A spasso con un coltello in tasca: il luogo affollato rende grave la condotta

Condanna definitiva per un uomo, beccato con un cutter nella tasca dei pantaloni mentre passeggiava nella zona della Stazione Centrale di Milano. Per i Giudici a certificare la gravità del comportamento è non solo l’oggetto ma anche lo scenario, caratterizzato dalla presenza di numerose persone.

A spasso in città con un coltello in tasca . Le caratteristiche dell’oggetto e il contesto affollato rendono impossibile ridimensionare la gravità della condotta Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza n. 12393/21, depositata il 31 marzo . Ricostruito l’episodio, verificatosi a Milano, l’uomo sotto processo viene ritenuto responsabile, sia in primo che in secondo grado, della contravvenzione prevista dall’art. 4 della l. n. 110/1975 per avere portato, senza giustificato motivo, fuori dalla propria abitazione un cutter, aventi due lame – una di due centimetri e l’altra di sette centimetri – . Consequenziale la pena, fissata in quattro mesi di arresta e 600 euro di ammenda . Col ricorso in Cassazione il difensore prova a ridimensionare il comportamento del suo cliente. In particolare, il legale ritiene plausibile l’applicazione della non punibilità ”, poiché l’uomo non è stato dichiarato delinquente abituale e il generico richiamo ai suo precedenti penali non può essere ritenuto indicativo di comportamento abituale . In aggiunta, poi, l’avvocato sottolinea che l’oggetto portato dall’uomo nella tasca dei propri pantaloni con due lame di modeste dimensioni era dotato di minima capacità offensiva , e lamenta il fatto che non si è accertato se il cutter era dotato di un meccanismo di blocco delle lame, ovvero di un meccanismo di scatto, o, ancora, se dette lame erano affilate o meno . Per completare la linea difensiva, poi, il legale mette sul tavolo le modalità dell’azione non particolarmente insidiose, la scarsa intensità del dolo, l’insussistenza di un danno, l’assenza di precedenti della stessa indole e la condotta collaborativa dell’uomo . Per i magistrati della Cassazione, però, le obiezioni difensive non scalfiscono minimamente la valutazione compiuta in Appello. Ciò perché i Giudici di merito hanno apprezzato la tipologia del coltello, dotato di due lame – di cui una, quella lunga sette centimetri – azionabile con un pulsante e il contesto in cui i fatti si sono verificati, ossia la Stazione Centrale di Milano, affollata da viaggiatori e persone di passaggio . Senza dimenticare, poi, l’uso in passato di oggetto analogo in occasione della consumazione di delitti contro il patrimonio e il fatto che l’uomo è stato per due volte condannato per il medesimo reato, previsto dall’articolo 4 della legge numero 110 del 1975 . Tirando le somme, l’applicazione della causa di non punibilità non soltanto è impedita dalla dichiarazione di delinquenza abituale, ma anche dalla commissione di condotte che sono espressive di un comportamento trasgressivo non episodico, tale da escludere il lieve disvalore del fatto , chiariscono i Giudici, ribadendo il valore riconosciuto alle caratteristiche del coltello e alle circostanze di luogo in cui si è accertato il possesso del coltello .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 8 gennaio – 31 marzo 2021, n. 12393 Presidente Tardio – Relatore Talerico Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 3 ottobre 2019, la Corte di appello di Milano confermava la pronuncia del Tribunale in sede datata 18.9.2018, con la quale S.W. era stato ritenuto responsabile della contravvenzione di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4 per avere portato, senza giustificato motivo, fuori dalla propria abitazione un cutter marca Stanley, aventi due lame, una di cm. 2 e, l’altra, di cm. 7 e, conseguentemente era stato condannato alla pena di mesi quattro di arresto ed Euro 600,00 di ammenda. 2. Avverso detta sentenza l’imputato, per il tramite del suo difensore di fiducia, avvocata Arianna Barbazza, ha proposto ricorso per cassazione, formulando tre distinti motivi di impugnazione. 2.1. Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto violazione di legge e difetto di motivazione circa l’omessa applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p., evidenziando che l’imputato non era stato dichiarato delinquente abituale e che allo stesso non era stata contestata alcuna recidiva e contestando che il generico richiamo ai precedenti penali potesse essere ritenuto indicativo di comportamento abituale, ostativo all’applicazione dell’istituto in parola ha, altresì, osservato che l’oggetto portato dall’imputato nella tasca dei propri pantaloni con due lame di modeste dimensioni, una di cm. 7 e l’altra di cm. 2 era dotato di minima capacità offensiva e che, peraltro, non era stato accertato se detto strumento fosse dotato di un meccanismo di blocco delle lame, ovvero di un meccanismo di scatto, o, ancora, se dette lame fossero affilate o meno. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto violazione di legge e difetto di motivazione in relazione al disposto di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 3, atteso che le circostanze messe in evidenza dalla difesa avrebbero ben potuto, quanto meno, giustificare il riconoscimento dell’attenuante in parola. 2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente ha dedotto violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, applicabili in considerazione delle modalità dell’azione non particolarmente insidiose, della scarsa intensità del dolo, dell’insussistenza di un danno, dell’assenza di precedenti della stessa indole e della condotta collaborativa dell’imputato. 3. Si è proceduto a trattazione da remoto con contraddittorio scritto, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, in assenza di richieste di trattazione orale il Procuratore generale di questa Corte, d.ssa Delia Cardia, ha concluso, per iscritto, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile. Considerato in diritto 1. Il ricorso non merita accoglimento per le ragioni di seguito illustrate. Quanto al primo motivo di ricorso, giova ricordare che in ordine all’istituto di cui all’art. 131 bis c.p., per come osservato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il giudizio sulla tenuità del fatto richiede una valutazione complessa, che ha a oggetto le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133 c.p., richiedendosi una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta e non solo di quelle che attengono all’entità dell’aggressione del bene giuridico protetto Sez. Un. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266590 . Ciò posto, deve, altresì, ricordarsi come, in relazione ai requisiti della motivazione in genere, si sia specificato che la sentenza costituisce un tutto coerente e organico, con la conseguenza che, ai fini del controllo critico della sussistenza di un valido percorso giustificativo, ogni punto non può essere autonomamente considerato, dovendo essere posto in relazione agli altri, con la conseguenza che la ragione di una determinata statuizione può anche risultare da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo sia pure implicito cfr. Cass. Sez. 4, n. 4491 del 17/10/2012, Rv. 255096 . Ebbene, nel caso di specie emerge chiaramente dalla complessiva analisi della sentenza impugnata che, il giudice di merito, nel valutare la condotta contestata all’imputato, ha escluso la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’invocata causa di non punibilità, apprezzando la tipologia del coltello in possesso del predetto, dotato di due lame di cui una quella della lunghezza di cm. 7 azionabile con un pulsante, il contesto in cui i fatti si erano verificati la stazione Centrale di Milano, affollata da viaggiatori e persone di passaggio e l’uso in passato di oggetto analogo in occasione della consumazione di delitti contro il patrimonio, oltre che la circostanza che il ricorrente era stato per due volte condannato per il medesimo reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4. Come ha messo in evidenza il Procuratore generale nelle conclusioni scritte, l’applicazione della causa di non punibilità in parola non soltanto è impedita dalla dichiarazione di delinquenza abituale, ma anche dalla commissione di condotte che siano espressive di un comportamento trasgressivo non episodico tale da escludere il lieve disvalore del fatto, al quale ha fatto riferimento l’impugnata sentenza mentre non appare pertinente il riferimento difensivo all’omessa contestazione della recidiva attesa la natura contravvenzionale del reato contestato. 2. Destituito di fondamento è anche il secondo motivo di ricorso. È pur vero che la negazione della particolare tenuità del fatto, ai fini dell’applicazione dell’art. 131 bis c.p., non impedisce la qualificazione di lieve entità del medesimo fatto, ai fini del riconoscimento dell’attenuante prevista dalla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 3. Tuttavia non censurabile è l’argomentare sviluppato nell’impugnata sentenza per disconoscere l’invocata attenuante, alla stregua delle caratteristiche del coltello e delle circostanze di luogo in cui il possesso dello stesso è stato accertato. 3. Quanto al terzo motivo di ricorso, va osservato che, secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche basta che il giudice del merito prenda in esame quello tra gli elementi indicati nell’art. 133 c.p., che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio e anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all’entità del reato e alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti stesse Cass. Sez. erz. 2, 18 gennaio 2011, n. 3609, RV 249163 conformi Cass. Sez. 2, 16 gennaio 1996, n. 4790, RV 204768 Cass. Sez. 2, 27 febbraio 1997, n. 2889, RV 207560 . Nel caso di specie, la Corte di appello di Milano ha escluso, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, la concedibilità all’imputato delle invocate circostanze attenuanti generiche richiamando, in assenza di elementi positivi, il negativo quadro di cui sopra e, cioè, i numerosi precedenti penali dei quali il prevenuto risultava gravato e le concrete modalità di esecuzione dell’accertato reato. 4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.