. Il Tribunale di sorveglianza, ove avesse dubitato dell’esistenza di condizioni ostative all’espulsione, avrebbe dovuto procedere ad istruttoria officiosa. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato in entrambi i proposti motivi, tra loro connessi e congiuntamente esaminabili. 2. Il giudice a quo ha errato, anzitutto, ad identificare la convivenza, rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 19, comma 2, lett. c , T.U. imm., con il legame stabile tra due persone, connotato da duratura e significativa comunanza di vita. Questa definizione, tratta dalla giurisprudenza civilistica, ben si attaglia alla convivenza more uxorio, che non è tuttavia la forma di convivenza direttamente contemplata dalla norma in esame pur trattandosi di una condizione essa stessa potenzialmente ostativa da ultimo, Sez. 1, n. 16385 del 15/03/2019, Chigri, Rv 276134-G1 , la quale fa piuttosto riferimento a qualunque forma di convivenza che tragga titolo, oltre che dal coniugio, dal rapporto di parentela preso in considerazione, che è quello entro il secondo grado. Convivenze siffatte, dipendenti dalla parentela, non presentano l’intensa connotazione pretesa dall’ordinanza impugnata. Una coabitazione, che tragga titolo dal rapporto di parentela rilevante, basta ad integrare la fattispecie legale, purché se ne accerti la effettività secondo congrui indici di apprezzabilità esterna. 3. Le risultanze anagrafiche sono al riguardo insufficienti, ma appare altresì arbitrario negare il requisito sul mero rilievo, in sé non univoco, dell’assenza di colloqui in carcere tra i soggetti in tesi conviventi. L’ordinanza impugnata, del resto, non ha adeguatamente considerato elementi, già in atti, che avrebbero potuto orientare diversamente il giudizio, come l’informativa 2 gennaio 2020 trasmessa dalla Questura di Novara, che - scontrava la circostanza di fatto alla base del divieto di espulsione allegato dall’interessato. Nel caso fosse residuato un ragionevole dubbio, era comunque compito del Tribunale di sorveglianza approfondire l’indagine, dovendo tale organo giudiziario, nelle materie di sua competenza, quando non disponga degli elementi utili per la decisione, provvedere, ai sensi del combinato disposto dell’art. 678 c.p.p., e art. 666 c.p.p., comma 5, all’acquisizione di tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno Sez. 1, n. 2187 del 14/03/1997, Bianchetto, Rv. 207244-01 , diversamente da quanto accade nel processo civile. 4. L’ordinanza impugnata deve essere annullata alla stregua delle considerazioni che precedono, con rinvio al Tribunale di sorveglianza che l’ha adottata per rinnovato giudizio, che faccia applicazione degli esposti principi di diritto e superi le riscontrate carenze motivazionali. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Sorveglianza di Torino.