L’omessa dichiarazione della disponibilità di immobili ostacola l’accesso al gratuito patrocinio?

Il reato di cui all’art. 95, d.P.R. n. 115/2002, è di pericolo e viene ad esistenza se non rispondono al vero o sono omessi del tutto o in parte dati di fatto nella dichiarazione sostitutiva e in qualsiasi altra comunicazione contestuale o successiva che implichino un provvedimento del giudice a prescindere dall’effettiva sussistenza delle condizioni previste per l’ammissione al gratuito patrocinio, tenendo conto che rientrano nella nozione di reddito a tal fine tutti i beni mobili e immobili che siano anche nella disponibilità di fatto del richiedente.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2131/21, depositata il 19 gennaio. La Corte d’Appello di Roma confermava la decisione con cui il Tribunale dello stesso luogo aveva condannato l’imputato per il reato di cui all’art. 95, d.P.R. n. 115/2002, poiché in sede di dichiarazione sostitutiva di certificazione , presentata al fine di ottenere l’ ammissione al gratuito patrocinio , egli ometteva di dichiarare la disponibilità di un appartamento e di altri beni mobili e immobili. Lo stesso proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che ai fini della sussistenza del reato contestatogli, rilevano le omissioni riguardanti i beni mobili registrati o immobili che assumono importanza per la quantificazione del reddito e che, in ogni caso, siano riconducibili al patrimonio personale o familiare del dichiarante, mentre, nel suo caso, gli immobili non dichiarati non erano di sua proprietà ma ne aveva solamente la disponibilità. La Corte di Cassazione richiama innanzitutto l’orientamento giurisprudenziale secondo cui i diritti reali sugli immobili devono essere dichiarati , e ciò non solo quando essi siano fonti attuali, ma anche quando siano fonti potenziali di reddito. La dichiarazione sostitutiva può essere incriminabile per la falsità dei dati che servono alla determinazione , configurandosi nella parte descrittiva ” dell’atto. La necessità di dettaglio del tenore dichiarativo della richiesta è chiaramente contenuta nell’art. 96 d.P.R. n. 115/2002, da cui si evince che la dichiarazione deve contenere senza eccezione i dati eventualmente già riversati nella diversa dichiarazione a fini IRPEF relativa ai redditi dell’anno precedente, in tal caso da allegare, salvo la possibilità di prendere in considerazione l’istanza di ammissione al beneficio, anche di chi non l’abbia presentata . Gli Ermellini proseguono affermando che il reato di falso consiste nella omessa attestazione di fatti veri, implicando il dovere di attestazione nella richiesta di dati riferita alla dichiarazione IRPEF dell’anno precedente , la quale può non essere stata rilasciata, essendoci la possibilità di respingere l’istanza allo stato per le attività, il tenore di vita e le condizioni di vita familiari e personali di chi chiede il beneficio. Il reato di cui all’art. 95, infatti, riguarda la parte determinativa” della dichiarazione, che si collega al tenore della dichiarazione IRPEF, concretizzandosi qualora non rispondano al vero o siano omessi in tutto o in parte dati di fatto nella dichiarazione sostitutiva che implichino un provvedimento del giudice, indipendentemente dalla sussistenza effettiva delle condizioni per l’ammissione al beneficio. A tal fine, la Corte richiama la nozione di reddito , nel quale rientrano tutti i beni, mobili ed immobili, che siano anche nella disponibilità di fatto e contribuiscano alla formazione del patrimonio dell’istante e dei suoi familiari con lui conviventi . Nonostante tali argomentazioni, la Corte di Cassazione annulla senza rinvio la decisione impugnata poiché il reato è estinto per intervenuta prescrizione .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 8 – 19 gennaio 2021, n. 2131 Presidente Piccialli – Relatore Ferranti Ritenuto in fatto 1.La Corte di Appello di Roma confermava con la sentenza in epigrafe la pronuncia del Tribunale di Roma del 21.03.2018 che condannava G.D. alla pena complessiva di anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 500,00 di multa, in relazione al reato di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 95, perché nella dichiarazione sostitutiva di certificazione presentata il 10.01.2012, finalizzata ad ottenere l’ammissione al gratuito patrocinio, ometteva di dichiarare la disponibilità di un appartamento sito in omissis ed altri beni mobili e immobili di elevato valore economico. 2.La Corte territoriale motivava sulla base della falsità della dichiarazione reddituale, in cui aveva attestato la titolarità di un reddito pari a Euro 8.400,00, inferiore al minimo richiesto per l’ammissione al patrocinio a spese dello stato e di non essere proprietario di alcuna unità immobiliare senza alcuna ulteriore indicazione circa la disponibilità di altri beni. Risultava, infatti, dalla informativa del Nucleo Polizia Tributaria di Frosinone del 25.01.2012, trasmessa al Tribunale di Roma Sezione applicazione misure di prevenzione che vi erano beni immobili e mobili registrati e conti correnti riferibili alla persona del G. specificatamente indicati a fol 4 della sentenza di primo grado punti A-E e comunque attestanti un tenore di vita personale e patrimoniale difforme da quello dichiarato. 3. Proponeva ricorso G. , a mezzo del difensore, deducendo i seguenti motivi 3.1 violazione di legge in quanto ai fini della sussistenza del reato sono rilevanti le omissioni riguardanti beni immobili o mobili registrati che assumono rilevanza per la determinazione del reddito e che comunque siano ascrivibili al patrimonio personale o familiare del dichiarante. Nel caso di specie gli immobili che si affermano riferibili al G. non sono di sua proprietà nè l’imputato è titolare di diritti reali di godimento o della nuda proprietà la mera disponibilità non rileva ai fini del reato contestato stante l’estraneità al patrimonio 3.2. vizio di motivazione per carenza degli elementi di prova sulla cui base la Corte territoriale ritiene che i beni in questione siano effettivamente riferibili all’imputato o siano nella sua indiretta disponibilità 3.3. manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui trae elementi di convincimento dalle spese sostenute dal G. per gli spostamenti dalla Germania all’Italia e da quelle necessarie per far fronte agli oneri derivanti dalla locazione finanziaria di alcuni beni. Deduce che si tratta infatti di mere supposizioni non accompagnate da nessun riscontro probatorio in relazione ai costi sostenuti e alle fonti di reddito non dichiarate. In merito alle locazioni finanziarie riguardanti la BMW, la Ferrari, l’imbarcazione da diporto omissis , lamenta che si tratta di beni mobili registrati intestati a società di capitali che sono le uniche titolari del contratto di locazione finanziaria e che quindi ne sostengono i costi. 3. Il Procuratore generale in sede con requisitoria scritta ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1.Va premesso che le Sez. U, n. 6591 del 27/11/2008 Ud. dep. 16/02/2009 Rv. 242152 - 01 hanno affermato che l’art. 79, comma 1, lett. c , richiamato dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95, prevede che la dichiarazione attesti la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità dell’art. 76 . E l’art. 76 fa rinvio alla dichiarazione dei redditi IRPEF. I singoli dati reddituali sono dunque oggetto indiscriminato di attestazione, secondo il modello tipico recepito. La ragione di tale specifica determinazione si collega inoltre al rinvio dell’art. 95 anche all’art. 79, comma 1, lett. b ed d . La lettera b prescrive l’indicazione delle generalità proprie e dei componenti della famiglia anagrafica e relativi codici fiscali e si connette all’art. 92, che eleva il limite di reddito per l’ammissione, in quantità fissa per ognuno dei conviventi che non abbia reddito proprio, il che significa per contro che va sempre indicato il reddito dei conviventi. La lettera d afferma l’impegno a comunicare variazioni rilevanti dei limiti di reddito nell’anno precedente, la qualcosa presume appunto l’indicazione di ogni fonte, anche potenziale, di reddito. Il corollario è che i diritti reali su immobili devono essere dichiarati, non solo se fonti attuali ad es. usufrutto , ma anche solo potenziali di reddito ad es. nuda proprietà , perciò suscettibili di variazioni da comunicare per impegno assunto nell’istanza. La dichiarazione non ha per sé ad oggetto la sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, bensì i dati da cui l’istante la induce determina quale risultato, suscettibile di valutazione discrezionale, seppur vincolata, dell’organo destinatario. La dichiarazione sostitutiva è incriminabile per la falsità commissiva od omissiva dei dati che servono alla determinazione, la falsità si configura nella parte descrittiva dell’atto, salvo espressa eccettuazione dei fatti da attestare. Il D.P.R. n. 115 del 2002 unifica la doppia azione, perché l’interessato al beneficio rende la dichiarazione con valenza attestativa nell’istanza rivolta al magistrato a pena di inammissibilità art. 96 e fa conto sul fatto che il magistrato, dovendo subito decidere, possa solo chiedere documentazione o verificare gli indici fornitigli. In questa luce la norma penale, come è stato affermato dalle Sezioni Unite citate, sottolinea la necessità della compiuta ed affidabile informazione del destinatario che, a fronte della complessità del tenore dell’istanza, cui è speculare la valutazione da svolgere, ha urgenza di decidere. La necessità di dettaglio del tenore dichiarativo dell’istanza è chiarito in maniera risolutiva dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 96, comma 2, che prescrive il magistrato respinge l’istanza se vi sono fondati motivi di ritenere che l’interessato non versa nelle condizioni degli artt. 76 e 92, tenuto conto del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, e delle attività economiche eventualmente svolte . La conclusione evidente è che la dichiarazione deve contenere senza eccezione i dati eventualmente già riversati nella diversa dichiarazione a fini IRPEF relativa ai redditi dell’anno precedente, in tal caso da allegare, salvo la possibilità di prendere in considerazione l’istanza di ammissione al beneficio, anche di chi non l’abbia presentata. Il falso è reato commissivo proprio, seppure consiste in un’omessa attestazione di fatti veri e implica il dovere di attestazione nell’istanza di dati riferiti alla dichiarazione Irpef dell’anno precedente, che può non essere stata rilasciata, e quindi vi è la possibilità di respingere la stessa istanza allo stato per le attività, le condizioni di vita personali e familiari ed il tenore di vita di chi chiede l’ammissione al beneficio. L’incriminazione si correla, quindi, al generale principio antielusivo , s’incardina sulla capacità contributiva aì sensi dell’art. 53 Cost. e perciò dell’art. 3 e si correla all’art. 24 Cost., comma 3, in osservanza del quale l’art. 98 c.p.p. prevede la disciplina del patrocinio dei non abbienti a spese dello Stato. Dal che è evidente che la punibilità del reato di pura condotta si rapporta, ben oltre il pericolo di profitto ingiusto, al dovere di lealtà del singolo verso le Istituzioni. Infatti, la lettera dell’art. 95 non condiziona la rilevanza dell’offesa della pubblica fede al fine patrimoniale dell’atto falso cfr. Cass., S.U. Giordano ed a., n. 25887/03 il reato concerne la parte determinativa della dichiarazione, che si connette al tenore della dichiarazione IRPEF si pone come reato di pericolo che si concretizza e si ravvisa se non rispondono al vero o sono omessi in tutto o in parte dati di fatto nella dichiarazione sostitutiva, ed in qualsiasi dovuta comunicazione contestuale o consecutiva, che implichino un provvedimento del magistrato, secondo parametri dettati dalla legge, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni previste per l’ammissione al beneficio. Nella nozione di reddito, ai fini dell’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, rientrano tutti i beni, mobili ed immobili, che siano anche nella disponibilità di fatto e contribuiscano alla formazione del patrimonio dell’istante e dei suoi familiari con lui conviventi. In tal senso si richiamano le numerose pronunce di questa Quarta Sezione Penale n. 26056 del 24/07/2020 Cc. rv. 280011 - 01 n. 5513 del 12/12/2012 Cc. Rv. 254663 - 01. n. 25044 del 11/04/2007 Cc. Rv. 237008 -01 in cui si è affermata la rilevanza di qualunque fatto che riveli la percezione, lecita o illecita, di reddito e la legittimità dell’accertamento di tali redditi con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici previste dall’art. 2729 c.c., quali il tenore di vita ed altri fatti di emersione della percezione di redditi . 2. Alla luce dei principi fin qui riaffermati si rileva che il ricorso in esame non presenta profili di inammissibilità per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basato su censure non deducibili in sede di legittimità e ciò per quanto riguarda il prospettato profilo di inadeguatezza della motivazione circa la sufficienza del dato probatorio dell’effettiva titolarità o disponibilità anche di fatto dei beni mobili o immobili che nel rapporto della Guardia di Finanza richiamato dai Giudici di merito si indicano come riferibili al ricorrente senza un adeguato approfondimento della concreta situazione reddituale per l’anno 2012, diversa e maggiore, rispetto a quella evidenziata nella dichiarazione dei redditi e nella dichiarazione sostitutiva rilasciata il 10.01.2012 ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello stato. 2.1. Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. maturate successivamente rispetto alla sentenza impugnata. In particolare va rilevata d’ufficio l’intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, essendo spirato il termine di prescrizione massimo, pari anni sette e mesi sei, secondo quanto previsto dal combinato disposto dell’art. 157 e 161 c.p. il reato è stato commesso il 10.01.2012 e quindi si è prescritto il 10.07.2019. Si osserva, infine, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129 c.p.p., comma 2, non potendosi constatare con evidenza dagli atti l’insussistenza del fatto-reato. 3.Va disposto pertanto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.