Omesso versamento delle ritenute: i modelli DM 10 provano la corresponsione della retribuzione

Gli appositi modelli attestanti le retribuzioni corrisposte ai dipendenti e gli obblighi contributivi verso l’istituto previdenziale, cosiddetti modelli DM 10, hanno natura ricognitiva della situazione debitoria del datore di lavoro e fanno piena prova ex art. 2709 c.c. a carico dell’imprenditore la loro presentazione equivale all’attestazione di aver corrisposto, fino a prova contraria, le retribuzioni in relazione alle quali è stato omesso il versamento dei contributi.

Nell’ambito di un giudizio a carico del legale rappresentante della cooperativa per omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali all’INPS operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, la Corte di Cassazione ha avuto l’occasione di ribadire alcuni importanti principi in ordine alla disciplina del reato di cui all’art. 2, comma 1- bis , l. n. 638/1983. Con riferimento alla prima doglianza sollevata dal ricorrente, la Cassazione ribadisce che il reato di cui all’art. 2, comma 1- bis , d.l. n. 463/1983 conv. con modificazioni nella l. n. 638/1983 e successive modifiche, non è configurabile senza il materiale esborso, anche solo in nero, della retribuzione, il quale, costituendo un presupposto necessario della fattispecie criminosa, deve essere provato dall’accusa sia mediante il ricorso a prove documentali che testimoniali ovvero attraverso il ricorso alla prova indiziaria . È infatti principio consolidato quello secondo cui, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, la presentazione da parte del datore di lavoro degli appositi modelli DM10 - attestanti le retribuzioni corrisposte ai dipendenti e l’ammontare degli obblighi contributivi - è valutabile, in assenza di elementi di segno contrario, come prova dell’effettiva corresponsione degli emolumenti ai lavoratori e l’onere incombente sul pubblico ministero di dimostrare l’avvenuta corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori dipendenti è assolto con la produzione del modello DM 10, con la conseguenza che grava sull’imputato il compito di provare, in difformità dalla situazione rappresentata nelle denunce retributive inoltrate, l’assenza del materiale esborso delle somme . E ancora, la Corte ricorda che la l. n. 326/2003 ha previsto l’ obbligatorietà della presentazione telematica delle denunce contributive mensili i titolari e legali rappresentanti delle aziende o soggetti delegati consulenti del lavoro, avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali iscritti negli appositi albi devono essere autorizzati dall’Istituto mediante l’assegnazione di un codice PIN che consente anche di consultare i dati di propria pertinenza presenti negli archivi INPS la situazione anagrafica, l’inquadramento, le coperture contributive, la visualizzazione di tutti i DM10/2 già presenti sugli archivi centrali dell’Istituto . Infine, la Corte conclude chiarendo che i modelli DM 10, formati secondo il sistema informatico UNIEMENS possono essere valutati come piena prova dell’effettiva corresponsione delle retribuzioni, trattandosi di dichiarazioni che, seppure generate dal sistema informatico dell’INPS, sono formate esclusivamente sulla base dei dati risultanti dalle denunce individuali e dalla denuncia aziendale fornite dallo stesso contribuente in particolare, UNIEMENS è soltanto un flusso di dati che va a creare il contenuto del modello DM 10, per così dire di nuova generazione, che ancorché generato dal sistema informatico dell’INPS, ha le stesse caratteristiche ed informazioni del DM 10 cartaceo la modifica delle modalità di redazione del modello medesimo, ossia il passaggio dal cartaceo inviato all’INPS al telematico generato dal sistema dell’Istituto, non ha importato alcuna modifica sotto il profilo della necessaria provenienza dei flussi informativi dall’azienda interessata .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 settembre – 15 ottobre 2020, n. 28674 Presidente Ramacci – Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 02/07/2019, la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza del 28/09/2017 del Tribunale di Arezzo, con la quale R.M. era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 81 cpv. c.p. e L. n. 638 del 1983, art. 2, comma 1 bis - perché, nella qualità di legale rappresentante della ditta Il Focolare Cooperativa Sociale ometteva di versare all’INPS le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti relative ai mesi novembre 2012, gennaio, febbraio e marzo 2013, per un importo complessivo di Euro 35.284,38 - e condannato alla pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 300,00 di multa. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione R.M. , a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati. Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione alla L. n. 638 del 1983, art. 2, comma 1 bis, lamentando che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che i modelli DM10 trasmessi all’ente previdenziale facessero prova della corresponsione delle relative retribuzioni. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità, lamentando che non erano state tenute nel debito conto, a fini di una pronuncia assolutoria, le circostanze che il mancato versamento era dovuto ad una obiettiva carenza di mezzi economici e che, trattandosi di cooperativa di lavoro, non vi era un soggetto imprenditore che potesse aver lucrato per il mancato versamento all’Inps dei contributi. Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite 23 giugno 2003 n. 27641, il reato di cui al D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 2, comma 1-bis, conv. con modificazioni nella L. 11 novembre 1983, n. 638 e successive modifiche, non è configurabile senza il materiale esborso, anche solo in nero Sez.3, n. 29037 del 20/02/2013,Rv.255454 - 01 Sez.3, n. 6934 del 23/11/2017,dep.13/02/2018, Rv.272120 - 01 , della retribuzione, il quale, costituendo un presupposto necessario della fattispecie criminosa, deve essere provato dall’accusa sia mediante il ricorso a prove documentali che testimoniali ovvero attraverso il ricorso alla prova indiziaria Sez.3, n. 38271 del 25/09/2007, Rv.237829 - 01 Sez.3, n. 32848 del 08/07/2005, Rv.232393 - 01 . Costituisce principio consolidato, inoltre, che, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, la presentazione da parte del datore di lavoro degli appositi modelli DM 10 - attestanti le retribuzioni corrisposte ai dipendenti e l’ammontare degli obblighi contributivi - è valutabile, in assenza di elementi di segno contrario, come prova della effettiva corresponsione degli emolumenti ai lavoratori Sez.3, n. 21619 del 14/04/2015, Rv.263665 Sez. 3, n. 37330 del 15/07/2014, Rv. 259909 e l’onere incombente sul pubblico ministero di dimostrare l’avvenuta corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori dipendenti è assolto con la produzione del modello DM 10, con la conseguenza che grava sull’imputato il compito di provare, in difformità dalla situazione rappresentata nelle denunce retributive inoltrate, l’assenza del materiale esborso delle somme Sez.3, n. 7772 del 05/12/2013,Rv.258851 - 01 . Gli appositi modelli attestanti le retribuzioni corrisposte ai dipendenti e gli obblighi contributivi verso l’istituto previdenziale cosiddetti modelli DM 10 hanno, infatti, natura ricognitiva della situazione debitoria del datore di lavoro e fanno piena prova art. 2709 c.c. a carico dell’imprenditore la loro presentazione equivale all’attestazione di aver corrisposto, fino a prova contraria, le retribuzioni in relazione alle quali è stato omesso il versamento dei contributi Sez. 3, n. 37145 del 10/04/2013, Deiana, ed altro, Rv. 256957 Sez.3, n. 46451 del 07/10/2009, Rv.245610 - 01 Sez.3, n. 26064 del 14/02/2007, Rv.237203 - 01 Sez.3, n. 32848 del 08/07/2005, Rv.232393 . Tanto è avvenuto nella specie, come si dà atto in sentenza valutandosi generica la prova orale e non pertinente quella documentale, offerte dalla difesa , con motivazione congrua ed esente da vizi logici ed in linea con il suesposto principio di diritto. Va rimarcato che tale consolidato principio trova applicazione anche nel caso di elaborazione telematica dei modelli DM 10 da parte dell’INPS. Va ricordato che la L. n. 326 del 2003 ha previsto l’obbligatorietà della presentazione telematica delle denunce contributive mensili i titolari e legali rappresentanti delle aziende o soggetti delegati consulenti del lavoro, avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali iscritti negli appositi albi devono essere autorizzati dall’Istituto mediante l’assegnazione di un codice PIN che consente anche di consultare i dati di propria pertinenza presenti negli archivi Inps la situazione anagrafica, l’inquadramento, le coperture contributive, la visualizzazione di tutti i DM10/2 già presenti sugli archivi centrali dell’Istituto. Le denunce mensili relative ai lavoratori dipendenti dovevano essere inoltrate all’INPS tramite due diversi moduli, denominati, rispettivamente, DM10/2 ed EMENS. La EMENS, la denuncia di tutti i dati retributivi riferiti al singolo lavoratore che riguardano il rapporto assicurativo con l’Ente previdenziale e il modello DM10/2 contenente i dati contributivi in forma aggregata, ossia in riferimento al complesso dei lavoratori presenti in azienda, distinti per categorie. Da maggio 2009 si è passati gradualmente ad un nuovo sistema che prevede la trasmissione di un’unica dichiarazione, l’UNIEMENS, che raccoglie le informazioni retributive e contributive relative ad ogni lavoratore, a livello individuale, a partire dal quale l’INPS ricostruisce un DM10 virtuale. In questo unico documento telematico confluiscono i due separati flussi costituiti dai modelli DM10/2 tramite cui venivano comunicati i dati contributivi in forma aggregata cioè con riferimento al complesso dei lavoratori presenti in azienda, distinto per categorie ed espresso in forma numerica ed EMENS. Orbene, è stato, condivisibilmente, affermato da questa Corte che i modelli DM 10, formati secondo il sistema informatico UNIEMENS possono essere valutati come piena prova della effettiva corresponsione delle retribuzioni, trattandosi di dichiarazioni che, seppure generate dal sistema informatico dell’INPS, sono formate esclusivamente sulla base dei dati risultanti dalle denunce individuali e dalla denuncia aziendale fornite dallo stesso contribuente in particolare, UNIEMENS è soltanto un flusso di dati che va a creare il contenuto del modello DM 10, per così dire di nuova generazione, che ancorché generato dal sistema informatico dell’INPS, ha le stesse caratteristiche ed informazioni del DM 10 cartaceo la modifica delle modalità di redazione del modello medesimo, ossia il passaggio dal cartaceo inviato all’INPS al telematico generato dal sistema dell’Istituto, non ha importato alcuna modifica sotto il profilo della necessaria provenienza dei flussi informativi dall’azienda interessata Sez.3, n. 42715 del 28/06/2016, dep. 10/10/2016, Rv.267781 - 01 . 2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Va ricordato che il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti D.L. n. 463 del 1983, art. 2, conv. in L. n. 638 del 1983 è integrato, siccome è a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, sicché non rileva, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti o abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti Sez.3, n. 38269 del 25/09/2007, Rv.237827 Sez.3, n. 13100 del 19/01/2011, Rv.249917 Sez.3, n. 3705 del 19/12/2013, dep.28/01/2014, Rv. 258056 Sez.3, n. 43811 del 10/04/2017, Rv.271189 . La Corte territoriale, facendo buon governo del principio di diritto suesposto, ha evidenziato, con argomentazioni congrue e logiche, che la situazione di difficoltà economica in cui versava l’imputato al momento dei fatti, espressamente considerata nei termini fattuali rappresentati con i motivi di appello, non escludeva la rilevanza penale della condotta, emergendo la consapevolezza della scelta di omettere i versamenti dovuti ed esulando la finalità di lucro dalla fattispecie criminosa. Rispetto a tale percorso argomentativo, peraltro, il ricorrente non si confronta criticamente, dilungandosi in considerazioni in punto di fatto che non possono trovare ingresso in sede di legittimità. 3. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso. 4. Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.