Stalking in condominio: le registrazioni delle aree comuni possono essere utilizzate nel processo

Le registrazioni video e audio effettuate da privati tramite telecamere poste per esigenze di sicurezza delle parti comuni di edifici condominiali, pur non essendo registrazioni effettuate dalla polizia giudiziaria e non potendo essere assimilate alle intercettazioni di cui all’art. 266 c.p.p., possono comunque essere utilizzate come elemento probatorio nel processo penale.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 32544/20, depositata il 19 novembre. Il GIP del Tribunale di Viterbo applicava ad un soggetto indagato per atti persecutori la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa. I due soggetti erano contitolari di uno studio professionale e la persona offesa aveva prodotto in giudizio delle registrazioni video e audio effettuate di nascosto all’interno delle parti comuni dello studio e nel locale bagno, nonché in altre parti comuni del condominio. La difesa ha proposto ricorso per saltum in Cassazione, dolendosi per l’inutilizzabilità di tali elementi probatori. Il ricorso si rivela inammissibile. Lo stesso ricorrente richiama infatti l’esistenza, nel compendio indiziario valorizzato dall’ordinanza impugnata, di videoregistrazioni effettuate tramite telecamere poste negli spazi condominiali comuni . In riferimento a tale tipo di registrazioni provenienti da privati tramite telecamere poste per esigenze di sicurezza delle parti comuni, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che, pur non essendo registrazioni effettuate dalla polizia giudiziaria e non potendo nemmeno essere assimilate alle intercettazioni di cui all’art. 266 c.p.p., i fotogrammi estrapolati dai predetti filmati non possono comunque essere considerati come prove illegittimamente acquisite e non ricadono nella sanzione processuale dell’inutilizzabilità . In tal senso, è stata anche esclusa la configurabilità del delitto di cui all’art. 615- bis c.p. Interferenze illecite nella vita privata con riferimento a riprese relative ad aree comuni e a spazi di pertinenza di una abitazione privata ma non protetti dalla vista degli estranei. In conclusione, il Collegio sottolinea che, posta l’utilizzabilità delle registrazioni effettuate nelle parti comuni dell’edificio, l’utilizzo delle ulteriori videoregistrazioni non risulta oggetto di specifica deduzione. Il ricorso non può dunque che essere dichiarato improcedibile.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 19 ottobre – 19 novembre 2020, n. 32544 Presidente Sabeone – Relatore Caputo Ritenuto in fatto Con ordinanza del 29/06/2020, il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Viterbo ha applicato a P.E. la misura cautelare del divieto di avvicinamento in relazione all’imputazione provvisoria di atti persecutori in danno di M.M. . Avverso l’indicata ordinanza ha proposto per saltum ricorso per cassazione P.E. , attraverso il difensore Avv. Marco Russo, denunciando - nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1, - inosservanza di norme processuali in riferimento alle captazioni ambientali aventi ad oggetto comportamenti non comunicativi immagini e comunicativi audio effettuate all’interno dello studio professionale nelle parti comuni dello stesso e nel locale bagno e nelle parti condominiali, denunciate come inutilizzabili ed anche con riferimento alla disciplina della prova atipica e alla necessità del procedimento autorizzativo ex art. 266 c.p.p Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. In premessa, mette conto ribadire che, in tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416 . Il ricorso non si è attenuto al principio di diritto richiamato. Le censure muovono dal presupposto della contitolarità dello studio in capo ad indagato e persona offesa, sostenendo detta situazione giuridica in termini sostanzialmente assertivi e, comunque, implicanti apprezzamenti di merito estranei alla cognizione di questa Corte di legittimità. Al di là di ciò, le censure - come la stessa enunciazione delle doglianze conferma - si concentrano sulle videoregistrazioni effettuate di nascosto dalla persona offesa nello studio professionale e, in particolare, in determinati locali indicati dal ricorrente come oggetto della tutela domiciliare. Lo stesso ricorso, così come l’ordinanza impugnata, però, richiama l’esistenza, nel compendio indiziario valorizzato dall’ordinanza applicativa, di videoregistrazioni ottenute attraverso l’installazione di telecamere all’ingresso del fabbricato, in zona condominiale e di uso comune . Ora, in ordine a queste ultime registrazioni, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito, proprio con specifico riferimento a videoriprese registrate in luogo di pertinenza condominiale, che si tratta di videoriprese non effettuate dalla polizia giudiziaria e che non possono essere assimilate, quanto ai presupposti di ammissibilità, ad intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, di cui all’art. 266 c.p.p. il che priva di qualsiasi fondamento la denunciata inosservanza di tale disposizione , sicché nel caso di immagini registrate derivanti , come nel caso al vaglio, da videoregistrazioni provenienti da privati, installate a fronte anche di esigenze di sicurezza delle parti comuni, poi acquisite come documenti ex art. 234 c.p.p. e non quale prova atipica , i fotogrammi estrapolati da detti filmati non possono essere considerati prove illegittimamente acquisite e non ricadono nella sanzione processuale di inutilizzabilità Sez. 5, n. 21027 del 21/02/2020, Nardi, Rv. 279345 Sez. 2, n. 6515 del 04/02/2015, Hida, Rv. 263432 . Conclusione, questa, in linea con gli approdi della giurisprudenza di legittimità che escludono la configurabilità del delitto di cui all’art. 615-bis c.p., con riferimento a riprese relative ad aree condominiali Sez. 5, n. 34151 del 30/05/2017, Tinervia, Rv. 270679 Sez. 5, n. 44701 del 29/10/2008, Caruso, Rv. 242588 ed anche a spazi che, pur di pertinenza di una privata abitazione, siano, però, di fatto, non protetti dalla vista degli estranei Sez. 5, n. 44156 del 21/10/2008, Gottardi, Rv. 241745 Sez. 6, n. 40577 del 01/10/2008, Apparuti, Rv. 241213 . Ora, poiché i gravi indizi ex art. 273 c.p.p. tratti dalle registrazioni effettuate in aree comuni dello stabile sono senz’altro al riparo dalla censura di inutilizzabilità proposta dal ricorso, l’incidenza delle ulteriori videoregistrazioni e, dunque, la loro decisività ai fini del presupposto indiziario - non è oggetto di specifica - e non meramente assertiva - deduzione, il che, al lume del principio di diritto richiamato in apertura, rende ragione dell’inammissibilità del ricorso. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di profili idonei ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento alla Cassa delle ammende della somma, che si stima equa, di Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.