L’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non fa presumere la conoscenza del processo o la volontaria sottrazione allo stesso

L’elezione del domicilio effettuata dall’indagato prima dell’introduzione del comma 4- bis dell’art. 162 c.p.p. presso il difensore d’ufficio nella fase delle indagini preliminari, non comporta una presunzione di conoscenza del processo o di volontaria sottrazione allo stesso, automaticamente preclusiva della rescissione del giudicato. Il Giudice deve infatti in ogni caso verificare, attraverso ulteriori indici, se vi sia stata un’effettiva istaurazione del rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del processo ovvero si sia volontariamente sottratto alla conoscenza dello stesso.

Sul tema la Suprema Corte con la sentenza n. 11813/21, depositata il 29 marzo, accogliendo il ricorso avverso la pronuncia con cui la Corte d’Appello di Genova respingeva l’istanza di rescissione del giudicato proposta nell’interesse di un soggetto condannato per maltrattamento di animali. Secondo i Giudici territoriali doveva escludersi l’incolpevole mancata conoscenza del processo in quanto l’imputato aveva eletto domicilio con nomina del difensore d’ufficio. La pronuncia è stata impugnata in Cassazione per far luce sulla questione se dall’ elezione di domicilio , effettuata dall’indagato presso il difensore d’ufficio nella fase delle indagini preliminari, discenda una presunzione di conoscenza del processo o di volontaria sottrazione allo stesso - gravando sull’indagato l’onere di attivarsi per tenere contatti informativi con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento – che risulta automaticamente preclusiva alla rescissione del giudicato, ovvero se il giudice debba in ogni caso verificare , attraverso ulteriori indici, se vi sia stata un’ effettiva istaurazione del rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del processo ovvero si sia volontariamente sottratto alla conoscenza dello stesso . Dopo aver ripercorso i contrastanti orientamenti giurisprudenziali, il Collegio chiarisce che dall’elezione del domicilio effettuata dall’indagato – in epoca precedente all’introduzione con l’art. 1 della legge 23 giugno 2017, n. 103, del comma 4- bis dell’art. 162 cod. proc. pen. – presso il difensore d’ufficio nella fase delle indagini preliminari non discende una presunzione di conoscenza del processo o di volontaria sottrazione allo stesso che risulti automaticamente preclusiva della rescissione del giudicato, perché il giudice deve in ogni caso verificare , attraverso ulteriori indici, se vi sia stata un’effettiva istaurazione del rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del processo ovvero si sia volontariamente sottratto alla conoscenza dello stesso . Per questi motivi, la Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Genova.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 novembre 2020 – 29 marzo 2021, n. 11813 Presidente Ramacci – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 16 aprile 2020, la Corte d’appello di Genova ha respinto l’istanza di rescissione del giudicato proposta nell’interesse di Z.A. in relazione alla sentenza del 6 dicembre 2016 del Tribunale di Genova - divenuta irrevocabile in data 8 giugno 2018 - con la quale il medesimo era stato condannato alla pena di mesi 5 di reclusione ed Euro 10.000,00 di multa, per il reato di maltrattamento di animali art. 544-ter c.p. . La Corte d’appello ha ritenuto sussistenti elementi per escludere l’incolpevole mancata conoscenza del processo, consistenti nell’identificazione ed elezione del domicilio con nomina del difensore d’ufficio, desunta dal verbale tradotto all’indagato nell’onere gravante sul medesimo di tenere i contatti con il proprio difensore d’ufficio nella mancata allegazione circa fatti impeditivi dell’esercizio di tale onere. 2. Avverso l’ordinanza l’interessato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, formulando un unico motivo di doglianza, con il quale si lamentano la violazione degli artt. 125 e 629-bis c.p.p. e la contraddittorietà della motivazione, sul rilievo che il principio di diritto applicato dal giudice a fondamento del rigetto dell’istanza - secondo il quale dall’elezione di domicilio effettuata dall’indagato presso il difensore d’ufficio discende una presunzione di conoscenza del processo o di volontaria sottrazione allo stesso, gravando su di lui l’onere di attivarsi per mantenere i contatti con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento - si porrebbe in aperto contrasto con gli orientamenti giurisprudenziali secondo i quali l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non può costituire elemento per rigettare l’istanza di rescissione del giudicato, dovendo il giudice verificare la sussistenza di altre circostanze da cui desumere la conoscenza del processo o la volontaria sottrazione allo stesso. Nel caso di specie, la difesa aveva prospettato con l’istanza di revisione che dopo l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio redatta in lingua italiana all’indagato alloglotta, tutte le notificazioni erano state eseguite presso il difensore l’imputato non aveva mai istaurato alcun rapporto professionale con il proprio difensore l’imputato aveva avuto effettiva conoscenza dell’avvenuta celebrazione del processo solo al momento dell’esecuzione della condanna. Con requisitoria scritta del 25 settembre 2020, il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’accoglimento del ricorso, condividendo l’impostazione della difesa secondo la quale la mera elezione di domicilio presso il difensore di ufficio non può essere reputata idonea, in assenza di ulteriori indici di conoscibilità, a determinare una insuperabile presunzione di conoscenza del processo da parte dell’imputato, di per sé sola preclusiva al rimedio di cui all’art. 629-bis c.p.p Considerato in diritto 3. In via preliminare, è opportuno ricostruire brevemente i termini della vicenda in data 9 luglio 2014, in fase di indagini preliminari, era assegnato a Z. , persona alloglotta, un difensore d’ufficio, presso il cui studio egli eleggeva domicilio alla prima udienza veniva dichiarata l’assenza dell’imputato e si procedeva al dibattimento pervenendo alla pronuncia della sentenza di condanna, divenuta definitiva l’8 giugno 2018 attinto dalla condanna, il 20 febbraio 2020 l’imputato proponeva istanza ex art. 629-bis, c.p.p., rigettata dalla Corte d’appello con il provvedimento impugnato. La questione, dunque, sotto il profilo temporale, riguarda una elezione di domicilio effettuata in epoca precedente all’introduzione, con la L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, dell’art. 162 c.p.p., comma 4-bis, secondo il quale L’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore domiciliatario . 4. Risulta rilevante, ai fini della decisione, la questione se dall’elezione del domicilio effettuata dall’indagato presso il difensore d’ufficio nella fase delle indagini preliminari discenda una presunzione di conoscenza del processo o di volontaria sottrazione allo stesso - gravando sull’indagato l’onere di attivarsi per tenere contatti informativi con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento - che risulta automaticamente preclusiva alla rescissione del giudicato, ovvero se il giudice debba in ogni caso verificare, attraverso ulteriori indici, se vi sia stata un’effettiva istaurazione del rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del processo ovvero o si sia volontariamente sottratto alla conoscenza dello stesso. 4. Su tale questione sussiste un contrasto tra due diversi orientamenti giurisprudenziali di legittimità. 4.1. Un primo indirizzo, cui sostanzialmente aderisce la Corte d’appello con il provvedimento impugnato, muove dall’affermazione di principio secondo cui sussiste una colpevole mancata conoscenza del processo, preclusiva del ricorso di cui all’art. 629-bis c.p.p., in tutti i casi in cui l’imputato non abbia adempiuto agli oneri di diligenza generati dalla conoscenza dell’esistenza del processo, seppure in una fase iniziale, desumibile dalla elezione di domicilio, dalla nomina di un difensore di fiducia, ovvero dall’applicazione di una misura precautelare o cautelare, ovvero dal ricevimento personale della notifica dell’avviso di udienza, discendendo da tali situazioni una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in assenza dell’imputato ex plurimis, Sez. 2, n. 39158 del 10/09/2019, Rv. 277100 Sez. 2, n. 14787 del 25/01/2017 Rv. 269554 Sez. 5, n. 12445 del 13/11/2015, Rv. 266368 . Sul punto, Sez. 2, n. 25996 del 23/05/2018, Rv. 272987, ha escluso che possa darsi luogo alla rescissione del giudicato se l’imputato abbia avuto notizia del procedimento nella fase delle indagini, giungendo a tale conclusione sul presupposto che l’art. 420-bis c.p.p., comma 2, abbia introdotto delle presunzioni assolute di conoscenza del procedimento e che, con riguardo all’elezione di domicilio, dette presunzioni si configurano, non solo quando l’elezione viene effettuata presso il difensore di fiducia, ma anche quando sia fatta presso il difensore nominato d’ufficio, come risulta dal fatto che la norma non pone distinzioni laddove, invece, le norme successive hanno valorizzato il rapporto con il solo difensore di fiducia, escludendo la semplice fictio secondo cui la presenza del difensore di ufficio possa sempre garantire la effettiva partecipazione della parte al processo. Nello stesso senso, Sez. 4 n. 10238 del 03/03/2020, Rv. 278648, ha altresì precisato che l’ignoranza incolpevole non deve essere valutata in relazione ai singoli atti della progressione processuale, dato che la conoscenza della esistenza del procedimento, seppur provata in relazione ad una fase germinale dello stesso, genera un onere di diligenza che si esprime anche nel dovere di mantenere i contatti con il difensore sia esso di fiducia, che di ufficio . Per tale orientamento, come bene evidenziato da Sez. 4 n. 32065 del 07/05/2019, Rv. 276707, una diversa interpretazione - che implichi la presunzione secondo cui solo in caso di nomina di difensore di fiducia possa ritenersi la conoscenza degli atti processuali rivolti all’imputato che presso il primo abbia eletto domicilio, mentre non potrebbero ritenersi parimenti conosciuti gli atti notificati presso il difensore d’ufficio, nonostante l’elezione di domicilio - si presta al facile abuso del processo, potendo in questo modo l’interessato diversamente atteggiarsi secondo l’esito del giudizio, anche avvantaggiandosi del decorrere del tempo e della sua incidenza sulla prescrizione. Inoltre, un’interpretazione che circoscriva la verifica dello stato di conoscenza incolpevole alla fase procedimentale successiva all’iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 c.p.p., con esclusione di ogni rilievo agli eventi che generano la conoscenza nella primissima fase investigativa risulterebbe incompatibile con l’art. 420-bis c.p.p., comma 2, che, da un lato, fa esplicito riferimento ad atti che possono collocarsi anche prima dell’iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 c.p.p. come, ad esempio, l’arresto e che, dall’altro, prevede una ipotesi di chiusura idonea ad abbracciare anche gli eventi anteriori a tale momento e, cioè, l’ipotesi in cui risulti comunque con certezza che l’imputato è a conoscenza del procedimento 4.2. Il secondo indirizzo giurisprudenziale, che questo collegio ritiene di condividere, ritiene invece che l’elezione del domicilio non sia di per sé sufficiente a comportare il rigetto dell’istanza di rescissione del giudicato, trovando - come si vedrà - l’autorevole avallo delle Sezioni Unite. Esso muove dalla considerazione secondo la quale, ai fini della dichiarazione di assenza, non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa. Tale principio, precisa Sez. 3, n. 12055 del 2020 n. m. , può essere sicuramente applicato all’istituto previsto dall’art. 629-bis c.p.p. in ragione della unicità del presupposto della effettiva conoscenza della celebrazione del processo da parte dell’imputato. Sempre nell’ambito di tale indirizzo, Sez. 2, n. 9441 del 24/01/2017, Rv. 269221, dopo aver premesso che secondo la giurisprudenza della Corte Edu la conoscenza effettiva del procedimento presuppone un atto formale di contestazione idoneo ad informare l’accusato della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico, al fine di consentirgli di difendersi nel merito , ha ritenuto che tale esigenza sia assicurata sul piano interno unicamente dalla vocatio in iudicium, sicché la conoscenza dell’esistenza del procedimento penale a carico dell’imputato non può essere desunta dalla elezione di domicilio presso il difensore di ufficio effettuata, nell’immediatezza dell’accertamento del reato, in sede di redazione del verbale di identificazione d’iniziativa della polizia giudiziaria. In senso conforme, Sez. 6, n. 43140 del 19/09/2019, Rv. 277210 ha osservato che l’art. 629-bis c.p.p. fa riferimento alla incolpevole mancata conoscenza del processo e non del procedimento può cioè aversi la conoscenza del procedimento, come nel caso della notifica del decreto di sequestro, ma non del processo che invece implica la conoscenza dell’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, fermo restando che l’imputato non deve avere rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione oppure non deve essersi deliberatamente sottratto a tale conoscenza. Tale sentenza ha esteso alla rescissione del giudicato i principi espressi, in relazione al limitrofo settore della dichiarazione di assenza, da Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, Rv. 279420, la quale ha affermato, in relazione a fattispecie precedente all’introduzione dell’art. 162 c.p.p., comma 4-bis, ad opera della L. 23 giugno 2017, n. 103, che, ai fini della dichiarazione di assenza, non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa. La decisione ha effettuato un’articolata disamina della disciplina del procedimento in assenza anche alla luce delle modifiche normative dettate da esigenze di adeguamento alla disciplina sovranazionale e, occupandosi della portata degli indici di conoscenza ex dell’art. 420-bis c.p.p., comma 2, ha chiarito che tale norma, nell’ottica di una comprensibile facilitazione del compito del giudice, consente solo di equiparare la notifica regolare ma non a mani proprie alla effettiva conoscenza del processo, tipizzando dei casi in cui, nelle date condizioni, è ragionevole ritenere che l’imputatò abbia effettivamente conosciuto l’atto regolarmente notificato, tuttavia, l’aver eletto domicilio, l’essere stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero l’aver nominato un difensore di fiducia, sono situazioni che necessitano di caratteri di effettività rispetto alle modalità con cui sono realizzate. Dunque, il secondo orientamento - qui condiviso - sottopone a critica il primo, perché basato sull’affermazione che l’art. 420-bis c.p.p. abbia reintrodotto presunzioni di conoscenza della vocatio in ius del tutto astratte da una conoscenza effettiva, esasperando il concetto di mancata diligenza sino a trasformarla automaticamente in una conclamata volontà di evitare la conoscenza degli atti, sufficiente per fare a meno della prova della consapevolezza della vocatio in ius per procedere in assenza dell’imputato. A tale affermazione, il secondo orientamento oppone il rilievo che tutte le norme in tema di mancata presenza e di ripristino delle condizioni iniziali in caso di accertamento tardivo della assenza inconsapevole sono basate sul presupposto che il giudice abbia proceduto avendo certezza che l’imputato fosse a conoscenza dell’udienza. La conferma della correttezza tale impostazione si trae a dall’inserimento del citato comma 4-bis nell’art. 162 c.p.p. ad opera della L. n. 103 del 2017, rivolto al chiaro scopo di garantire che l’elezione di domicilio sia seria e reale , dovendo essere apprezzabile un effettivo rapporto tra il soggetto ed il luogo presso il quale dovrebbero essere indirizzati gli atti b dalla disciplina della rescissione del giudicato, che fa riferimento non al superamento di una presunzione ma alla indicazione di vicende concrete, non note al giudice, che hanno impedito la partecipazione al processo come evidenziato da Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, Rv. 275716, riferita alla restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale ex art. 175 c.p.p., comma 2, nella formulazione antecedente alla modifica operata con la L. n. 67 del 2014, secondo cui l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium , non essendo sufficiente a tal fine la conoscenza dell’accusa contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari . In conclusione, deve affermarsi che dall’elezione del domicilio effettuata dall’indagato - in epoca precedente all’introduzione, con la L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, dell’art. 162 c.p.p., comma 4-bis - presso il difensore d’ufficio nella fase delle indagini preliminari non discende una presunzione di conoscenza del processo o di volontaria sottrazione allo stesso che risulti automaticamente preclusiva alla rescissione del giudicato, perché il giudice deve in ogni caso verificare, attraverso ulteriori indici, se vi sia stata un’effettiva istaurazione del rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del processo ovvero si sia volontariamente sottratto alla conoscenza dello stesso. 5. Da quanto precede consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio alla Corte d’appello di Genova, perché proceda a nuovo giudizio, facendo applicazione del principio di diritto sopra enunciato. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Genova.