COVID-19 e rinuncia alla sospensione dei termini: l’indagato non può frazionare la sua richiesta

La nuova disciplina oggetto dell’art. 83, d.l. n. 18/2020, prevede che nei procedimenti in cui siano state applicate misure personali, la dichiarazione espressa dell’indagato di rinunciare alla sospensione dei termini con annessa richiesta di procedere al riesame ha l’effetto di rimuovere in via definitiva il beneficio della sospensione dei termini per l’intero procedimento de libertate che lo riguarda.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30780/20, depositata il 4 novembre. Il Tribunale di Torino dichiarava inammissibile per mancato rispetto del termine ex art. 309, comma 1, c.p.p., la richiesta di riesame presentata dal difensore dell’indagato contro l’ordinanza che aveva applicato a quest’ultimo la misura della custodia cautelare in carcere . La decisione si fondava sul fatto che l’indagato avesse dichiarato personalmente ed espressamente di rinunciare alla sospensione dei termini prevista dai recenti decreti legge emanati per far fronte all’emergenza epidemiologica da COVID-19, chiedendo che si procedesse dunque, il termine per il riesame doveva ritenersi scaduto e, di conseguenza, la relativa richiesta risultava tardiva ed inammissibile. La difesa dell’indagato propone ricorso per cassazione, dichiarando che il suo assistito aveva rinunciato alla sospensione dei termini al solo fine di sollecitare l’interrogatorio di garanzia e non anche in relazione ad altri atti del procedimento. La Suprema Corte dichiara il ricorso manifestamente infondato, osservando che in base alla disciplina generale dettata dall’art. 83, d.l. n. 18/2020, nei procedimenti in cui siano state applicate misure cautelari, in assenza di precisa e chiara manifestazione dell’intenzione di procedere da parte dei detenuti o degli imputati ovvero dei loro difensori, qualora l’attività da compiere consista nella fissazione dell’udienza, essa deve essere posticipata al periodo successivo alla sospensione ex lege , mentre per la celebrazione dell’udienza è necessaria la formulazione di un’ espressa richiesta di procedere . Nel caso di specie, la dichiarazione dell’indagato di rinunciare alla sospensione dei termini, chiedendo di procedere, ha come effetto l’ eliminazione definitiva del beneficio della sospensione dei termini per l’ intero procedimento che lo riguardava, non potendo consentire che la volontà espressa dall’indagato possa essere frazionata con riferimento a singoli atti del procedimento, in modo tale che egli possa di volta in volta scegliere i termini processuali che meglio gli convengono per ogni atto. Per questo motivo, gli Ermellini dichiarano inammissibile il ricorso e condannano il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 29 settembre – 4 novembre 2020, n. 30780 Presidente Fidelbo – Relatore Giorgi Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe il Tribunale di Torino, sezione per il riesame, dichiarava inammissibile, per mancato rispetto del termine di cui all’art. 309 c.p.p., comma 1, la richiesta di riesame presentata il 15/04/2020 dalla difesa di T.B. indagato, in concorso con altri trafficanti di nazionalità albanese, per plurime ipotesi di reato di importazione e cessione di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti capi A, C, D, G, H avverso l’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere, eseguita il 04/03/2020. Osservava il Tribunale che l’indagato fin dal 12/03/2020 aveva dichiarato personalmente ed espressamente di rinunciare alla sospensione dei termini, fissata, con decorrenza 09/03/2020, dai D.L. n. 13 e n. 18 del 2020, chiedendo che si procedesse dapprima instando per l’immediato interrogatorio da parte del Giudice per le indagini preliminari e poi presentando istanze di sostituzione della misura custodiale il 24/03 e il 14/04/2020. Sicché il termine per il riesame, ripreso a decorrere dal 12/03, era scaduto il 17/03/2020, con la conseguenza che la richiesta di riesame presentata il 15/04 risultava tardiva e inammissibile. 2. Il difensore dell’indagato ha presentato ricorso per cassazione avverso la citata ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento, censurandone la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione, poiché l’indagato aveva in data 12/03/2020 dichiarato di rinunciare alla sospensione dei termini al solo fine di sollecitare l’interrogatorio di garanzia, perciò limitatamente a tale atto, non anche con riguardo ad altri atti del procedimento, come la richiesta di riesame. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. 2. Il D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 3, lett. b , seconda parte, considera una serie di procedimenti la cui trattazione è rimessa alla esplicita richiesta dell’imputato o del suo difensore, non sindacabile dal giudice e, per quanto di interesse in questa sede, dei procedimenti a carico di soggetti ai quali è stata applicata una misura cautelare art. 83, comma 3, lett. b n. 2 . La formulazione letterale della disposizione di cui al D.L. cit. art. 83, comma 3, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non operano nei seguenti casi impone di ritenere che, in presenza della richiesta di trattazione del procedimento da parte dell’indagato o imputato o del loro difensore, non opera, per nessun fase dell’iter di trattazione della richiesta alla quale l’istanza fa riferimento e della successiva fase dell’impugnazione, la sospensione ex lege alla quale, per iniziativa espressa della parte, questa ha rinunciato. È, dunque, rimesso alla scelta insindacabile della persona soggetta a procedimento, e da questi manifestata ovvero dal suo difensore, anche se non munito di procura speciale, il diritto a veder trattato il suo giudizio - se si debba procedere -, considerato che lo stesso indagatolimputato potrebbe avere interesse a conservare, a sua volta, il distanziamento sociale. Il riferimento ai procedimenti in cui siano in corso misure cautelari impone, inoltre, di riferire la richiesta di deroga al regime di sospensione ex lege non al solo status detentivo, anche domiciliare, ma con riguardo a qualsiasi misura privativa della libertà, quindi anche alle misure interdittive ed alle misure cautelari reali. Può, dunque, affermarsi che, secondo la disciplina generale recata dalla disposizione di cui al D.L. n. 18 del 2020, art. 83, nei procedimenti in cui sono state applicate misure cautelari al di fuori delle ipotesi di cui al D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 2, punto 2, prima parte , in assenza di una chiara e manifesta intenzione di procedere da parte dei detenuti o imputati o loro difensori, se l’attività da compiere consiste nella fissazione di un’udienza, questa deve essere posticipata al periodo successivo alla sospensione ex lege e che, viceversa, per la celebrazione dell’udienza è necessaria la formulazione di una espressa richiesta di procedere. La richiesta della parte, che ha per chiara scelta attivato il meccanismo di decisione della sua istanza, produce l’effetto della cessazione della causa di sospensione del procedimento Sez. 6, n. 2713 del 17/09/2020, Roci, non mass. . 3. Ne consegue che la dichiarazione personale dell’indagato in data 12/03/2020 di rinunciare alla sospensione dei termini, chiedendo espressamente che si proceda, dapprima instando per l’immediato interrogatorio da parte del Giudice per le indagini preliminari e poi presentando istanze di sostituzione della misura custodiale il 24/03 e il 14/04/2020, ha l’effetto di rimuovere definitivamente il beneficio della sospensione dei termini per l’intero procedimento de libertate che lo riguardava. Non può invero consentirsi che la volontà espressa dall’indagato di rinunciare alla sospensione dei termini, con la richiesta che si proceda, possa essere frazionata in relazione ai singoli atti del procedimento, riservandosi lo stesso indagato di scegliere di volta in volta, per ciascun atto, i termini processuali che meglio gli convengono. 4. Considerato pertanto che la richiesta di riesame presentata il 15/04 risultava tardiva e inammissibile, anche il presente ricorso va dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed a versare a favore della Cassa delle ammende una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila Euro. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.