Programma inadeguato alle esigenze cautelari: respinta la richiesta di domiciliari in comunità

Fondamentale per i Giudici il richiamo alle particolari esigenze cautelari, frutto non solo dei reati del soggetto ma anche della sua collocazione in contesti di criminalità organizzata. Confermata quindi la custodia in carcere.

Respinta la richiesta di collocazione in una comunità di recupero per tossicodipendenti se è previsto l’espletamento di numerose attività da svolgersi all’esterno della struttura. Questo dettaglio è ritenuto incompatibile , difatti, con le esigenze cautelari, rese ancora più stringenti dalla constatazione che il soggetto risulta inserito in contesti di criminalità organizzata Cassazione, sentenza n. 30918/20, sez. V Penale, depositata il 5 novembre . I Giudici di merito respingono l’ipotesi di una sostituzione della custodia cautelare in carcere – applicata nei confronti di un uomo per i delitti di porto di arma comune da sparo e di violazione di domicilio aggravata – con gli arresti domiciliari in una ‘comunità’ . Nel contesto della Cassazione il difensore sostiene la legittimità della richiesta avanzata dal suo cliente. Più precisamente, il legale ricorda che è stata chiesta la sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari presso una ‘comunità’ poiché il suo cliente intende sottoporsi ad un programma di recupero per tossicodipendenti , ma i giudici di merito, invece di esaminare in modo specifico l’idoneità del programma proposto ai fini del recupero del soggetto , hanno asserito che ricorrono eccezionali esigenze cautelari , tali da impedire l’invocata sostituzione , annota il legale. E a proposito delle esigenze cautelari il difensore ritiene illogico il loro aggravamento, anzi, aggiunge, col trascorrere del tempo ha più senso ipotizzare che esse vadano a scemare, e comunque le esigenze cautelari possono, al massimo, essere ritenute particolari e imporre il ricovero in una struttura residenziale , chiosa il legale. In premessa i Giudici della Cassazione ricordano che sulla base della gravità dei fatti per i quali si procede e di quelli per i quali l’uomo è già stato condannato con sentenza passata in giudicato si è ritenuta certa l’esistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza , che ostano all’accoglimento della richiesta di collocamento in una ‘comunità’. Ciò che conta, però, chiariscono dal ‘Palazzaccio’, è che si è potuto appurare che il programma di recupero allegato all’istanza prevede l’espletamento di numerose attività mediche, ludiche e spirituali da svolgersi all’esterno nel corso dell’intera giornata , e quindi esso è valutato come non compatibile con le esigenze cautelari concrete acclarate nel caso specifico e testimoniate anche dal fatto che il soggetto risulta inserito in contesti di criminalità organizzata .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 23 ottobre – 5 novembre 2020, n. 30918 Presidente Miccoli – Relatore Romano Ritenuto in fatto 1. Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale del riesame di Messina, ai sensi dell'art. 310 cod. proc. pen., ha rigettato l'appello proposto nell'interesse di Fe. Vi. avverso l'ordinanza del 14 febbraio 2020 con la quale la Corte di appello di Messina ha rigettato l'istanza di sostituzione, ai sensi dell'art. 89 D.P.R. n. 309 del 1990, della misura della custodia cautelare in carcere applicata al predetto per i delitti di porto di arma comune da sparo e di violazione di domicilio aggravata. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso Fe. Vi., a mezzo del suo difensore, chiedendone l'annullamento sulla base di un unico motivo con il quale deduce la violazione del citato art. 89 ed il difetto di motivazione. Il Vi. aveva chiesto la sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari presso una comunità, intendendo egli sottoporsi ad un programma di recupero per tossicodipendenti, ma la Corte di appello, anziché esaminare in modo specifico l'idoneità del programma proposto ai fini del recupero dell'imputato, aveva asserito, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice della cautela e quindi in violazione del giudicato cautelare, che ricorrevano eccezionali esigenze cautelari che impedivano l'invocata sostituzione. Era peraltro illogico che le esigenze cautelari si aggravassero, anziché scemare, con il trascorrere del tempo. Le esigenze cautelari potevano, al massimo, essere ritenute particolari e imporre il ricovero in una struttura residenziale. Quanto alla scadenza del termine apposto alla dichiarazione, da parte della comunità di recupero, di disponibilità ad accogliere il Vi., addotta dal Tribunale del riesame per giustificare il rigetto, essa non era ancora maturata al momento della presentazione della richiesta e dell'appello il Tribunale del riesame avrebbe potuto emettere un provvedimento di accoglimento dell'istanza subordinato all'accertamento della permanente disponibilità della comunità di recupero ad accogliere l'imputato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. Prima la Corte di appello e poi il Tribunale del riesame, in sede di appello, hanno ritenuto, sulla base della gravità dei fatti per i quali si procede e di quelli per i quali è già stato condannato con sentenza passata in giudicato, che ricorrono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, che ostano all'accoglimento della richiesta del Vi Peraltro, il Tribunale del riesame ha evidenziato che la eccezionalità delle esigenze cautelari è stata già affermata in altri provvedimenti con i quali sono state rigettate analoghe istanze. Inoltre, ha evidenziato che in ogni caso il programma di recupero allegato all'istanza prevede l'espletamento di numerose attività mediche, ludiche e spirituali da svolgersi all'esterno nel corso dell'intera giornata, cosicché esso non appare compatibile con le esigenze cautelari concrete, atteso che il Vi. risulta inserito in contesti di criminalità organizzata. Il ricorrente non si confronta con tali argomentazioni, cosicché il suo ricorso risulta generico e come tale inammissibile. 2. All'inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell'art. 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen