Contestazioni a catena, calcolo dei termini di custodia cautelare di fase e sospensione prevista dalla normativa COVID-19 nei procedimenti ad urgenza relativa

In tema di contestazioni a catena”, la sospensione dei termini di custodia cautelare, disposta dal giudice con riferimento alla misura adottata per prima, opera anche con riferimento ai termini, decorrenti dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza, relativi alla misura adottata con la seconda ordinanza. Nei procedimenti ad urgenza relativa” da trattare solo ad istanza di parte la sospensione ex lege dei termini di custodia cautelare prevista dall’art. 83 del d.l. Cura Italia, fino a quando l’imputato ha manifestato la propria volontà di trattare il primo procedimento, è applicabile pure alla misura retrodatata.

Questi gli importanti principi di diritto – suscettibili di futura rivisitazione o cristallizzazione giurisprudenziale – enucleati dalla pronuncia n. 11165/2021, nella quale la seconda sezione di legittimità ha respinto il ricorso presentato da un indagato avverso la decisione del Tribunale di Torino che, adito con appello cautelare, ha riformato in parte qua l’ordinanza di custodia cautelare in carcere sostituendola con gli arresti domiciliari . Rigettando, invece, il gravame laddove si sosteneva che vertendosi in tema di contestazioni a catena , fosse scaduto il termine di fase dell’ordinanza custodiale emessa il 22 maggio 2020 , pur dopo la retrodatazione dei termini dal 13 gennaio 2020 data in cui aveva avuto inizio l’esecuzione di altro titolo cautelare per altri fatti connessi , ritenendo non operativa la sospensione dei termini COVID-19 prevista dall’art. 83, comma 4, del d.l. n. 18/2020 c.d. Cura Italia per il periodo che va dal 9 marzo 2020 all’11 maggio 2020. Calcolo del termine massimo di fase da parte del ricorrente . Con riferimento a quest’ultimo profilo, il ricorrente denuncia la violazione dalla normativa per contrastare l’emergenza pandemica da Coronavirus, nell’interpretazione seguita dal Giudice cautelare laddove ha fatto decorrere la sospensione dei termini di cautela a partire solo dal 16 aprile 2020 – data in cui l’imputato ha manifestato la propria volontà di trattare il primo procedimento, trattandosi di un procedimento ad urgenza relativa, come tale da trattare solo ad istanza di parte – e non dal 9 marzo 2020 periodo che anzi dovrebbe partire dal 17 marzo 2020, data di entrata in vigore del decreto Cura Italia, onde evitare applicazioni retroattive dell’art. 83 comma 4 dello stesso. Nei calcoli del ricorrente, in definitiva, nulla quaestio sulla retrodatazione ex art. 297 comma 3 c.p.p., trattandosi di fatti connessi già noti al momento dell’emissione del primo titolo cautelare , essendo stato emesso nel secondo procedimento il 23 luglio 2020 il decreto di giudizio immediato, era interamente decorso il termine semestrale di fase il 12 luglio 2020. Il prospettato sentiero ermeneutico e, dopo avere precisato che le norme del d.l. n. 18/2020 distinguono tra procedimenti ad urgenza assoluta da trattare in ogni caso e per i quali non è prevista alcuna sospensione dei termini e quella relativa da trattare ad istanza di parte , una volta sussunto il caso de quo in quest’ultima casistica, ritengono corretto il calcolo dell’impugnata ordinanza che ha sospeso ex lege i termini di custodia dal 9 marzo al 16 aprile 2020, data in cui il ricorrente ha manifestato la volontà di trattare il primo procedimento. Pertanto, il 23 luglio 2020 – momento di emissione del decreto di giudizio immediato – non era maturato il termine massimo di custodia cautelare della fase delle indagini preliminari in quanto, ai sei mesi decorrenti dal 13 gennaio 2020 andavano aggiunti i 38 giorni di sospensione Covid-19. Coerenza dell’impianto normativo dal rischio di effetti distorsivi . Respinta con forza dagli ermellini la lettura datane dal ricorrente secondo la quale la manifestazione espressa di volontà di procedere renderebbe inoperante l’effetto sospensivo anche per i giorni precedenti la manifestazione del procedere. Si evidenziano, all’uopo, gli effetti distorsivi e paradossali di tale esegesi basterebbe che l’imputato manifesti tale volontà verso lo scadere del proprio” termine di fase per determinare la perdita di efficacia della misura in quanto fino a quel momento nessun atto sarebbe stato adottato per la sospensione ex lege di tutti i termini processuali. Si ritiene correttamente bilanciato l’interesse dell’imputato ad una celere definizione del procedimento con le esigenze connesse all’epidemia in corso, facendo regredire quest’ultimo solo in presenza di una manifestazione di volontà di procedere. Sul dies a quo della sospensione . Rigettati anche i tentativi del ricorrente di posticipare l’inizio del termine di sospensione dal 17 marzo 2020 e non dal 9 marzo 2020 . Si richiama, mutandis mutandis , l’architrave motivazionale della sentenza n. 278 del 2020 della Corte costituzionale che, nel rigettare i dubbi di legittimità costituzionale sulla sospensione dei termini di prescrizione, ha escluso che tale disposizione abbia effetti retroattivi, estendendo le argomentazioni anche alla sospensione dei termini di custodia. A tal proposito la Consulta ha osservato come l’art. 83, commi 1 e 2, d.l. n. 18/2020, entrato in vigore il 17 marzo 2020, ha previsto la sospensione dei processi e dei procedimenti penali fin dal 9 marzo e quindi apparentemente in modo retroattivo quanto al periodo dal 9 al 17 marzo. In realtà, però così non è perché il rinvio ex lege e quindi la sospensione temporanea dei procedimenti e dei processi penali nel breve periodo precedente il 17 marzo 2020 e la simmetrica sospensione del termine di prescrizione trovano il loro fondamento normativo nell’art. 1 del d.l. n. 11/2020, entrato in vigore il 9 marzo 2020, il quale sì non è stato convertito in legge, e anzi prima ancora è stato abrogato dall’art. 1 della legge n. 27/2020, ma la stessa disposizione ne ha fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo, unitamente a quelli oggetto del precedente d.l. n. 9 del 2020. Ravvisandone, pertanto, una continuità normativa che allontana le censure di illegittimità sulla retroattività delle norme a carattere sostanziale della prescrizione. Sulle contestazioni a catena . La Suprema Corte nel corso del suo iter argomentativo aveva già respinto il motivo logicamente precedente nel quale il ricorrente contestava l’incomunicabilità alla seconda ordinanza cautelare retrodatata delle cause di sospensione dei termini applicabili alla misura applicata al primo procedimento. Eccependo, pertanto, l’applicabilità ai termini di custodia della misura retrodatata emessa nel secondo procedimento, del periodo di prescrizione asseritamente maturato nel primo un periodo tra l’altro interamente decorso prima del secondo titolo cautelare emesso il 22 maggio 2020 . Si richiama, in argomento, quell’orientamento di legittimità secondo cui, in tema di contestazioni a catena” , la sospensione dei termini di custodia cautelare , disposta dal giudice con riferimento alla misura adottata per prima, opera anche con riferimento ai termini , decorrenti dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza, relativi alla misura adottata con la seconda ordinanza Sez. III, n. 19407/2009 seguita da Sez. II, n. 2775/2016 e Sez. VI, nn. 12610 e 30550/2013 . L’unicità della vicenda cautelare non consente il recupero ex post della diversità delle misure cautelari . Per il collegio di legittimità non può accordarsi l’auspicata tutela in sede di ricorso a chi, avendo ottenuto la retrodatazione della seconda ordinanza al momento applicativo della prima, intenda successivamente recuperare la diversità delle misure cautelari nel momento in cui la loro trattazione unitaria, quanto al computo dei relativi termini, non risulti più conveniente a causa dell’emersione, nel primo procedimento, di una causa di sospensione. Nessun ostativo letterale o sistematico, in definitiva, si frappone a che la gravata ordinanza segua gli sviluppi procedimentali del primo titolo cautelare, quanto ai termini di sospensione dei termini maturati in conseguenza della normativa per fronteggiare l’emergenza sanitaria da Covid-19.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 22 gennaio – 23 marzo, n. 11165 Presidente Gallo – Relatore Pazienza Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 29/06/2020, il Tribunale di Torino, adito con appello ex art. 310 c.p.p., ha parzialmente riformato l’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Torino, con la quale erano state rigettate le istanze di declaratoria della perdita di efficacia ovvero, in subordine, di sostituzione della misura custodiale in carcere, formulate nell’interesse di H.M. , in relazione all’ordinanza applicativa della predetta misura emessa nei suoi confronti in data 05/05/2020 eseguita il 04/06/2020 dal G.i.p. del predetto Tribunale, in relazione ai reati di cui ai capi A , C , D , I , O della rubrica. In particolare, il Tribunale ha rigettato la prima istanza escludendo che fosse decorso il termine di fase, pur dopo la retrodatazione dei termini al 13/01/2020 data in cui aveva avuto inizio l’esecuzione di altro titolo cautelare per altri fatti connessi disposta ai sensi dell’art. 297 c.p.p., comma 3, ritenendo operativa la sospensione dei termini di cui al D.L. n. 18 del 2020, art. 83 ha invece accolto la richiesta subordinata di sostituzione della misura in atto con quella degli arresti domiciliari. 2. Ricorre per cassazione l’H. , a mezzo del proprio difensore, deducendo 2.1. Violazione del D.L. n. 18, art. 83 convertito con modificazioni dalla L. n. 27 del 2020 e 303 c.p.p. Dopo aver ricostruito la vicenda processuale e l’evolversi della normativa emergenziale introdotta per il contrasto del COVID-19, il ricorrente censura l’interpretazione accolta dal Tribunale in ordine agli effetti della richiesta di procedere di cui all’art. 83, comma 3 secondo cui tali effetti decorrerebbero esclusivamente a far data dalla richiesta medesima nel caso di specie, dal 16/04/2020 , senza coprire l’intero periodo dal 9 marzo all’I 1 maggio individuato dal predetto articolo periodo che anzi dovrebbe partire dal 17 marzo, onde evitare applicazioni retroattive dell’art. 83, comma 4 . 2.1.1. Al riguardo, il ricorrente deduce che la richiesta di procedere non è costruita come una causa di cessazione della sospensione del decorso dei termini, ma come una causa di non operatività della disciplina il cui verificarsi è rimesso alla volontà dell’interessato. Pertanto, si sostiene che la richiesta di procedere formulata il 16/04/2020 aveva avuto l’effetto di rendere inoperante l’intero periodo di sospensione era quindi interamente decorso il termine semestrale di fase, per la seconda ordinanza emessa nei confronti dell’H. , alla data del 12/07/2020 individuata a seguito del riconoscimento, da parte del G.i.p., della retrodatazione di cui all’art. 297 c.p.p., comma 3, trattandosi di fatti connessi già noti al momento dell’emissione del primo titolo cautelare . 2.1.2. Sotto altro profilo, il ricorrente censura l’assunto del Tribunale secondo cui, ai fini della cessazione della sospensione, non può darsi rilievo alla richiesta di misura cautelare formulata dal P.M. in data 27/03/2020, in quanto gli unici soggetti legittimati a proporre la richiesta di procedere sono l’indagato ed il suo difensore. Tale interpretazione sarebbe irragionevole ed eccentrica, dovendo invece darsi rilievo alle ipotesi in cui, nonostante la sospensione, il P.M. formuli una domanda cautelare e il G.i.p. disponga in conformità dando luogo, tra l’altro, ad un ulteriore sacrificio della libertà personale dell’indagato. Si censura altresì la decisione del Tribunale nella parte in cui ha ritenuto irrilevante la predetta richiesta, in quanto, individuando quale data di inizio della sospensione ex lege quella del 17/03/2020 onde evitare applicazioni retroattive dell’art. 83 , e considerando quale data di cessazione della sospensione medesima quella del 27/03/2020 - in altri termini sommando il periodo di custodia compreso tra il 13/01/2020 e il 17/03/2020, e quello compreso tra il 27/03/2020 e il 27/07/2020 - si otterrebbe esattamente il termine semestrale previsto dall’art. 303 c.p.p., comma 1, lett. a, n. 2. 2.2. Vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 83, commi 2 e 4, nella parte in cui non prevede che le disposizioni ivi previste operino anche nelle ipotesi in cui nella fase delle indagini, il Pubblico Ministero proceda nonostante la sospensione dei termini processuali. Si censura anzitutto la ritenuta irrilevanza della questione, motivata sull’erroneo presupposto per cui il periodo di sospensione decorrerebbe dal 09/03/2020, anziché - per le già indicate ragioni volte ad evitare un’applicazione retroattiva dell’art. 83 - dal 17/03/2020. Si evidenzia, inoltre, quanto alla non manifesta infondatezza, l’indiscriminato automatismo del prolungamento della custodia, per ragioni estranee alla gestione delle singole vicende processuali, sganciato dall’intervento di un giudice laddove invece, negli artt. 304 e 305 c.p.p., il prolungamento dei termini si fonda su un contemperamento tra la durata della privazione cautelare e le esigenze funzionali intrinseche alla dinamica giudiziaria v. anche il congelamento dei termini di cui all’art. 297 c.p.p., comma 4 . Si evidenzia altresì l’irragionevolezza della disciplina sia rispetto a quanto disposto dallo stesso art. 83 per i procedimenti nei quali è pendente la richiesta di applicazione di una misura di sicurezza detentiva essendo in quel caso sufficiente la sola pendenza per escludere la sospensione , sia rispetto all’ipotesi, ricorrente nella specie, di operosità attiva del P.M. e del G.i.p 2.3. Violazione di legge con riferimento alla ritenuta applicabilità della sospensione ex art. 83 alla custodia cautelare disposta con ordinanza eseguita il 04/06/2020. Si censura il richiamo ad un isolato precedente giurisprudenziale concernente, tra l’altro, una vicenda del tutto diversa , in quanto il periodo di sospensione previsto ex lege era interamente decorso al momento dell’esecuzione della misura nè poteva rimproverarsi alla difesa il fatto di non aver proposto, nell’altro procedimento in cui era stata emessa la prima ordinanza, richiesta di procedere sin dal 09/03/2020. 3. Con requisitoria del 04/01/2021, il Procuratore Generale sollecita il rigetto del ricorso, ritenendo condivisibili le osservazioni del Tribunale sia quanto all’interpretazione dell’art. 83 anche con riferimento ai soggetti legittimati a chiedere che si proceda , sia quanto all’irrilevanza, nel caso di specie, di una eventuale decorrenza del termine di custodia dalla richiesta cautelare formulata dal P.M Considerato in diritto 1. Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve essere perciò rigettato. 2. Come già accennato in precedenza, il Tribunale di Torino ha accolto solo in parte, con l’ordinanza oggetto dell’odierno ricorso, i motivi di appello proposti dall’H. avverso il provvedimento di rigetto emesso dal G.i.p. in data 15/07/2020 delle richieste di perdita di efficacia, o in subordine di attenuazione, della misura custodiale in carcere applicata al ricorrente con ordinanza del 05/05/2020, in relazione ai reati di associazione per delinquere, riciclaggio e ricettazione. In particolare, il Tribunale ha ritenuto attenuate le esigenze cautelari, con conseguente sostituzione della misura più gravosa con quella degli arresti domiciliari. 2.1. Il Collegio torinese ha invece disatteso le censure formulate avverso il rigetto dell’istanza principale di perdita di efficacia della misura, che la difesa aveva proposto evidenziando, da un lato, la necessità di retrodatare l’inizio della sua decorrenza, ai sensi dell’art. 297 c.p.p., comma 3, al 13/01/2020, data nella quale era stato eseguito il fermo dell’H. - con conseguente emissione di ordinanza applicativa di misura cautelare - per fatti connessi a quelli oggetto della seconda ordinanza ed essendo questi ultimi già noti al momento dell’emissione del decreto di giudizio immediato nel primo procedimento . D’altro lato, la difesa aveva chiesto la declaratoria della perdita efficacia del secondo titolo cautelare per il decorso del termine semestrale di fase calcolato appunto non già dal 22/05/2020, ma dal 13/01/2020 senza che fosse stato emesso alcuno dei provvedimenti previsti dall’art. 303, comma 1, lett. a , del codice di rito. In linea con il percorso argomentativo già tracciato dal G.i.p., il Tribunale ha per un verso ritenuto applicabile l’istituito della c.d. retrodatazione, e ha quindi ritenuto corretto individuare la data del 13/01/2020 quale inizio della decorrenza del secondo titolo cautelare per altro verso, il Collegio torinese ha escluso che la misura avesse perso efficacia per l’inutile decorso del termine semestrale, dovendosi tener conto della sospensione dei termini, ai sensi del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, nel periodo compreso tra il 09/03/2020 e il 16/04/2020 data, quest’ultima, in cui l’H. aveva chiesto, ai sensi del comma 3, lett. b, n. 2 del citato art. 83, che si procedesse alla trattazione del procedimento in cui era stata applicata la prima misura . Infatti, computando il predetto periodo di sospensione, il decreto di giudizio immediato era stato emesso in una data 23/07/2020 anteriore a quella di scadenza del termine di fase. 2.2. Con i motivi in precedenza sintetizzati, la difesa dell’H. per un verso ha censurato l’interpretazione dell’art. 83 accolta dal Tribunale e la conseguente individuazione di un periodo di sospensione dei termini di custodia dal 09/03/2020 al 16/04/2020, prospettando in linea subordinata una questione di legittimità costituzionale d’altro lato, la difesa ricorrente ha contestato comunque l’applicabilità, ai termini di custodia della misura retrodatata emessa nel secondo procedimento, del periodo di sospensione asseritamente maturato nel primo ovvero nel procedimento in cui era stata applicata all’H. la misura all’esito della convalida del fermo un periodo tra l’altro interamente decorso prima del secondo titolo cautelare essendo quest’ultimo stato emesso, come già accennato, solo in data 22/05/2020 . Per evidenti ragioni di coerenza espositiva, le censure difensive verranno esaminate prendendo le mosse da tale ultima questione, prospettata con il terzo motivo di ricorso essendo evidente che ogni ulteriore approfondimento sulla interpretazione della normativa emergenziale di cui al D.L. n. 18 del 2020, art. 83, risulterebbe ultroneo, laddove si dovesse ritenere che le cause di sospensione dei termini, applicabili alla misura applicata nel primo procedimento, non si comunichino ai termini di custodia cautelare relativi alla seconda ordinanza retrodatata . 3. Le censure difensive prospettate con il terzo motivo sono infondate. Il Tribunale di Torino ha fatto invero corretta applicazione del principio, affermato da questa Suprema Corte, secondo cui in tema di contestazioni a catena”, la sospensione dei termini di custodia cautelare, disposta dal giudice con riferimento alla misura adottata per prima, opera anche con riferimento ai termini, decorrenti dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza, relativi alla misura adottata con la seconda ordinanza Sez. 3, n. 19047 del 18/02/2009, Valentino, Rv. 243709 . Si tratta di un principio che - a differenza di quanto sostenuto in ricorso - non risulta affatto isolato, essendo stato ripreso da altre successive decisioni di questa Suprema Corte cfr. Sez. 2, n. 2775 del 19/11/2015, dep. 2016, Barbato Sez. 6, n. 30550 del 12/04/2013, Romeo Sez. 6, n. 12610 del 10/12/2012, dep. 2013, Napoli , e soprattutto risponde ad evidenti criteri di ragionevolezza complessiva del sistema. È invero evidente che non può accordarsi la tutela auspicata nel ricorso a chi - dopo aver chiesto e ottenuto la retrodatazione della seconda ordinanza al momento applicativo della prima, facendo valere la sussistenza dei presupposti che avrebbero dovuto o potuto comportare l’emissione solo del primo provvedimento coercitivo, data la sostanziale unicità della vicenda - intenda successivamente recuperare la diversità delle misure cautelari, nel momento in cui la loro trattazione unitaria, quanto al computo dei relativi termini, non risulti più conveniente a causa dell’emersione, nel primo procedimento, di una causa di sospensione. Del tutto persuasiva risulta altresì l’applicazione del principio alla normativa emergenziale introdotta per fronteggiare l’emergenza epidemiologica. Invero, nessun ostacolo letterale o sistematico si frappone a che l’ordinanza che qui rileva - emessa nei confronti dell’H. nel secondo procedimento per fatti connessi con quelli del primo e desumibili prima dell’emissione, in tale diversa sede, del decreto di giudizio immediato - segua gli sviluppi procedimentali del primo titolo cautelare, quanto ai periodi di sospensione dei termini maturati in conseguenza della predetta normativa. 4. Le censure difensive volte a contestare la sussistenza di un periodo di sospensione dei termini di custodia dal 09/03/2020 al 16/04/2020, ai sensi e per gli effetti di cui al D.L. n. 18 del 2020, art. 83, sono infondate, per alcuni aspetti in modo manifesto. 4.1. È anzitutto opportuno ricordare che l’emergenza sanitaria correlata alla diffusione del COVID-19 ha determinato, nei primi mesi del 2020, la progressiva introduzione - per fronteggiare l’aggravamento della pandemia - di alcune disposizioni aventi ad oggetto l’attività giudiziaria, volte da un lato a determinare una consistente temporanea riduzione dell’ambito operativo dell’attività stessa e, dall’altro, a modificare alcuni importanti snodi processuali dell’attività non sospesa. Vengono qui in rilievo, in particolare, le norme che, per il primo periodo emergenziale, hanno disposto - oltre al rinvio delle udienze - la sospensione ex lege del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto, nei procedimenti civili e penali. Tale sospensione, già prevista dal D.L. 8 marzo 2020, n. 11 per il periodo compreso tra il 9 e il 22 marzo 2020, è stata ribadita dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27 in termini volti a chiarire la portata onnicomprensiva delle disposizioni. Infatti, dopo aver esteso la durata della sospensione ex lege del decorso dei termini al periodo compreso dal 9 marzo al 15 aprile periodo ulteriormente ampliato fino all’11 maggio dal D.L. 8 aprile 2020, n. 23, art. 36 , il citato comma 2 dell’art. 83 chiarisce che si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali . 4.2. È altresì noto che la normativa emanata per fronteggiare l’emergenza epidemiologica ha comunque individuato alcune tipologie di procedimenti per i quali - in considerazione delle connotazioni di urgenza della trattazione, insite nel rispettivo oggetto - le disposizioni in tema di rinvio delle udienze e di sospensione del decorso dei termini sono destinate a non operare. All’interno di tale categoria, peraltro, nel settore penale il legislatore ha tracciato una distinzione definita in dottrina tra procedimenti ad urgenza assoluta da trattare quindi in ogni caso e procedimenti ad urgenza relativa da trattare cioè solo ad istanza di parte una distinzione introdotta già con il D.L. n. 11 del 2020 dove peraltro si faceva riferimento alle udienze, e non ai procedimenti cfr. art. 2, comma 2, lett. g , e ribadita nel comma 3 del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 3, lett. b . In particolare, rientrano nella prima categoria - ai sensi della prima parte della predetta disposizione, come modificata dalla legge di conversione - i procedimenti di convalida dell’arresto, del fermo e dell’ordine di allontanamento dalla casa familiare, i procedimenti per cui nel periodo di sospensione o nei sei mesi successivi scadono i termini di cui all’art. 304 c.p.p., comma 6, i procedimenti di estradizione per l’estero e quelli per la consegna di un imputato o condannato all’estero in applicazione delle disposizioni in tema di mandato di arresto Europeo, nonché i procedimenti in cui sono applicate misure di sicurezza detentive ovvero pende la relativa richiesta . Nella seconda parte dell’art. 83, comma 3, lett. b , invece, sono elencati i procedimenti in cui le disposizioni in tema di rinvio delle udienze e di sospensione dei termini non operano quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda . Si tratta dei procedimenti a carico di persone detenute, quelli in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza, i procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione e quelli in cui tali misure sono state disposte , nonché i procedimenti che presentano carattere di urgenza per la necessità di acquisire prove indifferibili ai sensi dell’art. 392 c.p.p 4.3. Alla luce di tali disposizioni, risulta immune da censure la ricostruzione del Tribunale, il quale ha rilevato che nel procedimento a carico dell’H. rientrante tra quelli ad urgenza relativa , essendo stata applicata al ricorrente una misura cautelare - i termini tra cui quelli di custodia sono rimasti sospesi ex lege dal 09/03/2020 al 16/04/2020, data in cui il ricorrente ha manifestato la propria volontà di trattare il primo procedimento. Per le ragioni indicate nel paragrafo precedente, tale periodo di sospensione è applicabile anche alla misura retrodatata, e il suo computo si rivela decisivo nella valutazione della infondatezza della richiesta di declaratoria della perdita di efficacia della misura stessa nel secondo procedimento, infatti, il decreto di giudizio immediato è stato emesso in data 23/07/2020, ovvero prima della scadenza del termine di fase, qualora si aggiungano, ai sei mesi decorrenti dal 13/01/2020 per effetto della retrodatazione , i 38 giorni di sospensione cui si è appena accennato. 4.4. Tale percorso argomentativo è stato censurato dal ricorrente anzitutto sul piano dell’interpretazione dell’inciso quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda , qui sopra ricordato si è visto infatti che, secondo la difesa, la disposizione dovrebbe essere intesa nel senso che la manifestazione di volontà dell’interessato, espressa in un qualsiasi momento del periodo di sospensione ex lege, renderebbe inoperante l’effetto sospensivo anche per i giorni precedenti la manifestazione di voler procedere. L’assunto non può in alcun modo essere condiviso, per gli effetti assolutamente paradossali che si produrrebbero, ictu oculi, attribuendo tale efficacia retroattiva alla manifestazione di voler trattare il procedimento basterebbe, infatti, che quest’ultima venisse comunicata verso lo scadere del proprio termine di fase ad es., nel caso dell’H. , nella prima decade del mese di luglio 2020 per determinare la perdita di efficacia della misura, perché certamente, fino a quel momento, nessun atto tra quelli previsti dall’art. 303 sarebbe stato adottato proprio per la sospensione ex lege di tutti i termini processuali sospensione come detto operante a partire dal 9 marzo, in assenza di richieste di trattazione. Risulta invece del tutto coerente con l’impianto complessivo della normativa emergenziale - oltre che con l’eccezionalità degli eventi alla base della sua introduzione - l’opposta interpretazione secondo cui, in tutti i procedimenti ad urgenza relativa , la sospensione dei termini spiega i propri effetti a partire dal 09/03/2020, ove l’interessato non manifesti la propria volontà di procedere. Solo in caso di tale manifestazione, e solo a partire da quel momento, il procedimento ad urgenza relativa riprende le sue ordinarie cadenze, nonostante l’emergenza epidemiologica. In altri termini, il legislatore ha ritenuto che, per tale categoria di procedimenti, l’interesse dell’imputato o indagato ad una celere definizione del suo procedimento fosse recessivo rispetto alle criticità connesse all’epidemia in corso, ma solo in assenza di una manifestazione di volontà di procedere è peraltro del tutto ovvio, in tale complessivo contesto, che alla richiesta di trattazione sia correlata la cessazione della sospensione ex lege dei termini processuali tra cui quelli di custodia cautelare . 4.5. La difesa ha poi sostenuto che in ogni caso, ovvero anche a voler accogliere l’interpretazione qui ribadita, gli effetti della sospensione ex lege potrebbero essere calcolati a partire non già dal giorno 9, ma dal 17 marzo 2020, data di entrata in vigore del D.L. n. 18 del 2020 secondo il ricorrente, infatti, solo in questo modo verrebbe evitata una inammissibile applicazione retroattiva della disposizione che ha introdotto, con il comma 4 dell’art. 83, la sospensione dei termini di custodia cautelare. Anche questa prospettazione non può essere condivisa. Con la sentenza n. 278 del 2020, la Corte costituzionale - nel dichiarare non fondate le questioni di legittimità costituzionale del predetto comma, nella parte in cui ha disposto la sospensione dei termini di prescrizione, oltre che dei termini di custodia - ha escluso che tale disposizione abbia spiegato effetti retroattivi, affrontando funditus la questione con argomentazioni del tutto convincenti e certamente estensibili alla sospensione dei termini di custodia, prevista dal medesimo art. 83, comma 4. Si è in particolare evidenziato § 17 della sentenza n. 278 che il rinvio ex lege e quindi la sospensione temporanea dei procedimenti e dei processi penali nel breve periodo precedente il 17 marzo 2020 e la simmetrica sospensione del termine di prescrizione trovano il loro fondamento normativo nel D.L. n. 11 del 2020, art. 1, entrato in vigore il 9 marzo 2020, il quale sì non è stato convertito in legge, e anzi prima ancora è stato abrogato dalla L. n. 27 del 2020, art. 1, ma la stessa disposizione, però, ne ha fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo, unitamente a quelli oggetto del precedente D.L. n. 9 del 2020. Vi è pertanto continuità normativa tra la disposizione fin quando vigente del D.L. n. 11 del 2020, che all’art. 1, comma 3, richiama il D.L. n. 9 del 2020, art. 10 e quindi anche il suo comma 13 sulla sospensione del corso della prescrizione , e quella di salvezza della L. n. 27 del 2020, sicché il periodo di rinvio id est sospensione di procedimenti e processi penali dal 9 al 17 marzo trova il suo fondamento in una norma vigente già alla data iniziale di questo intervallo temporale. Non c’è stata pertanto alcuna sospensione retroattiva del corso della prescrizione come conseguenza della sospensione di procedimenti e processi penali, bensì ha trovato piena applicazione il principio secondo cui la legge nella specie, di contenuto processuale dispone per l’avvenire art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale e pertanto legittima è la ricaduta sulla prescrizione in termini di sospensione della sua durata, prevista dal D.L. n. 11 del 2020, art. 1, in combinato disposto con il D.L. n. 9 del 2020, art. 10, comma 13, in piena sintonia con l’art. 159 c.p., comma 1 . 4.6. La difesa ricorrente ha inoltre sostenuto - riproponendo questioni esaminate e disattese dal Tribunale di Torino - che, nel caso di specie, il dies a quo per la ripresa della decorrenza dei termini di custodia doveva essere individuato non già nel 16/04/2020 data della richiesta di trattazione del processo , ma in quella precedente del 27/03/2020, nella quale il P.M. aveva formulato la domanda cautelare fondante la seconda ordinanza coercitiva. In linea subordinata, il difensore ha prospettato una questione di legittimità costituzionale della normativa emergenziale per la mancata equiparazione, ai fini che qui rilevano, della domanda cautelare del P.M. alla richiesta di trattazione del procedimento formulata dall’interessato. Al riguardo, deve anzitutto condividersi il rilievo del Tribunale in ordine alla palese irrilevanza della questione, dal momento che - per le ragioni chiarite nel paragrafo precedente - la sospensione della prescrizione deve essere calcolata a partire dal 9 marzo, e non dal giorno 17 sicché, anche ipotizzando che, nel caso di specie, la sospensione abbia operato dal 9 al 27 marzo, il termine di sei mesi decorrente dal 13/01/2020 riusulterebbe comunque aumentato di un numero di giorni idoneo a far ritenere tempestiva l’emissione del decreto di giudizio immediato in data 23/07/2020 cfr. pag. 6 dell’ordinanza impugnata . È opportuno peraltro evidenziare, per completezza, la palese inconsistenza della questione prospettata. Invero, il preteso parallelismo tra la richiesta di misura cautelare del P.M. e la richiesta di trattazione dell’indagato sottoposto a misura - sul quale si fonda il dubbio di legittimità costituzionale perché solo la seconda, e non anche la prima, determina il venir meno della sospensione dei termini di custodia - perde completamente di vista la ratio posta alla base della normativa emergenziale, le cui stringenti disposizioni, volte ad evitare il più possibile la circolazione delle persone anche per ragioni di giustizia, non hanno certo dato luogo ad un fermo generalizzato dell’attività giudiziaria. Si intende dire che le disposizioni dell’art. 83 non hanno sicuramente inteso impedire al P.M. la formulazione di una richiesta cautelare la sua trasmissione al G.i.p., nè a quest’ultimo di esaminarla ed eventualmente accoglierla si tratta di aspetti operativi che non impattano in alcun modo sull’emergenza epidemiologica, avendo tra l’altro il P.M. ampia discrezionalità sulla scelta dei tempi di esecuzione di un’ordinanza cautelare emessa in accoglimento della propria richiesta. Peraltro, quel che deve essere soprattutto posto in rilievo è che la disciplina dettata per i procedimenti ad urgenza relativa pone innegabilmente al centro della scena, tutelandola, la scelta dell’imputato o indagato sottoposto a misura, messo in grado di valutare liberamente se restare in attesa della cessazione dell’emergenza, ovvero se affrontare il procedimento con la richiesta di procedere e quindi di essere interrogato nei termini di cui all’art. 294, presentare una richiesta di riesame da decidere secondo le stringenti scansioni temporali dettate dall’art. 309, ecc. . Tale assetto normativo, nell’ottica interpretativa proposta dal ricorrente, verrebbe peraltro paradossalmente stravolto e vanificato da un atto della controparte la ulteriore domanda cautelare , la quale - si ripete - è tra l’altro del tutto priva, in sé considerata, di impatti sull’emergenza epidemiologica. Deve poi conclusivamente osservarsi che la facoltà di rendere inoperante la sospensione o il suo protrarsi , esercitabile dall’imputato attraverso la sua insindacabile richiesta di trattare il procedimento, consente di escludere la fondatezza dei rilievi prospettati in ordine alle scelte discrezionali operate dal legislatore dell’emergenza, quanto ai procedimenti ad urgenza relativa , rispetto ad altre fattispecie di sospensione dei termini, previste da codice di rito ed evocate in ricorso fattispecie in cui la sospensione, pur essendo disposta dal giudice e quindi priva dell’automatismo che caratterizza la disposizione dell’art. 83 , è per così dire subìta dall’interessato, che non ha alcuna possibilità di renderla inoperante ove ne ricorrano i presupposti. 5. Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto del ricorso, e la condanna dell’H. al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.