Privo di lavoro e di redditi legali: legittimo il ‘foglio di via’

Condanna confermata per l’uomo che ha fatto rientro nel territorio comunale ignorando il divieto impostogli dal Questore. Impossibile, poi, mettere in discussione il ‘foglio di via’, essendo evidente la pericolosità sociale del soggetto.

Ignorato volutamente e ripetutamente il ‘foglio di via’ consequenziale la condanna. A inchiodare l’uomo è non solo l’illegittima presenza nel territorio per lui off-limits ma anche l’accertata sua pericolosità, ritenuta evidente dal Questore alla luce dei comportamenti criminosi dell’uomo, connessi peraltro all’assenza di un lavoro e di redditi legali Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza n. 13226/21, depositata l’8 aprile . Concordi i Giudici di merito va sanzionato l’uomo sotto processo. Consequenziale la sua condanna a sei mesi e dieci giorni di arresto per avere ripetutamente contravvenuto al ‘ foglio di via obbligatorio ’ emesso dal Questore con cui si è disposto l’allontanamento dal territorio comunale e il divieto di farvi ritorno per tre anni . Per il difensore, però, va fatto un passo indietro e va messa in discussione la legittimità dell’originario provvedimento amministrativo , assolutamente carente, a suo dire, in merito alla esplicitazione degli elementi di fatto posti a fondamento del giudizio di appartenenza ad una delle categorie previste dall’articolo 1 del decreto legislativo numero 159 del 2011 e in merito alla valutazione di pericolosità . In premessa dalla Cassazione ricordano che il giudice penale non può sostituire la propria valutazione al giudizio espresso dal Questore , a patto che siano messi sul tavolo gli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosità del soggetto . In questa vicenda i Giudici di terzo grado ritengono corretto il ‘foglio di via’, essendo basato su un concreto giudizio di pericolosità . A questo proposito, vengono richiamati diversi dettagli non secondari le numerose attività delinquenziali svolte a scopo di lucro contrabbando, violazioni della normativa fiscale, invasioni di terreni ed edifici oltre che l’imbrattamento di cose altrui e l’inosservanza dei provvedimenti dell’autorità l’assenza di qualsiasi attività lavorativa la presenza nel territorio comunale per svolgere l’attività di parcheggiatore abusivo , attività, quest’ultima che era già costata in passato all’uomo ripetute sanzioni. Tirando le somme, l’uomo viveva, almeno in parte, con i proventi di tali attività delittuose e, come tale, era soggetto socialmente pericoloso , anche tenendo presente l’assenza di attività lavorativa e di redditi legali . Assolutamente legittimo, quindi, il ‘foglio di via’ emesso dal Questore. E, di conseguenza, assolutamente legittima la condanna nei confronti dell’uomo per avere volutamente ignorato il divieto di rientro nel territorio comunale .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 8 ottobre 2020 – 8 aprile 2021, n. 13226 Presidente Iasillo – Relatore Saraceno Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con la decisione in epigrafe la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza in data 24 maggio 2018, con cui il Tribunale della sede aveva condannato D.N.F. alla pena di mesi sei e giorni dieci di arresto, in quanto ritenuto responsabile del reato di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 76, comma 3, per avere ripetutamente contravvenuto al foglio di via obbligatorio, emesso dal Questore il 16 settembre 2013, notificatogli il 15 dicembre 2014, che ne aveva disposto l’allontanamento dal comune di Napoli e il divieto di farvi ritorno per la durata di anni tre fatti accertati in omissis . 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore, avvocato Elisabetta Montano, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi inosservanza o erronea applicazione della legge penale, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo all’affermazione di responsabilità. La Corte territoriale non ha offerto congrua risposta alle doglianze articolate con l’appello in particolare, ha omesso di cogliere i profili di illegittimità del provvedimento amministrativo presupposto, del tutto carente sotto il profilo della esplicitazione degli elementi di fatto posti a fondamento del giudizio di appartenenza dell’imputato ad una delle categorie previste dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1 e dell’operata valutazione di pericolosità del ricorrente violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, del cui riconoscimento l’imputato era meritevole, non risultando inserito in circuiti di criminalità organizzata, nè ritraendo le proprie fonti di reddito dal compimento di attività delittuose e avendo, in aggiunta, serbato leale condotta processuale, lasciandosi giudicare allo stato degli atti . 3. L’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi aspecifici e manifestamente infondati. 3.1. Come già affermato da questa Corte con orientamento costante, ben noto alla difesa che nel ricorso si è profusa in una sovrabbondante citazione di massime estrapolate dalle decisioni di legittimità, il giudice penale non può sostituire la propria valutazione al giudizio di pericolosità espresso dal Questore, in quanto in tal modo eserciterebbe un inammissibile sindacato giurisdizionale di merito sull’atto amministrativo mentre, invece, è consentito -e doveroso il sindacato di legittimità sul provvedimento, consistente nella verifica della sua conformità alle prescrizioni di legge, tra le quali rientra l’obbligo di motivazione sugli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosità del soggetto. Ciò significa che il provvedimento, per fungere da valido presupposto del reato, deve esplicitare gli elementi di fatto, in base ai quali esprime il giudizio di appartenenza del destinatario ad una delle categorie indicate nel D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1 e indicare i motivi che inducono a ritenerlo socialmente pericoloso, non essendovi coincidenza tra la appartenenza a una delle categorie di cui al citato art. 1 e la pericolosità sociale del soggetto, che va desunta da ulteriori circostanze di fatto, delle quali si deve dare atto in modo specifico. Pertanto, nel caso in cui il provvedimento del Questore sia sufficientemente motivato, indichi in modo chiaro, intelligibile e razionale le ragioni dell’affermata pericolosità del sottoposto a foglio di via obbligatorio, esso può essere disapplicato solo a fronte dell’accertata insussistenza degli elementi addotti a sostegno della ritenuta pericolosità. 3.2. A tali superiori e condivisi principi il provvedimento impugnato si è correttamente attenuto ha, infatti, valorizzato quanto emerso dal decreto del Questore, che aveva esposto gli elementi fattuali, sui quali si è incentrato il giudizio di pericolosità formulato a carico del D.N. , costituiti dalle numerose attività delinquenziali svolte a scopo di lucro dal prevenuto e puntualmente richiamate nel provvedimento contrabbando, violazioni della normativa fiscale, invasioni di terreni ed edifici oltre che imbrattamento di cose altrui, e inosservanza dei provvedimenti dell’autorità dall’assenza di qualsiasi attività lavorativa dalla presenza nel territorio di Napoli per svolgere l’attività di parcheggiatore abusivo, per la quale era già stato in passato ripetutamente sanzionato. Se ne è dedotto, dunque, che egli viveva, almeno in parte, con i proventi di tali attività delittuose e, come tale, era soggetto socialmente pericoloso anche al momento dell’emissione del decreto di rimpatrio. 3.3. La motivazione della decisione, sintetica ma compiuta, ha, dunque, riscontrato nel provvedimento amministrativo la presenza di idonea specificazione sia della pericolosità del soggetto sia degli elementi a tal fine significativi. Piuttosto l’impugnazione, al di là dei generici rilievi formali, non smentisce i dati conoscitivi valorizzati nel provvedimento, nè l’assenza di attività lavorativa e di redditi legali, e, pertanto, non offre argomenti per superare gli orientamenti pedissequamente citati, prescindendo da un efficace e completo confronto con le ragioni della avversata decisione. 3.4. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo. La Corte ha giustificato il diniego delle generiche, valorizzando la duplicità della violazione, l’assenza di comportamenti sintomatici di ravvedimento e comunque la totale carenza di elementi suscettibili di favorevole valutazione. 4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella proposizione di siffatta impugnazione Corte Cost. sent. n. 186 del 2000 , al versamento a favore della Cassa delle Ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in Euro tremila. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Motivazione semplificata.