Ultrasettantenne richiede l’affidamento al servizio sociale ma gli viene negato

La Corte di Cassazione rigetta la richiesta di affidamento al servizio sociale da parte di un imputato ultrasettantenne, in quanto, oltre ad avere un’età avanzata per essere ritenuto abile al lavoro, vi è l’assenza di qualunque impegno sociale da cui possa desumersi una prognosi positiva di futuri comportamenti.

Sul tema la Suprema Corte con la sentenza n. 11191/21, depositata il 23 marzo. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma rigettava la richiesta di affidamento al servizio sociale ex . art. 47 ord.pen. presentata da un imputato ultrasettantenne , avviandolo alla detenzione domiciliare per espiare la pena per il reato di riciclaggio. L’accusato ricorre in Cassazione chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata, denunciando la violazione di legge e il vizio della motivazione in quanto il Tribunale avrebbe valutato unicamente il comportamento precedente alla commissione dei reati senza valutare la condotta di vita successiva ed inoltre avrebbe ritenuto che l’attività lavorativa non fosse un presupposto per la concessione delle misure alternative. La Corte di Cassazione ha precedentemente affermato che ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale , pur non potendosi prescindere, dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato , essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva Cass. n. 31420/2015 e che in tema di affidamento in prova al servizio sociale , ai fini del giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, e, quindi, dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza, non possono, di per sé, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato Cass. n. 773/2013 . Nel caso di specie per ciò che attiene la questione dell’attività lavorativa, che non è rilevante per i soggetti di età avanzata e comunque superiore a quella ordinaria abilità al lavoro Cass. n. 1023/2018 , il ricorso è infondato in quanto il provvedimento impugnato ha evidenziato, in base ai principi suddetti, l’ assenza di qualunque impegno sociale da cui possa desumersi una prognosi positiva di futuri comportamenti. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 febbraio – 23 marzo 2021, n. 11191 Presidente Di Tommasi - Aprile Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato la richiesta di affidamento al servizio sociale ex art. 47 ord. pen. presentata nell’interesse di S.E. , avviandolo alla detenzione domiciliare per ultrasettantenni ex art. 47-ter, comma 1, ord. pen., alla luce della pena da espiare superiore a tre anni e mancando un’attività lavorativa nonché indicazioni positive di impegno lavorativo e sociale che consentano un giudizio prognostico favorevole. 2. Ricorre S.E. , a mezzo del difensore avv. Salvatore Ragusa, che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, denunciando la violazione di legge e il vizio della motivazione perché il Tribunale ha valorizzato unicamente il comportamento precedente alla commissione dei reati senza valutare la successiva condotta di vita e perché l’attività lavorativa non è un presupposto per la concessione delle misure alternative, mancando comunque indicatori di attuale pericolosità. 3. Il ricorso è infondato. 3.1. La giurisprudenza di legittimità è orientata ad affermare che ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere, dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, Incarbone, Rv. 264602 recentemente Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019 dep. 2020, Nicolai, Rv. 278174 . Del resto, la giurisprudenza di legittimità ha anche precisato che in tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, e, quindi, dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza, non possono, di per sé, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, nè può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato Sez. 1, n. 773 del 03/12/2013 dep. 2014, Naretto, Rv. 258402 , pur essendo necessario ancorare tale prognosi a dati fattuali obiettivi quali, ad esempio, l’avvio del reinserimento sociale, mediante i quali è possibile saggiare l’affidabilità del condannato 3.2. In disparte la questione dell’attività lavorativa - che non è rilevante per i soggetti di età avanzata e comunque superiore a quella di ordinaria abilità al lavoro Sez. 1, n. 1023 del 30/10/2018 dep. 2019, Fusillo, Rv. 274869 -, il ricorso è infondato in quanto il provvedimento impugnato ha evidenziato, in modo non illogico e aderente ai principi giurisprudenziali dianzi richiamati, l’assenza di qualunque impegno sociale da cui possa desumersi una prognosi positiva di futuri comportamenti. È per contro emerso, senza che il ricorso muova critiche specifiche sul punto, che il condannato è stato recentemente tratto in arresto in esecuzione di un mandato di arresto Europeo per gravi fatti di riciclaggio, a dimostrazione del rischio di reiterazione e della effettiva esistenza di indici di mancato reinserimento e socializzazione che giustificano l’adozione della misura alternativa della detenzione domiciliare. 3.3. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Motivazione semplificata.