Violenze fisiche e verbali della docente, studenti umiliati: riconosciuto l’abuso dei mezzi di correzione

Condanna definitiva per la professoressa, sanzionata con tre mesi di reclusione. Fatali le testimonianze a disposizione, che hanno consentito di accertare i comportamenti non professionali della donna in classe.

Le violenze verbali e fisiche della docente in classe e la conseguente umiliazione – anche a carattere sessuale – subita dagli studenti sono catalogabili come abuso dei mezzi di correzione”. Acclarata la responsabilità penale della professoressa , punita con tre mesi di reclusione Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 7011/21 depositata il 22 febbraio . A finire sotto processo è un’insegnante di una scuola superiore. A portare alla luce i suoi inaccettabili comportamenti in classe sono i racconti di alcuni studenti, di alcuni genitori e del dirigente dell’istituto. E proprio grazie alle testimonianze a disposizione i Giudici di merito ritengono evidente, sia in Tribunale che in Appello, la colpevolezza della donna, che viene punita in secondo grado con tre mesi di reclusione per abuso dei mezzi di correzione . Alla donna viene attribuita una condotta inequivocabile ed esecrabile. Nello specifico, ella, in veste di professoressa, si è rivolta verso vari alunni, dell’età di 14-15 anni, con epiteti ingiuriosi deficiente”, tia”, troverai un mona a cui fregherai i soldi”, marciume”, cagna”, lei sarà una fallita e si farà mantenere da un pirla ” e, inoltre, ha mostrato loro il dito medio, li ha spintonati e colpiti con libri o registri . In sostanza, la docente ha leso la dignità degli studenti e ha creato così i presupposti per una malattia nei loro corpi e nelle loro menti . A inchiodare la donna alle proprie responsabilità provvede ora la Cassazione, confermandone la condanna. Legittima, in sostanza, la valutazione compiuta tra primo e secondo grado in merito alla documentazione acquisita, documentazione in cui sono ricomprese le deposizioni del dirigente dell’istituto che riferiva circa le numerose segnalazioni orali e scritte, provenienti da genitori e alunni, e in ordine al procedimento e alla duplice sanzione disciplinare inflitta alla docente , di tre studenti, di due genitori . Si è accertato, difatti, che la docente interagiva con gli alunni con reiterate modalità pesantemente offensive e anche fisicamente aggressive . Comportamenti non professionali, questi, che, con particolare riguardo alle violenze, verbali e fisiche, e alle umiliazioni subite dai ragazzi, anche con riguardo alla loro sfera sessuale, avevano determinato un concreto pericolo per la salute mentale e fisica dei giovani alunni, adolescenti e perciò ancora tendenzialmente fragili sotto l’aspetto psichico .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 19 gennaio – 23 febbraio 2021, n. 7011 Presidente Fidelbo – Relatore Giorgi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 08/10/2019 la Corte d’appello di Venezia, in parziale riforma di quella in data 05/02/2018 del Tribunale di Padova, rideterminava in mesi tre di reclusione la pena inflitta a F.S. per il reato di abuso dei mezzi di correzione di cui agli artt. 81 e 571 c.p Si contesta all’imputata, in veste di professoressa e in danno di vari alunni, dell’età di 14-15 anni, dell’Istituto di istruzione superiore , nel corso dell’anno scolastico 2013-2014, di essersi loro rivolta con epiteti ingiuriosi deficiente , troia , troverai un mona a cui fregherai i soldi , sperma marcio , marciume , cagna , lei sarà una fallita e si farà mantenere da un pirla cui darà il culo , di avere loro mostrato il dito medio, di averli spintonati e colpiti con libri o registri, oggetto di lanci, così ledendone la dignità e facendone derivare il pericolo di una malattia nel corpo e nella mente. La Corte disattendeva preliminarmente l’eccezione di nullità del decreto di citazione, per l’omesso avviso della facoltà di accedere alla messa alla prova, poiché l’imputata ben poteva avanzare la relativa richiesta in sede di giudizio di primo grado manifestazione di volontà, questa, viceversa non esercitata. Come pure respingeva l’ulteriore eccezione di nullità del medesimo decreto per omessa o insufficiente enunciazione del fatto, in particolare sotto l’aspetto dei tempi di esecuzione della condotta, ritenendo la vicenda criminosa adeguatamente descritta per i profili spazio-temporale e del novero delle persone offese. Quanto all’integrazione degli elementi oggettivo e soggettivo del reato, la Corte distrettuale ripercorreva, condividendolo, l’iter argomentativo del primo giudice, facendo leva, quanto alle condotte offensive e aggressive ascritte all’imputata, sia sulla documentazione acquisita, sia sulle coerenti e attendibili deposizioni dei testi V. , dirigente del Liceo musicale XXXXXXXX di XXXXXX che riferiva circa le numerose segnalazioni orali e scritte, provenienti da genitori e alunni, e in ordine al procedimento e alla duplice sanzione disciplinare inflitta alla docente , B. , G. e M. , studenti delle classi prima e seconda in cui insegnava la F. , nonché il padre del primo e la madre del terzo studente. Risultava accertato che l’imputata interagiva con gli alunni con reiterate modalità pesantemente offensive e anche fisicamente aggressive. Comportamenti non professionali, questi, che, con particolare riguardo alle violenze, verbali e fisiche, e alle umiliazioni subite, anche con riguardo alla sfera sessuale, avevano determinato un concreto pericolo per la salute mentale e fisica dei giovani alunni, adolescenti e perciò ancora tendenzialmente fragili sotto l’aspetto psichico. Circa il diniego delle attenuanti generiche la Corte territoriale, pur rideterminando in melius il trattamento sanzionatorio, ribadiva l’apprezzamento sfavorevole del primo giudice, non ritenendo rilevante il mero dato dell’incensuratezza. 2. Avverso la suindicata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputata, il quale ha dedotto 2.1. la duplice violazione di legge per l’omesso avviso all’imputata della facoltà di chiedere la messa alla prova - pure tempestivamente eccepito - e per la genericità del capo d’imputazione 2.2. la violazione di legge e il vizio di motivazione circa l’affermata responsabilità dell’imputata, con particolare riguardo alla inaffidabilità delle testimonianze, alla riqualificazione dei fatti come percosse non procedibili per difetto di querela, al difetto di prova del rischio di causazione di malattia nel corpo o nella mente degli alunni 2.3. la violazione di legge e il vizio motivazionale circa l’eccessività della pena. In data 14/01/2020 il difensore della ricorrente ha depositato una nota aggiuntiva con cui ribadisce i rilievi svolti. 3. Il ricorso è stato trattato, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, commi 8 e 9, senza l’intervento delle parti. Considerato in diritto 1. I motivi di ricorso non sono fondati. 2. L’eccezione di nullità dell’originario decreto di citazione, per l’omesso avviso all’imputata della facoltà di richiedere la sospensione del procedimento con la messa alla prova, è manifestamente infondata, sia perché siffatta nullità non è prevista dalla legge, sia perché l’imputata - ai sensi dell’art. 464-bis c.p.p. - avrebbe potuto legittimamente formulare la relativa richiesta fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel procedimento di citazione diretta a giudizio, senza incorrere in alcuna decadenza richiesta in realtà mai avanzata. L’imputata si è infatti limitata a sollevare l’eccezione di nullità del decreto, non seguita da alcuna richiesta di messa alla prova. Pur mostrandosi pienamente edotta della facoltà riconosciuta dalla legge, non ha tuttavia mostrato alcun interesse concreto all’esercizio della prerogativa accordata. Com’è stato già osservato da questa Corte Sez. 4, n. 14727 del 05/02/2019, Biondi, Rv. 275567 , l’obbligo informativo, laddove prescritto, non può comunque ridursi a un mero requisito formale, essendo al contrario strumentale all’effettivo esercizio del diritto di difesa, che si estrinseca nella richiesta di accesso al beneficio altrimenti preclusa, o comunque di remissione in termini, dimostrando in tal modo di aver un interesse concreto all’asserita violazione della norma. Deve perciò ritenersi che difetti in capo alla ricorrente l’interesse in termini di attualità e concretezza alla censura svolta, non potendo dolersi della pretesa violazione di una garanzia posta a tutela di un diritto che in realtà non ha mai inteso esercitare. Parimenti priva di pregio e per taluni aspetti generica si palesa l’ulteriore eccezione di nullità del decreto di citazione per omessa o insufficiente enunciazione del fatto in forma chiara e precisa, atteso che, con particolare riguardo all’aspetto spazio-temporale della condotta, protrattasi per l’intero anno scolastico 2013-2014, la vicenda criminosa - come già esattamente rilevato dai giudici di merito con motivazione in fatto logicamente adeguata e perciò insindacabile - risulta puntualmente descritta nel capo d’imputazione. 3. Non sono fondati neppure i diversi ma connessi profili di censura sostanzialmente orientati a riprodurre un quadro di argomentazioni già ampiamente vagliate e correttamente disattese dai giudici di merito, ovvero anche laddove se ne denuncia formalmente l’inutilizzabilità - a sollecitare una rivisitazione delle risultanze probatorie in tal guisa richiedendosi, sul presupposto di una valutazione alternativa delle fonti di prova con particolare riguardo alla tesi della radicale inaffidabilità della narrazione dei testimoni , l’esercizio di uno scrutinio fattuale improponibile in questa sede. Ciò a fronte della linearità e della logica consequenzialità che caratterizzano viceversa la scansione delle sequenze motivazionali dell’impugnata decisione. Il giudice d’appello ha linearmente ricostruito, infatti, il compendio probatorio posto a fondamento dell’affermazione di responsabilità dell’imputata, ha confutato i motivi di gravame e ha posto in rilievo i dirimenti profili storico-fattuali della vicenda, facendo leva sulla documentazione acquisita, sulle deposizioni, ritenute genuine, coerenti e attendibili, dei testi V. , dirigente del Liceo musicale XXXXXXXX di XXXXXX che ha riferito circa le numerose segnalazioni orali e scritte provenienti da genitori, alunni e altri insegnanti e in ordine alla duplice sanzione disciplinare inflitta alla docente , B. , G. e M. , studenti delle classi prima e seconda in cui insegnava la F. , nonché il padre del primo e la madre del terzo alunno. Risultava pertanto accertato che l’imputata interagiva con gli studenti con reiterate condotte pesantemente offensive e fisicamente aggressive, così da travalicare le finalità proprie del normale processo educativo. Le continue aggressioni, verbali e fisiche, e le umiliazioni subite, con speciale riguardo alla intima sfera sessuale, avevano determinato un concreto pericolo per la salute mentale dei giovani alunni di 14-15 anni, ancora adolescenti e tendenzialmente fragili sotto l’aspetto psichico. E ciò in linea con il costante insegnamento giurisprudenziale di questa Suprema Corte Sez. 6, n. 7969 del 22/01/2020, L., Rv. 278352 Sez. 6, n. 19850 del 13/04/2016, S., Rv. 267000 , secondo cui, in tema di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, la nozione di malattia è più ampia di quelle concernenti l’imputabilità o i fatti di lesione personale, estendendosi fino a comprendere ogni conseguenza traumatica e rilevante sulla salute psichica del soggetto passivo. 4. Anche con riguardo alla dosimetria della pena, oggetto di specifica doglianza difensiva, le valutazioni fattuali dei giudici di merito, circa la immeritevolezza delle attenuanti generiche e la congruità della pena detentiva, pure rideterminata in melius dalla Corte territoriale, sono sorrette da un argomentato apparato motivazionale, perciò insindacabile in sede di controllo di legittimità. 5. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.