La notifica del decreto penale di condanna all’avvocato domiciliatario non dimostra l’effettiva conoscenza in capo all’imputato

In virtù dell’art. 175, comma 2, c.p.p. il destinatario del decreto penale di condanna che non abbia avuto conoscenza effettiva del provvedimento, può essere restituito nel termine per impugnare. La mera regolarità formale della notifica del provvedimento al difensore domiciliatario non costituisce di per sé la dimostrazione della conoscenza dello stesso in capo all’imputato.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6900/21, depositata il 23 febbraio accogliendo il ricorso avverso il provvedimento del GIP del Tribunale di Taranto con cui era stata rigettata l’istanza di restituzione nel termine per l’opposizione ad un decreto penale di condanna divenuto irrevocabile. La difesa ha lamentato la violazione degli artt. 462 e 175 c.p.p. non essendo stata fornita la prova dell’effettiva conoscenza del provvedimento. Nonostante la regolarità formale della notifica all’avvocato domiciliatario, il giudice avrebbe dovuto verificare la concreta conoscenza dell’atto essendosi interrotti i rapporti di fiducia tra il legale e l’imputato. L’art. 175, comma 2, c.p.p. prevede che il destinatario del decreto penale di condanna che non abbia avuto conoscenza effettiva del provvedimento, può essere restituito nel termine per impugnare. Sul tema la giurisprudenza ha chiarito che in tal caso l’istante ha l’ onere di allegazione, ma non di prova , delle ragioni della mancata conoscenza del provvedimento. In tal caso il giudice è tenuto a verificare tale circostanza disponendo la restituzione nel termine anche qualora residui un’incertezza su tale conoscenza. In altre parole, la mera regolarità formale della notifica non può essere di per sé la dimostrazione della conoscenza del giudizio e il giudice non può rifiutare al restituzione nel termine, salvo che sussista in atti la prova positiva, anche indiziaria, dell’effettiva conoscenza del provvedimento di condanna da parte dell’imputato. In conclusione, la Corte rileva d’ufficio l’intervenuta causa estintiva del reato essendo spirato il termine di prescrizione e annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e il decreto penale di condanna.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 2 – 23 febbraio 2021, n. 6900 Presidente Ciampi – Relatore Ferranti Ritenuto in fatto 1. S.P. a mezzo del difensore di fiducia ha proposto ricorso avverso il provvedimento del Gip del Tribunale di Taranto di cui in epigrafe che ha rigettato l’istanza di restituzione in termini per l’opposizione al decreto penale di condanna n. 227/2016 del 22.02.2016, divenuto irrevocabile per il reato di cui all’art. 186 C.d.S., lett. C e art. 187 C.d.S., comma 1, per essersi posto alla guida dell’autovettura Alfa Romeo tg. [] in stato di alterazione psicofisica, derivante dall’assunzione di alcol con tasso alcolemico, pari a 1,90 gl e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. In omissis 2. Deduce il seguente motivo 2.1. violazione di legge e vizio di motivazione per violazione degli artt. 462 e 175 c.p.p., non essendo stata provata l’effettiva conoscenza del provvedimento e la volontaria denuncia a proporre opposizione. La regolarità formale della notifica all’avvocato di fiducia presso il qual aveva eletto domicilio non esimeva il giudice dal verificare la concretezza della conoscenza derivante dall’interruzione di ogni rapporto col legale di fiducia Avv. Fiore dopo la liquidazione con lettera del 6.08.2015 in via stragiudiziale dei danni che aveva subito a seguito di un sinistro stradale. Il primo atto cui ha potuto ricollegare l’esistenza del procedimento penale a suo carico è stata la notifica della cartella esattoriale avvenuta il 6.06.2018, su incarico del Ministero della Giustizia, relativa all’importo di 23.488,28 Euro conseguente all’emissione del Decreto Penale n. 227 del 2016. Rileva inoltre che la nomina dell’avvocato di fiducia, presso il quale è stato notificato il decreto penale, risulta indicata come avvenuta il 28.08.2014, mentre la contestazione riportata nel decreto penale indica che il fatto è stato commesso in data omissis . 3. Il procuratore Generale in sede con requisitoria scritta ha chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Ferma restando la regolarità formale dell’elezione di domicilio di cui si discute, deve tuttavia ritenersi che la risposta del Giudice per le indagini preliminari di Taranto non sia corretta riguardo la valenza rispetto alla conoscenza effettiva del decreto penale di condanna. L’esegesi dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, infatti, non valorizza la norma dell’art. 175 c.p.p., comma 2, secondo cui il destinatario del decreto penale di condanna che non abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento, è restituito a sua richiesta nel termine per impugnare. La giurisprudenza ha chiarito, a questo proposito, che grava sull’istante un onere di allegazione, ma non di prova, in ordine alle ragioni della mancata conoscenza del provvedimento, a fronte del quale il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2, come modificato dalla L. 28 aprile 2014, n. 67, art. 11, a verificare che l’interessato non ne abbia avuto effettiva conoscenza, disponendo la restituzione nel termine anche qualora residui incertezza circa tale conoscenza Sez. 4, n. 3882 del 04/10/2017, dep. 2018, Rv. Murgia, 271944 - 01 Sez. 5, n. 139 del 14/10/2015, dep. 2016, Cogliandro, Rv. 265678 - 01 . Nel caso di specie, l’imputato ha chiarito di essere venuto a conoscenza del decreto penale solo in occasione della notifica della cartella esattoriale e sostanzialmente assumendo di non essere stato informato dal difensore di fiducia domiciliatario. La questione va altresì inquadrata riguardando la giurisprudenza costituzionale in particolare, deve ricordarsi come la Consulta con la sentenza n. 504 del 2000 abbia interpolato l’art. 460 c.p.p., comma 4, sancendo che la predetta disposizione è costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede la revoca del decreto penale di condanna e la restituzione degli atti al pubblico ministero, oltre che nel caso di irreperibilità del destinatario, anche allorché non sia possibile la notificazione nel domicilio dichiarato a norma dell’art. 161 c.p.p Questa decisione, ancorché riguardante una situazione diversa da quella sub iudice, fornisce tuttavia delle coordinate ermeneutiche di grande rilievo per un’interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina in tema di rimessione in termini. La logica dell’esegesi della Consulta, infatti, è legata alla natura del procedimento per decreto, che si configura come rito a contraddittorio eventuale e differito connotato dall’anticipazione della pronuncia di condanna rispetto all’esperimento dei mezzi di difesa. Ne consegue che la notificazione del decreto stesso assume un ruolo centrale e che la possibilità di eseguire la notifica al difensore possibilità che, nel caso esaminato dalla Consulta, seguiva alla constatata inidoneità o insufficienza della dichiarazione di domicilio costituisce un pregiudizio al diritto di difesa, oltre che una violazione del principio di uguaglianza rispetto alla situazione dell’irreperibile normativamente sancita. In effetti, ciò che la Corte Costituzionale ha valorizzato e che costituisce una guida interpretativa di grande rilievo è la necessità che la conoscenza del decreto penale di condanna sia effettiva, dato che l’acquiescenza rispetto a quest’ultimo si risolve nella cristallizzazione di un provvedimento di condanna al quale si è giunti in assenza di contraddittorio, il che rende cruciale la possibilità di scegliere se accedere al contraddittorio eventuale garantito dall’opposizione. 2.1. In conclusione la mera regolarità formale della notifica, perciò, non può essere considerata dimostrativa della conoscenza del giudizio e il giudice non può negare la restituzione nel termine, se non quando possa ritenere sussistente in atti la prova positiva, anche indiziaria, della effettiva conoscenza del provvedimento di condanna da parte dell’imputato. Il giudice non si è attenuto nel caso concreto al suddetto principio, avendo rigettato l’istanza sulla base della sola regolarità formale della notifica al difensore di fiducia. 3. Va rilevata d’ufficio l’intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, essendo spirato il termine di prescrizione massimo, pari ad anni cinque, secondo quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 157 e 161 c.p., in quanto il reato è stato commesso il OMISSIS . Si osserva, inoltre, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129 c.p.p., comma 2, non potendosi constatare con evidenza dagli atti l’insussistenza del fatto-reato. In presenza di una causa di estinzione del reato, secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte Sez. U. n. 35490 del 28/05/2009 Ud. dep. 15/09/2009 Rv. 244275 - 01 in caso di annullamento, il giudice del rinvio si troverebbe a dover dichiarare la immediata declaratoria della causa di estinzione del reato pertanto, nel caso di specie, l’inevitabile rinvio al giudice del merito è incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva, così come precisato da Sez. Un. 28 novembre 2001 n. 1021/02, Cremonese, rv. 220511. 4. Va pertanto annullato senza rinvio il provvedimento impugnato ed il decreto penale di condanna per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato ed il decreto penale di condanna per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.