Legittima difesa domiciliare: la (successiva) prevaricazione violenta esclude l’attualità del pericolo

Nell’ambito della legittima difesa domiciliare, l’uso di un’arma detenuta costituisce una reazione sempre proporzionata nei confronti di chi si sia illecitamente introdotto, o illecitamente si trattenga, all’interno del domicilio o dei luoghi a questo equiparati, a condizione che il pericolo di offesa sia attuale, l’impiego dell’arma sia, in concreto, necessario a difendere l’incolumità propria o altrui, ovvero i beni presenti in tali luoghi non siano praticabili condotte alternative lecite o meno lesive con riferimento all’aggressione dei beni, ricorra altresì una aggressione personale.

Lo ha ribadito la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37427/20, depositata in cancelleria il 23 dicembre. Lite familiare, violenza in progredire, sino al tentato omicidio. Nel caso di specie, un uomo è stato sottoposto a procedimento penale in relazione, inter alia , al reato di tentato omicidio aggravato in danno del padre. Fatto commesso, in concorso con la madre, in occasione di una lite furibonda, finita a colpi d’ascia. In esito al giudizio di prime cure, il Giudice per l’udienza preliminare - in sede di rito abbreviato - ha accertato la responsabilità contestata, per l’effetto condannando l’imputato alla pena di giustizia. Per quanto più rileva - ad onta della genesi criminosa un padre violento che accende, imbracciando un’ascia, la miccia” litigiosa - è stata esclusa la invocata scriminante della legittima difesa, reale o putativa, considerata la gravità della contro offensiva sferrata dal figlio in danno del padre, con feroce progredire c.d. overkilling ” . La sentenza di condanna è stata confermata, in sede di gravame, da parte della Corte territoriale. Talché, alla difesa non è rimasto che rivolgersi, in ultima istanza, alla Suprema Corte. I presupposti della legittima difesa domiciliare. Agli Ermellini è stato chiesto di annullare la decisione affetta – nell’opinione della difesa ricorrente – da vizi valutativi su più versanti. Segnatamente, la difesa ha ribadito l’erroneità della decisione dei Giudici di merito di escludere, nel caso di specie, la summenzionata scriminante reale o putativa e, comunque, l’eccesso colposo e l’attenuante della provocazione della vittima i.e. il padre, già autore di violenze familiari in passato . La sentenza della Suprema Corte merita attenzione avuto riguardo alle preziose considerazioni ivi svolte sul perimetro di applicazione della scriminante della legittima difesa e sui punti di frizione” con l’attenuante della provocazione. In proposito, i Giudici di legittimità hanno anzitutto ricordato come l’accertamento relativo alla legittima difesa, reale o putativa, e all’eccesso colposo va effettuato con un giudizio prognostico, ex ante , che tenga conto delle – specifiche e peculiari – circostanze concrete che connotano la fattispecie da esaminare, secondo una valutazione di carattere relativo, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito. A quest’ultimo, invero, spetta esaminare, oltre che le modalità del singolo episodio in sé considerato, anche tutti gli elementi fattuali antecedenti all’azione che possano aver avuto concreta incidenza sull’insorgenza dell’erroneo convincimento di dover difendere sé o altri da una ingiusta aggressione . Il Palazzaccio è poi tornato - avuto riguardo al testo dell’art. 52, del codice penale, come da ultimo riformulato - sui presupposti della legittima difesa domiciliare, specificando che anche dopo l’ultima novella legislativa, [], l’uso di un’arma legittimamente detenuta costituisce una reazione sempre proporzionata nei confronti di chi si sia illecitamente introdotto, o illecitamente si trattenga, all’interno del domicilio o dei luoghi a questo equiparati, a condizione che 1 il pericolo di offesa sia attuale 2 l’impiego dell’arma sia, in concreto, necessario a difendere l’incolumità propria o altrui, ovvero i beni presenti in tali luoghi 3 non siano praticabili condotte alternative lecite o meno lesive 4 con riferimento all’aggressione dei beni, ricorra altresì una aggressione personale. Nel caso di specie – si spiega in sentenza – alla luce della progressione violenta dell’imputato, descritta in fasi distinte” - oltre a non ricorrere la scriminante in questione, non poteva invocarsi l’eccesso colposo, dal momento che, per quest’ultimo, occorre – come noto – un’erronea valutazione, da parte del soggetto agente, del pericolo attuale di un’aggressione e dell’adeguatezza dei mezzi difensivi utilizzati L’attenuante della provocazione. Al contrario, la Suprema Corte ha ritenuto di annullare la sentenza gravata laddove i Giudici di merito hanno ritenuto di escludere l’attenuante della provocazione in proposito, gli Ermellini hanno osservato come se, da un lato, era certamente corretto escludere la legittima difesa in assenza di attualità” di pericolo, non era altrettanto corretto escludere, sempre per effetto di attualità di pericolo, la circostanza dell’ira scaturente dalla provocazione, siccome basata su precondizioni differenti rispetto all’anzidetta scriminante. Condanna confermata, con parziale rinvio. Sul crinale delle considerazioni che precedono, la Cassazione ha dunque confermato - in parte qua - la sentenza di condanna, rinviando al Giudice di merito per una nuova valutazione in punto attenuante i.e. provocazione, ex art. 62, n. 2, c.p. .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 30 settembre – 23 dicembre 2020, n. 37427 Presidente Di Tomassi – Relatore Casa Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 17.1.2019, la Corte di appello di Bari confermava la decisione del 21.11.2014 con la quale, in esito a rito abbreviato, il G.U.P. del Tribunale di Trani aveva dichiarato F.R. responsabile del reato di tentato omicidio aggravato, commesso in omissis in danno del padre F.G. capo A , e, concesse le attenuanti generiche con prevalenza sulla contestata aggravante, lo aveva condannato alla pena di tre anni e quattro mesi di reclusione, nonché alla pena accessoria di legge e al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile. L’imputato veniva, invece, assolto dal reato di minaccia di cui al capo B perché il fatto non sussiste. Nello stesso giudizio di primo grado, D.A. madre dell’imputato , concorrente in entrambi i reati in contestazione, veniva assolta dal più grave per non aver commesso il fatto e dalla minaccia perché il fatto non sussiste. 1.1. La Corte di appello, in sintonia con il primo Giudice e con le valutazioni del consulente medico-legale del P.M. Dott. S. , ricostruiva la dinamica dei fatti distinguendo tre fasi a la prima, in cui, inizialmente, fu il F.G. a presentarsi con l’ascia in mano e a colpire al polpaccio sinistro il figlio, il quale, riuscito a impossessarsi dell’arma, cominciò a brandirla attingendo il padre, che indietreggiava per schivare i colpi, all’avambraccio sinistro e sulla regione pettorale destra b la seconda, caratterizzata dal governo esclusivo dell’ascia da parte dell’imputato, il quale, mentre la vittima tentava di allontanarsi, la colpì, da tergo, almeno quattro volte al capo con il manico dello strumento offensivo o con la parte opposta della lama c la terza, con la vittima a terra, colpita dall’aggressore con il medesimo corpo contundente, che provocò la frattura lineare semplice produttiva, in senso più significativo e marcato, delle lesioni encefaliche. 1.2. Sulla base della premessa ricostruzione, la Corte di merito escludeva, in primo luogo, la ravvisabilità, nella specie, della scriminante della legittima difesa, reale o putativa. Osservavano i Giudici baresi che ritenere che l’azione offensiva posta in essere dall’imputato fosse stata determinata dalla necessità reale o supposta, per il giovane F. , di difendersi dalla situazione di pericolo di vita ingenerata dal possesso dell’ascia da parte del padre, significava negare l’effettiva dinamica della colluttazione che, solo nella prima fase, aveva visto il contendersi dell’arma, mentre, nella seconda, si era sviluppata culminando nel conseguimento da parte dell’imputato dell’autonomo governo dell’arma, utilizzata in modo violento ed efferato contro il genitore a possesso maturato dell’ascia, ben avrebbe potuto il prevenuto por fine alla contesa, avendo così neutralizzato qualsivoglia iniziativa cruenta del familiare, mentre l’aver inferto i colpi mortali quando alcuna situazione di pericolo lo affliggeva per aver già disarmato il rivale significava, senza ombra di dubbio, porre l’azione lesiva al di fuori di ogni logica di legittima difesa, reale o putativa. 1.2.1. Andava, in secondo luogo, esclusa l’ipotesi di eccesso colposo in legittima difesa, atteso che i colpi di valenza mortale erano stati assestati dall’imputato quando il genitore si trovava di spalle e, quindi, in una condizione di assoluta inerzia reattiva rispetto all’azione offensiva del figlio che aveva perseverato nell’infierire anche quando il padre era caduto in terra appariva arduo sostenere che la mortale sequenza dei colpi fosse stata determinata dalla impossibilità di calibrare la reazione in danno di un soggetto ridotto all’assoluta inoffensività. 1.3. Quanto alla dedotta insussistenza dell’animus necandi, sottolineava la Corte territoriale che F.G. venne ricoverato d’urgenza al Pronto Soccorso di Barletta e, quindi, all’Ospedale di Andria in prognosi riservata, mentre il consulente medico-legale del PM Dott. S. aveva descritto l’azione dell’aggressore nei termini di un overkilling, ovvero come concentrazione di colpi mortali, avuto riguardo alla micidialità dell’arma utilizzata, alla parte vitale attinta e alla violenza e reiterazione dei colpi. Circa l’allontanamento con l’autovettura, ad avviso dei Giudici del gravame si trattava di gesto non alternativo alla volontà di finire il padre, quanto sintomatico della percezione di averla potuta cagionare non a caso il giovane F. , convinto di aver ucciso il padre, aveva fatto immediato rientro a casa dopo aver ricevuto dalla zia la notizia che il genitore non era morto. 1.4. Non poteva considerarsi integrata, nella specie, l’attenuante della provocazione. Sul punto non poteva non richiamarsi la sequenza ricostruttiva dell’evento, che aveva riconosciuto l’esistenza di una prima fase della contesa caratterizzata dal reciproco brandeggio dell’ascia con colpi reciprocamente assestati sino al momento in cui l’imputato ebbe il governo assoluto dell’arma momento che segnava il travalicamento del rapporto di proporzionalità tra azione e reazione e che collocava l’accanimento offensivo del F. overkilling nell’alveo della reazione eccedente i limiti di proporzionalità rispetto all’evento scatenante. 1.5. Analogamente, non poteva configurarsi l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 5, in quanto l’azione lesiva della vittima poteva dar ragione della reattività d’iniziale schermaglia in fase di reciproco brandeggio dell’ascia e di reciprocità dei colpi assestati, ma non poteva collegarsi eziologicamente alla fase successiva in cui il giovane F. , impadronitosi pienamente dell’arma letale, aveva assestato in piena autonomia operativa i fendenti mortali in danno del padre. 1.6. Infine, la richiesta di riduzione di pena non teneva conto dell’evidente approccio clemenziale del primo Giudice che aveva applicato quasi la massima riduzione per il tentativo e riconosciuto le attenuanti generiche con prevalenza sulla contestata aggravante. 2. Ha proposto ricorso per cassazione F.G. , per il tramite del difensore, articolando i seguenti motivi. 2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della scriminante della legittima difesa. Alla stregua del nuovo dettato normativo disciplinante la legittima difesa domiciliare , da applicarsi in quanto più favorevole all’imputato, dovevano ritenersi sussistenti, nel caso di specie, tutti i presupposti di legge. L’ingiusta aggressione era sostanziata dalle attività poste in essere dal F.G. nel minacciare la moglie D.A. e nell’aggredire il figlio con un’ascia. L’attualità del pericolo era dimostrata dal fatto che l’imputato aveva reagito solo quando il padre aveva tentato di colpirlo con l’ascia. Il pericolo non avrebbe potuto in alcun modo essere evitato, in quanto, anche qualora il ricorrente fosse riuscito a sottrarsi all’aggressione del padre dandosi alla fuga, avrebbe comunque pregiudicato altri beni, in primis l’incolumità fisica della madre. Le argomentazioni svolte dalla Corte di merito per escludere l’applicazione della scriminante non erano supportate da adeguato riscontro probatorio. Occorreva valutare il momento in cui l’imputato, dopo aver disarmato il padre e averlo colpito per difendersi, lo aveva lasciato per terra sanguinante in tale preciso momento il giovane aveva deciso di allontanarsi mentre la madre aveva già chiamato i soccorsi. Era chiaro, dunque, che se l’imputato avesse voluto uccidere il proprio genitore non si sarebbe mai allontanato e avrebbe certamente sfruttato il vantaggio per colpirlo a morte. 2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della scriminante della legittima difesa putativa. Rileva la difesa del ricorrente che F.G. , già autore di condotte violente nei confronti del figlio e della moglie, si presentò presso il loro domicilio brandendo un’arma pericolosa e minacciando di morte la moglie, nonché iniziando una colluttazione con il figlio intervenuto al fianco della madre per difenderla. Da tanto, ragionevolmente, conseguiva che chiunque avrebbe percepito il pericolo attuale e concreto di un’offesa ingiusta alla persona, sicché l’imputato, trovatosi di fronte il genitore che minacciava i presenti tenendo in mano un’arma pericolosa, si era convinto della ricorrenza e della legittimità della scriminante in questione. 2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata riqualificazione del fatto originariamente contestato in quello di cui agli artt. 55 e 590 c.p Appariva ravvisabile l’eccesso nei mezzi utilizzati per la perpetrazione dell’azione criminosa dovuto ad un errore-inabilità, atteso che il F. , pur avendo valutato esattamente i confini dell’azione legittimante - in quanto stava difendendo se stesso e la madre dal pericolo attuale e concreto di un grave danno alla persona - nella concitazione del momento, non era riuscito a contenere la condotta all’interno dei limiti della scriminante. Inoltre, considerato che il padre aveva aggredito il figlio con un’arma da taglio, ferendolo al polpaccio, l’unico mezzo con il quale l’imputato poteva difendersi era la stessa arma impugnata dal padre. 2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata riqualificazione del fatto originariamente contestato in quello di cui agli artt. 582 e 583 c.p Le lesioni personali subite dalla persona offesa, seppur gravi, non erano mai state idonee a provocare l’evento morte, tanto più che il F.G. pervenne presso la struttura sanitaria completamente cosciente, come risultava dal referto di Pronto soccorso. La Corte di merito aveva del tutto disatteso quanto esplicitato dal prof. D. , secondo il quale l’esame obiettivo generale, con particolare riferimento agli apparati respiratorio e cardiovascolare, era indicato come negativo. Anche nel prosieguo della degenza non vi fu nessun elemento di allarme nè per le condizioni, nè, soprattutto, per quanto concerne l’apparato neurologico . La circostanza che l’imputato si fosse allontanato con l’autovettura costituiva elemento di prova compatibile anche con un’ipotesi di lesioni gravi. 2.5. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante della provocazione e di quella di cui all’art. 62 c.p., n. 5. La Corte territoriale aveva escluso l’invocata attenuante basandosi su una valutazione frammentaria degli eventi, reputandola ravvisabile solo nella prima fase della sequenza dei fatti. Tuttavia, l’ira dell’imputato, determinata dall’azione aggressiva del padre, si era naturalmente estesa a tutta la durata della colluttazione, unitamente al terrore di essere ucciso dal proprio padre, sicché, per valutare la sussistenza della circostanza attenuante della provocazione, doveva valutarsi tutta la sequenza dei fatti. Apparente doveva considerarsi, infine, la motivazione che aveva escluso l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 5 . La condotta di F.G. si era pacificamente inserita in modo determinante nella serie causale che aveva portato all’evento egli, ponendo in essere per primo la condotta di aggressione e mettendo in pericolo la vita altrui aveva accettato il rischio di essere a sua volta aggredito contribuendo materialmente alla causazione dell’evento. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato limitatamente all’attenuante della provocazione, mentre, nel resto, va rigettato perché, nel complesso, infondato. 2. Sono, anzitutto, destituiti di fondamento i motivi dedicati al tema della scriminante della legittima difesa, reale o putativa, e dell’eccesso colposo. 2.1. Giova subito rammentare che l’accertamento relativo alla sussistenza della legittima difesa, reale o putativa, e dell’eccesso colposo deve essere effettuato con un giudizio ex ante calato all’interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie da esaminare, secondo una valutazione di carattere relativo e non assoluto ed astratto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, cui spetta esaminare, oltre che le modalità del singolo episodio in sé considerato, anche tutti gli elementi fattuali antecedenti all’azione che possano aver avuto concreta incidenza sull’insorgenza dell’erroneo convincimento di dover difendere sé o altri da un’ingiusta aggressione Sez. 4, n. 24084 del 28/2/2018, Perrone e altro, Rv. 273401 - 01 Sez. 4, n. 33591 del 3/5/2016, Bravo, Rv. 267473 - 01 Sez. 1, n. 13370 del 5/3/2013, R., Rv. 255268 01 . 2.1.1. Ciò posto, occorre brevemente soffermarci sulla nuova formulazione dell’art. 52 c.p., invocata dal ricorrente retroattivamente applicabile all’episodio giudicato ex art. 2, comma 2, c.p. poiché più favorevole all’imputato . Non è superfluo dar conto di alcune recenti e condivisibili pronunce emesse da questa Corte di legittimità che, con riguardo alla prima modifica - costituita dall’inserimento dell’avverbio sempre nel testo del comma 2, precedentemente aggiunto insieme al terzo dalla L. n. 59 del 2006 Nei casi previsti dall’art. 614, commi 1 e 2, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al comma 1 del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere cd. legittima difesa domiciliare -, ha precisato trattarsi di una parola semplicemente rafforzativa della presunzione di proporzione già prevista dalla norma, e ne ha chiarito il significato complessivo nel senso che l’uso di un’arma, legittimamente detenuta, rappresenta sempre reazione proporzionata nei confronti di chi si sia illecitamente introdotto, o illecitamente si trattenga, all’interno del domicilio o dei luoghi a questo equiparati, solo a patto che il pericolo dell’offesa ad un diritto personale o patrimoniale sia attuale e che l’impiego dell’arma sia concretamente necessario a difendere l’incolumità propria o altrui, ovvero anche soltanto i beni, ma, in tale ultima ipotesi, deve ricorrere un pericolo di aggressione personale e non deve esservi desistenza da parte dell’intruso Sez. 3, n. 49883 del 10/10/2019, Capozzo, Rv. 277419 - 01 . Quanto all’innovazione costituita dall’inserimento ex novo di un comma 4 dell’art. 52 c.p., a proposito del quale si è parlato di legittima difesa presunta Nei casi di cui al secondo e al comma 3 agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone , è stato affermato che essa non consente un’indiscriminata reazione contro colui che si introduca fraudolentemente nella dimora altrui, ma postula che l’intrusione sia avvenuta con violenza o con minaccia dell’uso di armi o di altri strumenti di coazione fisica, così da essere percepita dall’agente come un’aggressione, anche solo potenziale, alla propria o altrui incolumità, atteso che solo quando l’azione sia connotata da tali note modali può presumersi il rapporto di proporzione con la reazione Sez. 5, n. 40414 del 13/6/2019, Gueye, Rv. 277122 01 . 2.1.2. Le prime interpretazioni dell’art. 52 c.p. collegano, quindi, le due presunzioni, quella di proporzione dell’uso di arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo, e quella inerente alle stesse condizioni di sussistenza della causa di giustificazione, di cui al comma 4, alla presenza di un’offesa ingiusta che rechi pericolo attuale all’incolumità di colui che reagisce e/o di altri, oppure anche a beni patrimoniali, ma solo nel caso in cui vi sia contestualmente un pericolo di aggressione alle persone. Infatti, allo stesso concetto di difesa dell’incolumità delle persone rimandano le parole adoperate nel comma 4, che definiscono legittima la reazione dell’offeso nei confronti di chi s’introduca nell’abitazione con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica. In proposito, è utile ed opportuno sottolineare che, anche in tale ultima ipotesi, il pericolo derivante dall’intrusione con violenza o realizzata da persone in senso lato armate, deve presentare il carattere dell’attualità, essendo tale requisito sempre ritenuto necessario dalla giurisprudenza di questa Corte al fine dell’integrazione della causa di giustificazione ed essendo, del resto, essenzialmente correlata la reazione legittima ad una condotta aggressiva e/o minacciosa o in essere o concretamente imminente. 2.1.3. Il principio è stato confermato dalla già richiamata Sez. 3, n. 49883/2019, che, pur avendo fatto riferimento alla diversa fattispecie di cui all’art. 52 c.p., comma 2, si è inserita nel solco della precedente elaborazione giurisprudenziale inerente alla relazione di attualità che deve esistere tra il pericolo di un’offesa ingiusta e la reazione legittima di colui che si difende ex multis, la già citata Sez. 1, n. 48291 del 21/6/2018, Rv. 274534 in senso conforme, Sez. 5, n. 25810 del 17/5/2019, Onnis, Rv. 276129 ha di nuovo definito il pericolo attuale come pericolo in corso o, comunque, imminente e, in motivazione, ha ribadito più diffusamente i principi tradizionalmente espressi da questa Corte, secondo i quali l’attualità del pericolo richiesta per la configurabilità della scriminante in esame implica un effettivo, preciso contegno del soggetto antagonista, prodromico a una determinata offesa ingiusta, che si prospetti come concreta e imminente, così da rendere necessaria l’immediata reazione difensiva ovvero implica una condizione fattuale in cui l’offesa sia già iniziata e sia ancora in corso v. anche Sez. 1, n. 48291 del 21/6/2018, Gasparini, Rv. 274534 Sez. 1, n. 6591 del 27/1/2010, Celeste, Rv. 246566 . 2.1.4. Sul tema non può non annotarsi, ancora, come la menzionata pronuncia Sez. 5, n. 40414 del 13/6/2019, Rv. 277122, per come risulta massimata, nel riferirsi a una situazione anche solo potenziale , che l’agente percepisca come aggressione alla propria o altrui incolumità, potrebbe apparire in disarmonia rispetto al suddetto consolidato orientamento, suggerendo interpretazioni estensive del legame temporale e funzionale tra pericolo di offesa ingiusta e reazione legittima, che la prevalente giurisprudenza definisce - come già detto - in termini di attualità ed imminenza. Sul punto, va, peraltro, rilevato che l’esame del testo della sentenza non presenta elementi ricostruttivi idonei a giustificare la suddetta dissonanza. 2.1.5. In definitiva, può concludersi che, anche dopo l’ultima novella legislativa, in tema di legittima difesa cd. domiciliare, l’uso di un’arma, legittimamente detenuta, costituisce una reazione sempre proporzionata nei confronti di chi si sia illecitamente introdotto, o illecitamente si trattenga, all’interno del domicilio o dei luoghi a questo equiparati, a condizione che il pericolo di offesa sia attuale che l’impiego dell’arma sia, in concreto, necessario a difendere l’incolumità propria o altrui, ovvero i beni presenti in tali luoghi che non siano praticabili condotte alternative lecite o meno lesive e che, con riferimento, in particolare, alle aggressioni a beni, ricorra altresì un pericolo di aggressione personale Sez. 1, n. 13191 del 15/1/2020, Galluccio, Rv. 278935 - 01 . 3. Alla stregua della premessa ricognizione normativa ed ermeneutica, deve considerarsi del tutto corretto l’approdo cui è pervenuta la Corte di appello di Bari nell’escludere, nel caso in esame, la scriminante della legittima difesa, reale o putativa, atteso che, come logicamente osservato, l’attualità del pericolo di aggressione e la conseguente necessità di una difesa proporzionata da parte dell’aggredito si verificarono solamente nella fase iniziale dello svolgersi dei fatti, mentre, nella fase successiva, una volta che il giovane F. ebbe ad impossessarsi dell’ascia sottratta al padre, ne diventò il dominus assoluto e, anche se egli avrebbe ben potuto interrompere la contesa una volta neutralizzata l’aggressione paterna, colpì egualmente la vittima più volte da tergo, mentre tentava di fuggire, infierendo contro di essa persino quando si trovò in terra inerme il ricorrente, quindi, inferse i colpi potenzialmente mortali contro il padre quando, ormai, alcuna situazione di attuale pericolo, nè reale nè presunto, lo minacciava, essendo l’iniziale aggressore stato definitivamente disarmato e reso innocuo. Dall’assenza dei presupposti della legittima difesa i Giudici del merito hanno fatto coerentemente discendere la preclusione per la ravvisabilità dell’eccesso colposo, che, come noto, si caratterizza per l’erronea valutazione del pericolo attuale di un’aggressione e dell’adeguatezza dei mezzi difensivi usati Sez. 5, n. 19065 del 12/12/2019, dep. 2020, Di Domenico, Rv. 279344 - 02 . La difesa del ricorrente, dal canto suo, nell’insistere sulla configurabilità della scriminante di cui all’art. 52 c.p., ha espresso rilievi aspecifici, privi di correlazione, cioè, con l’ordinato costrutto argomentativo della sentenza, in quanto tendenti, artificiosamente, a dilatare il pericolo di aggressione iniziale su tutta la sequenza degli atti successivi, mostrando, così, di ignorare la corretta dinamica degli eventi come ricostruita nella decisione impugnata, e la netta cesura - coincidente con il momento dell’impossessamento dell’ascia da parte dell’imputato -, che, cronologicamente e giuridicamente, detti eventi separò. 4. Manifestamente infondata è la censura basata sulla accertata esclusione di una situazione di concreto pericolo di vita per la persona offesa e sulla dedotta conseguente necessità di riqualificazione del fatto alla stregua di lesioni volontarie. In materia di tentato omicidio, infatti, ciò che ha valore determinante per l’accertamento della sussistenza dell’animus necandi, è l’idoneità dell’azione, la quale, diversamente da quanto sembra sostenere la difesa, va apprezzata ex ante nella sua concreta obiettività, tenendo conto delle circostanze in cui opera l’agente e delle modalità attuative, senza essere condizionata dagli effetti raggiunti, perché, sotto questo aspetto, essa, per non aver conseguito l’evento, sarebbe sempre inidonea nel reato tentato, per cui la stessa figura del tentativo non sarebbe giuridicamente concepibile il giudizio di idoneità dell’azione non è, pertanto, una diagnosi, bensì una prognosi, anche se formulata ex post, ma con riferimento alla situazione così come presentatasi al colpevole al momento dell’azione, in base alle condizioni umanamente prevedibili nel caso particolare fra molte, Sez. 1, n. 2509 del 28/4/1989, dep. 22/2/1990, Rv. 183428 Sez. 1, n. 1365 del 2/10/1997, dep. 5/2/1998, Rv. 209688 . Alla luce del consolidato principio ora richiamato, pertanto, non assume rilievo, nel caso di specie, che le plurime lesioni provocate dall’ascia dell’imputato e riscontrate sul corpo della vittima alla testa, al torace, all’avambraccio sinistro, alla mano destra e alle gambe non siano state tali da determinarne la morte, essendo, viceversa, rilevante, come correttamente messo in risalto dai Giudici di merito nei termini riportati nella superiore esposizione in fatto par. 1.3. , l’idoneità ex ante dell’azione lesiva unitamente all’animus necandi. 5. Quanto meno infondata è la censura con la quale si critica la mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 5, c.p., esclusa dalla Corte pugliese con argomentare scevro da vizi logici, imperniato sulla considerazione secondo cui l’azione lesiva della vittima poteva dar ragione della reattività d’iniziale schermaglia in fase di reciproco brandeggio dell’ascia e di reciprocità dei colpi assestati, ma non poteva collegarsi eziologicamente alla fase successiva in cui il giovane F. , impadronitosi pienamente dell’arma letale, aveva assestato in piena autonomia operativa i fendenti mortali in danno del padre. 6. È, viceversa, fondato il motivo con cui ci si duole del mancato riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione. 6.1. È stato, condivisibilmente, affermato che l’attenuante della provocazione e l’esimente della legittima difesa, pur avendo entrambe quale antecedente logico l’offesa ingiusta altrui, differiscono in quanto, solo ai fini della sussistenza della seconda, e non della prima, è necessario che l’offesa sia in atto pertanto è legittimo il riconoscimento della provocazione anche quando, esauritasi l’offesa nel tempo, permanga nell’autore lo stato d’ira dalla medesima determinato Sez. 1, n. 53387 del 19/9/2018, P.G. in proc. Frocione, Rv. 274553 - 01 . Rispetto all’attenuante in parola, deve, quindi, distinguersi tra provocazione esauritasi rispetto alla quale non vi può essere legittima difesa per mancanza dell’attualità del pericolo, ma può essere apprezzata l’eventuale permanenza dello stato d’ira nel soggetto agente ai fini dell’attenuante - e provocazione in atto, rispetto alla quale è configurabile la legittima difesa se la reazione è proporzionata all’offesa. Va rammentato, per completezza, che, ai fini del riconoscimento della circostanza di cui all’art. 62, n. 2, c.p., secondo il consolidato orientamento di questa Corte, si richiede, dissimilmente dall’esimente della legittima difesa, non la proporzione tra la reazione e l’offesa, ma l’adeguatezza di quella a questa, quale esaustivo e utile parametro di valutazione dello stato d’animo dell’autore, nella considèrazione che un’azione eccedente l’adeguatezza non sarebbe conseguente allo stato d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui. E, al fine di stabilire siffatta adeguatezza, non è consentita una valutazione limitata all’ultimo episodio offensivo al quale l’imputato abbia reagito, dovendosi quella estendere a tutta l’eventuale serie di atti similari ripetuti nel tempo idonei a potenziare, per accumulo, la carica afflittiva e tali da incidere nel rapporto tra offesa e reazione Sez. 1, n. 10765 del 4/10/1993, Guarino, Rv. 197708 - 01, richiamata in Sez. 1, n. 53387/2018 cit. . 6.2. Ciò posto, si osserva che la Corte di merito, nel negare l’attenuante della provocazione, ha erroneamente applicato il medesimo principio con il quale ha correttamente escluso l’esimente della legittima difesa, ovvero quello riconducibile alla fase della provocazione esauritasi coincidente con l’impossessamento dell’ascia da parte dell’imputato , principio che, tuttavia, è logicamente incompatibile con l’attualità del pericolo, e quindi con la sussistenza della scriminante, ma non con la ravvisabilità della provocazione, rispetto alla quale vanno, viceversa, accertate, in base agli elementi acquisiti nel processo, l’eventuale permanenza dello stato d’ira nel soggetto agente siccome determinato dal fatto ingiusto altrui, ancorché esaurito, e l’adeguatezza - non la proporzionalità, come erroneamente ritenuto dai Giudici di merito - della reazione all’offesa ingiusta. Limitatamente alla circostanza attenuante de qua la sentenza va, quindi, annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bari, che rivaluterà i presupposti relativi alla sussistenza della circostanza medesima alla luce dei principi ora enunciati. 7. Come già detto, il ricorso, nel resto, va rigettato per complessiva infondatezza. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla provocazione e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Bari. Rigetta nel resto il ricorso.